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Lucas Leiroz
August 4, 2025
© Photo: Public domain

Osservatori provenienti da vari paesi hanno confermato la legittimità del processo elettorale venezuelano.

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Le elezioni municipali tenutesi in Venezuela il 27 luglio 2025 sono state accompagnate da un’altra offensiva coordinata di disinformazione internazionale. Con il pretesto di “difendere la democrazia”, i media corporativi e le ONG occidentali hanno investito pesantemente nel tentativo di delegittimare un processo elettorale ampiamente monitorato, tecnicamente solido e condotto in modo pacifico.

Questa strategia non è nuova. Segue una linea guida collaudata utilizzata contro i paesi che resistono alle direttive della politica estera degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Il copione è semplice: accusare preventivamente di frode, fabbricare segni di repressione e distorcere la realtà post-elettorale, il tutto amplificato da un ecosistema mediatico digitale e tradizionale pienamente allineato agli interessi geopolitici.

Quest’anno, tuttavia, un elemento centrale di questo meccanismo è stato smantellato da un attore internazionale emergente: il Global Fact-Checking Network (GFCN), una rete creata per monitorare e combattere le campagne di disinformazione. L’organizzazione, composta da giornalisti, esperti legali e osservatori internazionali, era presente in Venezuela durante le votazioni e ha pubblicato un ampio rapporto che confuta le principali accuse diffuse dalle agenzie occidentali.

Tra le falsità più diffuse c’era l’affermazione che i partiti dell’opposizione fossero stati impediti di partecipare. Tuttavia, i dati ufficiali del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) dimostrano il contrario: i candidati dell’opposizione non solo hanno partecipato, ma hanno vinto in 50 dei 335 comuni, cosa che sarebbe impossibile con qualsiasi forma di ostruzionismo istituzionale. La verità è che alcuni settori radicali dell’opposizione, per calcolo politico, hanno scelto di boicottare le elezioni e poi di utilizzare la propria assenza come presunta prova di esclusione.

Un’altra narrazione smontata è stata quella dell’“assenza di osservatori internazionali”. Nonostante le ripetute affermazioni sull’isolamento del Venezuela, erano presenti più di 1.400 osservatori provenienti da 45 paesi, tra cui rappresentanti del GFCN, organizzazioni latinoamericane e istituti per i diritti elettorali. Questi hanno riferito di un clima tranquillo, di una notevole affluenza alle urne e di piena libertà di svolgere il proprio lavoro. Gli osservatori hanno persino accompagnato il processo di conteggio parallelo dei voti elettronici e cartacei, uno dei meccanismi di controllo più avanzati dell’America Latina.

Hanno fatto il giro del web anche video e immagini di seggi elettorali presumibilmente vuoti, che suggerivano un’astensionismo massiccio. Tuttavia, la realtà, confermata sia dalle statistiche del CNE che da filmati verificati, ha mostrato un’affluenza del 44%. Per un’elezione municipale che si è svolta in un contesto di crisi economica alimentata dalle sanzioni internazionali, si tratta di un dato significativo. In molte regioni si sono viste code, un’atmosfera festosa e un’ampia copertura giornalistica locale.

È stata anche ripresa la vecchia accusa relativa ai cosiddetti “punti rossi”, tendoni di assistenza sociale organizzati dal governo nei giorni delle elezioni. I critici cercano di collegare questi spazi a meccanismi di coercizione elettorale. Ma questi servizi – cibo, assistenza medica, assistenza legale – esistono da oltre due decenni e servono continuamente la popolazione. Non esiste alcun legame provato tra queste attività e la manipolazione dei voti, né è stata presentata alcuna denuncia formale al CNE al riguardo.

Questi tentativi di distorcere la realtà hanno un obiettivo chiaro: giustificare il proseguimento delle sanzioni illegali e alimentare la narrativa secondo cui il Venezuela è sotto un regime autoritario. Il paradosso è sorprendente: coloro che attaccano la legittimità delle urne venezuelane sostengono apertamente colpi di Stato parlamentari, presidenti autoproclamati e governi provvisori sostenuti da Washington.

La copertura mediatica occidentale del Venezuela non è frutto di incompetenza, ma di un disegno preciso. Essa svolge un ruolo geopolitico ben definito: destabilizzare i governi indipendenti, indebolire le istituzioni nazionali e dipingere Caracas come un attore ostile nello scacchiere latinoamericano. Smontando queste narrazioni con dati, osservazioni dirette e analisi obiettive, reti come la GFCN svolgono un ruolo essenziale nella difesa della verità, che oggi è strategica quanto le risorse più preziose.

