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Davide Rossi
December 21, 2025
© Photo: Public domain

Pronti via e viene già da ridere! Il sorteggio dei Mondiali di calcio, svoltosi il 5 dicembre 2025 a Washington durante il quale il presidente della FIFA Gianni Infantino ha insignito il suo amico Donald Trump di un premio per la pace istituto dalla FIFA stessa, è stato tra i più ridicolmente pilotati di tutta la storia del calcio planetario

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Pronti via e viene già da ridere! Il sorteggio dei Mondiali di calcio, svoltosi il 5 dicembre 2025 a Washington durante il quale il presidente della FIFA Gianni Infantino ha insignito il suo amico Donald Trump di un premio per la pace istituto dalla FIFA stessa, è stato tra i più ridicolmente pilotati di tutta la storia del calcio planetario, con l’evidente vantaggio tributato alle squadre probabilmente più forti e titolate per la vittoria finale, ma altresì rappresentative delle nazioni che più generosamente sostengono economicamente la FIFA, ovvero Argentina, Spagna, Francia e Inghilterra, le quali non dovranno mai incontrarsi tra loro prima delle eventuali semifinali.

È altresì vero che queste quattro squadre e i celebrati campioni che vi militano garantiscono diritti televisivi, sponsor e pubblicità correlate di considerevole portata, insomma per certi aspetti pesa più il sostegno indiretto fornito da queste squadre piuttosto che il finanziamento diretto garantito dalle rispettive federazioni nazionali.

Inoltre è del tutto improbabile che le esordienti Giordania, Capo Verde, Curaçao e Uzbekistan, ora allenata dal già campione del mondo nel 2006 e Pallone d’Oro italiano Fabio Cannavaro, per altro la sola squadra dello spazio ex – sovietico presente, perdurando l’assurda estromissione di Russia e Bielorussia, raggiungano le semifinali, tuttavia, se accadesse, l’evento sarebbe dal punto di vista sportivo di straordinaria portata, ma per la FIFA rappresenterebbe una colossale catastrofe economica. Insomma, il presidente Gianni Infantino, per far quadrare i conti, deve evitare che le squadre blasonate escano prematuramente dalla competizione, danneggiando gravemente gli introiti programmati e necessari per tenere in piedi il fantasmagorico e debordante spettacolo del “soccer” mondiale, da lui esteso in questa edizione a ben quarantotto partecipanti, ovvero un quarto delle nazionali della terra, una vocazione universalistica, quanto esageratamente mastodontica, per di più con dodici gironi da quattro squadre in cui ragionevolmente si sarebbero dovute ammettere al turno successivo, per rendere combattuti e credibili i primi settantadue incontri, solo le prime classificate e un terzo delle seconde, ovvero sedici squadre, invece per moltiplicare le partire e regalare a quasi tutte le partecipanti un’effimera gloria, il passaggio alla fase ad eliminazione diretta vedrà coinvolte tutte le prime e seconde e ben otto delle dodici terze classificate, portando le gare da disputarsi allo spropositato numero di centoquattro, giocate quasi nella loro totalità negli Stati Uniti, pochi incontri si svolgeranno infatti sul suolo canadese e in quello messicano, sebbene ufficialmente tutte e tre le nazioni siano co – organizzatrici del mondiale di calcio.

Tutto questo trentadue anni dopo l’edizione statunitense del 1994, allora con stadi quasi deserti, trovandosi pochi volonterosi disposti ad andare in un giorno lavorativo di giugno e di luglio a mezzogiorno, orario utile per garantire la trasmissione in prima serata in Europa, in stadi allora quasi tutti esposti alla canicola estiva e non con la totalità dei posti coperti come avviene oggi, questa volta probabilmente ci sarà una maggiore attenzione per il “soccer”, sebbene gli sport che conquistano tra gli statunitensi più consensi, tanto tra i bianchi, quanto tra gli afro – americani, restino il baseball, il football americano e la pallacanestro, mentre il calcio appassiona enormemente solo la crescente comunità latino – americana, la quale è chiamata a garantire l’affluenza di pubblico necessaria per gremire le gradinate, correlato oggi obbligatorio dello spettacolo mediatico, anche perché da molte nazioni africane, sudamericane e islamiche, in primis l’Iran, già il presidente Donald Trump ha chiarito che impedirà categoricamente l’afflusso di turisti e tifosi.

