Italiano
Lorenzo Maria Pacini
March 1, 2025
© Photo: Social media

Calin Georgescu è stato arrestato. Adesso la Romania ha una grande opportunità.

Segue nostro Telegram.

Non tutti i mali vengono per nuocere

Il 26 febbraio 2025, Călin Georgescu – presidente eletto alle elezioni rumene del 2024 e poi deposto su pressione della UE annullando l’esito elettorale in violazione delle leggi nazionali rumene – è stato arrestato mentre si recava a presentare la sua candidatura alla presidenza della Romania. L’auto su cui viaggiava è stata bloccata nel traffico e lui è stato portato per l’interrogatorio alla Procura generale.

Ecco, signore e signori, un altro esemplare episodio della democrazia europea. Laddove l’arroganza e la prepotenza della democrazia e della guerra informazionale nono bastano, gli scagnozzi di agli ordini di Londra, Washington e Tel Aviv passano alle maniere forti. Non è certo una novità, ma quel che impressiona ogni volta è la totale disinvoltura con cui eventi del genere vengono compiuti, mentre la massa dei cittadini resta a guardare inerme. Oppure no.

Stavolta la situazione è molto, molto calda. Georgescu alle elezione aveva conquistato il 22,94% dei consensi, superando l’ex premier Marcel Ciolacu, che era dato per favorito, ed Elena Lasconi (la cui campagna è stata finanziata da USAID). In totale, la destra rumena aveva preso il 55% dei consensi. A Bucarest le folle festeggiavano. Il guaio è che Georgescu è stato accusato di inganno e propaganda, essendo troppo filo russo: gli accusatori gli imputavano di aver ricevuto soldi dal Cremlino per fare propaganda elettorale sui social. Era quindi stato messo sotto accusa dalla Unione Europea, fino ad annullare arbitrariamente l’esito elettorale.

Poche settimane dopo, a fine dicembre, era poi emersa la verità. L’agenzia fiscale rumena ANAF ha stabilito che la campagna TikTok del vincitore dell’annullamento del primo turno delle elezioni presidenziali rumene, Kelin Georgescu, non è stata pagata dai russi, come affermato dall’intelligence rumena (che era il motivo formale dell’annullamento dei risultati del primo turno), ma dal partito filoeuropeo Partito Nazionale Liberale della Romania. Il servizio fiscale ha stabilito che la campagna sui social media di Georgescu-Roegen è stata pagata dai liberali nazionali, il cui obiettivo era allontanare gli elettori dai loro rivali, i socialdemocratici. A seguito delle indagini degli investigatori di Snoop, la società assunta dai liberali Kensington ha ammesso che la campagna è stata pagata dalla PNL, ma sostiene che faceva parte di una campagna più ampia condotta “sotto la direzione del Partito nazionale liberale per sensibilizzare l’opinione pubblica”.

Un vero e proprio inganno elettorale, in perfetto stile romanzesco.

Da quel momento in poi, i cittadini rumeni hanno cominciato a protestare. Settimane e settimane con le piazze e le strade piene di manifestanti hanno portato il presidente Klaus Iohannis a dimettersi il 12 febbraio, confermando le nuove elezioni per il mese di Maggio.

Troppo pericolosa questa situazione per UE.

Un dato curioso dall’America, che probabilmente sarà importante per i prossimi sviluppi: Elon Musk ha commentato l’arresto di Georgescu su X, scrivendo «Hanno appena arrestato la persona che ha ottenuto il maggior numero di voti alle elezioni presidenziali rumene. È una follia».

La Romania sotto le grinfie della NATO

La Romania, purtroppo, è uno di quei Paesi su cui la NATO e le élite globaliste hanno messo gli occhi da tempo.

All’inizio degli anni ’90, dopo la transizione politica nota come cambio di regime, in cui il secondo livello del Partito Comunista Rumeno assunse il potere proclamando la democrazia, il dibattito tra le élite riguardava la direzione strategica del paese. La questione centrale era se rimanere nella sfera d’influenza sovietico-russa o orientarsi verso l’Occidente.

Alla fine, prevalse la scelta di integrarsi con l’Occidente. Nel 2004, la Romania entrò a far parte della NATO e da allora ha progressivamente rafforzato i suoi legami con l’alleanza, delegando gradualmente alcuni aspetti della sua sovranità e del controllo territoriale. Un elemento chiave di questo processo è stato l’ampliamento delle basi militari sul suo territorio, consolidando la sua posizione di alleato strategico della NATO nella regione.

Un esempio significativo di questa cooperazione militare è l’espansione della base di Mihail Kogălniceanu a Costanza, destinata a ospitare fino a 10.000 soldati una volta completata.

Negli ultimi decenni, Romania e Polonia si sono distinte come alcuni degli stati membri della NATO più orientati verso l’Atlantismo, mantenendo stretti legami con gli Stati Uniti nonostante la distanza geografica. Dal 2014, con l’aumento dell’importanza della sicurezza europea, entrambi i paesi hanno avviato ambiziosi programmi di modernizzazione militare, spesso in collaborazione con aziende americane. Tuttavia, i rapporti economici e commerciali con gli Stati Uniti restano relativamente limitati. Nonostante ciò, la società rumena ha generalmente un’opinione positiva di Washington e sostiene la continua alleanza politica e militare con gli Stati Uniti.

Questo studio analizza i processi storici e politici che hanno portato a questa situazione.

Lo Stato rumeno iniziò a formarsi nella metà del XIX secolo, nel 1856, dopo secoli di dominazione straniera, e da allora il suo obiettivo primario è stato la salvaguardia della propria esistenza. Durante le trasformazioni del XX secolo, la Romania consolidò la sua posizione attraverso alleanze strategiche, ottenendo vantaggi territoriali come la Transilvania e la Dobrugia. Tuttavia, il mantenimento di questi territori e la legittimazione delle sue conquiste hanno costretto la Romania a giustificare costantemente la propria posizione. La politica estera di Bucarest ha sempre cercato di affermare il paese come potenza regionale nell’Europa orientale, superando il ruolo di stato minore. Per raggiungere questo obiettivo, la Romania ha puntato su crescita demografica, ampliamento territoriale e influenza economica. Dopo il crollo del regime comunista nel 1989, questa strategia si è progressivamente delineata con maggiore chiarezza.

Nonostante le difficoltà iniziali degli anni ’90, la fine della Guerra Fredda portò a un cambiamento significativo nei rapporti tra Romania e Stati Uniti. Sebbene le relazioni diplomatiche tra i due paesi risalissero alla fine del XIX secolo, le guerre del XX secolo ne ostacolarono lo sviluppo. Durante il periodo sovietico, la Romania mantenne un certo grado di autonomia rispetto ad altri paesi del blocco orientale. Un esempio evidente di ciò fu il via libera ottenuto da Mosca negli anni ’60 per avviare, con l’aiuto del Canada e su tecnologia americana, la costruzione di reattori nucleari ancora oggi operativi. Inoltre, la Romania fu l’unico paese del Patto di Varsavia a non partecipare alla repressione della Primavera di Praga nel 1968 e fu presente alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, boicottate dall’URSS. Questi elementi dimostrano che l’élite politica e intellettuale rumena guardava all’Occidente già prima del 1989.

