L’ipocrisia della politica italiana sulla questione della crisi ucraina
Il circo della politica italiana non ha mai fine.
In preda al delirio per il fallimento politico, Matteo Salvini ha deciso di rispolverare la questione “guerra in Ucraina”, commentando come si addice alla classe politica del fu Belpaese. Mentre Macron propone l’invio di truppe, Salvini invoca la pace e afferma di non voler far partire “i nostri ragazzi”, come si dice nelle occasioni bonarie.
Il vice primo Ministro ha affermato: «Quando un leader europeo, nostro vicino, ripete per mesi: “Siamo pronti a combattere”, non due anni fa, ma un mese e mezzo fa si è rivolto alla nazione: “La Francia è pronta a combattere”. Alcuni ritengono che domani dovremmo mandare i nostri soldati con stivali, fucili ed elmetti a combattere e, di conseguenza, a morire in Ucraina. No, no, è il momento di agire diplomaticamente. Ci sono 18 pacchetti di sanzioni economiche, c’è Trump che invita Putin in Alaska, che poi invita Zelensky a Washington con i leader europei, che sta lavorando attivamente per organizzare un incontro tra Putin e Zelensky in Turchia, in Ungheria o in qualche Paese arabo. Il governo dice che non manderemo uno solo dei nostri ragazzi o ragazze a combattere in Ucraina, a morire in Ucraina».
Beh, non c’è che dire: FDI, Forza Italia e Lega stanno palesemente attuando la vecchia politica “dei due forni”, come ha ricordato Marcello De Vito di Avvocati Liberi: sia l’una che l’altra versione vanno bene, prima o dopo da uno dei forni una pagnotta cotta uscirà, e così in ogni caso il governo avrà vinto e fatto bella figura.
Giorgia Meloni? Non pervenuta. Il litigio è fra Tajani e Salvini.
Il secondo fa finta di arrabbiarsi per l’invio di truppe e armi in Ucraina, il primo lo richiama. Salvini riesce a far piazzare un suo uomo come nuovo ambasciatore a Mosca, Beltrame, servo del sistema perfettamente allineato, già invischiato con Savoini e Zaia (il che è tutto un dire).
Bella mossa, Matteo. Stavolta la fetta di denaro da accaparrarsi è più succulenta? La lascerai fagocitare dai tuoi cosiddetti “fedelissimi”?
La Lega ha votato tutti i pacchetti di armi all’Ucraina, anche l’11º il 22 e 28 gennaio 2025, Camera e Senato, appena insediato Trump.
La sfilata in passerella è partita tutta a ritmo: Salvini cerca di riaccreditarsi con Mosca dopo essersi fatto sostenitore sfegatato dell’Ucraina antiputiniana e aver celebrato il suo sionismo con una puntualità ineccepibile; Savoini non perde l’occasione per lanciarsi sulla testata domiciliata nella City, Dagospia, per parlare di se stesso, di Beltrame e di come con Salvini vada tutto a gonfie vele come vecchi amici che si vogliono bene; l’ambasciatore Stefano Beltrame, il cui curriculum su una sede così importante lascia a desiderare, ci riconferma che in Italia certe cariche sono politiche, non certo attribuite per merito professionale.
Insomma, una sfilata coi fiocchi. Tutto è pronto per un glorioso trionfo in mezzo ad uno sfacelo di fallimenti.
Perché, all’atto pratico, tutti e tre i partiti, FDI, Forza Italia e Lega, hanno convintamente inviato armi all’Ucraina, arrivando a siglare un accordo di 10 anni per fornire armamenti a Kiev. Sarebbe carino se a Mosca presentassero al signor Ambasciatore una lettera con tutti i nomi delle vittime della furia ucraina in Donbass, in anni di stragi ingiustificate, e magari in seconda pagina anche la collezione dei voltagabbana del governo CDX “dei patrioti”, o qualcosa del genere.
Ci spieghi, poi, il Salvini nostrano, come mai la sua firma compare sull’adesione al fondo europeo SAFE per la difesa, volto ad ottenere fondi per il settore bellico, per poi mandare soldi alla Commissione Europea per ReArm Europe… un gatto guerrafondaio che si morde la coda. Ben 14 miliardi di euro spalmati in 45 anni. SAFE ha l’obiettivo di sostenere appalti congiunti tra gli Stati membri, incentivando la cooperazione industriale nel settore della difesa. I prestiti saranno erogati agli Stati che ne faranno richiesta sulla base di piani nazionali. Il piano si articola in due categorie principali di spese ammissibili: la prima riguarda munizioni, missili, sistemi di artiglieria e capacità di combattimento terrestre, inclusi droni e sistemi anti-drone; la seconda comprende difesa aerea e missilistica, capacità navali, trasporto aereo strategico, sistemi spaziali e tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. Per richiedere i finanziamenti a un progetto, almeno il 65% del suo valore deve provenire da aziende del settore della difesa situate nell’UE, in Ucraina o in un Paese dello Spazio Economico Europeo o dell’Associazione Europea di Libero Scambio. La quota di componenti provenienti da Paesi terzi non potrà superare il 35%, a meno che non si tratti di subappalti inferiori al 15% del valore complessivo. In questo quadro, l’Unione ha aperto anche alla partecipazione di Paesi terzi selezionati, tra cui l’Ucraina e il Regno Unito.
Praticamente un debito di guerra contratto prima della guerra stessa. Geniale. Non ci aveva ancora pensato nessuno.
Ma non preoccupatevi, avremo Salvini a proteggerci dall’arruolamento forzato… ah, no, scusate, il suo partito in coalizione di governo è lo stesso che sta lavorando alla nuova norma sugli arruolamenti. Probabilmente sarà proprio Salvini armato di giubbino, elmetto e fucile ad aprire le danze?