È risaputo che l’amicizia e il connubio tra Donald Trump e Gianni Infantino trascenda di molto le vicende sportive e a dimostrazione di quanto il presidente statunitense riconosca un valore politico al calcio, il presidente della FIFA ha presenziato tanto alla sottoscrizione degli Accordi di Abramo nel 2020, così coma nell’autunno 2025 a Sharm El-Sheik alla firma per il cessate il fuoco a Gaza.

Proprio in ragione di tale amicizia e dell’attenta gestione del sorteggio delle partite, non sappiamo se l’incontro in calendario il 26 giugno 2026 a Seattle tra Egitto e Iran sia stato una pura casualità o un’altra divertente manipolazione orchestrata da Gianni Infantino su richiesta dell’amico Donald Trump, nel caso sarebbe uno straordinario esempio di pirotecnico doppiogiochismo della FIFA, la lobby genderista planetaria ha infatti preteso l’invenzione per la prima volta nella storia della competizione calcistica del “Pride Match” da celebrarsi ufficialmente nell’ambito della Coppa del Mondo, ovvero bandiere arcobaleno da sventolarsi prima, durante e dopo la partita, bandiere oramai planetariamente assurte a simbolo dell’ideologia genderista, con buona pace del professore che aveva disegnato questa bandiera con tutt’altre finalità per la prima Marcia della Pace Perugia – Assisi del 1961, richiamandosi all’arcobaleno, segno di ricomposizione dell’amicizia tra il Creatore e il creato nelle celebri pagine bibliche dedicate al diluvio universale e al suo epilogo.

La disponibilità di Infantino a tale evento pare altresì incredibile, anche in ragione del pasticcio della fascia da capitano arcobaleno promossa da alcune nazionali occidentali nell’edizione qatarina del 2022, richiesta avanzata per le stesse ragioni propagandistiche del genderismo mondiale e poi finita malamente, con la FIFA costretta a vietarla, con minaccia di sospensione delle partite da parte degli organizzatori qatarini e con l’incredulo stupore per tutta la vicenda dello stesso sultano Tamim bin Hamad Al Thani.

La fascia da capitano con sopra disegnato un numero “1” bianco è un’invenzione guarda caso olandese, volta a definire ogni forma d’amore riconducibile, forse neppure troppo rispettosamente, a una sola, attraverso una dubbia omologazione di qualsiasi orientamento, da cui il nome “OneLove”. La proposta aveva trovato il consenso delle sole e solite nazioni occidentali: Inghilterra, Galles, Belgio, Danimarca, Germania, Olanda e Svizzera, con la consueta propaganda correlata, volta a confondere le pur libere e indiscutibili scelte sessuali dei singoli con i diritti umani, i quali, civili e sociali, son tutt’altro dalla proclamazione sfacciatamente pubblica dei personali orientamenti amorosi. A fronte della disposizione della FIFA di immediata ammonizione dei capitani, ancora prima dell’inizio delle partite, le nazionali coinvolte hanno soprasseduto, con la sola Germania raccoltasi a centrocampo in una fotografia pre – partita con la mano sulla bocca in segno di protesta contro la scelta della FIFA.

L’incredibile situazione creatasi per la prossima edizione dei mondiali negli Stati Uniti nasce dalla compromissione, sotto la presidenza di Joe Biden, tra i democratici statunitensi e il comitato organizzatore locale di Seattle, il quale, su pressione degli attivisti gender locali e internazionali, ha promosso il “Pride Match”, chiedendo di ospitarlo nella loro città il 26 giugno 2026 in concomitanza a con il weekend del 27 e 28 giugno 2026, che vedrà dispiegarsi per la città un mega Pride planetario, insomma la partita di calcio avrebbe dovuto, nelle intenzioni dei proponenti, essere il volano globale e pubblicitario per l’organizzazione dell’evento genderista dei due giorni successivi.

Al riguardo le federazioni calcistiche di Egitto e Iran hanno protestato vivacemente contro la FIFA e reputano del tutto inopportuna e deprecabile la proposta del “Pride Match”, ovviamente chiarendo che non se ne parla proprio di inscenare manifestazioni genderiste prima, dopo e durante la partita, così come al contempo in egual modo i giocatori e i tecnici delle due squadre non parteciperanno a nessuna manifestazione associabile a forme di sostegno alla due giorni genderista promossa dalla città capitale dello stato di Washington, stretta tra l’omonimo lago e l’oceano Pacifico.

