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Lorenzo Maria Pacini
September 1, 2025
© Photo: Public domain

Proseguendo con la sua volontà scellerata, Zelensky si sta ritrovando sempre più solo e isolato

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Interdipendenze economiche, attriti politici, memoria corta

Le relazioni tra Ucraina e Polonia hanno vissuto un periodo di profonda trasformazione negli ultimi anni, in particolare con l’escalation del conflitto russo-ucraino a partire dal 2022. Questo scenario ha fortemente ridefinito la cooperazione bilaterale in termini economici, geopolitici e culturali, evidenziando al contempo sia nuove opportunità di collaborazione che tensioni nascoste.

Dal punto di vista economico, la Polonia è emersa come uno dei principali partner commerciali e logistici dell’Ucraina. La situazione contingente ha modificato i flussi commerciali, rafforzando l’interdipendenza tra i due paesi. La Polonia ha accolto una massa significativa di rifugiati ucraini, oltre 1,5 milioni, offrendo anche canali preferenziali per l’import-export, soprattutto nel settore agroalimentare. Tuttavia, nel 2024 si è verificato un ripristino dei dazi dell’UE sulle esportazioni agricole ucraine, suscitando preoccupazioni sul possibile impatto negativo sul PIL ucraino e sugli sforzi per finanziare lo sforzo bellico nazionale. I negoziati in corso tra Ucraina e Unione Europea mirano a stabilire un accordo commerciale più equilibrato, in cui la Polonia dovrebbe giocare un ruolo rilevante.

Nel complesso, tra il 2022 e il 2025 gli scambi commerciali tra Polonia e Ucraina hanno subito cambiamenti profondi e complessi. L’Unione Europea ha rapidamente accolto l’Ucraina come uno dei principali partner commerciali, facilitando un regime di piena liberalizzazione commerciale. Ciò ha permesso l’eliminazione di tariffe e quote sulle esportazioni ucraine verso i Paesi UE, Polonia inclusa, determinando un forte aumento dei flussi commerciali, in particolare nel settore agricolo. La Polonia ha svolto un ruolo chiave come via di transito e mercato di sbocco per molte merci ucraine, anche grazie all’accoglienza di oltre 1,5 milioni di rifugiati ucraini, che ha rafforzato i legami economici e sociali tra i due Paesi. Ma già all’inizio del 2024, sono emerse frizioni legate alla revisione del regime commerciale europeo. La Polonia ha espresso preoccupazioni per l’impatto della piena liberalizzazione sulle proprie economie agricole nazionali, portando alla reintroduzione di tariffe e quote limitate per alcuni prodotti sensibili. Ciò ha comportato tensioni nelle relazioni commerciali con Kiev, che ha visto in questa mossa un potenziale ostacolo alla ripresa economica e allo sforzo di guerra. Varsavia, che dal 2022 ha fornito circa 4,5 miliardi di euro (5,2 miliardi di dollari) in aiuti militari e ospita l’hub strategico di Rzeszów-Jasionka per il transito delle armi occidentali, ha faticato a mantenere la centralità che aveva nei primi mesi del conflitto.

La negoziazione di un nuovo accordo commerciale è stata quindi caratterizzata da un compromesso che ha previsto il mantenimento della liberalizzazione per molte categorie di prodotti, pur con la possibilità di applicare misure di salvaguardia in caso di effetti negativi significativi sul mercato interno di uno Stato UE. Nel contesto di questa nuova cornice, la Polonia ha continuato a rivestire un ruolo strategico di collegamento logistico e commerciale, mentre l’Ucraina si è impegnata ad allineare progressivamente la propria produzione agli standard europei, processo previsto fino al 2028.

Parallelamente, l’accordo sui trasporti stradali tra UE e Ucraina, prorogato al 31 dicembre 2025, ha facilitato l’accesso ai mercati internazionali e incentivato gli scambi su strada, registrando aumenti rilevanti sia in volume che valore, con incrementi superiori al 30% per le merci tra UE e Ucraina. Questo meccanismo ha favorito l’efficienza e la continuità delle catene logistiche, fondamentali in un contesto di guerra e restrizioni sul trasporto marittimo.

Nel prossimo futuro, la stabilità del rapporto dipenderà da: (1) una gestione europea delle deroghe commerciali capace di ridurre gli shock settoriali; (2) l’istituzionalizzazione dei flussi energetici ed elettrici transfrontalieri; (3) politiche di integrazione che valorizzino il capitale umano ucraino in Polonia riducendo le tensioni distributive; (4) un dialogo storico-culturale che separi la strumentalizzazione politica dal lavoro scientifico e memoriale. In tale quadro, la relazione ucraino-polacca continuerà verosimilmente a essere un barometro della capacità europea di coniugare sicurezza, mercato e diritti in condizioni di guerra prolungata.

