Nessuna battaglia di liberazione è mai cominciata senza un popolo che ci credesse. Liberarsi dal gioco ideologico del sionismo è sempre più un imperativo per i popoli europei.
A pranzo in taverna
Sui social è diventato virale il video che riprende il litigio tra una coppia israeliana in vacanza a Napoli e la titolare della trattoria della Taverna Santa Chiara a Spaccanapoli, a due passi dallo storico monastero. I toni sono molto duri e dal dialogo si capisce chiaramente quale sia il motivo. Lasciando il locale, la donna israeliana accusa la proprietaria Nives Monda di essere “antisemita” e di appoggiare “il terrorismo”. La titolare della trattoria replica: “Non voglio i tuoi soldi, i sionisti hanno ucciso più di 50mila persone”.
L’evento ha suscitato scalpore ed è subito diventato virale sui social media, in un momento molto delicato nella narrativa sionista in Italia, supportata dal Governo e divenuta oggetto di censura e discriminazione per tutti coloro che supportano la Palestina e non accettano il diktat di Israele.
I responsabili del locale, da sempre attenti ai diritti umani e impegnati nella promozione di uno spazio inclusivo, hanno espresso il loro dissenso, dichiarando la loro condanna verso quello che ritengono essere un genocidio in corso contro la popolazione palestinese, qualificabile come crimine contro l’umanità.
La cliente, a quel punto, ha accusato i gestori di antisemitismo, sostenendo che il sostegno alla causa palestinese equivalesse a una complicità con il terrorismo. Ha inoltre iniziato a filmare i titolari, lo staff e altri clienti – inclusi minori – senza il consenso delle persone riprese. I video sono stati poi diffusi online, accompagnati da gravi dichiarazioni diffamatorie, con accuse infondate di antisemitismo e di sostegno al terrorismo, contribuendo ad alimentare una campagna d’odio.
Da quel momento, l’esercizio ha iniziato a ricevere messaggi anonimi contenenti minacce di aggressioni organizzate, distruzione del locale, violenze fisiche contro la titolare e i dipendenti, incitamenti allo stupro nei confronti della proprietaria. Tali condotte, oltre a essere moralmente gravi, costituiscono veri e propri reati.
I gestori ribadiscono che la loro unica responsabilità è quella di aver aderito alla campagna per gli Spazi Liberi dall’apartheid israeliano, dichiarando la propria opposizione alle violazioni dei diritti umani in Palestina. Il locale in questione, che da sempre accoglie persone di ogni nazionalità, fede ed etnia, ribadisce la propria totale contrarietà a qualsiasi forma di razzismo o discriminazione, inclusi antisemitismo, islamofobia e razzismo antipalestinese, riaffermando il proprio impegno a mantenere uno spazio rispettoso e sicuro per tutti, come hanno specificato nel comunicato stampa emanato dopo l’accaduto.
La violenza del sionismo
Il sionismo non è una etnia, una religione, una nazionalità o un gruppo sociale. Il sionismo è un’ideologia politica, intrinsecamente violenta, suprematista, razzista, antidemocratica ed antisemita (gli unici veri semiti oggi in Israele, o meglio nella Palestina occupata, sono proprio i palestinesi vittime di genocidio).
Eventi come quello raccontato sono solo la punta dell’iceberg.
In Italia, infatti, è stato emanato a marzo il programma nazionale sull’antisemitismo, che introduce novità in merito alla sorveglianza totalitaria applicata contro gli italiani. La definizione di antisemitismo adottata è la medesima del 2020, cioè quella prodotta dall’IHRA e riportata a pp. 10 del documento dove viene espressa in 11 punti, in breve qualsiasi forma di critica nei confronti degli ebrei o di Israele costituisce una forma di antisemitismo, anche il semplice riconoscere la loro sovrarappresentazione nei centri di potere, nell’industria farmaceutica, nella finanza e nel centri di controllo dell’informazione. Anche le critiche ad Israele in quanto stato ebraico e disconoscerne la legittimità in quanto Stato secondo questa definizione sono antisemitismo. A pp. 14 viene riportato che la questione palestinese ha portato in Italia ad un’acutizzazione dell’antisemitismo, e come prova citano la relazione annuale sull’antisemitismo del 2024. Considerano come forma di antisemitismo anche la negazione della Shoah o un suo ridimensionamento (p. 17), così da far passare delle posizioni adottate in merito alla storia come posizioni contro un gruppo di persone, in questo modo si può inflazionare il numero di antisemiti presenti in Italia.
