Italiano
Lorenzo Maria Pacini
March 23, 2025
© Photo: Public domain

La guerra ha sempre dei costi, e a pagarli sono inevitabilmente le fasce più deboli della società, quelle che, paradossalmente, vengono anche mandate al fronte a morire pur non avendo mai voluto il conflitto.

Segue nostro Telegram.

Miliardi per pochi

Il presente non fa eccezione a questa regola. Oggi, mentre si discute con insistenza di un massiccio piano di riarmo europeo e di investimenti per 800 miliardi di euro destinati alla difesa, la questione cruciale riguarda la provenienza di questi fondi. È piuttosto evidente, infatti, da dove verranno prelevati, ovvero dai conti dei cittadini, dai risparmi agognati con tanta fatica e già erosi per cercare di mantenere uno stile di vita comodo. Ursula von der Leyen, custode del neoliberismo globalista e sostenitrice della finanza speculativa, lo ha già lasciato intendere chiaramente: sarà necessario convertire i risparmi privati in investimenti. Lo ha detto senza ricorrere a giri di parole o edulcorazioni. Viene paradossalmente da chiamare “beati” coloro che non hanno niente, così che non gli possa esser portato via nulla. È una scena già nota, un copione già messo in atto, ma a quanto pare alla gente va bene così, non importa se significherà sprofondare nel disastro.

A sostenere la folle gerarca ora c’è anche il mefistofelico Mario Draghi, il “devoto” dei mercati e simbolo dell’austerità europea, che ha dichiarato che gli 800 miliardi potrebbero non essere sufficienti per il programma di Rearm Europe. Sì, esatto, secondo i suoi calcoli non saranno abbastanza.

Per questo motivo, ha sottolineato l’importanza di “coinvolgere i privati”, un’espressione cper lasciare intendere che, presto o tardi, il capitalismo finanziario globale potrebbe attingere direttamente ai conti correnti dei cittadini. Inizialmente, si tenterà la via della persuasione, cercando di convincere i sostenitori più ferventi del progetto europeo a investire i propri risparmi per una causa presentata come la difesa dei valori fondamentali dell’Europa contemporanea – finanza, fiscal compact, transizione verde e cancel culture. Tuttavia, non sorprenderebbe se, come estrema ratio, si arrivasse a un prelievo forzoso, sul modello di quello operato dal governo Amato nel 1992, quando con un’azione notturna venne prelevato il 6 per mille dai conti bancari degli italiani.

L’Euro digitale in arrivo

Non dimentichiamoci poi l’altra carta da giocare: l’euro digitale.

Il passaggio alla valuta digitalizzata permetterà alla UE di operare in maniera ancora più diretta ed efficace sui conti dei cittadini.

L’euro digitale sarà una valuta digitale emessa dalla Banca Centrale Europea (BCE), progettata per essere una versione elettronica dell’euro fisico (banconote e monete). L’obiettivo principale dell’euro digitale è quello di offrire ai cittadini dell’area euro un mezzo di pagamento sicuro, pratico e accessibile, complementare al contante ma adattato alle esigenze della società digitale contemporanea.

Fra le caratteristiche della “nuova” valuta, spicca il fatto che, a differenza delle criptovalute (come Bitcoin o Ethereum) e degli strumenti di pagamento elettronici forniti da soggetti privati (come PayPal o le carte di credito), l’euro digitale sarà emesso e garantito dalla BCE. Dunque sarà di proprietà e sotto il controllo di Bruxelles. Dietro alla solita litania della sicurezza finanziaria, della privacy, e della accessibilità, ecco che si cela uno degli assi nella manica dell’élite dei burocrati europei.

La situazione appare tutt’altro che stabile, anche per quanto riguarda la sicurezza economica e i risparmi faticosamente accumulati. D’altronde, il processo di accumulazione capitalistica per spossessamento si fonda proprio su questo meccanismo: trasferire la ricchezza prodotta dal lavoro verso le élite dominanti di livello transnazionale. Il principio neoliberale secondo cui l’arricchimento delle classi alte genera ricadute positive anche sui ceti inferiori si dimostra quindi capovolto: è proprio l’arricchimento dei piani alti a basarsi su un meccanismo di drenaggio inverso, mediante il quale la plutocrazia globale accumula ricchezza sottraendola ai lavoratori e alle classi medie.