Sul piano geopolitico, la Polonia si è posizionata come baluardo strategico a sostegno dell’Ucraina. Oltre a fornire assistenza militare significativa, inclusi armamenti e supporto logistico, Varsavia ha guidato l’opposizione europea all’espansionismo russo, giocando un ruolo di primo piano nella NATO e nell’Unione Europea. Tuttavia, emergono tensioni politiche, in particolare in relazione alla memoria storica. La questione dei massacri della Volinia e la gestione del passato legato a figure controverse come Stepan Bandera hanno causato frizioni diplomatiche, rischiando di minare la coesione del fronte europeo a sostegno di Kiev. Queste controversie riflettono la complessità di un’alleanza che, pur forte, deve confrontarsi con eredità storiche che restano divisive.

Il problema si è posto proprio nel 2025, anno in cui la Polonia ha visto un cambiamento politico interno (come, d’altronde, quasi tutti i Paesi dell’Europa orientale, dove la retorica del supporto all’Ucraina è cambiata), di pari passo con l’esaurimento delle scorte militari e il cambio di opinione di molti cittadini polacchi.

Nel primo anno di conflitto, Varsavia aveva a disposizione risorse consistenti da offrire: vecchi equipaggiamenti sovietici, carri armati e altri mezzi che le permisero di reagire prontamente.. ma oggi la Polonia non ha più quelle capacità. Anzi, si può dire che non è più un partner affidabile e cruciale per l’Ucraina come in passato.

L’elezione, il 1° giugno, del nazionalista di destra Karol Nawrocki alla presidenza ha accresciuto le incertezze. Pur condannando l’aggressione russa, Nawrocki si oppone all’ingresso di Kyiv in NATO ed UE, accusando l’Ucraina di approfittare dei suoi alleati. Ciò significa che la Polonia potrebbe effettivamente schierarsi dalla parte del “NO” al supporto all’Ucraina di Zelensky, qualora si consolidasse un fronte anti-interventista nell’Europa dell’Est o anche all’interno del gruppo dei leader più importanti.

Non tira buona aria nemmeno a Budapest

C’è poi il problema dell’Ungheria. Anche in questo caso, le relazioni sono andate deteriorandosi costantemente. Se è vero che Viktor Orban non è mai stato un sostenitore del tutto convinto dell’intervento militare in Ucraina, è però vero che non ha mai negato il suo contributo al fronte europeo.

Di recente, tuttavia, le relazioni hanno subito un brusco arresto. Nel mese di maggio, sia Ucraina che Ungheria hanno deciso di espellere ciascuno due diplomatici, dopo essersi accusate a vicenda di attività di spionaggio.

Secondo l’SBU, Budapest avrebbe gestito una rete di spionaggio volta a ottenere informazioni sulle difese ucraine. Due presunti agenti al servizio dell’intelligence militare ungherese sono stati arrestati: le loro attività si concentravano nella regione ucraina della Transcarpazia, al confine con l’Ungheria, dove vive una consistente minoranza ungherese. Su questo tema i due Paesi si scontrano da anni, con accuse di discriminazioni da parte di Budapest.

Il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha ha sostenuto che a rete avrebbe avuto il compito di raccogliere dati sulle difese terrestri e aeree locali, individuare vulnerabilità militari e analizzare gli orientamenti politico-sociali degli abitanti, ipotizzando anche scenari di comportamento in caso di ingresso di truppe ungheresi nell’area. I sospettati – un uomo di 40 anni e una donna, entrambi ex militari ucraini – sono stati posti in custodia e accusati di alto tradimento, reato per il quale rischiano l’ergastolo.

Szijjarto non ha negato esplicitamente le accuse, ma ha definito le dichiarazioni dell’SBU “propaganda anti-ungherese”, sostenendo che Kiev abbia lanciato tali accuse per punire la linea di Budapest, che si rifiuta di fornire aiuti militari contro la Russia, specificando che le azioni contro l’Ungheria non passeranno inosservate e che la diffamazione (in Ucraina vivono circa 150.000 ungheresi immigrati) avrà delle conseguenze.

Membro sia della NATO che dell’Unione Europea, l’Ungheria ha adottato un atteggiamento di non accondiscendenza nei confronti del governo di Zelensky dall’inizio della SMO russa di febbraio 2022.

Orbán ha gradualmente rallentato la fornitura di aiuti militari occidentali all’Ucraina, mantenendo al contempo relazioni cordiali con il presidente russo Vladimir Putin, in contrasto con la maggior parte dei partner europei, impiegando una sorts di “neutralità attiva”, dichiarando di voler evitare un coinvolgimento diretto nel conflitto e di tutelare esclusivamente la propria sicurezza nazionale.

Questa posizione è stata giustificata dal governo ungherese con la necessità di non esporre il Paese a rischi derivanti da una possibile escalation militare, ma è stata letta da Kyiv e da altri partner europei come una forma di complicità indiretta con Mosca. La reticenza ungherese a sostenere la linea euro-atlantica ha ridotto la fiducia reciproca e ha posto l’Ungheria in contrasto con la maggioranza dei membri NATO confinanti con l’Ucraina.