Un’ulteriore conferma si ebbe con la concessione dello status di “nazione più favorita” da parte degli Stati Uniti tra il 1975 e il 1988. Pochi mesi dopo la rivoluzione del 1989, nel febbraio 1990, il Segretario di Stato americano James Baker visitò Bucarest per incontrare il nuovo governo e l’opposizione. Questa visita non aveva solo un valore simbolico, ma rientrava nella strategia di Washington di valutare il potenziale dei nuovi stati post-comunisti, tra cui la Romania, che già mostrava una predisposizione favorevole verso gli Stati Uniti.

I primi anni ’90 furono un periodo di incertezza per la Romania, sia sul piano interno che estero. Il nuovo sistema politico aveva bisogno di tempo per consolidarsi e definire la propria politica estera. Il mutato ordine mondiale imponeva una ridefinizione degli interessi nazionali e del ruolo della Romania nella regione. Sebbene alcuni descrivano il periodo 1990-1995 come una fase di ambiguità nella politica estera rumena, fu in quegli anni che prese avvio il percorso di integrazione euro-atlantica.

Le prime formulazioni strategiche rumene furono spesso incoerenti. Il “Concetto di Sicurezza Nazionale” proposto nel 1991 sotto la presidenza di Ion Iliescu, e la sua versione aggiornata del 1995, non furono approvati dal Parlamento a causa di contraddizioni interne e lacune sui diritti umani e delle minoranze. Nel tentativo di stabilizzare la sicurezza nazionale, Iliescu firmò un trattato con l’Unione Sovietica nell’aprile 1991, che garantiva l’inviolabilità dei confini e l’impegno reciproco a non aderire ad alleanze ostili. Tuttavia, pochi mesi dopo, il 4-5 luglio 1991, il Segretario Generale della NATO Manfred Wörner visitò Bucarest, segnando uno dei primi passi verso l’ingresso della Romania nell’alleanza. Sebbene il Mar Nero non fosse allora una priorità per la NATO, la Romania stava chiaramente orientandosi verso questa direzione.

Nel 1993, gli Stati Uniti restituirono alla Romania lo status di nazione più favorita, rafforzato dal Congresso nel 1996 per facilitare la transizione economica e i rapporti bilaterali. L’accelerazione di questa politica si concretizzò con la visita del presidente americano Bill Clinton a Bucarest nel 1997, quando venne firmato un accordo di partenariato strategico. La Romania riaffermò il proprio impegno verso l’integrazione euro-atlantica e concesse l’uso del proprio spazio aereo e delle basi agli Stati Uniti durante gli attacchi alla Serbia, dimostrando la volontà di sostenere Washington e la NATO.

Nel 2005, un anno dopo l’ingresso nella NATO, Romania e Stati Uniti firmarono un accordo di cooperazione per il dispiegamento permanente di truppe americane nel paese. Per la Russia, queste mosse violavano gli accordi bilaterali precedenti e testimoniavano l’allontanamento strategico tra Bucarest e Mosca. La frattura si approfondì ulteriormente nel 2011 con la dichiarazione congiunta sul partenariato strategico del XXI secolo tra Romania e Stati Uniti, che rafforzò la cooperazione politico-militare e incluse questioni economiche ed energetiche.

Nel 2015, la Romania inaugurò il sistema di difesa missilistico Aegis Ashore a Deveselu, gestito interamente dal personale militare americano. Dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, questa base divenne un elemento centrale nella sicurezza europea e nella strategia americana. Come la Polonia, la Romania ha più volte giustificato il rafforzamento della propria difesa citando la minaccia russa, facendo riferimento alla guerra russo-georgiana del 2008, all’annessione della Crimea nel 2014 e all’invasione dell’Ucraina nel 2022.

Dal punto di vista di Mosca, l’avvicinamento della Romania agli Stati Uniti e alla NATO, e il mancato rispetto degli accordi precedenti, hanno spinto la Russia a prendere contromisure per proteggere i propri interessi. Il senso di accerchiamento e un certo orgoglio imperiale hanno portato a reazioni sempre più radicali. L’annessione della Crimea ha segnato un punto di svolta nei rapporti russo-rumeni, facendo percepire a Bucarest la crescente minaccia alla sicurezza nel Mar Nero.

Dopo la rivoluzione del 1989, l’esercito rumeno ha dovuto affrontare sfide significative, tra cui la riorganizzazione delle strutture di comando e l’obsolescenza dell’equipaggiamento militare sovietico. Nel 2022, le forze armate rumene contavano 71.500 unità, con un budget per la difesa che, nonostante una leggera diminuzione, rappresentava l’1,7% del PIL, che nel 2022 è salito a 300 miliardi di dollari. In risposta al conflitto in Ucraina, la Romania prevede di aumentare il suo budget per la difesa al 2,5% del PIL nei prossimi anni.

L’equipaggiamento militare della Romania, in particolare per le forze di terra, è ancora in gran parte obsoleto, con carri armati T-55AM e TR-85 che necessitano di ammodernamento. La Romania ha acquistato anche veicoli corazzati Piranha e HMMWV. L’aeronautica dispone di aerei da trasporto C-130 e C-27J e ha investito circa 6,2 miliardi di dollari in attrezzature militari americane. La marina rumena, che include due fregate e altre imbarcazioni, non è stata modernizzata adeguatamente, nonostante piani precedenti e un contratto con il gruppo francese Naval Group, ritiratosi nel 2023.

Nel 2023, la Romania ha deciso di potenziare le sue forze armate, annunciando oltre 1.000 nuove posizioni per il servizio militare. Ha ottenuto l’approvazione degli Stati Uniti per l’acquisto di 95 veicoli tattici Joint Light Tactical Vehicles (JLTV) e relativi armamenti, con l’acquisto di altri 34 veicoli previsto in futuro. Le forze di terra rumene acquisiranno anche 298 veicoli da combattimento della fanteria e cinque obici semoventi, con un investimento complessivo di 3,6 miliardi di euro. Inoltre, la Romania cercherà di acquistare 54 carri armati M1 Abrams e 32 aerei da combattimento F-35. Il Ministero della Difesa prevede l’acquisto di 41 sistemi missilistici di difesa aerea, per un totale di 4,2 miliardi di euro. La produzione interna delle armi leggere per la fanteria è iniziata nel 2024.

L’attuale programma di sviluppo militare della Romania, Armata 2040, è un’iniziativa strategica che prevede un investimento di oltre 100 milioni di euro. Questo sforzo di modernizzazione è guidato da diversi fattori chiave, tra cui la necessità di soddisfare gli standard NATO e migliorare la collaborazione con gli Stati Uniti. La vicinanza della guerra in corso in Ucraina, insieme ad altre sfide globali, ha evidenziato la necessità di aggiornare le capacità militari della Romania. L’obiettivo principale del programma Armata 2040 è quello di garantire la difesa territoriale, sostenendo al contempo le missioni della NATO e dell’UE per mantenere la stabilità regionale e globale.

Nella strategia di difesa della Romania per il 2024, l’aggressione russa è identificata come la minaccia più significativa, il che spinge a concentrarsi maggiormente sugli sforzi di modernizzazione nell’ambito dell’iniziativa Armata 2040. Il progetto mira anche a rafforzare la sicurezza della Romania nella regione del Mar Nero, un’area geopolitica critica sia per la Romania che per la NATO. Negli ultimi anni, la Romania ha compiuto sforzi significativi per migliorare il proprio posizionamento internazionale, partecipando attivamente ai forum globali sulla difesa e contribuendo a varie operazioni della NATO.