Mehdi Taj, presidente della Federcalcio iraniana, ha chiarito che tanto gli iraniani, quanto gli egiziani da loro consultati, non si presteranno a una strumentalizzazione extra – calcistica del tutto irragionevole, sottolineando per altro con molte ragioni, come la proposta non abbia un carattere di universalità, ma di palese parzialità, finanche discriminatoria di tutte e di tutti coloro che nel mondo non si riconoscano nei dogmi genderisti.

Ovviamente è di tutt’altro avviso il portavoce del “Pride Match Advisory Committee”, tal Eric Wahl, il quale, travalicando e di molto le già pur fragili ragioni dell’impropria frammistione di una partita di calcio con la battaglia politico – culturale della minoranza da lui rappresentata, ha ribadito al contrario che simboli e bandiere genderiste debbano sventolare quel giorno anche e soprattutto contro arabi e persiani, ritenuti da lui nemici e avversari di tale ideologia e dunque, in modo molto intollerante e irrispettoso dell’altrui pensiero, fermamente e anche un po’ ferocemente condannati tanto politicamente, quanto culturalmente.

La Federcalcio egiziana ha dunque ulteriormente risposto, a fronte delle titubanze della FIFA, indirizzando alla stessa una lettera, anche in questo caso condivisa dai loro omologhi iraniani, in cui rifiuta categoricamente di svolgere qualsiasi attività legata al sostegno dell’omosessualità e di altre svariate scelte o pratiche sessuali durante la partita tra le due nazionali. Gli egiziani hanno altresì sottolineato che per mantenere lo spirito di unità e pace proprio dello sport e del calcio sia necessario evitare di includere attività collaterali che potrebbero provocare sensibilità culturali e religiose tra i tifosi presenti provenienti da entrambe le nazioni e tra gli spettatori che assistono in televisione alla partita, soprattutto perché tali attività sono culturalmente e religiosamente incompatibili con la storia e la cultura tanto dell’Egitto, quanto dell’Iran.

Insomma la carnevalata del “Pride Match” ha poco a che vedere con i diritti e molto purtroppo con la propaganda liberal e genderista contro Russia, Cina, mondo islamico, Sud Globale e in ultima analisi contro gli stessi statunitensi vicini all’attuale presidente Donald Trump tutti ostili alla violenza prevaricatrice dell’ideologia genderista, l’auspicio dunque è che non solo questa prima edizione non venga celebrata, ma anche e soprattutto che il generale planetario boicottaggio di questa assurda coloritura di una partita di calcio convinca la FIFA a espungere dalle edizioni future della competizione un’iniziativa tanto divisiva, quanto arrogantemente discriminatoria di tutte e tutti coloro che non condividono i presupposti ideologici della stessa.

Il movimento genderista globale tenta l’assalto ai mondiali di calcio statunitensi

Pronti via e viene già da ridere! Il sorteggio dei Mondiali di calcio, svoltosi il 5 dicembre 2025 a Washington durante il quale il presidente della FIFA Gianni Infantino ha insignito il suo amico Donald Trump di un premio per la pace istituto dalla FIFA stessa, è stato tra i più ridicolmente pilotati di tutta la storia del calcio planetario

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Pronti via e viene già da ridere! Il sorteggio dei Mondiali di calcio, svoltosi il 5 dicembre 2025 a Washington durante il quale il presidente della FIFA Gianni Infantino ha insignito il suo amico Donald Trump di un premio per la pace istituto dalla FIFA stessa, è stato tra i più ridicolmente pilotati di tutta la storia del calcio planetario, con l’evidente vantaggio tributato alle squadre probabilmente più forti e titolate per la vittoria finale, ma altresì rappresentative delle nazioni che più generosamente sostengono economicamente la FIFA, ovvero Argentina, Spagna, Francia e Inghilterra, le quali non dovranno mai incontrarsi tra loro prima delle eventuali semifinali.

È altresì vero che queste quattro squadre e i celebrati campioni che vi militano garantiscono diritti televisivi, sponsor e pubblicità correlate di considerevole portata, insomma per certi aspetti pesa più il sostegno indiretto fornito da queste squadre piuttosto che il finanziamento diretto garantito dalle rispettive federazioni nazionali.