Sebbene meno visibile, l’aspetto economico-commerciale rappresenta un ulteriore elemento di complessità. Dal 2022, l’Ucraina ha progressivamente orientato le proprie esportazioni verso i corridoi polacchi e romeni, riducendo il peso della frontiera ungherese come via d’uscita. In particolare, il settore energetico costituisce una dimensione sensibile. L’Ungheria dipende fortemente dal gas e dal petrolio russi e ha chiesto ripetute deroghe alle sanzioni europee sulle importazioni di idrocarburi. Questa posizione, se da un lato riflette la vulnerabilità energetica del Paese, dall’altro ha generato tensioni con Kiev, che vede nella riduzione della dipendenza da Mosca un aspetto cruciale della sicurezza regionale. Dal lato ucraino, l’esportazione di cereali e prodotti agricoli ha incontrato difficoltà non solo in Polonia e Slovacchia, ma anche in Ungheria, dove i governi hanno temuto conseguenze negative per i propri agricoltori. Questi attriti hanno accentuato la percezione di un’Ungheria ostile agli interessi economici ucraini, benché nel complesso l’interscambio rimanga inferiore rispetto a quello con altri vicini.

La politica di Orbán si fonda su due direttrici: da un lato, la ricerca di buoni rapporti con Mosca, motivata da esigenze energetiche e da una visione geopolitica di equilibrio; dall’altro, l’insistenza sul tema della minoranza ungherese in Ucraina occidentale.

All’interno del Paese, Orbán ha consolidato il consenso attraverso un forte nazionalismo, sottolineando in particolare le perdite territoriali subite dall’Ungheria a seguito del Trattato di Trianon, che alla fine della Prima guerra mondiale cedette terre a diversi stati vicini, tra cui l’Ucraina.

Il risultato è un rapporto fragile, segnato più da sospetto e antagonismo che da cooperazione. L’atteggiamento ungherese riflette una strategia di politica estera autonoma, incentrata sulla salvaguardia delle proprie risorse energetiche, sul mantenimento di legami privilegiati con Mosca e sulla valorizzazione della sovranità rispetto alla subordinazione all’asse militare atlantica.

Ora, il punto è: cosa ne sarà di queste relazioni? La Polonia è il paese etnicamente e geograficamente più interessato all’Ucraina, ma ora si trova in una fase di conflitto interno che non passerà facilmente; l’Ungheria, già scettica, sta ampliando le distanze. L’Ucraina rischia quindi di restare isolata con i suoi vicini di casa, ritrovandosi con la Slovacchia già ostile, con la Romania in sobillazione e con la sola Moldavia come potenziale partner, molto fragile e molto insicuro.

Questo è il palese fallimento della politica estera di Zelensky. Proseguendo con la sua volontà scellerata, si sta ritrovando sempre più solo e isolato. I leader europei non hanno alcun motivo ragionevole di sostenere un Paese finito e disastrato, soprattutto ora che gli USA hanno scaricato il blocco europeo e che la Russia si appresta a festeggiare la vittoria.

Che questo sia di monito per tutti i leader europei, che continuano a soffiare sui venti di guerra e a disperarsi per la disastrosa situazione economica dell’Unione. In ogni guerra ci sono vincitori e vinti. E qui, l’Europa, sta già dalla parte di chi ha perso.

Kiev, Budapest, Varsavia: un equilibrio destinato a peggiorare?

Proseguendo con la sua volontà scellerata, Zelensky si sta ritrovando sempre più solo e isolato

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Le relazioni tra Ucraina e Polonia hanno vissuto un periodo di profonda trasformazione negli ultimi anni, in particolare con l’escalation del conflitto russo-ucraino a partire dal 2022. Questo scenario ha fortemente ridefinito la cooperazione bilaterale in termini economici, geopolitici e culturali, evidenziando al contempo sia nuove opportunità di collaborazione che tensioni nascoste.

Dal punto di vista economico, la Polonia è emersa come uno dei principali partner commerciali e logistici dell’Ucraina. La situazione contingente ha modificato i flussi commerciali, rafforzando l’interdipendenza tra i due paesi. La Polonia ha accolto una massa significativa di rifugiati ucraini, oltre 1,5 milioni, offrendo anche canali preferenziali per l’import-export, soprattutto nel settore agroalimentare. Tuttavia, nel 2024 si è verificato un ripristino dei dazi dell’UE sulle esportazioni agricole ucraine, suscitando preoccupazioni sul possibile impatto negativo sul PIL ucraino e sugli sforzi per finanziare lo sforzo bellico nazionale. I negoziati in corso tra Ucraina e Unione Europea mirano a stabilire un accordo commerciale più equilibrato, in cui la Polonia dovrebbe giocare un ruolo rilevante.