Intanto, al telefono…

Non è stato raggiunto alcun accordo per un cessate il fuoco immediato fra Vladimir Putin e Donald Trump. La Russia ha evitato di cadere in quella che sarebbe stata una trappola favorevole solo all’Occidente e all’Ucraina.

È emersa, tuttavia, una reciproca disponibilità ad aprire un canale di dialogo stabile per discutere della risoluzione del conflitto. In termini diplomatici: una prospettiva a lungo termine, senza risultati concreti nell’immediato.

Come gesto di buona volontà, la Russia ha accettato uno scambio di prigionieri in condizioni di parità ed ha concesso la consegna di 23 feriti gravi, la cui cura ora sarà responsabilità dell’Ucraina.

L’aspetto più significativo, però, non riguarda una sospensione delle ostilità di 30 giorni, bensì la disponibilità a una moratoria sugli attacchi alle infrastrutture energetiche per la stessa durata. Questo potrebbe rappresentare un vantaggio per la Russia. Da un lato, gli attacchi missilistici russi, estremamente precisi, hanno inflitto gravi danni alle infrastrutture industriali ucraine, compromettendo le capacità produttive del paese. Dall’altro lato, gli attacchi ucraini con droni, sebbene meno sofisticati e strategici, rappresentano comunque una minaccia per la Russia, causando danni significativi a raffinerie e oleodotti. Una pausa di 30 giorni sugli attacchi alle infrastrutture potrebbe dunque offrire a Mosca il tempo necessario per riparare i danni e riorganizzare le difese. Il buon proposito, ahinoi, è stato già disatteso il 20 marzo, quando l’Ucraina ha sferrato attacchi di precisione su infrastrutture energetiche nel territorio russo.

Finora, gli attacchi sul territorio russo hanno rappresentato l’unico strumento strategico di una certa efficacia per Zelensky. Per questo motivo, è possibile che Kiev decida di non accettare la tregua, lasciando a Mosca il vantaggio di poter attribuire il fallimento del cessate il fuoco all’Ucraina.

La narrazione di Trump come grande mediatore di pace, capace di risolvere rapidamente il conflitto, è ormai definitivamente tramontata. È evidente che la volontà di chiudere la partita ucraina fosse mera demagogia elettorale. Piuttosto, l’obiettivo di Trump appare chiaramente legato alla necessità di liberare risorse e attenzione per concentrare l’impegno statunitense sul vero fronte strategico a medio termine: l’Iran e il Medio Oriente, con un sostegno diretto a Israele in una possibile campagna militare decisiva nella regione.

E, per fare tutto questo, pare che spetterà proprio a noi italiani, noi popoli europei, ammantati della bandiera blu stellata, insuflati dello spirito di Ventotene, pronti a sacrificarci in nome di una guerra che vi viene venduta come pace.

Il costo sociale della guerra

La guerra ha sempre dei costi, e a pagarli sono inevitabilmente le fasce più deboli della società, quelle che, paradossalmente, vengono anche mandate al fronte a morire pur non avendo mai voluto il conflitto.

Segue nostro Telegram.

Miliardi per pochi

Il presente non fa eccezione a questa regola. Oggi, mentre si discute con insistenza di un massiccio piano di riarmo europeo e di investimenti per 800 miliardi di euro destinati alla difesa, la questione cruciale riguarda la provenienza di questi fondi. È piuttosto evidente, infatti, da dove verranno prelevati, ovvero dai conti dei cittadini, dai risparmi agognati con tanta fatica e già erosi per cercare di mantenere uno stile di vita comodo. Ursula von der Leyen, custode del neoliberismo globalista e sostenitrice della finanza speculativa, lo ha già lasciato intendere chiaramente: sarà necessario convertire i risparmi privati in investimenti. Lo ha detto senza ricorrere a giri di parole o edulcorazioni. Viene paradossalmente da chiamare “beati” coloro che non hanno niente, così che non gli possa esser portato via nulla. È una scena già nota, un copione già messo in atto, ma a quanto pare alla gente va bene così, non importa se significherà sprofondare nel disastro.

