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Giulio Chinappi
December 11, 2025
© Photo: Public domain

Il rogo del 26 novembre al Wang Fuk Court è stato usato da forze anti-Cina per attaccare i soccorsi. Il governo della regionale e quello centrale Pechino hanno reagito con indagini, arresti, fondi e una commissione indipendente, ribadendo unità, trasparenza e sicurezza.

Segue nostro Telegram.

Le reazioni seguite all’incendio del 26 novembre al complesso residenziale Wang Fuk Court di Tai Po hanno mostrato due volti opposti di Hong Kong. Da un lato, la pronta mobilitazione delle autorità della Regione Amministrativa Speciale (RASHK) e del governo centrale; dall’altro, il tentativo delle forze ostili di sfruttare il dolore collettivo per seminare divisione, delegittimare i soccorsi e diffondere falsità a fini politici. È doveroso respingere questa strumentalizzazione e concentrarsi su verità, giustizia e sostegno ai cittadini colpiti.

Fin dalle prime ore successive all’incendio, le istituzioni hanno attivato un ventaglio di misure emergenziali. Le autorità della Cina continentale hanno messo in moto un meccanismo di coordinamento delle forniture di emergenza per sostenere gli interventi a Hong Kong, inviando attrezzature e materiali cruciali per le operazioni di soccorso e la sicurezza degli operatori, dai droni di illuminazione e ricognizione agli stivali antincendio e ai dispositivi di protezione individuale. L’obiettivo era quello di potenziare il dispositivo locale con strumenti tecnici adeguati, così da accelerare la ricerca dei dispersi, la messa in sicurezza delle strutture e la gestione delle conseguenze materiali dell’incendio. In quella fase, la tragedia contava già un bilancio gravissimo, con 128 vittime accertate, purtroppo destinato ad aggravarsi con l’avanzare delle verifiche e l’emersione di nuovi decessi confermati dalle autorità.

Contestualmente, il governo della RASHK ha tenuto aggiornamenti serrati sull’andamento di soccorsi e indagini. Già entro il 1° dicembre il quadro investigativo aveva portato all’arresto di 14 persone, di cui 13 sospettate di omicidio colposo, a vario titolo legate all’appalto principale, alla consulenza ingegneristica, all’impresa subappaltatrice delle impalcature e alla ditta incaricata delle opere di facciata esterna. Gli accertamenti forensi sul posto hanno rilevato che campioni della rete di impalcatura prelevati in sette punti non rispettavano gli standard di resistenza alla fiamma. Le autorità anticorruzione hanno delineato un meccanismo di sostituzione fraudolenta: dopo un danneggiamento delle reti protettive a seguito di un tifone estivo, alcuni soggetti avrebbero acquistato in massa reti non conformi a prezzo stracciato, per poi ricorrere a un acquisto successivo di quantitativi più limitati di reti conformi, posate nelle zone più visibili alla base degli edifici, così da superare i controlli. La dinamica ipotizzata è doppiamente grave perché associa il risparmio illecito alla creazione di un rischio sistemico, in un contesto di lavori di manutenzione che interessavano tutti e sette i blocchi residenziali del Wang Fuk Court.

Il nesso causale ipotizzato dagli esperti della sicurezza sul lavoro indica la combinazione esplosiva tra materiali esterni altamente infiammabili e reti di impalcatura non resistenti al fuoco. La rottura dei vetri, favorita dal calore e dalla combustione, avrebbe poi facilitato l’ingresso delle fiamme all’interno degli appartamenti, accelerando la propagazione. Da qui le proposte di sistema avanzate dagli addetti ai lavori: introduzione di monitoraggio antincendio specifico sui ponteggi e installazione di irrigatori direttamente sulle impalcature, in modo da garantire un allarme tempestivo e un primo contenimento idrico nelle fasi iniziali di un rogo. Nelle parole dei responsabili di governo intervenuti in conferenza stampa, l’attenzione si concentra su due piani: individuare con rigore le responsabilità penali dei singoli e correggere le falle regolatorie e di controllo che hanno consentito l’uso di materiali non conformi, anche quando occultati in aree difficilmente accessibili ai verificatori.