Siffatta definizione così ampia di antisemitismo serve per poter giustificare l’applicazione di alcune misure di sorveglianza.
La prima linea d’attacco è una massiccia raccolta dati (pp. 21) fornita da vari enti elencati a pp. 22-23. Il nuovo piano introduce un sistema di analisi centralizzato (p. 23) che farà uso dell’IA (p. 25) per raccogliere e analizzare dati come aggressioni contro gli ebrei, atti di vandalismo, scritte contro gli ebrei sui muri, ma anche i commenti sulla rete: i social, le piattaforme pubbliche, ma anche la rete onion, saranno scandagliate per cercare dati sull’antisemitismo e segnalarli automaticamente alla polizia postale. Tutta l’ultima sezione (pp. 44-50) del documento è dedicata proprio alla lotta all’antisemitismo online, dove i gruppi di controinformazione vengono definiti delle sette. Le misure sono la censura verso qualsiasi contenuto antisemita tramite DSA, provare a perseguire penalmente gli autori e l’uso dell’IA e dei giornalisti per attaccare i “complottisti” (pp. 48).
Sul territorio rafforzeranno la sicurezza di sinagoghe e quartieri ebraici e ostacoleranno proteste e manifestazioni che secondo loro hanno carattere antisemita (pp. 40-41).
La seconda linea di intervento è la propaganda, che loro chiamano “formazione” (pp. 28). Nelle scuole, università, etc. bisogna insegnare il “valore e la ricchezza dell’apporto che le comunità ebraiche hanno dato alle società contemporanee” (pp. 29), creando una narrativa completamente opposta alla realtà dove gli ebrei sono esaltati come i salvatori e i campioni della civiltà occidentale. A pp. 33 si legge che vogliono far entrare degli ebrei nelle scuole per insegnare la religione dell’ebraismo ai bambini in nome della “tolleranza religiosa”. A livello universitario vogliono istituire il corso di laurea in Jewish studies dove formano propagandisti antifascisti e pro ebrei (p. 31) e dei corsi di dottorato sulla lotta all’antisemitismo. Verranno, inoltre, promossi musei, mostre, spettacoli e film dove viene esaltata la cultura ebraica e dichiarano esplicitamente che utilizzeranno i media nazionali per indottrinare contro l’antisemitismo (pp. 38-39).
È così che nel giro di pochi mesi si potrebbe assistere ad esempi di violenza sociale, motivati dalla insofferenza di coloro che non accettano di essere discriminati secondo criteri arbitrari e ideologici. L’invenzione dell’anti-semitismo come sorta di “peccato originale” del mondo intero dopo il 1945, è stata una delle mosse più accurate della leadership sionista.
L’immane tragedia che l’Olocausto ha rappresentato per la nostra civiltà è paragonabile a un autentico cataclisma naturale. Ma l’Olocausto è ormai diventato altro, qualcosa che non ha nulla a che fare con la memoria e il rispetto delle vittime ebree: una strumentalizzazione della sofferenza e un’arma ideologica per fini politici.
Cosa hanno, dunque, in comune un pranzo in una taverna napoletana e la battaglia per la Palestina, per Gaza? Sono proprio i luoghi semplici e quotidiani quelli in cui c’è la possibilità di esercitare ancora un potere veramente politico, popolare, costruito dalla gente.
Nessuna battaglia di liberazione è mai cominciata senza un popolo che ci credesse. Liberarsi dal gioco ideologico del sionismo è sempre più un imperativo per i popoli europei.