Italiano
Daniele Perra
August 23, 2025
© Photo: Public domain

Negli ultimi tempi, diversi politici e analisti ciprioti (tanto di parte greca, quanto di parte turca) hanno lanciato l’allarme sulla crescente penetrazione israeliana nello strategico scalo del Mediterraneo orientale. Cerchiamo di capire quelli che sono i reali obiettivi di Tel Aviv con la sua volontà di espansione sull’isola.

Segue nostro Telegram.    

Non è difficile trovare sui mezzi di informazione israeliani, o nelle pubblicazioni più specifiche di analisti geopolitici o esperti di strategia e dottrina militare, accuse dirette verso la Repubblica Turca di Cipro Nord di ospitare basi di Hamas o delle Forze Quds della Guardie Rivoluzionarie Iraniane (i cosiddetti Pasdaran). Dal loro punto di vista, la Repubblica nata de facto nel 1983 con la proclamazione di indipendenza a seguito dell’occupazione turca del nord dell’isola nel 1974 (evento prodotto dal tentativo di unificazione dell’isola alla Grecia da parte della dittatura dei colonnelli) sarebbe una sorta di “buco nero” dal quale non solo Hamas e Pasdaran starebbero organizzando attacchi contro Israele e contro i cittadini israeliani in Europa (a questo proposito sarebbe comunque opportuno ricordare che mai Hamas ha attuato operazioni al di fuori dei confini della Palestina storica), ma pure i servizi segreti turchi l’avrebbero trasformato in un centro di spionaggio in cooperazione con alcune organizzazioni criminali con notevoli interessi nella regione.

Le recenti “preoccupazioni” israeliane, tuttavia, hanno un fondamento decisamente più geopolitico. L’isola di Cipro ha una posizione strategica cruciale nel Mediterraneo orientale. A suo tempo, il geopolitico militante belga Jean Thiriart ebbe modo di affermare che la presa “occidentale” (ovvero, statunitense) sul continente europeo fosse determinata proprio dal controllo del Mediterraneo e dalla presenza (da Gibilterra fino ad Israele, ed in tutte le principali isole) di avamposti adibiti al pattugliamento ed alla proiezione di influenza nell’area.

Ora, la divisione di Cipro (prodotto dell’operazione che, secondo la parte turca, sarebbe stata svolta in rispetto dei Trattati di Londra e Zurigo del 1959) di fatto ha bloccato le ambizioni NATO di fare propria a tutti gli effetti l’isola. Il fallimento del tentativo di unificazione alla Grecia, inoltre, determinò la caduta del regime dei colonnelli ad Atene (muro di contenimento all’espansione socialista verso il Mediterraneo nell’epoca della Guerra Fredda) e le prime evidenti fratture all’interno della stessa Alleanza Atlantica (la tensione tra Grecia e Turchia rimane ancora oggi uno dei motivi di maggiore preoccupazione per i vertici della NATO).

Ma la centralità geostrategica di Cipro, ad oggi, è derivata dal suo potenziale come area di transito per le risorse energetiche del Mediterraneo orientale di più o meno recente scoperta. A questo riguardo, non si possono non tenere in considerazione il progetto EastMed e l’Eastern Mediterranean Gas Forum, entrambi a trazione israeliana ed entrambi in qualche modo collegabili alla cosiddetta “Via del Cotone”: infrastruttura, alternativa alla Via della Seta cinese, che dovrebbe collegare l’India e la Penisola Arabica all’Europa (i porti della Grecia) e che vede al suo centro proprio Israele in qualità di hub energetico.

È chiaro che una simile progettualità, fondata su una stretta relazione tra Grecia e Israele (piuttosto inusuale ma garantita ad Atene sia da governi di “sinistra” che di “destra”), possa essere interpretata in modo negativo da Ankara, soprattutto alla luce del fatto che la Turchia, tagliata fuori da Cipro, nutre le medesime ambizioni a divenire il corridoio per i flussi energetici verso l’Europa (ed in questo senso andrebbe interpretata sia la sua adesione a progetti russi, il South Stream, sia ad altri apertamente occidentali, come l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan – che rifornisce la stessa Israele – o il più recente “Corridoio Zangzeur”, legato agli accordi di pace tra Armenia e Azerbaigian).