Inoltre è del tutto improbabile che le esordienti Giordania, Capo Verde, Curaçao e Uzbekistan, ora allenata dal già campione del mondo nel 2006 e Pallone d’Oro italiano Fabio Cannavaro, per altro la sola squadra dello spazio ex – sovietico presente, perdurando l’assurda estromissione di Russia e Bielorussia, raggiungano le semifinali, tuttavia, se accadesse, l’evento sarebbe dal punto di vista sportivo di straordinaria portata, ma per la FIFA rappresenterebbe una colossale catastrofe economica. Insomma, il presidente Gianni Infantino, per far quadrare i conti, deve evitare che le squadre blasonate escano prematuramente dalla competizione, danneggiando gravemente gli introiti programmati e necessari per tenere in piedi il fantasmagorico e debordante spettacolo del “soccer” mondiale, da lui esteso in questa edizione a ben quarantotto partecipanti, ovvero un quarto delle nazionali della terra, una vocazione universalistica, quanto esageratamente mastodontica, per di più con dodici gironi da quattro squadre in cui ragionevolmente si sarebbero dovute ammettere al turno successivo, per rendere combattuti e credibili i primi settantadue incontri, solo le prime classificate e un terzo delle seconde, ovvero sedici squadre, invece per moltiplicare le partire e regalare a quasi tutte le partecipanti un’effimera gloria, il passaggio alla fase ad eliminazione diretta vedrà coinvolte tutte le prime e seconde e ben otto delle dodici terze classificate, portando le gare da disputarsi allo spropositato numero di centoquattro, giocate quasi nella loro totalità negli Stati Uniti, pochi incontri si svolgeranno infatti sul suolo canadese e in quello messicano, sebbene ufficialmente tutte e tre le nazioni siano co – organizzatrici del mondiale di calcio.

Tutto questo trentadue anni dopo l’edizione statunitense del 1994, allora con stadi quasi deserti, trovandosi pochi volonterosi disposti ad andare in un giorno lavorativo di giugno e di luglio a mezzogiorno, orario utile per garantire la trasmissione in prima serata in Europa, in stadi allora quasi tutti esposti alla canicola estiva e non con la totalità dei posti coperti come avviene oggi, questa volta probabilmente ci sarà una maggiore attenzione per il “soccer”, sebbene gli sport che conquistano tra gli statunitensi più consensi, tanto tra i bianchi, quanto tra gli afro – americani, restino il baseball, il football americano e la pallacanestro, mentre il calcio appassiona enormemente solo la crescente comunità latino – americana, la quale è chiamata a garantire l’affluenza di pubblico necessaria per gremire le gradinate, correlato oggi obbligatorio dello spettacolo mediatico, anche perché da molte nazioni africane, sudamericane e islamiche, in primis l’Iran, già il presidente Donald Trump ha chiarito che impedirà categoricamente l’afflusso di turisti e tifosi.

È risaputo che l’amicizia e il connubio tra Donald Trump e Gianni Infantino trascenda di molto le vicende sportive e a dimostrazione di quanto il presidente statunitense riconosca un valore politico al calcio, il presidente della FIFA ha presenziato tanto alla sottoscrizione degli Accordi di Abramo nel 2020, così coma nell’autunno 2025 a Sharm El-Sheik alla firma per il cessate il fuoco a Gaza.

Proprio in ragione di tale amicizia e dell’attenta gestione del sorteggio delle partite, non sappiamo se l’incontro in calendario il 26 giugno 2026 a Seattle tra Egitto e Iran sia stato una pura casualità o un’altra divertente manipolazione orchestrata da Gianni Infantino su richiesta dell’amico Donald Trump, nel caso sarebbe uno straordinario esempio di pirotecnico doppiogiochismo della FIFA, la lobby genderista planetaria ha infatti preteso l’invenzione per la prima volta nella storia della competizione calcistica del “Pride Match” da celebrarsi ufficialmente nell’ambito della Coppa del Mondo, ovvero bandiere arcobaleno da sventolarsi prima, durante e dopo la partita, bandiere oramai planetariamente assurte a simbolo dell’ideologia genderista, con buona pace del professore che aveva disegnato questa bandiera con tutt’altre finalità per la prima Marcia della Pace Perugia – Assisi del 1961, richiamandosi all’arcobaleno, segno di ricomposizione dell’amicizia tra il Creatore e il creato nelle celebri pagine bibliche dedicate al diluvio universale e al suo epilogo.