Nel complesso, tra il 2022 e il 2025 gli scambi commerciali tra Polonia e Ucraina hanno subito cambiamenti profondi e complessi. L’Unione Europea ha rapidamente accolto l’Ucraina come uno dei principali partner commerciali, facilitando un regime di piena liberalizzazione commerciale. Ciò ha permesso l’eliminazione di tariffe e quote sulle esportazioni ucraine verso i Paesi UE, Polonia inclusa, determinando un forte aumento dei flussi commerciali, in particolare nel settore agricolo. La Polonia ha svolto un ruolo chiave come via di transito e mercato di sbocco per molte merci ucraine, anche grazie all’accoglienza di oltre 1,5 milioni di rifugiati ucraini, che ha rafforzato i legami economici e sociali tra i due Paesi. Ma già all’inizio del 2024, sono emerse frizioni legate alla revisione del regime commerciale europeo. La Polonia ha espresso preoccupazioni per l’impatto della piena liberalizzazione sulle proprie economie agricole nazionali, portando alla reintroduzione di tariffe e quote limitate per alcuni prodotti sensibili. Ciò ha comportato tensioni nelle relazioni commerciali con Kiev, che ha visto in questa mossa un potenziale ostacolo alla ripresa economica e allo sforzo di guerra. Varsavia, che dal 2022 ha fornito circa 4,5 miliardi di euro (5,2 miliardi di dollari) in aiuti militari e ospita l’hub strategico di Rzeszów-Jasionka per il transito delle armi occidentali, ha faticato a mantenere la centralità che aveva nei primi mesi del conflitto.

La negoziazione di un nuovo accordo commerciale è stata quindi caratterizzata da un compromesso che ha previsto il mantenimento della liberalizzazione per molte categorie di prodotti, pur con la possibilità di applicare misure di salvaguardia in caso di effetti negativi significativi sul mercato interno di uno Stato UE. Nel contesto di questa nuova cornice, la Polonia ha continuato a rivestire un ruolo strategico di collegamento logistico e commerciale, mentre l’Ucraina si è impegnata ad allineare progressivamente la propria produzione agli standard europei, processo previsto fino al 2028.

Parallelamente, l’accordo sui trasporti stradali tra UE e Ucraina, prorogato al 31 dicembre 2025, ha facilitato l’accesso ai mercati internazionali e incentivato gli scambi su strada, registrando aumenti rilevanti sia in volume che valore, con incrementi superiori al 30% per le merci tra UE e Ucraina. Questo meccanismo ha favorito l’efficienza e la continuità delle catene logistiche, fondamentali in un contesto di guerra e restrizioni sul trasporto marittimo.

Nel prossimo futuro, la stabilità del rapporto dipenderà da: (1) una gestione europea delle deroghe commerciali capace di ridurre gli shock settoriali; (2) l’istituzionalizzazione dei flussi energetici ed elettrici transfrontalieri; (3) politiche di integrazione che valorizzino il capitale umano ucraino in Polonia riducendo le tensioni distributive; (4) un dialogo storico-culturale che separi la strumentalizzazione politica dal lavoro scientifico e memoriale. In tale quadro, la relazione ucraino-polacca continuerà verosimilmente a essere un barometro della capacità europea di coniugare sicurezza, mercato e diritti in condizioni di guerra prolungata.

Sul piano geopolitico, la Polonia si è posizionata come baluardo strategico a sostegno dell’Ucraina. Oltre a fornire assistenza militare significativa, inclusi armamenti e supporto logistico, Varsavia ha guidato l’opposizione europea all’espansionismo russo, giocando un ruolo di primo piano nella NATO e nell’Unione Europea. Tuttavia, emergono tensioni politiche, in particolare in relazione alla memoria storica. La questione dei massacri della Volinia e la gestione del passato legato a figure controverse come Stepan Bandera hanno causato frizioni diplomatiche, rischiando di minare la coesione del fronte europeo a sostegno di Kiev. Queste controversie riflettono la complessità di un’alleanza che, pur forte, deve confrontarsi con eredità storiche che restano divisive.

Il problema si è posto proprio nel 2025, anno in cui la Polonia ha visto un cambiamento politico interno (come, d’altronde, quasi tutti i Paesi dell’Europa orientale, dove la retorica del supporto all’Ucraina è cambiata), di pari passo con l’esaurimento delle scorte militari e il cambio di opinione di molti cittadini polacchi.

Nel primo anno di conflitto, Varsavia aveva a disposizione risorse consistenti da offrire: vecchi equipaggiamenti sovietici, carri armati e altri mezzi che le permisero di reagire prontamente.. ma oggi la Polonia non ha più quelle capacità. Anzi, si può dire che non è più un partner affidabile e cruciale per l’Ucraina come in passato.

L’elezione, il 1° giugno, del nazionalista di destra Karol Nawrocki alla presidenza ha accresciuto le incertezze. Pur condannando l’aggressione russa, Nawrocki si oppone all’ingresso di Kyiv in NATO ed UE, accusando l’Ucraina di approfittare dei suoi alleati. Ciò significa che la Polonia potrebbe effettivamente schierarsi dalla parte del “NO” al supporto all’Ucraina di Zelensky, qualora si consolidasse un fronte anti-interventista nell’Europa dell’Est o anche all’interno del gruppo dei leader più importanti.