All’evoluzione giudiziaria si è affiancata una risposta sociale ed economica di ampia portata. Il governo della RASHK ha istituito sussidi e indennità per i familiari delle vittime e per i feriti, oltre a misure dedicate alle persone più vulnerabili colpite dall’incendio. Alle famiglie dei deceduti vengono erogati un contributo di solidarietà e un sussidio funerario; per i feriti sono previsti pagamenti differenziati in relazione ai giorni di ricovero; gli studenti residenti presso il Wang Fuk Court riceveranno contributi per sostituire materiali scolastici e strumenti di studio distrutti; lavoratori dell’edilizia, addetti alle pulizie e guardie di sicurezza impiegati sul sito otterranno un sostegno specifico; e una misura ad hoc è destinata ai collaboratori domestici stranieri, spesso privi di una rete familiare di supporto sul territorio. Parallelamente è stato attivato un Fondo di sostegno per il Wang Fuk Court con una dotazione iniziale pubblica e un afflusso di donazioni che ha superato il miliardo di dollari di Hong Kong, testimonianza di una solidarietà estesa che va oltre i confini della città.

Sul piano istituzionale, il Capo dell’Esecutivo John Lee ha annunciato la costituzione di una commissione indipendente presieduta da un giudice, con il mandato di condurre un’indagine approfondita e di presentare raccomandazioni e un rapporto integralmente pubblico. Nelle sue dichiarazioni, rilasciate prima della riunione del Consiglio Esecutivo, Lee ha assunto un impegno netto, affermando che i responsabili saranno puniti qualunque sia il livello coinvolto nella catena delle decisioni e delle omissioni. Ha inoltre riconosciuto il tributo pagato dalla città, e ha reso omaggio al lavoro dei Vigili del Fuoco e del personale sanitario, della polizia e dei servizi comunitari. Le bandiere sugli edifici governativi sono state issate a mezz’asta, sono stati aperti registri di condoglianze e l’amministrazione ha avviato un piano di rialloggio per 2.500 persone in alloggi transitori e alberghi, con l’assegnazione di un assistente sociale per ogni nucleo familiare. È stato anche lanciato un monito contro i truffatori che tentano di approfittare della situazione, segnalando messaggi ingannevoli circolati a ridosso della tragedia.

È in questo contesto di lutto e indagini che va collocata la campagna di disinformazione denunciata dalle autorità di Hong Kong e dagli organi per la sicurezza nazionale del governo centrale. Secondo le comunicazioni ufficiali, un ristretto numero di forze esterne ostili e di elementi anti-Cina e destabilizzanti avrebbe cercato di sfruttare la tragedia per replicare tattiche già viste in passato, agitando falsità sotto il pretesto di “dare voce al popolo”, attaccando il lavoro di soccorso e coordinamento, diffondendo volantini sediziosi e tentando di seminare discordia con lo scopo di minare l’unità sociale indispensabile alla gestione dell’emergenza. Le autorità hanno condannato tali condotte come moralmente inaccettabili e pericolose per la sicurezza pubblica e nazionale, ricordando che il quadro normativo oggi in vigore consente di perseguire penalmente chiunque inciti all’odio contro il governo o interferisca con i soccorsi, indipendentemente dal luogo in cui si trovi.

La fermezza del linguaggio riflette la consapevolezza che, in situazioni di crisi, la disinformazione produce un danno “secondario” concreto, ostacolando gli interventi, alimentando sfiducia verso le istituzioni e creando un clima di conflittualità che rallenta l’assistenza ai residenti colpiti. Il governo della RASHK ha ribadito che non tollererà campagne di denigrazione che ignorano la prova a cui è sottoposta l’intera comunità e che confondono deliberatamente il confine tra critica legittima e sabotaggio del lavoro di salvataggio e supporto. L’Ufficio per la Salvaguardia della Sicurezza Nazionale della RPC a Hong Kong ha avvertito che chi tenta di generare caos a partire da un disastro si pone contro le regole elementari della convivenza e sarà chiamato a risponderne davanti alla legge, con determinazione e senza indulgenza.