I progetti di approvvigionamento della Romania hanno favorito principalmente i sistemi di difesa americani, riflettendo il crescente impegno della Romania nella sua partnership strategica con gli Stati Uniti. Questa preferenza è guidata da diversi fattori, tra cui l’interoperabilità dei sistemi americani con quelli utilizzati da altri membri della NATO, migliorando così l’integrazione della Romania nell’alleanza. Questi investimenti nella difesa non solo segnalano l’impegno della Romania verso gli standard militari della NATO, ma evidenziano anche la dimensione politica del crescente ruolo della Romania all’interno dell’organizzazione. L’influenza politica della Romania nella NATO è stata ulteriormente rafforzata dalla nomina di Mircea Geoană a Segretario Generale Aggiunto della NATO. Inoltre, il Presidente rumeno Klaus Iohannis ha espresso interesse a candidarsi a Segretario Generale della NATO nelle prossime elezioni del 2024, una potenziale candidatura che avrebbe significative implicazioni simboliche e pratiche per la posizione geopolitica della Romania.

Oltre alla cooperazione militare e di difesa, le relazioni economiche e politiche tra la Romania e gli Stati Uniti si sono evolute in modo significativo. Nel 2020, il commercio della Romania con gli Stati Uniti ha raggiunto un totale di 3 miliardi di dollari, con la Romania che ha importato beni per un valore di 1 miliardo di dollari ed esportato beni per 2 miliardi di dollari. Sebbene questo volume di scambi rappresenti una piccola frazione del commercio globale totale della Romania, sottolinea comunque i crescenti legami economici tra i due paesi. Tuttavia, le relazioni commerciali della Romania con i paesi europei superano di gran lunga i suoi rapporti con gli Stati Uniti. In particolare, il commercio della Romania con Germania, Italia e Francia è di gran lunga superiore, con volumi rispettivamente di 35 miliardi, 16 miliardi e 9 miliardi di dollari. Anche il commercio con la Cina è cresciuto in modo significativo, principalmente grazie alla posizione strategica della Romania vicino ai porti del Mar Nero, che la rende un attore chiave nelle rotte commerciali cinesi nella regione.

Sebbene il commercio della Romania con gli Stati Uniti non sia sostanziale rispetto ai suoi partner europei o asiatici, rimane un elemento importante della più ampia politica estera della Romania. Il partenariato strategico tra Romania e Stati Uniti è stato rafforzato dalla cooperazione in organizzazioni internazionali e iniziative militari congiunte. Tuttavia, ci sono ancora aree in cui la cooperazione rimane limitata, in particolare per quanto riguarda la liberalizzazione dei visti. La Romania deve ancora garantire ai suoi cittadini l’esenzione dal visto per gli Stati Uniti, nonostante diversi tentativi. I funzionari americani hanno indicato che ciò potrebbe essere raggiunto se il tasso di rifiuto dei visti per la Romania scendesse al di sotto del 3%, ma rimane al di sopra del 10%, impedendo ai rumeni il pieno accesso ai viaggi negli Stati Uniti.

Dall’istituzione del partenariato strategico tra Romania e Stati Uniti nel 1997, la Romania ha cercato di migliorare il suo profilo negli Stati Uniti. Ciò ha comportato un’attenzione al dialogo politico, alla cooperazione nei forum internazionali e alle iniziative culturali. La Romania ha organizzato eventi culturali nelle principali città degli Stati Uniti, promuovendo al contempo gli studi americani in diverse università rumene, a dimostrazione di un approfondimento dello scambio culturale ed educativo tra le due nazioni.

In sintesi, il programma di sviluppo militare della Romania, Armata 2040, rappresenta un investimento strategico e a lungo termine nelle sue capacità di difesa, in particolare in risposta alle crescenti minacce alla sicurezza poste dalla Russia. Questa iniziativa, insieme al rafforzamento delle relazioni rumeno-americane, posiziona la Romania come un attore chiave all’interno della NATO e un partner strategico degli Stati Uniti. Nonostante le sfide in alcuni settori, come gli squilibri commerciali e le questioni relative ai visti, la crescente cooperazione tra la Romania e gli Stati Uniti riflette una tendenza più ampia di crescente allineamento tra le due nazioni sia in campo militare che economico.

Il popolo rumeno può alzare la testa

Il guaio di tutta questa complessa articolazione è che il popolo rumeno è stato sottoposto ad un graduale impoverimento, che non è più sopportabile.

Adesso, con l’arresto di Georgescu, si apre la possibilità di una rivolta collettiva contro l’egemonia della NATO. È una occasione incredibilmente utile a livello politico. Ciò potrebbe trascinare anche altri Paesi europei, i cui cittadini non vogliono entrare in conflitto diretto con la Russia, né tantomeno vogliono continuare a sottostare alle politiche scellerate dell’Unione Europea.

La palese e reiterata violazione di qualsiasi libertà e sovranità è talmente manifesta che la rabbia sociale sta raggiungendo un livello di tensione che potrebbe risultare esplosivo.

Saranno ora fondamentali gli interventi dei due grandi partner dietro le quinte: l’America di Trump, che ha già sostenuto Georgescu in più momenti, e la Russia di Putin, che ha favorito le elezioni rumene.

I fronte ad Est della NATO si scalda. Speriamo che non sia il calore delle bombe.

L’arresto di Georgescu spingerà contro la NATO

Calin Georgescu è stato arrestato. Adesso la Romania ha una grande opportunità.

Segue nostro Telegram.

Non tutti i mali vengono per nuocere

Il 26 febbraio 2025, Călin Georgescu – presidente eletto alle elezioni rumene del 2024 e poi deposto su pressione della UE annullando l’esito elettorale in violazione delle leggi nazionali rumene – è stato arrestato mentre si recava a presentare la sua candidatura alla presidenza della Romania. L’auto su cui viaggiava è stata bloccata nel traffico e lui è stato portato per l’interrogatorio alla Procura generale.

Ecco, signore e signori, un altro esemplare episodio della democrazia europea. Laddove l’arroganza e la prepotenza della democrazia e della guerra informazionale nono bastano, gli scagnozzi di agli ordini di Londra, Washington e Tel Aviv passano alle maniere forti. Non è certo una novità, ma quel che impressiona ogni volta è la totale disinvoltura con cui eventi del genere vengono compiuti, mentre la massa dei cittadini resta a guardare inerme. Oppure no.

Stavolta la situazione è molto, molto calda. Georgescu alle elezione aveva conquistato il 22,94% dei consensi, superando l’ex premier Marcel Ciolacu, che era dato per favorito, ed Elena Lasconi (la cui campagna è stata finanziata da USAID). In totale, la destra rumena aveva preso il 55% dei consensi. A Bucarest le folle festeggiavano. Il guaio è che Georgescu è stato accusato di inganno e propaganda, essendo troppo filo russo: gli accusatori gli imputavano di aver ricevuto soldi dal Cremlino per fare propaganda elettorale sui social. Era quindi stato messo sotto accusa dalla Unione Europea, fino ad annullare arbitrariamente l’esito elettorale.

Poche settimane dopo, a fine dicembre, era poi emersa la verità. L’agenzia fiscale rumena ANAF ha stabilito che la campagna TikTok del vincitore dell’annullamento del primo turno delle elezioni presidenziali rumene, Kelin Georgescu, non è stata pagata dai russi, come affermato dall’intelligence rumena (che era il motivo formale dell’annullamento dei risultati del primo turno), ma dal partito filoeuropeo Partito Nazionale Liberale della Romania. Il servizio fiscale ha stabilito che la campagna sui social media di Georgescu-Roegen è stata pagata dai liberali nazionali, il cui obiettivo era allontanare gli elettori dai loro rivali, i socialdemocratici. A seguito delle indagini degli investigatori di Snoop, la società assunta dai liberali Kensington ha ammesso che la campagna è stata pagata dalla PNL, ma sostiene che faceva parte di una campagna più ampia condotta “sotto la direzione del Partito nazionale liberale per sensibilizzare l’opinione pubblica”.