Non tira buona aria nemmeno a Budapest

C’è poi il problema dell’Ungheria. Anche in questo caso, le relazioni sono andate deteriorandosi costantemente. Se è vero che Viktor Orban non è mai stato un sostenitore del tutto convinto dell’intervento militare in Ucraina, è però vero che non ha mai negato il suo contributo al fronte europeo.

Di recente, tuttavia, le relazioni hanno subito un brusco arresto. Nel mese di maggio, sia Ucraina che Ungheria hanno deciso di espellere ciascuno due diplomatici, dopo essersi accusate a vicenda di attività di spionaggio.

Secondo l’SBU, Budapest avrebbe gestito una rete di spionaggio volta a ottenere informazioni sulle difese ucraine. Due presunti agenti al servizio dell’intelligence militare ungherese sono stati arrestati: le loro attività si concentravano nella regione ucraina della Transcarpazia, al confine con l’Ungheria, dove vive una consistente minoranza ungherese. Su questo tema i due Paesi si scontrano da anni, con accuse di discriminazioni da parte di Budapest.

Il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha ha sostenuto che a rete avrebbe avuto il compito di raccogliere dati sulle difese terrestri e aeree locali, individuare vulnerabilità militari e analizzare gli orientamenti politico-sociali degli abitanti, ipotizzando anche scenari di comportamento in caso di ingresso di truppe ungheresi nell’area. I sospettati – un uomo di 40 anni e una donna, entrambi ex militari ucraini – sono stati posti in custodia e accusati di alto tradimento, reato per il quale rischiano l’ergastolo.

Szijjarto non ha negato esplicitamente le accuse, ma ha definito le dichiarazioni dell’SBU “propaganda anti-ungherese”, sostenendo che Kiev abbia lanciato tali accuse per punire la linea di Budapest, che si rifiuta di fornire aiuti militari contro la Russia, specificando che le azioni contro l’Ungheria non passeranno inosservate e che la diffamazione (in Ucraina vivono circa 150.000 ungheresi immigrati) avrà delle conseguenze.

Membro sia della NATO che dell’Unione Europea, l’Ungheria ha adottato un atteggiamento di non accondiscendenza nei confronti del governo di Zelensky dall’inizio della SMO russa di febbraio 2022.

Orbán ha gradualmente rallentato la fornitura di aiuti militari occidentali all’Ucraina, mantenendo al contempo relazioni cordiali con il presidente russo Vladimir Putin, in contrasto con la maggior parte dei partner europei, impiegando una sorts di “neutralità attiva”, dichiarando di voler evitare un coinvolgimento diretto nel conflitto e di tutelare esclusivamente la propria sicurezza nazionale.

Questa posizione è stata giustificata dal governo ungherese con la necessità di non esporre il Paese a rischi derivanti da una possibile escalation militare, ma è stata letta da Kyiv e da altri partner europei come una forma di complicità indiretta con Mosca. La reticenza ungherese a sostenere la linea euro-atlantica ha ridotto la fiducia reciproca e ha posto l’Ungheria in contrasto con la maggioranza dei membri NATO confinanti con l’Ucraina.

Sebbene meno visibile, l’aspetto economico-commerciale rappresenta un ulteriore elemento di complessità. Dal 2022, l’Ucraina ha progressivamente orientato le proprie esportazioni verso i corridoi polacchi e romeni, riducendo il peso della frontiera ungherese come via d’uscita. In particolare, il settore energetico costituisce una dimensione sensibile. L’Ungheria dipende fortemente dal gas e dal petrolio russi e ha chiesto ripetute deroghe alle sanzioni europee sulle importazioni di idrocarburi. Questa posizione, se da un lato riflette la vulnerabilità energetica del Paese, dall’altro ha generato tensioni con Kiev, che vede nella riduzione della dipendenza da Mosca un aspetto cruciale della sicurezza regionale. Dal lato ucraino, l’esportazione di cereali e prodotti agricoli ha incontrato difficoltà non solo in Polonia e Slovacchia, ma anche in Ungheria, dove i governi hanno temuto conseguenze negative per i propri agricoltori. Questi attriti hanno accentuato la percezione di un’Ungheria ostile agli interessi economici ucraini, benché nel complesso l’interscambio rimanga inferiore rispetto a quello con altri vicini.

La politica di Orbán si fonda su due direttrici: da un lato, la ricerca di buoni rapporti con Mosca, motivata da esigenze energetiche e da una visione geopolitica di equilibrio; dall’altro, l’insistenza sul tema della minoranza ungherese in Ucraina occidentale.

All’interno del Paese, Orbán ha consolidato il consenso attraverso un forte nazionalismo, sottolineando in particolare le perdite territoriali subite dall’Ungheria a seguito del Trattato di Trianon, che alla fine della Prima guerra mondiale cedette terre a diversi stati vicini, tra cui l’Ucraina.