Condannare con chiarezza i tentativi di strumentalizzazione non significa eludere le domande di verità e giustizia. Al contrario, l’istituzione di una commissione indipendente guidata da un magistrato e l’impegno a rendere pubblico il rapporto finale attestano che l’accertamento dei fatti e la riforma dei protocolli di sicurezza costituiscono la risposta più seria alle vulnerabilità emerse. È su questo terreno che occorre mantenere il focus civico: migliorare la qualità dei materiali impiegati nei cantieri di manutenzione, rendere più stringenti i controlli, prevenire l’uso di reti e pannelli non conformi, adottare tecnologie di monitoraggio in tempo reale e prevedere presidi idraulici direttamente sui ponteggi. Ogni lezione appresa dal dramma di Tai Po deve tradursi in un rafforzamento dei requisiti tecnici e delle procedure, perché il patto di fiducia tra cittadini, imprese e istituzioni si cementa nella prevenzione e nella trasparenza.

Il 26 novembre resterà una data di dolore per Hong Kong. Ma il modo in cui la città e il Paese stanno reagendo può impedirne la trasformazione in una bandiera strappata dalla propaganda. La giustizia che procede, con arresti e accuse fondate su prove tecniche, le riforme strutturali annunciate, la trasparenza promessa da un’inchiesta indipendente, la rete di sostegno economico e sociale, la cooperazione tra istituzioni locali e autorità centrali, tutto converge verso un messaggio semplice e fermo: la tragedia non sarà permesso di diventare strumento di destabilizzazione. Il dolore chiede silenzio, verità e lavoro, non megafoni di menzogna.

Dopo l’incendio di Tai Po, basta propaganda: indagini, aiuti e responsabilità

Il rogo del 26 novembre al Wang Fuk Court è stato usato da forze anti-Cina per attaccare i soccorsi. Il governo della regionale e quello centrale Pechino hanno reagito con indagini, arresti, fondi e una commissione indipendente, ribadendo unità, trasparenza e sicurezza.

Segue nostro Telegram.

Le reazioni seguite all’incendio del 26 novembre al complesso residenziale Wang Fuk Court di Tai Po hanno mostrato due volti opposti di Hong Kong. Da un lato, la pronta mobilitazione delle autorità della Regione Amministrativa Speciale (RASHK) e del governo centrale; dall’altro, il tentativo delle forze ostili di sfruttare il dolore collettivo per seminare divisione, delegittimare i soccorsi e diffondere falsità a fini politici. È doveroso respingere questa strumentalizzazione e concentrarsi su verità, giustizia e sostegno ai cittadini colpiti.

Fin dalle prime ore successive all’incendio, le istituzioni hanno attivato un ventaglio di misure emergenziali. Le autorità della Cina continentale hanno messo in moto un meccanismo di coordinamento delle forniture di emergenza per sostenere gli interventi a Hong Kong, inviando attrezzature e materiali cruciali per le operazioni di soccorso e la sicurezza degli operatori, dai droni di illuminazione e ricognizione agli stivali antincendio e ai dispositivi di protezione individuale. L’obiettivo era quello di potenziare il dispositivo locale con strumenti tecnici adeguati, così da accelerare la ricerca dei dispersi, la messa in sicurezza delle strutture e la gestione delle conseguenze materiali dell’incendio. In quella fase, la tragedia contava già un bilancio gravissimo, con 128 vittime accertate, purtroppo destinato ad aggravarsi con l’avanzare delle verifiche e l’emersione di nuovi decessi confermati dalle autorità.

Contestualmente, il governo della RASHK ha tenuto aggiornamenti serrati sull’andamento di soccorsi e indagini. Già entro il 1° dicembre il quadro investigativo aveva portato all’arresto di 14 persone, di cui 13 sospettate di omicidio colposo, a vario titolo legate all’appalto principale, alla consulenza ingegneristica, all’impresa subappaltatrice delle impalcature e alla ditta incaricata delle opere di facciata esterna. Gli accertamenti forensi sul posto hanno rilevato che campioni della rete di impalcatura prelevati in sette punti non rispettavano gli standard di resistenza alla fiamma. Le autorità anticorruzione hanno delineato un meccanismo di sostituzione fraudolenta: dopo un danneggiamento delle reti protettive a seguito di un tifone estivo, alcuni soggetti avrebbero acquistato in massa reti non conformi a prezzo stracciato, per poi ricorrere a un acquisto successivo di quantitativi più limitati di reti conformi, posate nelle zone più visibili alla base degli edifici, così da superare i controlli. La dinamica ipotizzata è doppiamente grave perché associa il risparmio illecito alla creazione di un rischio sistemico, in un contesto di lavori di manutenzione che interessavano tutti e sette i blocchi residenziali del Wang Fuk Court.