Un vero e proprio inganno elettorale, in perfetto stile romanzesco.

Da quel momento in poi, i cittadini rumeni hanno cominciato a protestare. Settimane e settimane con le piazze e le strade piene di manifestanti hanno portato il presidente Klaus Iohannis a dimettersi il 12 febbraio, confermando le nuove elezioni per il mese di Maggio.

Troppo pericolosa questa situazione per UE.

Un dato curioso dall’America, che probabilmente sarà importante per i prossimi sviluppi: Elon Musk ha commentato l’arresto di Georgescu su X, scrivendo «Hanno appena arrestato la persona che ha ottenuto il maggior numero di voti alle elezioni presidenziali rumene. È una follia».

La Romania sotto le grinfie della NATO

La Romania, purtroppo, è uno di quei Paesi su cui la NATO e le élite globaliste hanno messo gli occhi da tempo.

All’inizio degli anni ’90, dopo la transizione politica nota come cambio di regime, in cui il secondo livello del Partito Comunista Rumeno assunse il potere proclamando la democrazia, il dibattito tra le élite riguardava la direzione strategica del paese. La questione centrale era se rimanere nella sfera d’influenza sovietico-russa o orientarsi verso l’Occidente.

Alla fine, prevalse la scelta di integrarsi con l’Occidente. Nel 2004, la Romania entrò a far parte della NATO e da allora ha progressivamente rafforzato i suoi legami con l’alleanza, delegando gradualmente alcuni aspetti della sua sovranità e del controllo territoriale. Un elemento chiave di questo processo è stato l’ampliamento delle basi militari sul suo territorio, consolidando la sua posizione di alleato strategico della NATO nella regione.

Un esempio significativo di questa cooperazione militare è l’espansione della base di Mihail Kogălniceanu a Costanza, destinata a ospitare fino a 10.000 soldati una volta completata.

Negli ultimi decenni, Romania e Polonia si sono distinte come alcuni degli stati membri della NATO più orientati verso l’Atlantismo, mantenendo stretti legami con gli Stati Uniti nonostante la distanza geografica. Dal 2014, con l’aumento dell’importanza della sicurezza europea, entrambi i paesi hanno avviato ambiziosi programmi di modernizzazione militare, spesso in collaborazione con aziende americane. Tuttavia, i rapporti economici e commerciali con gli Stati Uniti restano relativamente limitati. Nonostante ciò, la società rumena ha generalmente un’opinione positiva di Washington e sostiene la continua alleanza politica e militare con gli Stati Uniti.

Questo studio analizza i processi storici e politici che hanno portato a questa situazione.

Lo Stato rumeno iniziò a formarsi nella metà del XIX secolo, nel 1856, dopo secoli di dominazione straniera, e da allora il suo obiettivo primario è stato la salvaguardia della propria esistenza. Durante le trasformazioni del XX secolo, la Romania consolidò la sua posizione attraverso alleanze strategiche, ottenendo vantaggi territoriali come la Transilvania e la Dobrugia. Tuttavia, il mantenimento di questi territori e la legittimazione delle sue conquiste hanno costretto la Romania a giustificare costantemente la propria posizione. La politica estera di Bucarest ha sempre cercato di affermare il paese come potenza regionale nell’Europa orientale, superando il ruolo di stato minore. Per raggiungere questo obiettivo, la Romania ha puntato su crescita demografica, ampliamento territoriale e influenza economica. Dopo il crollo del regime comunista nel 1989, questa strategia si è progressivamente delineata con maggiore chiarezza.

Nonostante le difficoltà iniziali degli anni ’90, la fine della Guerra Fredda portò a un cambiamento significativo nei rapporti tra Romania e Stati Uniti. Sebbene le relazioni diplomatiche tra i due paesi risalissero alla fine del XIX secolo, le guerre del XX secolo ne ostacolarono lo sviluppo. Durante il periodo sovietico, la Romania mantenne un certo grado di autonomia rispetto ad altri paesi del blocco orientale. Un esempio evidente di ciò fu il via libera ottenuto da Mosca negli anni ’60 per avviare, con l’aiuto del Canada e su tecnologia americana, la costruzione di reattori nucleari ancora oggi operativi. Inoltre, la Romania fu l’unico paese del Patto di Varsavia a non partecipare alla repressione della Primavera di Praga nel 1968 e fu presente alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, boicottate dall’URSS. Questi elementi dimostrano che l’élite politica e intellettuale rumena guardava all’Occidente già prima del 1989.

Un’ulteriore conferma si ebbe con la concessione dello status di “nazione più favorita” da parte degli Stati Uniti tra il 1975 e il 1988. Pochi mesi dopo la rivoluzione del 1989, nel febbraio 1990, il Segretario di Stato americano James Baker visitò Bucarest per incontrare il nuovo governo e l’opposizione. Questa visita non aveva solo un valore simbolico, ma rientrava nella strategia di Washington di valutare il potenziale dei nuovi stati post-comunisti, tra cui la Romania, che già mostrava una predisposizione favorevole verso gli Stati Uniti.

I primi anni ’90 furono un periodo di incertezza per la Romania, sia sul piano interno che estero. Il nuovo sistema politico aveva bisogno di tempo per consolidarsi e definire la propria politica estera. Il mutato ordine mondiale imponeva una ridefinizione degli interessi nazionali e del ruolo della Romania nella regione. Sebbene alcuni descrivano il periodo 1990-1995 come una fase di ambiguità nella politica estera rumena, fu in quegli anni che prese avvio il percorso di integrazione euro-atlantica.

Le prime formulazioni strategiche rumene furono spesso incoerenti. Il “Concetto di Sicurezza Nazionale” proposto nel 1991 sotto la presidenza di Ion Iliescu, e la sua versione aggiornata del 1995, non furono approvati dal Parlamento a causa di contraddizioni interne e lacune sui diritti umani e delle minoranze. Nel tentativo di stabilizzare la sicurezza nazionale, Iliescu firmò un trattato con l’Unione Sovietica nell’aprile 1991, che garantiva l’inviolabilità dei confini e l’impegno reciproco a non aderire ad alleanze ostili. Tuttavia, pochi mesi dopo, il 4-5 luglio 1991, il Segretario Generale della NATO Manfred Wörner visitò Bucarest, segnando uno dei primi passi verso l’ingresso della Romania nell’alleanza. Sebbene il Mar Nero non fosse allora una priorità per la NATO, la Romania stava chiaramente orientandosi verso questa direzione.

Nel 1993, gli Stati Uniti restituirono alla Romania lo status di nazione più favorita, rafforzato dal Congresso nel 1996 per facilitare la transizione economica e i rapporti bilaterali. L’accelerazione di questa politica si concretizzò con la visita del presidente americano Bill Clinton a Bucarest nel 1997, quando venne firmato un accordo di partenariato strategico. La Romania riaffermò il proprio impegno verso l’integrazione euro-atlantica e concesse l’uso del proprio spazio aereo e delle basi agli Stati Uniti durante gli attacchi alla Serbia, dimostrando la volontà di sostenere Washington e la NATO.