La disponibilità di Infantino a tale evento pare altresì incredibile, anche in ragione del pasticcio della fascia da capitano arcobaleno promossa da alcune nazionali occidentali nell’edizione qatarina del 2022, richiesta avanzata per le stesse ragioni propagandistiche del genderismo mondiale e poi finita malamente, con la FIFA costretta a vietarla, con minaccia di sospensione delle partite da parte degli organizzatori qatarini e con l’incredulo stupore per tutta la vicenda dello stesso sultano Tamim bin Hamad Al Thani.

La fascia da capitano con sopra disegnato un numero “1” bianco è un’invenzione guarda caso olandese, volta a definire ogni forma d’amore riconducibile, forse neppure troppo rispettosamente, a una sola, attraverso una dubbia omologazione di qualsiasi orientamento, da cui il nome “OneLove”. La proposta aveva trovato il consenso delle sole e solite nazioni occidentali: Inghilterra, Galles, Belgio, Danimarca, Germania, Olanda e Svizzera, con la consueta propaganda correlata, volta a confondere le pur libere e indiscutibili scelte sessuali dei singoli con i diritti umani, i quali, civili e sociali, son tutt’altro dalla proclamazione sfacciatamente pubblica dei personali orientamenti amorosi. A fronte della disposizione della FIFA di immediata ammonizione dei capitani, ancora prima dell’inizio delle partite, le nazionali coinvolte hanno soprasseduto, con la sola Germania raccoltasi a centrocampo in una fotografia pre – partita con la mano sulla bocca in segno di protesta contro la scelta della FIFA.

L’incredibile situazione creatasi per la prossima edizione dei mondiali negli Stati Uniti nasce dalla compromissione, sotto la presidenza di Joe Biden, tra i democratici statunitensi e il comitato organizzatore locale di Seattle, il quale, su pressione degli attivisti gender locali e internazionali, ha promosso il “Pride Match”, chiedendo di ospitarlo nella loro città il 26 giugno 2026 in concomitanza a con il weekend del 27 e 28 giugno 2026, che vedrà dispiegarsi per la città un mega Pride planetario, insomma la partita di calcio avrebbe dovuto, nelle intenzioni dei proponenti, essere il volano globale e pubblicitario per l’organizzazione dell’evento genderista dei due giorni successivi.

Al riguardo le federazioni calcistiche di Egitto e Iran hanno protestato vivacemente contro la FIFA e reputano del tutto inopportuna e deprecabile la proposta del “Pride Match”, ovviamente chiarendo che non se ne parla proprio di inscenare manifestazioni genderiste prima, dopo e durante la partita, così come al contempo in egual modo i giocatori e i tecnici delle due squadre non parteciperanno a nessuna manifestazione associabile a forme di sostegno alla due giorni genderista promossa dalla città capitale dello stato di Washington, stretta tra l’omonimo lago e l’oceano Pacifico.

Mehdi Taj, presidente della Federcalcio iraniana, ha chiarito che tanto gli iraniani, quanto gli egiziani da loro consultati, non si presteranno a una strumentalizzazione extra – calcistica del tutto irragionevole, sottolineando per altro con molte ragioni, come la proposta non abbia un carattere di universalità, ma di palese parzialità, finanche discriminatoria di tutte e di tutti coloro che nel mondo non si riconoscano nei dogmi genderisti.

Ovviamente è di tutt’altro avviso il portavoce del “Pride Match Advisory Committee”, tal Eric Wahl, il quale, travalicando e di molto le già pur fragili ragioni dell’impropria frammistione di una partita di calcio con la battaglia politico – culturale della minoranza da lui rappresentata, ha ribadito al contrario che simboli e bandiere genderiste debbano sventolare quel giorno anche e soprattutto contro arabi e persiani, ritenuti da lui nemici e avversari di tale ideologia e dunque, in modo molto intollerante e irrispettoso dell’altrui pensiero, fermamente e anche un po’ ferocemente condannati tanto politicamente, quanto culturalmente.