A sostenere la folle gerarca ora c’è anche il mefistofelico Mario Draghi, il “devoto” dei mercati e simbolo dell’austerità europea, che ha dichiarato che gli 800 miliardi potrebbero non essere sufficienti per il programma di Rearm Europe. Sì, esatto, secondo i suoi calcoli non saranno abbastanza.

Per questo motivo, ha sottolineato l’importanza di “coinvolgere i privati”, un’espressione cper lasciare intendere che, presto o tardi, il capitalismo finanziario globale potrebbe attingere direttamente ai conti correnti dei cittadini. Inizialmente, si tenterà la via della persuasione, cercando di convincere i sostenitori più ferventi del progetto europeo a investire i propri risparmi per una causa presentata come la difesa dei valori fondamentali dell’Europa contemporanea – finanza, fiscal compact, transizione verde e cancel culture. Tuttavia, non sorprenderebbe se, come estrema ratio, si arrivasse a un prelievo forzoso, sul modello di quello operato dal governo Amato nel 1992, quando con un’azione notturna venne prelevato il 6 per mille dai conti bancari degli italiani.

L’Euro digitale in arrivo

Non dimentichiamoci poi l’altra carta da giocare: l’euro digitale.

Il passaggio alla valuta digitalizzata permetterà alla UE di operare in maniera ancora più diretta ed efficace sui conti dei cittadini.

L’euro digitale sarà una valuta digitale emessa dalla Banca Centrale Europea (BCE), progettata per essere una versione elettronica dell’euro fisico (banconote e monete). L’obiettivo principale dell’euro digitale è quello di offrire ai cittadini dell’area euro un mezzo di pagamento sicuro, pratico e accessibile, complementare al contante ma adattato alle esigenze della società digitale contemporanea.

Fra le caratteristiche della “nuova” valuta, spicca il fatto che, a differenza delle criptovalute (come Bitcoin o Ethereum) e degli strumenti di pagamento elettronici forniti da soggetti privati (come PayPal o le carte di credito), l’euro digitale sarà emesso e garantito dalla BCE. Dunque sarà di proprietà e sotto il controllo di Bruxelles. Dietro alla solita litania della sicurezza finanziaria, della privacy, e della accessibilità, ecco che si cela uno degli assi nella manica dell’élite dei burocrati europei.

La situazione appare tutt’altro che stabile, anche per quanto riguarda la sicurezza economica e i risparmi faticosamente accumulati. D’altronde, il processo di accumulazione capitalistica per spossessamento si fonda proprio su questo meccanismo: trasferire la ricchezza prodotta dal lavoro verso le élite dominanti di livello transnazionale. Il principio neoliberale secondo cui l’arricchimento delle classi alte genera ricadute positive anche sui ceti inferiori si dimostra quindi capovolto: è proprio l’arricchimento dei piani alti a basarsi su un meccanismo di drenaggio inverso, mediante il quale la plutocrazia globale accumula ricchezza sottraendola ai lavoratori e alle classi medie.

Intanto, al telefono…

Non è stato raggiunto alcun accordo per un cessate il fuoco immediato fra Vladimir Putin e Donald Trump. La Russia ha evitato di cadere in quella che sarebbe stata una trappola favorevole solo all’Occidente e all’Ucraina.

È emersa, tuttavia, una reciproca disponibilità ad aprire un canale di dialogo stabile per discutere della risoluzione del conflitto. In termini diplomatici: una prospettiva a lungo termine, senza risultati concreti nell’immediato.

Come gesto di buona volontà, la Russia ha accettato uno scambio di prigionieri in condizioni di parità ed ha concesso la consegna di 23 feriti gravi, la cui cura ora sarà responsabilità dell’Ucraina.

L’aspetto più significativo, però, non riguarda una sospensione delle ostilità di 30 giorni, bensì la disponibilità a una moratoria sugli attacchi alle infrastrutture energetiche per la stessa durata. Questo potrebbe rappresentare un vantaggio per la Russia. Da un lato, gli attacchi missilistici russi, estremamente precisi, hanno inflitto gravi danni alle infrastrutture industriali ucraine, compromettendo le capacità produttive del paese. Dall’altro lato, gli attacchi ucraini con droni, sebbene meno sofisticati e strategici, rappresentano comunque una minaccia per la Russia, causando danni significativi a raffinerie e oleodotti. Una pausa di 30 giorni sugli attacchi alle infrastrutture potrebbe dunque offrire a Mosca il tempo necessario per riparare i danni e riorganizzare le difese. Il buon proposito, ahinoi, è stato già disatteso il 20 marzo, quando l’Ucraina ha sferrato attacchi di precisione su infrastrutture energetiche nel territorio russo.