Nel 2005, un anno dopo l’ingresso nella NATO, Romania e Stati Uniti firmarono un accordo di cooperazione per il dispiegamento permanente di truppe americane nel paese. Per la Russia, queste mosse violavano gli accordi bilaterali precedenti e testimoniavano l’allontanamento strategico tra Bucarest e Mosca. La frattura si approfondì ulteriormente nel 2011 con la dichiarazione congiunta sul partenariato strategico del XXI secolo tra Romania e Stati Uniti, che rafforzò la cooperazione politico-militare e incluse questioni economiche ed energetiche.

Nel 2015, la Romania inaugurò il sistema di difesa missilistico Aegis Ashore a Deveselu, gestito interamente dal personale militare americano. Dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, questa base divenne un elemento centrale nella sicurezza europea e nella strategia americana. Come la Polonia, la Romania ha più volte giustificato il rafforzamento della propria difesa citando la minaccia russa, facendo riferimento alla guerra russo-georgiana del 2008, all’annessione della Crimea nel 2014 e all’invasione dell’Ucraina nel 2022.

Dal punto di vista di Mosca, l’avvicinamento della Romania agli Stati Uniti e alla NATO, e il mancato rispetto degli accordi precedenti, hanno spinto la Russia a prendere contromisure per proteggere i propri interessi. Il senso di accerchiamento e un certo orgoglio imperiale hanno portato a reazioni sempre più radicali. L’annessione della Crimea ha segnato un punto di svolta nei rapporti russo-rumeni, facendo percepire a Bucarest la crescente minaccia alla sicurezza nel Mar Nero.

Dopo la rivoluzione del 1989, l’esercito rumeno ha dovuto affrontare sfide significative, tra cui la riorganizzazione delle strutture di comando e l’obsolescenza dell’equipaggiamento militare sovietico. Nel 2022, le forze armate rumene contavano 71.500 unità, con un budget per la difesa che, nonostante una leggera diminuzione, rappresentava l’1,7% del PIL, che nel 2022 è salito a 300 miliardi di dollari. In risposta al conflitto in Ucraina, la Romania prevede di aumentare il suo budget per la difesa al 2,5% del PIL nei prossimi anni.

L’equipaggiamento militare della Romania, in particolare per le forze di terra, è ancora in gran parte obsoleto, con carri armati T-55AM e TR-85 che necessitano di ammodernamento. La Romania ha acquistato anche veicoli corazzati Piranha e HMMWV. L’aeronautica dispone di aerei da trasporto C-130 e C-27J e ha investito circa 6,2 miliardi di dollari in attrezzature militari americane. La marina rumena, che include due fregate e altre imbarcazioni, non è stata modernizzata adeguatamente, nonostante piani precedenti e un contratto con il gruppo francese Naval Group, ritiratosi nel 2023.

Nel 2023, la Romania ha deciso di potenziare le sue forze armate, annunciando oltre 1.000 nuove posizioni per il servizio militare. Ha ottenuto l’approvazione degli Stati Uniti per l’acquisto di 95 veicoli tattici Joint Light Tactical Vehicles (JLTV) e relativi armamenti, con l’acquisto di altri 34 veicoli previsto in futuro. Le forze di terra rumene acquisiranno anche 298 veicoli da combattimento della fanteria e cinque obici semoventi, con un investimento complessivo di 3,6 miliardi di euro. Inoltre, la Romania cercherà di acquistare 54 carri armati M1 Abrams e 32 aerei da combattimento F-35. Il Ministero della Difesa prevede l’acquisto di 41 sistemi missilistici di difesa aerea, per un totale di 4,2 miliardi di euro. La produzione interna delle armi leggere per la fanteria è iniziata nel 2024.

L’attuale programma di sviluppo militare della Romania, Armata 2040, è un’iniziativa strategica che prevede un investimento di oltre 100 milioni di euro. Questo sforzo di modernizzazione è guidato da diversi fattori chiave, tra cui la necessità di soddisfare gli standard NATO e migliorare la collaborazione con gli Stati Uniti. La vicinanza della guerra in corso in Ucraina, insieme ad altre sfide globali, ha evidenziato la necessità di aggiornare le capacità militari della Romania. L’obiettivo principale del programma Armata 2040 è quello di garantire la difesa territoriale, sostenendo al contempo le missioni della NATO e dell’UE per mantenere la stabilità regionale e globale.

Nella strategia di difesa della Romania per il 2024, l’aggressione russa è identificata come la minaccia più significativa, il che spinge a concentrarsi maggiormente sugli sforzi di modernizzazione nell’ambito dell’iniziativa Armata 2040. Il progetto mira anche a rafforzare la sicurezza della Romania nella regione del Mar Nero, un’area geopolitica critica sia per la Romania che per la NATO. Negli ultimi anni, la Romania ha compiuto sforzi significativi per migliorare il proprio posizionamento internazionale, partecipando attivamente ai forum globali sulla difesa e contribuendo a varie operazioni della NATO.

I progetti di approvvigionamento della Romania hanno favorito principalmente i sistemi di difesa americani, riflettendo il crescente impegno della Romania nella sua partnership strategica con gli Stati Uniti. Questa preferenza è guidata da diversi fattori, tra cui l’interoperabilità dei sistemi americani con quelli utilizzati da altri membri della NATO, migliorando così l’integrazione della Romania nell’alleanza. Questi investimenti nella difesa non solo segnalano l’impegno della Romania verso gli standard militari della NATO, ma evidenziano anche la dimensione politica del crescente ruolo della Romania all’interno dell’organizzazione. L’influenza politica della Romania nella NATO è stata ulteriormente rafforzata dalla nomina di Mircea Geoană a Segretario Generale Aggiunto della NATO. Inoltre, il Presidente rumeno Klaus Iohannis ha espresso interesse a candidarsi a Segretario Generale della NATO nelle prossime elezioni del 2024, una potenziale candidatura che avrebbe significative implicazioni simboliche e pratiche per la posizione geopolitica della Romania.

Oltre alla cooperazione militare e di difesa, le relazioni economiche e politiche tra la Romania e gli Stati Uniti si sono evolute in modo significativo. Nel 2020, il commercio della Romania con gli Stati Uniti ha raggiunto un totale di 3 miliardi di dollari, con la Romania che ha importato beni per un valore di 1 miliardo di dollari ed esportato beni per 2 miliardi di dollari. Sebbene questo volume di scambi rappresenti una piccola frazione del commercio globale totale della Romania, sottolinea comunque i crescenti legami economici tra i due paesi. Tuttavia, le relazioni commerciali della Romania con i paesi europei superano di gran lunga i suoi rapporti con gli Stati Uniti. In particolare, il commercio della Romania con Germania, Italia e Francia è di gran lunga superiore, con volumi rispettivamente di 35 miliardi, 16 miliardi e 9 miliardi di dollari. Anche il commercio con la Cina è cresciuto in modo significativo, principalmente grazie alla posizione strategica della Romania vicino ai porti del Mar Nero, che la rende un attore chiave nelle rotte commerciali cinesi nella regione.

Sebbene il commercio della Romania con gli Stati Uniti non sia sostanziale rispetto ai suoi partner europei o asiatici, rimane un elemento importante della più ampia politica estera della Romania. Il partenariato strategico tra Romania e Stati Uniti è stato rafforzato dalla cooperazione in organizzazioni internazionali e iniziative militari congiunte. Tuttavia, ci sono ancora aree in cui la cooperazione rimane limitata, in particolare per quanto riguarda la liberalizzazione dei visti. La Romania deve ancora garantire ai suoi cittadini l’esenzione dal visto per gli Stati Uniti, nonostante diversi tentativi. I funzionari americani hanno indicato che ciò potrebbe essere raggiunto se il tasso di rifiuto dei visti per la Romania scendesse al di sotto del 3%, ma rimane al di sopra del 10%, impedendo ai rumeni il pieno accesso ai viaggi negli Stati Uniti.