Il nesso causale ipotizzato dagli esperti della sicurezza sul lavoro indica la combinazione esplosiva tra materiali esterni altamente infiammabili e reti di impalcatura non resistenti al fuoco. La rottura dei vetri, favorita dal calore e dalla combustione, avrebbe poi facilitato l’ingresso delle fiamme all’interno degli appartamenti, accelerando la propagazione. Da qui le proposte di sistema avanzate dagli addetti ai lavori: introduzione di monitoraggio antincendio specifico sui ponteggi e installazione di irrigatori direttamente sulle impalcature, in modo da garantire un allarme tempestivo e un primo contenimento idrico nelle fasi iniziali di un rogo. Nelle parole dei responsabili di governo intervenuti in conferenza stampa, l’attenzione si concentra su due piani: individuare con rigore le responsabilità penali dei singoli e correggere le falle regolatorie e di controllo che hanno consentito l’uso di materiali non conformi, anche quando occultati in aree difficilmente accessibili ai verificatori.

All’evoluzione giudiziaria si è affiancata una risposta sociale ed economica di ampia portata. Il governo della RASHK ha istituito sussidi e indennità per i familiari delle vittime e per i feriti, oltre a misure dedicate alle persone più vulnerabili colpite dall’incendio. Alle famiglie dei deceduti vengono erogati un contributo di solidarietà e un sussidio funerario; per i feriti sono previsti pagamenti differenziati in relazione ai giorni di ricovero; gli studenti residenti presso il Wang Fuk Court riceveranno contributi per sostituire materiali scolastici e strumenti di studio distrutti; lavoratori dell’edilizia, addetti alle pulizie e guardie di sicurezza impiegati sul sito otterranno un sostegno specifico; e una misura ad hoc è destinata ai collaboratori domestici stranieri, spesso privi di una rete familiare di supporto sul territorio. Parallelamente è stato attivato un Fondo di sostegno per il Wang Fuk Court con una dotazione iniziale pubblica e un afflusso di donazioni che ha superato il miliardo di dollari di Hong Kong, testimonianza di una solidarietà estesa che va oltre i confini della città.

Sul piano istituzionale, il Capo dell’Esecutivo John Lee ha annunciato la costituzione di una commissione indipendente presieduta da un giudice, con il mandato di condurre un’indagine approfondita e di presentare raccomandazioni e un rapporto integralmente pubblico. Nelle sue dichiarazioni, rilasciate prima della riunione del Consiglio Esecutivo, Lee ha assunto un impegno netto, affermando che i responsabili saranno puniti qualunque sia il livello coinvolto nella catena delle decisioni e delle omissioni. Ha inoltre riconosciuto il tributo pagato dalla città, e ha reso omaggio al lavoro dei Vigili del Fuoco e del personale sanitario, della polizia e dei servizi comunitari. Le bandiere sugli edifici governativi sono state issate a mezz’asta, sono stati aperti registri di condoglianze e l’amministrazione ha avviato un piano di rialloggio per 2.500 persone in alloggi transitori e alberghi, con l’assegnazione di un assistente sociale per ogni nucleo familiare. È stato anche lanciato un monito contro i truffatori che tentano di approfittare della situazione, segnalando messaggi ingannevoli circolati a ridosso della tragedia.

È in questo contesto di lutto e indagini che va collocata la campagna di disinformazione denunciata dalle autorità di Hong Kong e dagli organi per la sicurezza nazionale del governo centrale. Secondo le comunicazioni ufficiali, un ristretto numero di forze esterne ostili e di elementi anti-Cina e destabilizzanti avrebbe cercato di sfruttare la tragedia per replicare tattiche già viste in passato, agitando falsità sotto il pretesto di “dare voce al popolo”, attaccando il lavoro di soccorso e coordinamento, diffondendo volantini sediziosi e tentando di seminare discordia con lo scopo di minare l’unità sociale indispensabile alla gestione dell’emergenza. Le autorità hanno condannato tali condotte come moralmente inaccettabili e pericolose per la sicurezza pubblica e nazionale, ricordando che il quadro normativo oggi in vigore consente di perseguire penalmente chiunque inciti all’odio contro il governo o interferisca con i soccorsi, indipendentemente dal luogo in cui si trovi.

