La SCO copre il Rimland, il cordone sanitario attorno all’Heartland eurasiatico. Manca solo l’Europa all’appello, che purtroppo è stata fagocitata ottant’anni fa.
Tre-in-uno
Lo avete visto tutti, vero? Tutti avete osservato quelle immagini, in cui Vladimir Putin, Xi Jinping e Narendra Modi si sono stretti a tre la mano, come a sigillare un patto, una alleanza, un grande segreto? Tutti avete sentito quel brivido, quella emozione carica di gioia e speranza, e allo stesso tempo lo stridore dell’Occidente collettivo?
Se non avete guardato quelle immagini, fatelo. È terapeutico. È come fare un salto fuori dal mondo per un attimo, prendere una boccata d’aria e poi rientrare più carichi di prima.
La potenze del mondo multipolare stanno realizzando quello che hanno detto e lo stanno facendo coi fatti, non solo con le parole. Stanno ridisegnando il mondo promuovendo i valori che animano la teoria del mondo multipolare. Stanno promuovendo cooperazione, prosperità, pace. Stanno definendo un nuovo approccio alle relazioni internazionali, alla geopolitica, alla finanza e al commercio. Stanno dando forma ai poli che saranno la costellazione del futuro imminente dell’intera umanità. E lo stanno facendo insieme.
I numeri lo confermano. Gli scambi commerciali tra Cina e membri SCO hanno superato traguardi successivi — 300, 400 e 500 miliardi di dollari — fino a raggiungere il record di 512,4 miliardi nel 2024. Se si includono osservatori e partner di dialogo, la cifra tocca 890 miliardi. Nei primi sette mesi del 2025, il commercio tra la Cina e i partner SCO ha raggiunto 293 miliardi di dollari, in crescita del 3% rispetto all’anno precedente.
Non si tratta solo di risultati economici: questi dati testimoniano resilienza in un’epoca segnata da sanzioni, protezionismo e frammentazione geopolitica. La SCO, nata nel 2001 come forum di sicurezza tra sei paesi, oggi conta 10 membri a pieno titolo — con l’ingresso di India, Pakistan, Iran e Bielorussia — rappresentando quasi metà della popolazione mondiale e circa un quarto del PIL globale.
È assente tutto l’Occidente, un’assenza che pesa e che vale più di qualsiasi annuncio ufficiale.
Ma andiamo per ordine.
Il primo punto da osservare è che il modello delle grandi potenze che fanno da traino per gli altri, è ancora valido e funzionante. RIC.
Segnatevi questo acronimo: Russia-India-Cina. Le tre grandi potenze del mondo multipolare, il “cuore” dei BRICS+, della SCO e dei partenariati significativi che abbiamo oggi. Queste tre potenze stanno conducendo altre potenze di minore rilevanza verso una direzione comune, offrendo loro protezione, assistenza, amicizia ed una visione del mondo comune, da costruire insieme. Esattamente l’opposto di ciò che l’imperialismo anglo-americano ha predicato e praticato per troppo, troppo tempo.
Una visione, quella multipolare, che si sta dimostrando vincente: la maggioranza globale è sempre più emancipata dall’Occidente, non vuole averci a che fare perché stare con l’Occidente significa venire ingannati o, peggio, farsi male; il Vecchio Mondo è di fatto isolato e lasciato al proprio fallimento ma, attenzione, l’isolamento non è imposto dai Paesi che lavorano per un mondo multipolare, bensì è l’Occidente stesso ad auto-isolarsi, a suon di minacce, prepotenze, sanzioni, megalomania schizofrenica.
La saggezza asiatica insegna a non contrastare con una forza opposta colui che ti viene contro, bensì a sfruttare la sua stessa energia per schivarlo e lasciarlo cadere. Questo è ciò che stiamo vedendo inesorabilmente accadere.
Il padrone di casa fa gli onori
Il Presidente del PRC Xi Jinping è stato chiarissimo sin dall’apertura dei lavori: l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai si trova oggi a dover affrontare responsabilità sempre maggiori nel garantire la pace e la stabilità regionali, oltre che nel promuovere uno sviluppo condiviso, in un momento segnato da crescenti incertezze e instabilità a livello globale. Il partenariato si sta ampliando, evolvendosi verso una struttura di difesa che potrebbe superare il continente e divenire un sistema internazionale.