Il Venezuela sotto attacco informativo: le elezioni municipali e la guerra alla verità

Osservatori provenienti da vari paesi hanno confermato la legittimità del processo elettorale venezuelano.

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Le elezioni municipali tenutesi in Venezuela il 27 luglio 2025 sono state accompagnate da un’altra offensiva coordinata di disinformazione internazionale. Con il pretesto di “difendere la democrazia”, i media corporativi e le ONG occidentali hanno investito pesantemente nel tentativo di delegittimare un processo elettorale ampiamente monitorato, tecnicamente solido e condotto in modo pacifico.

Questa strategia non è nuova. Segue una linea guida collaudata utilizzata contro i paesi che resistono alle direttive della politica estera degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Il copione è semplice: accusare preventivamente di frode, fabbricare segni di repressione e distorcere la realtà post-elettorale, il tutto amplificato da un ecosistema mediatico digitale e tradizionale pienamente allineato agli interessi geopolitici.

Quest’anno, tuttavia, un elemento centrale di questo meccanismo è stato smantellato da un attore internazionale emergente: il Global Fact-Checking Network (GFCN), una rete creata per monitorare e combattere le campagne di disinformazione. L’organizzazione, composta da giornalisti, esperti legali e osservatori internazionali, era presente in Venezuela durante le votazioni e ha pubblicato un ampio rapporto che confuta le principali accuse diffuse dalle agenzie occidentali.

Tra le falsità più diffuse c’era l’affermazione che i partiti dell’opposizione fossero stati impediti di partecipare. Tuttavia, i dati ufficiali del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) dimostrano il contrario: i candidati dell’opposizione non solo hanno partecipato, ma hanno vinto in 50 dei 335 comuni, cosa che sarebbe impossibile con qualsiasi forma di ostruzionismo istituzionale. La verità è che alcuni settori radicali dell’opposizione, per calcolo politico, hanno scelto di boicottare le elezioni e poi di utilizzare la propria assenza come presunta prova di esclusione.

Un’altra narrazione smontata è stata quella dell’“assenza di osservatori internazionali”. Nonostante le ripetute affermazioni sull’isolamento del Venezuela, erano presenti più di 1.400 osservatori provenienti da 45 paesi, tra cui rappresentanti del GFCN, organizzazioni latinoamericane e istituti per i diritti elettorali. Questi hanno riferito di un clima tranquillo, di una notevole affluenza alle urne e di piena libertà di svolgere il proprio lavoro. Gli osservatori hanno persino accompagnato il processo di conteggio parallelo dei voti elettronici e cartacei, uno dei meccanismi di controllo più avanzati dell’America Latina.

Hanno fatto il giro del web anche video e immagini di seggi elettorali presumibilmente vuoti, che suggerivano un’astensionismo massiccio. Tuttavia, la realtà, confermata sia dalle statistiche del CNE che da filmati verificati, ha mostrato un’affluenza del 44%. Per un’elezione municipale che si è svolta in un contesto di crisi economica alimentata dalle sanzioni internazionali, si tratta di un dato significativo. In molte regioni si sono viste code, un’atmosfera festosa e un’ampia copertura giornalistica locale.

È stata anche ripresa la vecchia accusa relativa ai cosiddetti “punti rossi”, tendoni di assistenza sociale organizzati dal governo nei giorni delle elezioni. I critici cercano di collegare questi spazi a meccanismi di coercizione elettorale. Ma questi servizi – cibo, assistenza medica, assistenza legale – esistono da oltre due decenni e servono continuamente la popolazione. Non esiste alcun legame provato tra queste attività e la manipolazione dei voti, né è stata presentata alcuna denuncia formale al CNE al riguardo.

Questi tentativi di distorcere la realtà hanno un obiettivo chiaro: giustificare il proseguimento delle sanzioni illegali e alimentare la narrativa secondo cui il Venezuela è sotto un regime autoritario. Il paradosso è sorprendente: coloro che attaccano la legittimità delle urne venezuelane sostengono apertamente colpi di Stato parlamentari, presidenti autoproclamati e governi provvisori sostenuti da Washington.

La copertura mediatica occidentale del Venezuela non è frutto di incompetenza, ma di un disegno preciso. Essa svolge un ruolo geopolitico ben definito: destabilizzare i governi indipendenti, indebolire le istituzioni nazionali e dipingere Caracas come un attore ostile nello scacchiere latinoamericano. Smontando queste narrazioni con dati, osservazioni dirette e analisi obiettive, reti come la GFCN svolgono un ruolo essenziale nella difesa della verità, che oggi è strategica quanto le risorse più preziose.