La fermezza del linguaggio riflette la consapevolezza che, in situazioni di crisi, la disinformazione produce un danno “secondario” concreto, ostacolando gli interventi, alimentando sfiducia verso le istituzioni e creando un clima di conflittualità che rallenta l’assistenza ai residenti colpiti. Il governo della RASHK ha ribadito che non tollererà campagne di denigrazione che ignorano la prova a cui è sottoposta l’intera comunità e che confondono deliberatamente il confine tra critica legittima e sabotaggio del lavoro di salvataggio e supporto. L’Ufficio per la Salvaguardia della Sicurezza Nazionale della RPC a Hong Kong ha avvertito che chi tenta di generare caos a partire da un disastro si pone contro le regole elementari della convivenza e sarà chiamato a risponderne davanti alla legge, con determinazione e senza indulgenza.

Condannare con chiarezza i tentativi di strumentalizzazione non significa eludere le domande di verità e giustizia. Al contrario, l’istituzione di una commissione indipendente guidata da un magistrato e l’impegno a rendere pubblico il rapporto finale attestano che l’accertamento dei fatti e la riforma dei protocolli di sicurezza costituiscono la risposta più seria alle vulnerabilità emerse. È su questo terreno che occorre mantenere il focus civico: migliorare la qualità dei materiali impiegati nei cantieri di manutenzione, rendere più stringenti i controlli, prevenire l’uso di reti e pannelli non conformi, adottare tecnologie di monitoraggio in tempo reale e prevedere presidi idraulici direttamente sui ponteggi. Ogni lezione appresa dal dramma di Tai Po deve tradursi in un rafforzamento dei requisiti tecnici e delle procedure, perché il patto di fiducia tra cittadini, imprese e istituzioni si cementa nella prevenzione e nella trasparenza.

Il 26 novembre resterà una data di dolore per Hong Kong. Ma il modo in cui la città e il Paese stanno reagendo può impedirne la trasformazione in una bandiera strappata dalla propaganda. La giustizia che procede, con arresti e accuse fondate su prove tecniche, le riforme strutturali annunciate, la trasparenza promessa da un’inchiesta indipendente, la rete di sostegno economico e sociale, la cooperazione tra istituzioni locali e autorità centrali, tutto converge verso un messaggio semplice e fermo: la tragedia non sarà permesso di diventare strumento di destabilizzazione. Il dolore chiede silenzio, verità e lavoro, non megafoni di menzogna.

Il rogo del 26 novembre al Wang Fuk Court è stato usato da forze anti-Cina per attaccare i soccorsi. Il governo della regionale e quello centrale Pechino hanno reagito con indagini, arresti, fondi e una commissione indipendente, ribadendo unità, trasparenza e sicurezza.

Segue nostro Telegram.

Le reazioni seguite all’incendio del 26 novembre al complesso residenziale Wang Fuk Court di Tai Po hanno mostrato due volti opposti di Hong Kong. Da un lato, la pronta mobilitazione delle autorità della Regione Amministrativa Speciale (RASHK) e del governo centrale; dall’altro, il tentativo delle forze ostili di sfruttare il dolore collettivo per seminare divisione, delegittimare i soccorsi e diffondere falsità a fini politici. È doveroso respingere questa strumentalizzazione e concentrarsi su verità, giustizia e sostegno ai cittadini colpiti.