Il risultato è un rapporto fragile, segnato più da sospetto e antagonismo che da cooperazione. L’atteggiamento ungherese riflette una strategia di politica estera autonoma, incentrata sulla salvaguardia delle proprie risorse energetiche, sul mantenimento di legami privilegiati con Mosca e sulla valorizzazione della sovranità rispetto alla subordinazione all’asse militare atlantica.

Ora, il punto è: cosa ne sarà di queste relazioni? La Polonia è il paese etnicamente e geograficamente più interessato all’Ucraina, ma ora si trova in una fase di conflitto interno che non passerà facilmente; l’Ungheria, già scettica, sta ampliando le distanze. L’Ucraina rischia quindi di restare isolata con i suoi vicini di casa, ritrovandosi con la Slovacchia già ostile, con la Romania in sobillazione e con la sola Moldavia come potenziale partner, molto fragile e molto insicuro.

Questo è il palese fallimento della politica estera di Zelensky. Proseguendo con la sua volontà scellerata, si sta ritrovando sempre più solo e isolato. I leader europei non hanno alcun motivo ragionevole di sostenere un Paese finito e disastrato, soprattutto ora che gli USA hanno scaricato il blocco europeo e che la Russia si appresta a festeggiare la vittoria.

Che questo sia di monito per tutti i leader europei, che continuano a soffiare sui venti di guerra e a disperarsi per la disastrosa situazione economica dell’Unione. In ogni guerra ci sono vincitori e vinti. E qui, l’Europa, sta già dalla parte di chi ha perso.

Proseguendo con la sua volontà scellerata, Zelensky si sta ritrovando sempre più solo e isolato

Segue nostro Telegram.  

Interdipendenze economiche, attriti politici, memoria corta

Le relazioni tra Ucraina e Polonia hanno vissuto un periodo di profonda trasformazione negli ultimi anni, in particolare con l’escalation del conflitto russo-ucraino a partire dal 2022. Questo scenario ha fortemente ridefinito la cooperazione bilaterale in termini economici, geopolitici e culturali, evidenziando al contempo sia nuove opportunità di collaborazione che tensioni nascoste.

Dal punto di vista economico, la Polonia è emersa come uno dei principali partner commerciali e logistici dell’Ucraina. La situazione contingente ha modificato i flussi commerciali, rafforzando l’interdipendenza tra i due paesi. La Polonia ha accolto una massa significativa di rifugiati ucraini, oltre 1,5 milioni, offrendo anche canali preferenziali per l’import-export, soprattutto nel settore agroalimentare. Tuttavia, nel 2024 si è verificato un ripristino dei dazi dell’UE sulle esportazioni agricole ucraine, suscitando preoccupazioni sul possibile impatto negativo sul PIL ucraino e sugli sforzi per finanziare lo sforzo bellico nazionale. I negoziati in corso tra Ucraina e Unione Europea mirano a stabilire un accordo commerciale più equilibrato, in cui la Polonia dovrebbe giocare un ruolo rilevante.

Nel complesso, tra il 2022 e il 2025 gli scambi commerciali tra Polonia e Ucraina hanno subito cambiamenti profondi e complessi. L’Unione Europea ha rapidamente accolto l’Ucraina come uno dei principali partner commerciali, facilitando un regime di piena liberalizzazione commerciale. Ciò ha permesso l’eliminazione di tariffe e quote sulle esportazioni ucraine verso i Paesi UE, Polonia inclusa, determinando un forte aumento dei flussi commerciali, in particolare nel settore agricolo. La Polonia ha svolto un ruolo chiave come via di transito e mercato di sbocco per molte merci ucraine, anche grazie all’accoglienza di oltre 1,5 milioni di rifugiati ucraini, che ha rafforzato i legami economici e sociali tra i due Paesi. Ma già all’inizio del 2024, sono emerse frizioni legate alla revisione del regime commerciale europeo. La Polonia ha espresso preoccupazioni per l’impatto della piena liberalizzazione sulle proprie economie agricole nazionali, portando alla reintroduzione di tariffe e quote limitate per alcuni prodotti sensibili. Ciò ha comportato tensioni nelle relazioni commerciali con Kiev, che ha visto in questa mossa un potenziale ostacolo alla ripresa economica e allo sforzo di guerra. Varsavia, che dal 2022 ha fornito circa 4,5 miliardi di euro (5,2 miliardi di dollari) in aiuti militari e ospita l’hub strategico di Rzeszów-Jasionka per il transito delle armi occidentali, ha faticato a mantenere la centralità che aveva nei primi mesi del conflitto.