La Federcalcio egiziana ha dunque ulteriormente risposto, a fronte delle titubanze della FIFA, indirizzando alla stessa una lettera, anche in questo caso condivisa dai loro omologhi iraniani, in cui rifiuta categoricamente di svolgere qualsiasi attività legata al sostegno dell’omosessualità e di altre svariate scelte o pratiche sessuali durante la partita tra le due nazionali. Gli egiziani hanno altresì sottolineato che per mantenere lo spirito di unità e pace proprio dello sport e del calcio sia necessario evitare di includere attività collaterali che potrebbero provocare sensibilità culturali e religiose tra i tifosi presenti provenienti da entrambe le nazioni e tra gli spettatori che assistono in televisione alla partita, soprattutto perché tali attività sono culturalmente e religiosamente incompatibili con la storia e la cultura tanto dell’Egitto, quanto dell’Iran.

Insomma la carnevalata del “Pride Match” ha poco a che vedere con i diritti e molto purtroppo con la propaganda liberal e genderista contro Russia, Cina, mondo islamico, Sud Globale e in ultima analisi contro gli stessi statunitensi vicini all’attuale presidente Donald Trump tutti ostili alla violenza prevaricatrice dell’ideologia genderista, l’auspicio dunque è che non solo questa prima edizione non venga celebrata, ma anche e soprattutto che il generale planetario boicottaggio di questa assurda coloritura di una partita di calcio convinca la FIFA a espungere dalle edizioni future della competizione un’iniziativa tanto divisiva, quanto arrogantemente discriminatoria di tutte e tutti coloro che non condividono i presupposti ideologici della stessa.

Pronti via e viene già da ridere! Il sorteggio dei Mondiali di calcio, svoltosi il 5 dicembre 2025 a Washington durante il quale il presidente della FIFA Gianni Infantino ha insignito il suo amico Donald Trump di un premio per la pace istituto dalla FIFA stessa, è stato tra i più ridicolmente pilotati di tutta la storia del calcio planetario

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Pronti via e viene già da ridere! Il sorteggio dei Mondiali di calcio, svoltosi il 5 dicembre 2025 a Washington durante il quale il presidente della FIFA Gianni Infantino ha insignito il suo amico Donald Trump di un premio per la pace istituto dalla FIFA stessa, è stato tra i più ridicolmente pilotati di tutta la storia del calcio planetario, con l’evidente vantaggio tributato alle squadre probabilmente più forti e titolate per la vittoria finale, ma altresì rappresentative delle nazioni che più generosamente sostengono economicamente la FIFA, ovvero Argentina, Spagna, Francia e Inghilterra, le quali non dovranno mai incontrarsi tra loro prima delle eventuali semifinali.

È altresì vero che queste quattro squadre e i celebrati campioni che vi militano garantiscono diritti televisivi, sponsor e pubblicità correlate di considerevole portata, insomma per certi aspetti pesa più il sostegno indiretto fornito da queste squadre piuttosto che il finanziamento diretto garantito dalle rispettive federazioni nazionali.

Inoltre è del tutto improbabile che le esordienti Giordania, Capo Verde, Curaçao e Uzbekistan, ora allenata dal già campione del mondo nel 2006 e Pallone d’Oro italiano Fabio Cannavaro, per altro la sola squadra dello spazio ex – sovietico presente, perdurando l’assurda estromissione di Russia e Bielorussia, raggiungano le semifinali, tuttavia, se accadesse, l’evento sarebbe dal punto di vista sportivo di straordinaria portata, ma per la FIFA rappresenterebbe una colossale catastrofe economica. Insomma, il presidente Gianni Infantino, per far quadrare i conti, deve evitare che le squadre blasonate escano prematuramente dalla competizione, danneggiando gravemente gli introiti programmati e necessari per tenere in piedi il fantasmagorico e debordante spettacolo del “soccer” mondiale, da lui esteso in questa edizione a ben quarantotto partecipanti, ovvero un quarto delle nazionali della terra, una vocazione universalistica, quanto esageratamente mastodontica, per di più con dodici gironi da quattro squadre in cui ragionevolmente si sarebbero dovute ammettere al turno successivo, per rendere combattuti e credibili i primi settantadue incontri, solo le prime classificate e un terzo delle seconde, ovvero sedici squadre, invece per moltiplicare le partire e regalare a quasi tutte le partecipanti un’effimera gloria, il passaggio alla fase ad eliminazione diretta vedrà coinvolte tutte le prime e seconde e ben otto delle dodici terze classificate, portando le gare da disputarsi allo spropositato numero di centoquattro, giocate quasi nella loro totalità negli Stati Uniti, pochi incontri si svolgeranno infatti sul suolo canadese e in quello messicano, sebbene ufficialmente tutte e tre le nazioni siano co – organizzatrici del mondiale di calcio.