È fuor di dubbio il fatto che Israele abbia individuato in Cipro (soprattutto nella sua parte greca, debole economicamente e politicamente) un facile obiettivo per l’estensione della sua influenza oltre i vicini terrestri (Libano, Siria e Giordania). Cosa facilitata dalla presidenza di Nikos Christodulidis, Presidente della Repubblica di Cipro eletto nel 2023 molto vicino sia a Benjamin Netanyahu che all’attuale amministrazione USA (possiede un lungo curriculum di studi negli Stati Uniti). Al 2010, inoltre, risale un accordo congiunto sulle zone economiche esclusive tra Israele e Cipro che, tuttavia, non ha impedito a Tel Aviv di dichiarare che il campo gassifero Afrodite (di pertinenza cipriota) si espande anche all’interno della propria ZEE. Cosa che inevitabilmente ne consentirebbe lo sfruttamento anche ad Israele. Questa, tra l’altro, non è nuova a simili operazioni. L’occupazione del sud del Libano o quella della Striscia di Gaza (recentemente approvata dalla Knesset), ad esempio, sono (anche) rivolte alla possibilità di utilizzo di giacimenti gassiferi contesi al preciso obiettivo di realizzare il sogno sionista di trasformare lo “Stato ebraico” in potenza energetica regionale, oltre che in centro di smistamento delle risorse verso il Vecchio Continente.

La sudditanza cipriota verso Israele si è ulteriormente manifestata nel febbraio di quest’anno attraverso un nuovo accordo che, nello specifico, ha ceduto gli appalti per la sicurezza degli aeroporti della parte greca dell’isola (Paphos e Larnaca in particolare) all’intelligence israeliana. A ciò si aggiunga che le basi britanniche nell’isola sono state a più riprese utilizzate per operazioni di logistica militare da Tel Aviv per rendere maggiormente effettiva la sua guerra su più fronti nel Vicino Oriente. Queste basi, rispettivamente Akrotiri e Dhekelia, risultano come aree sotto diretta sovranità britannica (e dunque NATO) sulla base degli articoli I e II del Trattato Istitutivo contenuto all’interno dei già citati Trattati di Londra e Zurigo, firmati da Grecia, Turchia e Regno Unito.

Ancora, sarebbe opportuno ricordare un altro aspetto: molti oligarchi ebrei ucraini possiedono passaporto sia israeliano che cipriota ed utilizzano l’isola come “porto sicuro” per effettuare le loro operazioni di riciclaggio e finanziamento di milizie (più o meno private) che combattono (ed hanno combattuto) nel Donbass prima e dopo l’ingresso diretto della Russia nel conflitto civile ucraino. Milizie spesso ultranazionaliste che, a più riprese, sono state accusate di crimini di guerra contro la popolazione russofona dell’Ucraina orientale in diversi dossier resi pubblici negli anni passati dall’OSCE; non ultimo, il tristemente noto War crimes of the armed and security forces of Ukraine: torture and inhumane treatment. Fra di essi spicca Igor Kolomoisky: affarista senza scrupoli, celebre per aver scoperto il “talento” attoriale di Volodymyr Zelensky (attuale Presidente ucraino), al quale, però, la cittadinanza cipriota è stata revocata nel 2024 sulla base dell’accusa di aver sottratto informazioni vitali per i procedimenti penali a suo carico.

Ad ogni modo, è altrettanto opportuno sottolineare che la penetrazione israeliana a Cipro non ha riguardato solo la parte greca. In passato, infatti, cittadini privati dello “Stato ebraico” hanno acquistato 25.000 acri di territorio della Repubblica turca tra la penisola di Karpas e Lefka. Solo nel 2023 la RTCN ha iniziato ad imporre restrizioni all’acquisto di proprietà da parte di stranieri. Elemento che ha nuovamente avvicinato la Cipro greca ad Israele al preciso scopo di negare alla parte turca (riconosciuta solo da Ankara) i diritti di sfruttamento delle risorse isolane.