Fondata a Shanghai nel 2001, la SCO si è progressivamente ampliata: dai sei membri originari è diventata una piattaforma transregionale che oggi conta 10 membri a pieno titolo, 2 Paesi osservatori e 14 partner di dialogo, rappresentando circa metà della popolazione mondiale e un quarto dell’economia globale.
Fin dalle origini, la SCO si è ispirata allo “Spirito di Shanghai”, fondato su valori di fiducia reciproca, mutuo vantaggio, uguaglianza, consultazione, rispetto delle diversità e ricerca di uno sviluppo comune. Xi ha sottolineato come questa impostazione abbia rafforzato la coesione interna, favorito la cooperazione pratica e accresciuto la presenza dell’organizzazione negli affari regionali e internazionali.
La Tianxia, signore e signori. Millenaria saggezza asiatica che viene offerta come modello per tutti.
Oggi, in un contesto di trasformazioni epocali e crescenti fattori di instabilità, l’organizzazione deve assumere un ruolo ancora più incisivo nel preservare la sicurezza e nel favorire prosperità per tutti i Paesi membri. Il vertice di Tianjin ha, secondo Xi, la missione di costruire consenso, dare nuovo slancio alla cooperazione e delineare una visione di crescita per il futuro.
Durante l’incontro, gli Stati membri sono chiamati ad approvare documenti strategici di lungo periodo, tra cui la roadmap per il prossimo decennio, e Xi vuole tracciare una linea di governance globale multipolare. L’egemonia occidentale non può tornare ad imporsi. Il bullo deve essere isolato così che non possa più fare male agli altri membri della classe.
Da Tianjin la SCO intraprende un nuovo viaggio pieno di speranza verso un futuro ancora più luminoso.
Putin coglie l’occasione
La Russia si è presentata al Summit con una posizione di enorme privilegio. Tutti i leader erano entusiasti di stringere la mano a Putin, il quale ha colto l’occasione per portare il conflitto in Ucraina ad un livello superiore, ovvero quello della partecipazione condivisa con il partenariato. Una mossa strategicamente importante, che è resa possibile anche dalla posizione consolidata e agli accordi bilaterali di muta cooperazione militare stipulati con molti dei Paesi partecipanti.
L’allargamento della NATO verso i confini orientali e i ripetuti tentativi di includere l’Ucraina nell’Alleanza Atlantica vengono indicati come una delle principali cause del conflitto attuale. La narrativa occidentale della aggressione e dell’invasione sono menzogne storiche e politiche che ormai il mondo ha imparato a conoscere.
Nel ricostruire le radici della crisi, il leader del Cremlino ha stabilito un collegamento diretto tra gli avvenimenti di quasi dieci anni fa e lo scenario di guerra odierno. A suo avviso, il punto di rottura sarebbe arrivato nel 2014, con il cambio di potere a Kiev da lui descritto come un colpo di Stato orchestrato dall’Occidente, che avrebbe compromesso in modo illegittimo gli equilibri geopolitici della regione. La seconda causa è invece l’espansione della NATO, argomento che spesso abbiamo commentato. Dopo la rivolta di Maidan, le forze politiche ucraine contrarie a un ingresso nell’Alleanza sono state progressivamente escluse dal potere, un’estromissione combinata con la pressione occidentale che ha costretto la Russia a salvaguardare i propri interessi strategici e garantire la sicurezza nazionale.
Tale difesa passa adesso nelle mani della SCO. La NATO e la UE, quindi, prima di attaccare dovranno fare calcoli politici e strategici decisamente più sofisticati.
Modi torna a casa
Narendra Modi era l’ospite tanto atteso. La recente riconciliazione avviata con la Cina si è consacrata proprio a Tainjin. Un evento eccezionale, un passaggio di enorme significato. Gli USA hanno minacciato l’India, l’India ha scelto da che parte stare. Il fascino dell’Occidente è ancora molto magnetico, ma il leader indiano ha saputo scegliere la via per tornare a casa al sicuro.
Era la prima volta che Modi visitava la Cina dal 2018. Ad attenderlo c’era Xi. Il 19 agosto, durante colloqui tra rappresentanti speciali, Pechino e Nuova Delhi hanno raggiunto un consenso in 10 punti sulla gestione dei confini, indicativo di un ulteriore passo verso la stabilizzazione dei rapporti tra i due vicini. Pochi giorni dopo, le sanzioni imposte reciprocamente sono state sollevate. L’incontro di Tianjin è stato il secondo tra i due leader in un anno, dopo la precedente riunione di ottobre a Kazan, in Russia, che aveva permesso un “reset” nei rapporti bilaterali.