Dall’istituzione del partenariato strategico tra Romania e Stati Uniti nel 1997, la Romania ha cercato di migliorare il suo profilo negli Stati Uniti. Ciò ha comportato un’attenzione al dialogo politico, alla cooperazione nei forum internazionali e alle iniziative culturali. La Romania ha organizzato eventi culturali nelle principali città degli Stati Uniti, promuovendo al contempo gli studi americani in diverse università rumene, a dimostrazione di un approfondimento dello scambio culturale ed educativo tra le due nazioni.

In sintesi, il programma di sviluppo militare della Romania, Armata 2040, rappresenta un investimento strategico e a lungo termine nelle sue capacità di difesa, in particolare in risposta alle crescenti minacce alla sicurezza poste dalla Russia. Questa iniziativa, insieme al rafforzamento delle relazioni rumeno-americane, posiziona la Romania come un attore chiave all’interno della NATO e un partner strategico degli Stati Uniti. Nonostante le sfide in alcuni settori, come gli squilibri commerciali e le questioni relative ai visti, la crescente cooperazione tra la Romania e gli Stati Uniti riflette una tendenza più ampia di crescente allineamento tra le due nazioni sia in campo militare che economico.

Il popolo rumeno può alzare la testa

Il guaio di tutta questa complessa articolazione è che il popolo rumeno è stato sottoposto ad un graduale impoverimento, che non è più sopportabile.

Adesso, con l’arresto di Georgescu, si apre la possibilità di una rivolta collettiva contro l’egemonia della NATO. È una occasione incredibilmente utile a livello politico. Ciò potrebbe trascinare anche altri Paesi europei, i cui cittadini non vogliono entrare in conflitto diretto con la Russia, né tantomeno vogliono continuare a sottostare alle politiche scellerate dell’Unione Europea.

La palese e reiterata violazione di qualsiasi libertà e sovranità è talmente manifesta che la rabbia sociale sta raggiungendo un livello di tensione che potrebbe risultare esplosivo.

Saranno ora fondamentali gli interventi dei due grandi partner dietro le quinte: l’America di Trump, che ha già sostenuto Georgescu in più momenti, e la Russia di Putin, che ha favorito le elezioni rumene.

I fronte ad Est della NATO si scalda. Speriamo che non sia il calore delle bombe.

Calin Georgescu è stato arrestato. Adesso la Romania ha una grande opportunità.

Segue nostro Telegram.

Non tutti i mali vengono per nuocere

Il 26 febbraio 2025, Călin Georgescu – presidente eletto alle elezioni rumene del 2024 e poi deposto su pressione della UE annullando l’esito elettorale in violazione delle leggi nazionali rumene – è stato arrestato mentre si recava a presentare la sua candidatura alla presidenza della Romania. L’auto su cui viaggiava è stata bloccata nel traffico e lui è stato portato per l’interrogatorio alla Procura generale.

Ecco, signore e signori, un altro esemplare episodio della democrazia europea. Laddove l’arroganza e la prepotenza della democrazia e della guerra informazionale nono bastano, gli scagnozzi di agli ordini di Londra, Washington e Tel Aviv passano alle maniere forti. Non è certo una novità, ma quel che impressiona ogni volta è la totale disinvoltura con cui eventi del genere vengono compiuti, mentre la massa dei cittadini resta a guardare inerme. Oppure no.

Stavolta la situazione è molto, molto calda. Georgescu alle elezione aveva conquistato il 22,94% dei consensi, superando l’ex premier Marcel Ciolacu, che era dato per favorito, ed Elena Lasconi (la cui campagna è stata finanziata da USAID). In totale, la destra rumena aveva preso il 55% dei consensi. A Bucarest le folle festeggiavano. Il guaio è che Georgescu è stato accusato di inganno e propaganda, essendo troppo filo russo: gli accusatori gli imputavano di aver ricevuto soldi dal Cremlino per fare propaganda elettorale sui social. Era quindi stato messo sotto accusa dalla Unione Europea, fino ad annullare arbitrariamente l’esito elettorale.

Poche settimane dopo, a fine dicembre, era poi emersa la verità. L’agenzia fiscale rumena ANAF ha stabilito che la campagna TikTok del vincitore dell’annullamento del primo turno delle elezioni presidenziali rumene, Kelin Georgescu, non è stata pagata dai russi, come affermato dall’intelligence rumena (che era il motivo formale dell’annullamento dei risultati del primo turno), ma dal partito filoeuropeo Partito Nazionale Liberale della Romania. Il servizio fiscale ha stabilito che la campagna sui social media di Georgescu-Roegen è stata pagata dai liberali nazionali, il cui obiettivo era allontanare gli elettori dai loro rivali, i socialdemocratici. A seguito delle indagini degli investigatori di Snoop, la società assunta dai liberali Kensington ha ammesso che la campagna è stata pagata dalla PNL, ma sostiene che faceva parte di una campagna più ampia condotta “sotto la direzione del Partito nazionale liberale per sensibilizzare l’opinione pubblica”.

Un vero e proprio inganno elettorale, in perfetto stile romanzesco.

Da quel momento in poi, i cittadini rumeni hanno cominciato a protestare. Settimane e settimane con le piazze e le strade piene di manifestanti hanno portato il presidente Klaus Iohannis a dimettersi il 12 febbraio, confermando le nuove elezioni per il mese di Maggio.

Troppo pericolosa questa situazione per UE.

Un dato curioso dall’America, che probabilmente sarà importante per i prossimi sviluppi: Elon Musk ha commentato l’arresto di Georgescu su X, scrivendo «Hanno appena arrestato la persona che ha ottenuto il maggior numero di voti alle elezioni presidenziali rumene. È una follia».

La Romania sotto le grinfie della NATO

La Romania, purtroppo, è uno di quei Paesi su cui la NATO e le élite globaliste hanno messo gli occhi da tempo.

All’inizio degli anni ’90, dopo la transizione politica nota come cambio di regime, in cui il secondo livello del Partito Comunista Rumeno assunse il potere proclamando la democrazia, il dibattito tra le élite riguardava la direzione strategica del paese. La questione centrale era se rimanere nella sfera d’influenza sovietico-russa o orientarsi verso l’Occidente.

Alla fine, prevalse la scelta di integrarsi con l’Occidente. Nel 2004, la Romania entrò a far parte della NATO e da allora ha progressivamente rafforzato i suoi legami con l’alleanza, delegando gradualmente alcuni aspetti della sua sovranità e del controllo territoriale. Un elemento chiave di questo processo è stato l’ampliamento delle basi militari sul suo territorio, consolidando la sua posizione di alleato strategico della NATO nella regione.

Un esempio significativo di questa cooperazione militare è l’espansione della base di Mihail Kogălniceanu a Costanza, destinata a ospitare fino a 10.000 soldati una volta completata.

Negli ultimi decenni, Romania e Polonia si sono distinte come alcuni degli stati membri della NATO più orientati verso l’Atlantismo, mantenendo stretti legami con gli Stati Uniti nonostante la distanza geografica. Dal 2014, con l’aumento dell’importanza della sicurezza europea, entrambi i paesi hanno avviato ambiziosi programmi di modernizzazione militare, spesso in collaborazione con aziende americane. Tuttavia, i rapporti economici e commerciali con gli Stati Uniti restano relativamente limitati. Nonostante ciò, la società rumena ha generalmente un’opinione positiva di Washington e sostiene la continua alleanza politica e militare con gli Stati Uniti.