È proprio al 2023, in concomitanza con le operazioni di terra israeliane a Gaza, risale il vertiginoso aumento dell’interesse sionista verso la Repubblica di Cipro, con un incremento esponenziale della presenza sull’isola. Di fatto, a seguito del breve conflitto diretto con l’Iran (e dei pesanti bombardamenti della Repubblica Islamica sulle città costiere israeliane), la popolazione israeliana a Cipro è più che raddoppiata (da 6.500 persone circa a 15.000). Una presenza garantita dall’acquisto di vaste aree strategiche in prossimità di basi militari, porti e aeroporti (1400 acri a Larnaca, 1500 a Limassol, 1200 a Paphos), e dalla costruzione di vere e proprie cittadelle fortificate in cui è precluso l’ingresso dei locali (gli spazi di Pyla, Ormideia e Pervalia). Uno stile di colonizzazione non dissimile da quello attuato in Cisgiordania, ad esempio, e che preoccupa i ciprioti soprattutto perché non sono pochi i rabbini che considerano l’isola come una naturale estensione della biblica “Grande Israele”. Così proseguendo, Cipro si trasformerebbe in una sorta di retrovia dello “Stato ebraico”; uno strumento utile a garantire una sostanziale profondità strategica anche verso Occidente ed oltremare. E la profondità strategica rimane uno dei motivi fondamentali per i quali Israele continua a portare avanti le sue guerre senza fine a discapito dei vicini.

L’eventualità di una estensione israeliana a Cipro (anche se ancora informale) andrebbe presa non poco sul serio. Solo qualche mese prima della caduta della Siria, il Ministro delle Finanze israeliano, l’ultrasionista Bezalel Smotrich, aveva affermato che Israele avrebbe dovuto espandersi fino a Damasco perché così era previsto nelle Sacre Scritture e nei testi rabbinici del passato. Bene, oggi Israele, grazie a milizie e mafie etnico-settarie compiacenti, è arrivata fino alla periferia di Damasco. In questo senso, la campagna di accuse verso la RTCN (anche se sostenuta dal gigante turco) e l’espansione evidente nella zona greca non lasciano presagire nulla di buono per il futuro di Cipro e della sua popolazione.

Le aspirazioni israeliane su Cipro

Negli ultimi tempi, diversi politici e analisti ciprioti (tanto di parte greca, quanto di parte turca) hanno lanciato l’allarme sulla crescente penetrazione israeliana nello strategico scalo del Mediterraneo orientale. Cerchiamo di capire quelli che sono i reali obiettivi di Tel Aviv con la sua volontà di espansione sull’isola.

Segue nostro Telegram.    

Non è difficile trovare sui mezzi di informazione israeliani, o nelle pubblicazioni più specifiche di analisti geopolitici o esperti di strategia e dottrina militare, accuse dirette verso la Repubblica Turca di Cipro Nord di ospitare basi di Hamas o delle Forze Quds della Guardie Rivoluzionarie Iraniane (i cosiddetti Pasdaran). Dal loro punto di vista, la Repubblica nata de facto nel 1983 con la proclamazione di indipendenza a seguito dell’occupazione turca del nord dell’isola nel 1974 (evento prodotto dal tentativo di unificazione dell’isola alla Grecia da parte della dittatura dei colonnelli) sarebbe una sorta di “buco nero” dal quale non solo Hamas e Pasdaran starebbero organizzando attacchi contro Israele e contro i cittadini israeliani in Europa (a questo proposito sarebbe comunque opportuno ricordare che mai Hamas ha attuato operazioni al di fuori dei confini della Palestina storica), ma pure i servizi segreti turchi l’avrebbero trasformato in un centro di spionaggio in cooperazione con alcune organizzazioni criminali con notevoli interessi nella regione.