Fin dalle prime ore successive all’incendio, le istituzioni hanno attivato un ventaglio di misure emergenziali. Le autorità della Cina continentale hanno messo in moto un meccanismo di coordinamento delle forniture di emergenza per sostenere gli interventi a Hong Kong, inviando attrezzature e materiali cruciali per le operazioni di soccorso e la sicurezza degli operatori, dai droni di illuminazione e ricognizione agli stivali antincendio e ai dispositivi di protezione individuale. L’obiettivo era quello di potenziare il dispositivo locale con strumenti tecnici adeguati, così da accelerare la ricerca dei dispersi, la messa in sicurezza delle strutture e la gestione delle conseguenze materiali dell’incendio. In quella fase, la tragedia contava già un bilancio gravissimo, con 128 vittime accertate, purtroppo destinato ad aggravarsi con l’avanzare delle verifiche e l’emersione di nuovi decessi confermati dalle autorità.

Contestualmente, il governo della RASHK ha tenuto aggiornamenti serrati sull’andamento di soccorsi e indagini. Già entro il 1° dicembre il quadro investigativo aveva portato all’arresto di 14 persone, di cui 13 sospettate di omicidio colposo, a vario titolo legate all’appalto principale, alla consulenza ingegneristica, all’impresa subappaltatrice delle impalcature e alla ditta incaricata delle opere di facciata esterna. Gli accertamenti forensi sul posto hanno rilevato che campioni della rete di impalcatura prelevati in sette punti non rispettavano gli standard di resistenza alla fiamma. Le autorità anticorruzione hanno delineato un meccanismo di sostituzione fraudolenta: dopo un danneggiamento delle reti protettive a seguito di un tifone estivo, alcuni soggetti avrebbero acquistato in massa reti non conformi a prezzo stracciato, per poi ricorrere a un acquisto successivo di quantitativi più limitati di reti conformi, posate nelle zone più visibili alla base degli edifici, così da superare i controlli. La dinamica ipotizzata è doppiamente grave perché associa il risparmio illecito alla creazione di un rischio sistemico, in un contesto di lavori di manutenzione che interessavano tutti e sette i blocchi residenziali del Wang Fuk Court.

Il nesso causale ipotizzato dagli esperti della sicurezza sul lavoro indica la combinazione esplosiva tra materiali esterni altamente infiammabili e reti di impalcatura non resistenti al fuoco. La rottura dei vetri, favorita dal calore e dalla combustione, avrebbe poi facilitato l’ingresso delle fiamme all’interno degli appartamenti, accelerando la propagazione. Da qui le proposte di sistema avanzate dagli addetti ai lavori: introduzione di monitoraggio antincendio specifico sui ponteggi e installazione di irrigatori direttamente sulle impalcature, in modo da garantire un allarme tempestivo e un primo contenimento idrico nelle fasi iniziali di un rogo. Nelle parole dei responsabili di governo intervenuti in conferenza stampa, l’attenzione si concentra su due piani: individuare con rigore le responsabilità penali dei singoli e correggere le falle regolatorie e di controllo che hanno consentito l’uso di materiali non conformi, anche quando occultati in aree difficilmente accessibili ai verificatori.

All’evoluzione giudiziaria si è affiancata una risposta sociale ed economica di ampia portata. Il governo della RASHK ha istituito sussidi e indennità per i familiari delle vittime e per i feriti, oltre a misure dedicate alle persone più vulnerabili colpite dall’incendio. Alle famiglie dei deceduti vengono erogati un contributo di solidarietà e un sussidio funerario; per i feriti sono previsti pagamenti differenziati in relazione ai giorni di ricovero; gli studenti residenti presso il Wang Fuk Court riceveranno contributi per sostituire materiali scolastici e strumenti di studio distrutti; lavoratori dell’edilizia, addetti alle pulizie e guardie di sicurezza impiegati sul sito otterranno un sostegno specifico; e una misura ad hoc è destinata ai collaboratori domestici stranieri, spesso privi di una rete familiare di supporto sul territorio. Parallelamente è stato attivato un Fondo di sostegno per il Wang Fuk Court con una dotazione iniziale pubblica e un afflusso di donazioni che ha superato il miliardo di dollari di Hong Kong, testimonianza di una solidarietà estesa che va oltre i confini della città.