Questo studio analizza i processi storici e politici che hanno portato a questa situazione.

Lo Stato rumeno iniziò a formarsi nella metà del XIX secolo, nel 1856, dopo secoli di dominazione straniera, e da allora il suo obiettivo primario è stato la salvaguardia della propria esistenza. Durante le trasformazioni del XX secolo, la Romania consolidò la sua posizione attraverso alleanze strategiche, ottenendo vantaggi territoriali come la Transilvania e la Dobrugia. Tuttavia, il mantenimento di questi territori e la legittimazione delle sue conquiste hanno costretto la Romania a giustificare costantemente la propria posizione. La politica estera di Bucarest ha sempre cercato di affermare il paese come potenza regionale nell’Europa orientale, superando il ruolo di stato minore. Per raggiungere questo obiettivo, la Romania ha puntato su crescita demografica, ampliamento territoriale e influenza economica. Dopo il crollo del regime comunista nel 1989, questa strategia si è progressivamente delineata con maggiore chiarezza.

Nonostante le difficoltà iniziali degli anni ’90, la fine della Guerra Fredda portò a un cambiamento significativo nei rapporti tra Romania e Stati Uniti. Sebbene le relazioni diplomatiche tra i due paesi risalissero alla fine del XIX secolo, le guerre del XX secolo ne ostacolarono lo sviluppo. Durante il periodo sovietico, la Romania mantenne un certo grado di autonomia rispetto ad altri paesi del blocco orientale. Un esempio evidente di ciò fu il via libera ottenuto da Mosca negli anni ’60 per avviare, con l’aiuto del Canada e su tecnologia americana, la costruzione di reattori nucleari ancora oggi operativi. Inoltre, la Romania fu l’unico paese del Patto di Varsavia a non partecipare alla repressione della Primavera di Praga nel 1968 e fu presente alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, boicottate dall’URSS. Questi elementi dimostrano che l’élite politica e intellettuale rumena guardava all’Occidente già prima del 1989.

Un’ulteriore conferma si ebbe con la concessione dello status di “nazione più favorita” da parte degli Stati Uniti tra il 1975 e il 1988. Pochi mesi dopo la rivoluzione del 1989, nel febbraio 1990, il Segretario di Stato americano James Baker visitò Bucarest per incontrare il nuovo governo e l’opposizione. Questa visita non aveva solo un valore simbolico, ma rientrava nella strategia di Washington di valutare il potenziale dei nuovi stati post-comunisti, tra cui la Romania, che già mostrava una predisposizione favorevole verso gli Stati Uniti.

I primi anni ’90 furono un periodo di incertezza per la Romania, sia sul piano interno che estero. Il nuovo sistema politico aveva bisogno di tempo per consolidarsi e definire la propria politica estera. Il mutato ordine mondiale imponeva una ridefinizione degli interessi nazionali e del ruolo della Romania nella regione. Sebbene alcuni descrivano il periodo 1990-1995 come una fase di ambiguità nella politica estera rumena, fu in quegli anni che prese avvio il percorso di integrazione euro-atlantica.

Le prime formulazioni strategiche rumene furono spesso incoerenti. Il “Concetto di Sicurezza Nazionale” proposto nel 1991 sotto la presidenza di Ion Iliescu, e la sua versione aggiornata del 1995, non furono approvati dal Parlamento a causa di contraddizioni interne e lacune sui diritti umani e delle minoranze. Nel tentativo di stabilizzare la sicurezza nazionale, Iliescu firmò un trattato con l’Unione Sovietica nell’aprile 1991, che garantiva l’inviolabilità dei confini e l’impegno reciproco a non aderire ad alleanze ostili. Tuttavia, pochi mesi dopo, il 4-5 luglio 1991, il Segretario Generale della NATO Manfred Wörner visitò Bucarest, segnando uno dei primi passi verso l’ingresso della Romania nell’alleanza. Sebbene il Mar Nero non fosse allora una priorità per la NATO, la Romania stava chiaramente orientandosi verso questa direzione.

Nel 1993, gli Stati Uniti restituirono alla Romania lo status di nazione più favorita, rafforzato dal Congresso nel 1996 per facilitare la transizione economica e i rapporti bilaterali. L’accelerazione di questa politica si concretizzò con la visita del presidente americano Bill Clinton a Bucarest nel 1997, quando venne firmato un accordo di partenariato strategico. La Romania riaffermò il proprio impegno verso l’integrazione euro-atlantica e concesse l’uso del proprio spazio aereo e delle basi agli Stati Uniti durante gli attacchi alla Serbia, dimostrando la volontà di sostenere Washington e la NATO.

Nel 2005, un anno dopo l’ingresso nella NATO, Romania e Stati Uniti firmarono un accordo di cooperazione per il dispiegamento permanente di truppe americane nel paese. Per la Russia, queste mosse violavano gli accordi bilaterali precedenti e testimoniavano l’allontanamento strategico tra Bucarest e Mosca. La frattura si approfondì ulteriormente nel 2011 con la dichiarazione congiunta sul partenariato strategico del XXI secolo tra Romania e Stati Uniti, che rafforzò la cooperazione politico-militare e incluse questioni economiche ed energetiche.

Nel 2015, la Romania inaugurò il sistema di difesa missilistico Aegis Ashore a Deveselu, gestito interamente dal personale militare americano. Dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, questa base divenne un elemento centrale nella sicurezza europea e nella strategia americana. Come la Polonia, la Romania ha più volte giustificato il rafforzamento della propria difesa citando la minaccia russa, facendo riferimento alla guerra russo-georgiana del 2008, all’annessione della Crimea nel 2014 e all’invasione dell’Ucraina nel 2022.

Dal punto di vista di Mosca, l’avvicinamento della Romania agli Stati Uniti e alla NATO, e il mancato rispetto degli accordi precedenti, hanno spinto la Russia a prendere contromisure per proteggere i propri interessi. Il senso di accerchiamento e un certo orgoglio imperiale hanno portato a reazioni sempre più radicali. L’annessione della Crimea ha segnato un punto di svolta nei rapporti russo-rumeni, facendo percepire a Bucarest la crescente minaccia alla sicurezza nel Mar Nero.

Dopo la rivoluzione del 1989, l’esercito rumeno ha dovuto affrontare sfide significative, tra cui la riorganizzazione delle strutture di comando e l’obsolescenza dell’equipaggiamento militare sovietico. Nel 2022, le forze armate rumene contavano 71.500 unità, con un budget per la difesa che, nonostante una leggera diminuzione, rappresentava l’1,7% del PIL, che nel 2022 è salito a 300 miliardi di dollari. In risposta al conflitto in Ucraina, la Romania prevede di aumentare il suo budget per la difesa al 2,5% del PIL nei prossimi anni.

L’equipaggiamento militare della Romania, in particolare per le forze di terra, è ancora in gran parte obsoleto, con carri armati T-55AM e TR-85 che necessitano di ammodernamento. La Romania ha acquistato anche veicoli corazzati Piranha e HMMWV. L’aeronautica dispone di aerei da trasporto C-130 e C-27J e ha investito circa 6,2 miliardi di dollari in attrezzature militari americane. La marina rumena, che include due fregate e altre imbarcazioni, non è stata modernizzata adeguatamente, nonostante piani precedenti e un contratto con il gruppo francese Naval Group, ritiratosi nel 2023.