Secondo Xi, le due nazioni devono collaborare per mantenere la pace nelle aree di confine e evitare che la questione dei confini domini l’intero rapporto bilaterale. Finché entrambi manterranno l’obiettivo strategico di essere partner piuttosto che rivali, e vedranno l’altro come opportunità di sviluppo anziché come minaccia, i singoli problemi si potranno gestire e i legami bilaterali progrediranno in maniera costante e sostenibile.
La scelta migliore per Cina e India è quella di essere buoni vicini e partner che si sostengono a vicenda, secondo l’immagine simbolica del “drago e dell’elefante che danzano insieme” evocata proprio da Xi durante la discussione. Entrambi sono anche due Paesi chiave per il Sud Globale, per il quale devono impegnarsi in una prospettiva strategica a lungo termine, lavorando per uno sviluppo stabile e armonioso, intensificando positivamente tutti i rapporti.
A tutti gli effetti, i due Paesi devono farsi carico della responsabilità storica, difendere il multilateralismo, rafforzare comunicazione e coordinamento su questioni internazionali e regionali, garantire equità e giustizia, e lavorare insieme per un mondo multipolare.
Modi ha definito l’incontro “fruttuoso” su social media, ribadendo che India e Cina sono partner e che i punti di accordo superano le differenze, confermando l’impegno a rafforzare le relazioni su basi di fiducia, rispetto e sensibilità reciproca. Per Modi, l cooperazione tra India e Cina contribuirà a fare del XXI secolo un autentico secolo asiatico, rafforzando il multilateralismo globale.
Modello Yalta
Torniamo a quella magica stretta di mano. Un patto, un accordo. Una foto che ricorda quella di Yalta, momento che sancì l’assetto internazionale del Novecento così come lo abbiamo conosciuto. Cosa aspettarsi, quindi, da questa nuova fotografia?
Sicuramente, delle differenze. Stavolta non ci sono tre Paesi nemici, come lo erano quelli di Roosevelt, Churchill e Stalin, e nemmeno solo due blocchi contrapposti, per altro entrambi molto occidentali. Stavolta abbiamo un’alleanza che copra l’intera Asia, estendendosi nel Sud Globale, con l’Africa come primo geografico e naturale partner.
Yalta significò, a suo tempo, molte cose. Al di là della divisione della Germania e ai conti con la Guerra, l’accordo prevedeva la liberazione dei Paesi occupati e la loro riorganizzazione, sancendo l’inizio ufficiale dell’ONU come organizzazione “a tutela” di ciò che era accaduto e per una governance condivisa dalle grandi potenze (soltanto cinque). L’accordo di quel lontano 1945 – 80 anni fa – mirava a stabilire in equilibrio fra le potenze.
Ecco che siamo di nuovo qui, ma stavolta è diverso. Un equilibrio che non è quello del vincitore che impone le regole ai vinti, e nemmeno quello di stati-nazione con ideologie politiche moderne. Abbiamo davanti più poli in un emergente sistema multipolare di complesse relazioni, abbiamo Stati-Civiltà, quindi un modello diverso, e abbiamo l’intenzione condivisa di pace e prosperità, non di dominio militare ed economico. E questo ordine deve essere custodito, preservato. La SCO è dunque uno strumento fra i vari. La geopolitica dei partenariati a questo serve: è uno strumento di transizione, un modello efficace per la ristrutturazione globale. Certo, il termine dei lavori è ancora lungo, ma…sta funzionando.
Geopoliticamente parlando, dobbiamo osservare anche un altro significativo aspetto.
La SCO copre il Rimland, il cordone sanitario attorno all’Heartland eurasiatico. Manca solo l’Europa all’appello, che purtroppo è stata fagocitata ottant’anni fa. Questo vuol dire una cosa ben precisa: la SCO difende le Civiltà della Terra, che sono attaccate con la NATO, sintesi delle Civiltà del Mare. L’eterno scontro della geopolitica classica è ancora davanti ai nostri occhi. Provate un attimo a guardare di nuovo quella foto dei tre leader, poi pensate a queste ultime parole. Capirete quanto sia epocale ciò che sta avvenendo.