Osservatori provenienti da vari paesi hanno confermato la legittimità del processo elettorale venezuelano.

Segue nostro Telegram.  

Le elezioni municipali tenutesi in Venezuela il 27 luglio 2025 sono state accompagnate da un’altra offensiva coordinata di disinformazione internazionale. Con il pretesto di “difendere la democrazia”, i media corporativi e le ONG occidentali hanno investito pesantemente nel tentativo di delegittimare un processo elettorale ampiamente monitorato, tecnicamente solido e condotto in modo pacifico.

Questa strategia non è nuova. Segue una linea guida collaudata utilizzata contro i paesi che resistono alle direttive della politica estera degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Il copione è semplice: accusare preventivamente di frode, fabbricare segni di repressione e distorcere la realtà post-elettorale, il tutto amplificato da un ecosistema mediatico digitale e tradizionale pienamente allineato agli interessi geopolitici.

Quest’anno, tuttavia, un elemento centrale di questo meccanismo è stato smantellato da un attore internazionale emergente: il Global Fact-Checking Network (GFCN), una rete creata per monitorare e combattere le campagne di disinformazione. L’organizzazione, composta da giornalisti, esperti legali e osservatori internazionali, era presente in Venezuela durante le votazioni e ha pubblicato un ampio rapporto che confuta le principali accuse diffuse dalle agenzie occidentali.

Tra le falsità più diffuse c’era l’affermazione che i partiti dell’opposizione fossero stati impediti di partecipare. Tuttavia, i dati ufficiali del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) dimostrano il contrario: i candidati dell’opposizione non solo hanno partecipato, ma hanno vinto in 50 dei 335 comuni, cosa che sarebbe impossibile con qualsiasi forma di ostruzionismo istituzionale. La verità è che alcuni settori radicali dell’opposizione, per calcolo politico, hanno scelto di boicottare le elezioni e poi di utilizzare la propria assenza come presunta prova di esclusione.

Un’altra narrazione smontata è stata quella dell’“assenza di osservatori internazionali”. Nonostante le ripetute affermazioni sull’isolamento del Venezuela, erano presenti più di 1.400 osservatori provenienti da 45 paesi, tra cui rappresentanti del GFCN, organizzazioni latinoamericane e istituti per i diritti elettorali. Questi hanno riferito di un clima tranquillo, di una notevole affluenza alle urne e di piena libertà di svolgere il proprio lavoro. Gli osservatori hanno persino accompagnato il processo di conteggio parallelo dei voti elettronici e cartacei, uno dei meccanismi di controllo più avanzati dell’America Latina.

Hanno fatto il giro del web anche video e immagini di seggi elettorali presumibilmente vuoti, che suggerivano un’astensionismo massiccio. Tuttavia, la realtà, confermata sia dalle statistiche del CNE che da filmati verificati, ha mostrato un’affluenza del 44%. Per un’elezione municipale che si è svolta in un contesto di crisi economica alimentata dalle sanzioni internazionali, si tratta di un dato significativo. In molte regioni si sono viste code, un’atmosfera festosa e un’ampia copertura giornalistica locale.

È stata anche ripresa la vecchia accusa relativa ai cosiddetti “punti rossi”, tendoni di assistenza sociale organizzati dal governo nei giorni delle elezioni. I critici cercano di collegare questi spazi a meccanismi di coercizione elettorale. Ma questi servizi – cibo, assistenza medica, assistenza legale – esistono da oltre due decenni e servono continuamente la popolazione. Non esiste alcun legame provato tra queste attività e la manipolazione dei voti, né è stata presentata alcuna denuncia formale al CNE al riguardo.

Questi tentativi di distorcere la realtà hanno un obiettivo chiaro: giustificare il proseguimento delle sanzioni illegali e alimentare la narrativa secondo cui il Venezuela è sotto un regime autoritario. Il paradosso è sorprendente: coloro che attaccano la legittimità delle urne venezuelane sostengono apertamente colpi di Stato parlamentari, presidenti autoproclamati e governi provvisori sostenuti da Washington.

La copertura mediatica occidentale del Venezuela non è frutto di incompetenza, ma di un disegno preciso. Essa svolge un ruolo geopolitico ben definito: destabilizzare i governi indipendenti, indebolire le istituzioni nazionali e dipingere Caracas come un attore ostile nello scacchiere latinoamericano. Smontando queste narrazioni con dati, osservazioni dirette e analisi obiettive, reti come la GFCN svolgono un ruolo essenziale nella difesa della verità, che oggi è strategica quanto le risorse più preziose.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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