Nel 2023, la Romania ha deciso di potenziare le sue forze armate, annunciando oltre 1.000 nuove posizioni per il servizio militare. Ha ottenuto l’approvazione degli Stati Uniti per l’acquisto di 95 veicoli tattici Joint Light Tactical Vehicles (JLTV) e relativi armamenti, con l’acquisto di altri 34 veicoli previsto in futuro. Le forze di terra rumene acquisiranno anche 298 veicoli da combattimento della fanteria e cinque obici semoventi, con un investimento complessivo di 3,6 miliardi di euro. Inoltre, la Romania cercherà di acquistare 54 carri armati M1 Abrams e 32 aerei da combattimento F-35. Il Ministero della Difesa prevede l’acquisto di 41 sistemi missilistici di difesa aerea, per un totale di 4,2 miliardi di euro. La produzione interna delle armi leggere per la fanteria è iniziata nel 2024.

L’attuale programma di sviluppo militare della Romania, Armata 2040, è un’iniziativa strategica che prevede un investimento di oltre 100 milioni di euro. Questo sforzo di modernizzazione è guidato da diversi fattori chiave, tra cui la necessità di soddisfare gli standard NATO e migliorare la collaborazione con gli Stati Uniti. La vicinanza della guerra in corso in Ucraina, insieme ad altre sfide globali, ha evidenziato la necessità di aggiornare le capacità militari della Romania. L’obiettivo principale del programma Armata 2040 è quello di garantire la difesa territoriale, sostenendo al contempo le missioni della NATO e dell’UE per mantenere la stabilità regionale e globale.

Nella strategia di difesa della Romania per il 2024, l’aggressione russa è identificata come la minaccia più significativa, il che spinge a concentrarsi maggiormente sugli sforzi di modernizzazione nell’ambito dell’iniziativa Armata 2040. Il progetto mira anche a rafforzare la sicurezza della Romania nella regione del Mar Nero, un’area geopolitica critica sia per la Romania che per la NATO. Negli ultimi anni, la Romania ha compiuto sforzi significativi per migliorare il proprio posizionamento internazionale, partecipando attivamente ai forum globali sulla difesa e contribuendo a varie operazioni della NATO.

I progetti di approvvigionamento della Romania hanno favorito principalmente i sistemi di difesa americani, riflettendo il crescente impegno della Romania nella sua partnership strategica con gli Stati Uniti. Questa preferenza è guidata da diversi fattori, tra cui l’interoperabilità dei sistemi americani con quelli utilizzati da altri membri della NATO, migliorando così l’integrazione della Romania nell’alleanza. Questi investimenti nella difesa non solo segnalano l’impegno della Romania verso gli standard militari della NATO, ma evidenziano anche la dimensione politica del crescente ruolo della Romania all’interno dell’organizzazione. L’influenza politica della Romania nella NATO è stata ulteriormente rafforzata dalla nomina di Mircea Geoană a Segretario Generale Aggiunto della NATO. Inoltre, il Presidente rumeno Klaus Iohannis ha espresso interesse a candidarsi a Segretario Generale della NATO nelle prossime elezioni del 2024, una potenziale candidatura che avrebbe significative implicazioni simboliche e pratiche per la posizione geopolitica della Romania.

Oltre alla cooperazione militare e di difesa, le relazioni economiche e politiche tra la Romania e gli Stati Uniti si sono evolute in modo significativo. Nel 2020, il commercio della Romania con gli Stati Uniti ha raggiunto un totale di 3 miliardi di dollari, con la Romania che ha importato beni per un valore di 1 miliardo di dollari ed esportato beni per 2 miliardi di dollari. Sebbene questo volume di scambi rappresenti una piccola frazione del commercio globale totale della Romania, sottolinea comunque i crescenti legami economici tra i due paesi. Tuttavia, le relazioni commerciali della Romania con i paesi europei superano di gran lunga i suoi rapporti con gli Stati Uniti. In particolare, il commercio della Romania con Germania, Italia e Francia è di gran lunga superiore, con volumi rispettivamente di 35 miliardi, 16 miliardi e 9 miliardi di dollari. Anche il commercio con la Cina è cresciuto in modo significativo, principalmente grazie alla posizione strategica della Romania vicino ai porti del Mar Nero, che la rende un attore chiave nelle rotte commerciali cinesi nella regione.

Sebbene il commercio della Romania con gli Stati Uniti non sia sostanziale rispetto ai suoi partner europei o asiatici, rimane un elemento importante della più ampia politica estera della Romania. Il partenariato strategico tra Romania e Stati Uniti è stato rafforzato dalla cooperazione in organizzazioni internazionali e iniziative militari congiunte. Tuttavia, ci sono ancora aree in cui la cooperazione rimane limitata, in particolare per quanto riguarda la liberalizzazione dei visti. La Romania deve ancora garantire ai suoi cittadini l’esenzione dal visto per gli Stati Uniti, nonostante diversi tentativi. I funzionari americani hanno indicato che ciò potrebbe essere raggiunto se il tasso di rifiuto dei visti per la Romania scendesse al di sotto del 3%, ma rimane al di sopra del 10%, impedendo ai rumeni il pieno accesso ai viaggi negli Stati Uniti.

Dall’istituzione del partenariato strategico tra Romania e Stati Uniti nel 1997, la Romania ha cercato di migliorare il suo profilo negli Stati Uniti. Ciò ha comportato un’attenzione al dialogo politico, alla cooperazione nei forum internazionali e alle iniziative culturali. La Romania ha organizzato eventi culturali nelle principali città degli Stati Uniti, promuovendo al contempo gli studi americani in diverse università rumene, a dimostrazione di un approfondimento dello scambio culturale ed educativo tra le due nazioni.

In sintesi, il programma di sviluppo militare della Romania, Armata 2040, rappresenta un investimento strategico e a lungo termine nelle sue capacità di difesa, in particolare in risposta alle crescenti minacce alla sicurezza poste dalla Russia. Questa iniziativa, insieme al rafforzamento delle relazioni rumeno-americane, posiziona la Romania come un attore chiave all’interno della NATO e un partner strategico degli Stati Uniti. Nonostante le sfide in alcuni settori, come gli squilibri commerciali e le questioni relative ai visti, la crescente cooperazione tra la Romania e gli Stati Uniti riflette una tendenza più ampia di crescente allineamento tra le due nazioni sia in campo militare che economico.

Il popolo rumeno può alzare la testa

Il guaio di tutta questa complessa articolazione è che il popolo rumeno è stato sottoposto ad un graduale impoverimento, che non è più sopportabile.

Adesso, con l’arresto di Georgescu, si apre la possibilità di una rivolta collettiva contro l’egemonia della NATO. È una occasione incredibilmente utile a livello politico. Ciò potrebbe trascinare anche altri Paesi europei, i cui cittadini non vogliono entrare in conflitto diretto con la Russia, né tantomeno vogliono continuare a sottostare alle politiche scellerate dell’Unione Europea.

La palese e reiterata violazione di qualsiasi libertà e sovranità è talmente manifesta che la rabbia sociale sta raggiungendo un livello di tensione che potrebbe risultare esplosivo.

Saranno ora fondamentali gli interventi dei due grandi partner dietro le quinte: l’America di Trump, che ha già sostenuto Georgescu in più momenti, e la Russia di Putin, che ha favorito le elezioni rumene.

I fronte ad Est della NATO si scalda. Speriamo che non sia il calore delle bombe.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

See also

See also

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.