Le recenti “preoccupazioni” israeliane, tuttavia, hanno un fondamento decisamente più geopolitico. L’isola di Cipro ha una posizione strategica cruciale nel Mediterraneo orientale. A suo tempo, il geopolitico militante belga Jean Thiriart ebbe modo di affermare che la presa “occidentale” (ovvero, statunitense) sul continente europeo fosse determinata proprio dal controllo del Mediterraneo e dalla presenza (da Gibilterra fino ad Israele, ed in tutte le principali isole) di avamposti adibiti al pattugliamento ed alla proiezione di influenza nell’area.

Ora, la divisione di Cipro (prodotto dell’operazione che, secondo la parte turca, sarebbe stata svolta in rispetto dei Trattati di Londra e Zurigo del 1959) di fatto ha bloccato le ambizioni NATO di fare propria a tutti gli effetti l’isola. Il fallimento del tentativo di unificazione alla Grecia, inoltre, determinò la caduta del regime dei colonnelli ad Atene (muro di contenimento all’espansione socialista verso il Mediterraneo nell’epoca della Guerra Fredda) e le prime evidenti fratture all’interno della stessa Alleanza Atlantica (la tensione tra Grecia e Turchia rimane ancora oggi uno dei motivi di maggiore preoccupazione per i vertici della NATO).

Ma la centralità geostrategica di Cipro, ad oggi, è derivata dal suo potenziale come area di transito per le risorse energetiche del Mediterraneo orientale di più o meno recente scoperta. A questo riguardo, non si possono non tenere in considerazione il progetto EastMed e l’Eastern Mediterranean Gas Forum, entrambi a trazione israeliana ed entrambi in qualche modo collegabili alla cosiddetta “Via del Cotone”: infrastruttura, alternativa alla Via della Seta cinese, che dovrebbe collegare l’India e la Penisola Arabica all’Europa (i porti della Grecia) e che vede al suo centro proprio Israele in qualità di hub energetico.

È chiaro che una simile progettualità, fondata su una stretta relazione tra Grecia e Israele (piuttosto inusuale ma garantita ad Atene sia da governi di “sinistra” che di “destra”), possa essere interpretata in modo negativo da Ankara, soprattutto alla luce del fatto che la Turchia, tagliata fuori da Cipro, nutre le medesime ambizioni a divenire il corridoio per i flussi energetici verso l’Europa (ed in questo senso andrebbe interpretata sia la sua adesione a progetti russi, il South Stream, sia ad altri apertamente occidentali, come l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan – che rifornisce la stessa Israele – o il più recente “Corridoio Zangzeur”, legato agli accordi di pace tra Armenia e Azerbaigian).

È fuor di dubbio il fatto che Israele abbia individuato in Cipro (soprattutto nella sua parte greca, debole economicamente e politicamente) un facile obiettivo per l’estensione della sua influenza oltre i vicini terrestri (Libano, Siria e Giordania). Cosa facilitata dalla presidenza di Nikos Christodulidis, Presidente della Repubblica di Cipro eletto nel 2023 molto vicino sia a Benjamin Netanyahu che all’attuale amministrazione USA (possiede un lungo curriculum di studi negli Stati Uniti). Al 2010, inoltre, risale un accordo congiunto sulle zone economiche esclusive tra Israele e Cipro che, tuttavia, non ha impedito a Tel Aviv di dichiarare che il campo gassifero Afrodite (di pertinenza cipriota) si espande anche all’interno della propria ZEE. Cosa che inevitabilmente ne consentirebbe lo sfruttamento anche ad Israele. Questa, tra l’altro, non è nuova a simili operazioni. L’occupazione del sud del Libano o quella della Striscia di Gaza (recentemente approvata dalla Knesset), ad esempio, sono (anche) rivolte alla possibilità di utilizzo di giacimenti gassiferi contesi al preciso obiettivo di realizzare il sogno sionista di trasformare lo “Stato ebraico” in potenza energetica regionale, oltre che in centro di smistamento delle risorse verso il Vecchio Continente.