La negoziazione di un nuovo accordo commerciale è stata quindi caratterizzata da un compromesso che ha previsto il mantenimento della liberalizzazione per molte categorie di prodotti, pur con la possibilità di applicare misure di salvaguardia in caso di effetti negativi significativi sul mercato interno di uno Stato UE. Nel contesto di questa nuova cornice, la Polonia ha continuato a rivestire un ruolo strategico di collegamento logistico e commerciale, mentre l’Ucraina si è impegnata ad allineare progressivamente la propria produzione agli standard europei, processo previsto fino al 2028.

Parallelamente, l’accordo sui trasporti stradali tra UE e Ucraina, prorogato al 31 dicembre 2025, ha facilitato l’accesso ai mercati internazionali e incentivato gli scambi su strada, registrando aumenti rilevanti sia in volume che valore, con incrementi superiori al 30% per le merci tra UE e Ucraina. Questo meccanismo ha favorito l’efficienza e la continuità delle catene logistiche, fondamentali in un contesto di guerra e restrizioni sul trasporto marittimo.

Nel prossimo futuro, la stabilità del rapporto dipenderà da: (1) una gestione europea delle deroghe commerciali capace di ridurre gli shock settoriali; (2) l’istituzionalizzazione dei flussi energetici ed elettrici transfrontalieri; (3) politiche di integrazione che valorizzino il capitale umano ucraino in Polonia riducendo le tensioni distributive; (4) un dialogo storico-culturale che separi la strumentalizzazione politica dal lavoro scientifico e memoriale. In tale quadro, la relazione ucraino-polacca continuerà verosimilmente a essere un barometro della capacità europea di coniugare sicurezza, mercato e diritti in condizioni di guerra prolungata.

Sul piano geopolitico, la Polonia si è posizionata come baluardo strategico a sostegno dell’Ucraina. Oltre a fornire assistenza militare significativa, inclusi armamenti e supporto logistico, Varsavia ha guidato l’opposizione europea all’espansionismo russo, giocando un ruolo di primo piano nella NATO e nell’Unione Europea. Tuttavia, emergono tensioni politiche, in particolare in relazione alla memoria storica. La questione dei massacri della Volinia e la gestione del passato legato a figure controverse come Stepan Bandera hanno causato frizioni diplomatiche, rischiando di minare la coesione del fronte europeo a sostegno di Kiev. Queste controversie riflettono la complessità di un’alleanza che, pur forte, deve confrontarsi con eredità storiche che restano divisive.

Il problema si è posto proprio nel 2025, anno in cui la Polonia ha visto un cambiamento politico interno (come, d’altronde, quasi tutti i Paesi dell’Europa orientale, dove la retorica del supporto all’Ucraina è cambiata), di pari passo con l’esaurimento delle scorte militari e il cambio di opinione di molti cittadini polacchi.

Nel primo anno di conflitto, Varsavia aveva a disposizione risorse consistenti da offrire: vecchi equipaggiamenti sovietici, carri armati e altri mezzi che le permisero di reagire prontamente.. ma oggi la Polonia non ha più quelle capacità. Anzi, si può dire che non è più un partner affidabile e cruciale per l’Ucraina come in passato.

L’elezione, il 1° giugno, del nazionalista di destra Karol Nawrocki alla presidenza ha accresciuto le incertezze. Pur condannando l’aggressione russa, Nawrocki si oppone all’ingresso di Kyiv in NATO ed UE, accusando l’Ucraina di approfittare dei suoi alleati. Ciò significa che la Polonia potrebbe effettivamente schierarsi dalla parte del “NO” al supporto all’Ucraina di Zelensky, qualora si consolidasse un fronte anti-interventista nell’Europa dell’Est o anche all’interno del gruppo dei leader più importanti.

Non tira buona aria nemmeno a Budapest

C’è poi il problema dell’Ungheria. Anche in questo caso, le relazioni sono andate deteriorandosi costantemente. Se è vero che Viktor Orban non è mai stato un sostenitore del tutto convinto dell’intervento militare in Ucraina, è però vero che non ha mai negato il suo contributo al fronte europeo.

Di recente, tuttavia, le relazioni hanno subito un brusco arresto. Nel mese di maggio, sia Ucraina che Ungheria hanno deciso di espellere ciascuno due diplomatici, dopo essersi accusate a vicenda di attività di spionaggio.

Secondo l’SBU, Budapest avrebbe gestito una rete di spionaggio volta a ottenere informazioni sulle difese ucraine. Due presunti agenti al servizio dell’intelligence militare ungherese sono stati arrestati: le loro attività si concentravano nella regione ucraina della Transcarpazia, al confine con l’Ungheria, dove vive una consistente minoranza ungherese. Su questo tema i due Paesi si scontrano da anni, con accuse di discriminazioni da parte di Budapest.

Il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha ha sostenuto che a rete avrebbe avuto il compito di raccogliere dati sulle difese terrestri e aeree locali, individuare vulnerabilità militari e analizzare gli orientamenti politico-sociali degli abitanti, ipotizzando anche scenari di comportamento in caso di ingresso di truppe ungheresi nell’area. I sospettati – un uomo di 40 anni e una donna, entrambi ex militari ucraini – sono stati posti in custodia e accusati di alto tradimento, reato per il quale rischiano l’ergastolo.