Tutto questo trentadue anni dopo l’edizione statunitense del 1994, allora con stadi quasi deserti, trovandosi pochi volonterosi disposti ad andare in un giorno lavorativo di giugno e di luglio a mezzogiorno, orario utile per garantire la trasmissione in prima serata in Europa, in stadi allora quasi tutti esposti alla canicola estiva e non con la totalità dei posti coperti come avviene oggi, questa volta probabilmente ci sarà una maggiore attenzione per il “soccer”, sebbene gli sport che conquistano tra gli statunitensi più consensi, tanto tra i bianchi, quanto tra gli afro – americani, restino il baseball, il football americano e la pallacanestro, mentre il calcio appassiona enormemente solo la crescente comunità latino – americana, la quale è chiamata a garantire l’affluenza di pubblico necessaria per gremire le gradinate, correlato oggi obbligatorio dello spettacolo mediatico, anche perché da molte nazioni africane, sudamericane e islamiche, in primis l’Iran, già il presidente Donald Trump ha chiarito che impedirà categoricamente l’afflusso di turisti e tifosi.

È risaputo che l’amicizia e il connubio tra Donald Trump e Gianni Infantino trascenda di molto le vicende sportive e a dimostrazione di quanto il presidente statunitense riconosca un valore politico al calcio, il presidente della FIFA ha presenziato tanto alla sottoscrizione degli Accordi di Abramo nel 2020, così coma nell’autunno 2025 a Sharm El-Sheik alla firma per il cessate il fuoco a Gaza.

Proprio in ragione di tale amicizia e dell’attenta gestione del sorteggio delle partite, non sappiamo se l’incontro in calendario il 26 giugno 2026 a Seattle tra Egitto e Iran sia stato una pura casualità o un’altra divertente manipolazione orchestrata da Gianni Infantino su richiesta dell’amico Donald Trump, nel caso sarebbe uno straordinario esempio di pirotecnico doppiogiochismo della FIFA, la lobby genderista planetaria ha infatti preteso l’invenzione per la prima volta nella storia della competizione calcistica del “Pride Match” da celebrarsi ufficialmente nell’ambito della Coppa del Mondo, ovvero bandiere arcobaleno da sventolarsi prima, durante e dopo la partita, bandiere oramai planetariamente assurte a simbolo dell’ideologia genderista, con buona pace del professore che aveva disegnato questa bandiera con tutt’altre finalità per la prima Marcia della Pace Perugia – Assisi del 1961, richiamandosi all’arcobaleno, segno di ricomposizione dell’amicizia tra il Creatore e il creato nelle celebri pagine bibliche dedicate al diluvio universale e al suo epilogo.

La disponibilità di Infantino a tale evento pare altresì incredibile, anche in ragione del pasticcio della fascia da capitano arcobaleno promossa da alcune nazionali occidentali nell’edizione qatarina del 2022, richiesta avanzata per le stesse ragioni propagandistiche del genderismo mondiale e poi finita malamente, con la FIFA costretta a vietarla, con minaccia di sospensione delle partite da parte degli organizzatori qatarini e con l’incredulo stupore per tutta la vicenda dello stesso sultano Tamim bin Hamad Al Thani.

La fascia da capitano con sopra disegnato un numero “1” bianco è un’invenzione guarda caso olandese, volta a definire ogni forma d’amore riconducibile, forse neppure troppo rispettosamente, a una sola, attraverso una dubbia omologazione di qualsiasi orientamento, da cui il nome “OneLove”. La proposta aveva trovato il consenso delle sole e solite nazioni occidentali: Inghilterra, Galles, Belgio, Danimarca, Germania, Olanda e Svizzera, con la consueta propaganda correlata, volta a confondere le pur libere e indiscutibili scelte sessuali dei singoli con i diritti umani, i quali, civili e sociali, son tutt’altro dalla proclamazione sfacciatamente pubblica dei personali orientamenti amorosi. A fronte della disposizione della FIFA di immediata ammonizione dei capitani, ancora prima dell’inizio delle partite, le nazionali coinvolte hanno soprasseduto, con la sola Germania raccoltasi a centrocampo in una fotografia pre – partita con la mano sulla bocca in segno di protesta contro la scelta della FIFA.