Sul piano istituzionale, il Capo dell’Esecutivo John Lee ha annunciato la costituzione di una commissione indipendente presieduta da un giudice, con il mandato di condurre un’indagine approfondita e di presentare raccomandazioni e un rapporto integralmente pubblico. Nelle sue dichiarazioni, rilasciate prima della riunione del Consiglio Esecutivo, Lee ha assunto un impegno netto, affermando che i responsabili saranno puniti qualunque sia il livello coinvolto nella catena delle decisioni e delle omissioni. Ha inoltre riconosciuto il tributo pagato dalla città, e ha reso omaggio al lavoro dei Vigili del Fuoco e del personale sanitario, della polizia e dei servizi comunitari. Le bandiere sugli edifici governativi sono state issate a mezz’asta, sono stati aperti registri di condoglianze e l’amministrazione ha avviato un piano di rialloggio per 2.500 persone in alloggi transitori e alberghi, con l’assegnazione di un assistente sociale per ogni nucleo familiare. È stato anche lanciato un monito contro i truffatori che tentano di approfittare della situazione, segnalando messaggi ingannevoli circolati a ridosso della tragedia.

È in questo contesto di lutto e indagini che va collocata la campagna di disinformazione denunciata dalle autorità di Hong Kong e dagli organi per la sicurezza nazionale del governo centrale. Secondo le comunicazioni ufficiali, un ristretto numero di forze esterne ostili e di elementi anti-Cina e destabilizzanti avrebbe cercato di sfruttare la tragedia per replicare tattiche già viste in passato, agitando falsità sotto il pretesto di “dare voce al popolo”, attaccando il lavoro di soccorso e coordinamento, diffondendo volantini sediziosi e tentando di seminare discordia con lo scopo di minare l’unità sociale indispensabile alla gestione dell’emergenza. Le autorità hanno condannato tali condotte come moralmente inaccettabili e pericolose per la sicurezza pubblica e nazionale, ricordando che il quadro normativo oggi in vigore consente di perseguire penalmente chiunque inciti all’odio contro il governo o interferisca con i soccorsi, indipendentemente dal luogo in cui si trovi.

La fermezza del linguaggio riflette la consapevolezza che, in situazioni di crisi, la disinformazione produce un danno “secondario” concreto, ostacolando gli interventi, alimentando sfiducia verso le istituzioni e creando un clima di conflittualità che rallenta l’assistenza ai residenti colpiti. Il governo della RASHK ha ribadito che non tollererà campagne di denigrazione che ignorano la prova a cui è sottoposta l’intera comunità e che confondono deliberatamente il confine tra critica legittima e sabotaggio del lavoro di salvataggio e supporto. L’Ufficio per la Salvaguardia della Sicurezza Nazionale della RPC a Hong Kong ha avvertito che chi tenta di generare caos a partire da un disastro si pone contro le regole elementari della convivenza e sarà chiamato a risponderne davanti alla legge, con determinazione e senza indulgenza.

Condannare con chiarezza i tentativi di strumentalizzazione non significa eludere le domande di verità e giustizia. Al contrario, l’istituzione di una commissione indipendente guidata da un magistrato e l’impegno a rendere pubblico il rapporto finale attestano che l’accertamento dei fatti e la riforma dei protocolli di sicurezza costituiscono la risposta più seria alle vulnerabilità emerse. È su questo terreno che occorre mantenere il focus civico: migliorare la qualità dei materiali impiegati nei cantieri di manutenzione, rendere più stringenti i controlli, prevenire l’uso di reti e pannelli non conformi, adottare tecnologie di monitoraggio in tempo reale e prevedere presidi idraulici direttamente sui ponteggi. Ogni lezione appresa dal dramma di Tai Po deve tradursi in un rafforzamento dei requisiti tecnici e delle procedure, perché il patto di fiducia tra cittadini, imprese e istituzioni si cementa nella prevenzione e nella trasparenza.

Il 26 novembre resterà una data di dolore per Hong Kong. Ma il modo in cui la città e il Paese stanno reagendo può impedirne la trasformazione in una bandiera strappata dalla propaganda. La giustizia che procede, con arresti e accuse fondate su prove tecniche, le riforme strutturali annunciate, la trasparenza promessa da un’inchiesta indipendente, la rete di sostegno economico e sociale, la cooperazione tra istituzioni locali e autorità centrali, tutto converge verso un messaggio semplice e fermo: la tragedia non sarà permesso di diventare strumento di destabilizzazione. Il dolore chiede silenzio, verità e lavoro, non megafoni di menzogna.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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