Szijjarto non ha negato esplicitamente le accuse, ma ha definito le dichiarazioni dell’SBU “propaganda anti-ungherese”, sostenendo che Kiev abbia lanciato tali accuse per punire la linea di Budapest, che si rifiuta di fornire aiuti militari contro la Russia, specificando che le azioni contro l’Ungheria non passeranno inosservate e che la diffamazione (in Ucraina vivono circa 150.000 ungheresi immigrati) avrà delle conseguenze.

Membro sia della NATO che dell’Unione Europea, l’Ungheria ha adottato un atteggiamento di non accondiscendenza nei confronti del governo di Zelensky dall’inizio della SMO russa di febbraio 2022.

Orbán ha gradualmente rallentato la fornitura di aiuti militari occidentali all’Ucraina, mantenendo al contempo relazioni cordiali con il presidente russo Vladimir Putin, in contrasto con la maggior parte dei partner europei, impiegando una sorts di “neutralità attiva”, dichiarando di voler evitare un coinvolgimento diretto nel conflitto e di tutelare esclusivamente la propria sicurezza nazionale.

Questa posizione è stata giustificata dal governo ungherese con la necessità di non esporre il Paese a rischi derivanti da una possibile escalation militare, ma è stata letta da Kyiv e da altri partner europei come una forma di complicità indiretta con Mosca. La reticenza ungherese a sostenere la linea euro-atlantica ha ridotto la fiducia reciproca e ha posto l’Ungheria in contrasto con la maggioranza dei membri NATO confinanti con l’Ucraina.

Sebbene meno visibile, l’aspetto economico-commerciale rappresenta un ulteriore elemento di complessità. Dal 2022, l’Ucraina ha progressivamente orientato le proprie esportazioni verso i corridoi polacchi e romeni, riducendo il peso della frontiera ungherese come via d’uscita. In particolare, il settore energetico costituisce una dimensione sensibile. L’Ungheria dipende fortemente dal gas e dal petrolio russi e ha chiesto ripetute deroghe alle sanzioni europee sulle importazioni di idrocarburi. Questa posizione, se da un lato riflette la vulnerabilità energetica del Paese, dall’altro ha generato tensioni con Kiev, che vede nella riduzione della dipendenza da Mosca un aspetto cruciale della sicurezza regionale. Dal lato ucraino, l’esportazione di cereali e prodotti agricoli ha incontrato difficoltà non solo in Polonia e Slovacchia, ma anche in Ungheria, dove i governi hanno temuto conseguenze negative per i propri agricoltori. Questi attriti hanno accentuato la percezione di un’Ungheria ostile agli interessi economici ucraini, benché nel complesso l’interscambio rimanga inferiore rispetto a quello con altri vicini.

La politica di Orbán si fonda su due direttrici: da un lato, la ricerca di buoni rapporti con Mosca, motivata da esigenze energetiche e da una visione geopolitica di equilibrio; dall’altro, l’insistenza sul tema della minoranza ungherese in Ucraina occidentale.

All’interno del Paese, Orbán ha consolidato il consenso attraverso un forte nazionalismo, sottolineando in particolare le perdite territoriali subite dall’Ungheria a seguito del Trattato di Trianon, che alla fine della Prima guerra mondiale cedette terre a diversi stati vicini, tra cui l’Ucraina.

Il risultato è un rapporto fragile, segnato più da sospetto e antagonismo che da cooperazione. L’atteggiamento ungherese riflette una strategia di politica estera autonoma, incentrata sulla salvaguardia delle proprie risorse energetiche, sul mantenimento di legami privilegiati con Mosca e sulla valorizzazione della sovranità rispetto alla subordinazione all’asse militare atlantica.

Ora, il punto è: cosa ne sarà di queste relazioni? La Polonia è il paese etnicamente e geograficamente più interessato all’Ucraina, ma ora si trova in una fase di conflitto interno che non passerà facilmente; l’Ungheria, già scettica, sta ampliando le distanze. L’Ucraina rischia quindi di restare isolata con i suoi vicini di casa, ritrovandosi con la Slovacchia già ostile, con la Romania in sobillazione e con la sola Moldavia come potenziale partner, molto fragile e molto insicuro.

Questo è il palese fallimento della politica estera di Zelensky. Proseguendo con la sua volontà scellerata, si sta ritrovando sempre più solo e isolato. I leader europei non hanno alcun motivo ragionevole di sostenere un Paese finito e disastrato, soprattutto ora che gli USA hanno scaricato il blocco europeo e che la Russia si appresta a festeggiare la vittoria.

Che questo sia di monito per tutti i leader europei, che continuano a soffiare sui venti di guerra e a disperarsi per la disastrosa situazione economica dell’Unione. In ogni guerra ci sono vincitori e vinti. E qui, l’Europa, sta già dalla parte di chi ha perso.

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September 1, 2025

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