Finora, gli attacchi sul territorio russo hanno rappresentato l’unico strumento strategico di una certa efficacia per Zelensky. Per questo motivo, è possibile che Kiev decida di non accettare la tregua, lasciando a Mosca il vantaggio di poter attribuire il fallimento del cessate il fuoco all’Ucraina.

La narrazione di Trump come grande mediatore di pace, capace di risolvere rapidamente il conflitto, è ormai definitivamente tramontata. È evidente che la volontà di chiudere la partita ucraina fosse mera demagogia elettorale. Piuttosto, l’obiettivo di Trump appare chiaramente legato alla necessità di liberare risorse e attenzione per concentrare l’impegno statunitense sul vero fronte strategico a medio termine: l’Iran e il Medio Oriente, con un sostegno diretto a Israele in una possibile campagna militare decisiva nella regione.

E, per fare tutto questo, pare che spetterà proprio a noi italiani, noi popoli europei, ammantati della bandiera blu stellata, insuflati dello spirito di Ventotene, pronti a sacrificarci in nome di una guerra che vi viene venduta come pace.

La guerra ha sempre dei costi, e a pagarli sono inevitabilmente le fasce più deboli della società, quelle che, paradossalmente, vengono anche mandate al fronte a morire pur non avendo mai voluto il conflitto.

Segue nostro Telegram.

Miliardi per pochi

Il presente non fa eccezione a questa regola. Oggi, mentre si discute con insistenza di un massiccio piano di riarmo europeo e di investimenti per 800 miliardi di euro destinati alla difesa, la questione cruciale riguarda la provenienza di questi fondi. È piuttosto evidente, infatti, da dove verranno prelevati, ovvero dai conti dei cittadini, dai risparmi agognati con tanta fatica e già erosi per cercare di mantenere uno stile di vita comodo. Ursula von der Leyen, custode del neoliberismo globalista e sostenitrice della finanza speculativa, lo ha già lasciato intendere chiaramente: sarà necessario convertire i risparmi privati in investimenti. Lo ha detto senza ricorrere a giri di parole o edulcorazioni. Viene paradossalmente da chiamare “beati” coloro che non hanno niente, così che non gli possa esser portato via nulla. È una scena già nota, un copione già messo in atto, ma a quanto pare alla gente va bene così, non importa se significherà sprofondare nel disastro.

A sostenere la folle gerarca ora c’è anche il mefistofelico Mario Draghi, il “devoto” dei mercati e simbolo dell’austerità europea, che ha dichiarato che gli 800 miliardi potrebbero non essere sufficienti per il programma di Rearm Europe. Sì, esatto, secondo i suoi calcoli non saranno abbastanza.

Per questo motivo, ha sottolineato l’importanza di “coinvolgere i privati”, un’espressione cper lasciare intendere che, presto o tardi, il capitalismo finanziario globale potrebbe attingere direttamente ai conti correnti dei cittadini. Inizialmente, si tenterà la via della persuasione, cercando di convincere i sostenitori più ferventi del progetto europeo a investire i propri risparmi per una causa presentata come la difesa dei valori fondamentali dell’Europa contemporanea – finanza, fiscal compact, transizione verde e cancel culture. Tuttavia, non sorprenderebbe se, come estrema ratio, si arrivasse a un prelievo forzoso, sul modello di quello operato dal governo Amato nel 1992, quando con un’azione notturna venne prelevato il 6 per mille dai conti bancari degli italiani.

L’Euro digitale in arrivo

Non dimentichiamoci poi l’altra carta da giocare: l’euro digitale.

Il passaggio alla valuta digitalizzata permetterà alla UE di operare in maniera ancora più diretta ed efficace sui conti dei cittadini.

L’euro digitale sarà una valuta digitale emessa dalla Banca Centrale Europea (BCE), progettata per essere una versione elettronica dell’euro fisico (banconote e monete). L’obiettivo principale dell’euro digitale è quello di offrire ai cittadini dell’area euro un mezzo di pagamento sicuro, pratico e accessibile, complementare al contante ma adattato alle esigenze della società digitale contemporanea.