L’incredibile situazione creatasi per la prossima edizione dei mondiali negli Stati Uniti nasce dalla compromissione, sotto la presidenza di Joe Biden, tra i democratici statunitensi e il comitato organizzatore locale di Seattle, il quale, su pressione degli attivisti gender locali e internazionali, ha promosso il “Pride Match”, chiedendo di ospitarlo nella loro città il 26 giugno 2026 in concomitanza a con il weekend del 27 e 28 giugno 2026, che vedrà dispiegarsi per la città un mega Pride planetario, insomma la partita di calcio avrebbe dovuto, nelle intenzioni dei proponenti, essere il volano globale e pubblicitario per l’organizzazione dell’evento genderista dei due giorni successivi.

Al riguardo le federazioni calcistiche di Egitto e Iran hanno protestato vivacemente contro la FIFA e reputano del tutto inopportuna e deprecabile la proposta del “Pride Match”, ovviamente chiarendo che non se ne parla proprio di inscenare manifestazioni genderiste prima, dopo e durante la partita, così come al contempo in egual modo i giocatori e i tecnici delle due squadre non parteciperanno a nessuna manifestazione associabile a forme di sostegno alla due giorni genderista promossa dalla città capitale dello stato di Washington, stretta tra l’omonimo lago e l’oceano Pacifico.

Mehdi Taj, presidente della Federcalcio iraniana, ha chiarito che tanto gli iraniani, quanto gli egiziani da loro consultati, non si presteranno a una strumentalizzazione extra – calcistica del tutto irragionevole, sottolineando per altro con molte ragioni, come la proposta non abbia un carattere di universalità, ma di palese parzialità, finanche discriminatoria di tutte e di tutti coloro che nel mondo non si riconoscano nei dogmi genderisti.

Ovviamente è di tutt’altro avviso il portavoce del “Pride Match Advisory Committee”, tal Eric Wahl, il quale, travalicando e di molto le già pur fragili ragioni dell’impropria frammistione di una partita di calcio con la battaglia politico – culturale della minoranza da lui rappresentata, ha ribadito al contrario che simboli e bandiere genderiste debbano sventolare quel giorno anche e soprattutto contro arabi e persiani, ritenuti da lui nemici e avversari di tale ideologia e dunque, in modo molto intollerante e irrispettoso dell’altrui pensiero, fermamente e anche un po’ ferocemente condannati tanto politicamente, quanto culturalmente.

La Federcalcio egiziana ha dunque ulteriormente risposto, a fronte delle titubanze della FIFA, indirizzando alla stessa una lettera, anche in questo caso condivisa dai loro omologhi iraniani, in cui rifiuta categoricamente di svolgere qualsiasi attività legata al sostegno dell’omosessualità e di altre svariate scelte o pratiche sessuali durante la partita tra le due nazionali. Gli egiziani hanno altresì sottolineato che per mantenere lo spirito di unità e pace proprio dello sport e del calcio sia necessario evitare di includere attività collaterali che potrebbero provocare sensibilità culturali e religiose tra i tifosi presenti provenienti da entrambe le nazioni e tra gli spettatori che assistono in televisione alla partita, soprattutto perché tali attività sono culturalmente e religiosamente incompatibili con la storia e la cultura tanto dell’Egitto, quanto dell’Iran.

Insomma la carnevalata del “Pride Match” ha poco a che vedere con i diritti e molto purtroppo con la propaganda liberal e genderista contro Russia, Cina, mondo islamico, Sud Globale e in ultima analisi contro gli stessi statunitensi vicini all’attuale presidente Donald Trump tutti ostili alla violenza prevaricatrice dell’ideologia genderista, l’auspicio dunque è che non solo questa prima edizione non venga celebrata, ma anche e soprattutto che il generale planetario boicottaggio di questa assurda coloritura di una partita di calcio convinca la FIFA a espungere dalle edizioni future della competizione un’iniziativa tanto divisiva, quanto arrogantemente discriminatoria di tutte e tutti coloro che non condividono i presupposti ideologici della stessa.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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