Fra le caratteristiche della “nuova” valuta, spicca il fatto che, a differenza delle criptovalute (come Bitcoin o Ethereum) e degli strumenti di pagamento elettronici forniti da soggetti privati (come PayPal o le carte di credito), l’euro digitale sarà emesso e garantito dalla BCE. Dunque sarà di proprietà e sotto il controllo di Bruxelles. Dietro alla solita litania della sicurezza finanziaria, della privacy, e della accessibilità, ecco che si cela uno degli assi nella manica dell’élite dei burocrati europei.

La situazione appare tutt’altro che stabile, anche per quanto riguarda la sicurezza economica e i risparmi faticosamente accumulati. D’altronde, il processo di accumulazione capitalistica per spossessamento si fonda proprio su questo meccanismo: trasferire la ricchezza prodotta dal lavoro verso le élite dominanti di livello transnazionale. Il principio neoliberale secondo cui l’arricchimento delle classi alte genera ricadute positive anche sui ceti inferiori si dimostra quindi capovolto: è proprio l’arricchimento dei piani alti a basarsi su un meccanismo di drenaggio inverso, mediante il quale la plutocrazia globale accumula ricchezza sottraendola ai lavoratori e alle classi medie.

Intanto, al telefono…

Non è stato raggiunto alcun accordo per un cessate il fuoco immediato fra Vladimir Putin e Donald Trump. La Russia ha evitato di cadere in quella che sarebbe stata una trappola favorevole solo all’Occidente e all’Ucraina.

È emersa, tuttavia, una reciproca disponibilità ad aprire un canale di dialogo stabile per discutere della risoluzione del conflitto. In termini diplomatici: una prospettiva a lungo termine, senza risultati concreti nell’immediato.

Come gesto di buona volontà, la Russia ha accettato uno scambio di prigionieri in condizioni di parità ed ha concesso la consegna di 23 feriti gravi, la cui cura ora sarà responsabilità dell’Ucraina.

L’aspetto più significativo, però, non riguarda una sospensione delle ostilità di 30 giorni, bensì la disponibilità a una moratoria sugli attacchi alle infrastrutture energetiche per la stessa durata. Questo potrebbe rappresentare un vantaggio per la Russia. Da un lato, gli attacchi missilistici russi, estremamente precisi, hanno inflitto gravi danni alle infrastrutture industriali ucraine, compromettendo le capacità produttive del paese. Dall’altro lato, gli attacchi ucraini con droni, sebbene meno sofisticati e strategici, rappresentano comunque una minaccia per la Russia, causando danni significativi a raffinerie e oleodotti. Una pausa di 30 giorni sugli attacchi alle infrastrutture potrebbe dunque offrire a Mosca il tempo necessario per riparare i danni e riorganizzare le difese. Il buon proposito, ahinoi, è stato già disatteso il 20 marzo, quando l’Ucraina ha sferrato attacchi di precisione su infrastrutture energetiche nel territorio russo.

Finora, gli attacchi sul territorio russo hanno rappresentato l’unico strumento strategico di una certa efficacia per Zelensky. Per questo motivo, è possibile che Kiev decida di non accettare la tregua, lasciando a Mosca il vantaggio di poter attribuire il fallimento del cessate il fuoco all’Ucraina.

La narrazione di Trump come grande mediatore di pace, capace di risolvere rapidamente il conflitto, è ormai definitivamente tramontata. È evidente che la volontà di chiudere la partita ucraina fosse mera demagogia elettorale. Piuttosto, l’obiettivo di Trump appare chiaramente legato alla necessità di liberare risorse e attenzione per concentrare l’impegno statunitense sul vero fronte strategico a medio termine: l’Iran e il Medio Oriente, con un sostegno diretto a Israele in una possibile campagna militare decisiva nella regione.

E, per fare tutto questo, pare che spetterà proprio a noi italiani, noi popoli europei, ammantati della bandiera blu stellata, insuflati dello spirito di Ventotene, pronti a sacrificarci in nome di una guerra che vi viene venduta come pace.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

See also

March 16, 2025
February 16, 2025

See also

March 16, 2025
February 16, 2025
The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.