La sudditanza cipriota verso Israele si è ulteriormente manifestata nel febbraio di quest’anno attraverso un nuovo accordo che, nello specifico, ha ceduto gli appalti per la sicurezza degli aeroporti della parte greca dell’isola (Paphos e Larnaca in particolare) all’intelligence israeliana. A ciò si aggiunga che le basi britanniche nell’isola sono state a più riprese utilizzate per operazioni di logistica militare da Tel Aviv per rendere maggiormente effettiva la sua guerra su più fronti nel Vicino Oriente. Queste basi, rispettivamente Akrotiri e Dhekelia, risultano come aree sotto diretta sovranità britannica (e dunque NATO) sulla base degli articoli I e II del Trattato Istitutivo contenuto all’interno dei già citati Trattati di Londra e Zurigo, firmati da Grecia, Turchia e Regno Unito.

Ancora, sarebbe opportuno ricordare un altro aspetto: molti oligarchi ebrei ucraini possiedono passaporto sia israeliano che cipriota ed utilizzano l’isola come “porto sicuro” per effettuare le loro operazioni di riciclaggio e finanziamento di milizie (più o meno private) che combattono (ed hanno combattuto) nel Donbass prima e dopo l’ingresso diretto della Russia nel conflitto civile ucraino. Milizie spesso ultranazionaliste che, a più riprese, sono state accusate di crimini di guerra contro la popolazione russofona dell’Ucraina orientale in diversi dossier resi pubblici negli anni passati dall’OSCE; non ultimo, il tristemente noto War crimes of the armed and security forces of Ukraine: torture and inhumane treatment. Fra di essi spicca Igor Kolomoisky: affarista senza scrupoli, celebre per aver scoperto il “talento” attoriale di Volodymyr Zelensky (attuale Presidente ucraino), al quale, però, la cittadinanza cipriota è stata revocata nel 2024 sulla base dell’accusa di aver sottratto informazioni vitali per i procedimenti penali a suo carico.

Ad ogni modo, è altrettanto opportuno sottolineare che la penetrazione israeliana a Cipro non ha riguardato solo la parte greca. In passato, infatti, cittadini privati dello “Stato ebraico” hanno acquistato 25.000 acri di territorio della Repubblica turca tra la penisola di Karpas e Lefka. Solo nel 2023 la RTCN ha iniziato ad imporre restrizioni all’acquisto di proprietà da parte di stranieri. Elemento che ha nuovamente avvicinato la Cipro greca ad Israele al preciso scopo di negare alla parte turca (riconosciuta solo da Ankara) i diritti di sfruttamento delle risorse isolane.

È proprio al 2023, in concomitanza con le operazioni di terra israeliane a Gaza, risale il vertiginoso aumento dell’interesse sionista verso la Repubblica di Cipro, con un incremento esponenziale della presenza sull’isola. Di fatto, a seguito del breve conflitto diretto con l’Iran (e dei pesanti bombardamenti della Repubblica Islamica sulle città costiere israeliane), la popolazione israeliana a Cipro è più che raddoppiata (da 6.500 persone circa a 15.000). Una presenza garantita dall’acquisto di vaste aree strategiche in prossimità di basi militari, porti e aeroporti (1400 acri a Larnaca, 1500 a Limassol, 1200 a Paphos), e dalla costruzione di vere e proprie cittadelle fortificate in cui è precluso l’ingresso dei locali (gli spazi di Pyla, Ormideia e Pervalia). Uno stile di colonizzazione non dissimile da quello attuato in Cisgiordania, ad esempio, e che preoccupa i ciprioti soprattutto perché non sono pochi i rabbini che considerano l’isola come una naturale estensione della biblica “Grande Israele”. Così proseguendo, Cipro si trasformerebbe in una sorta di retrovia dello “Stato ebraico”; uno strumento utile a garantire una sostanziale profondità strategica anche verso Occidente ed oltremare. E la profondità strategica rimane uno dei motivi fondamentali per i quali Israele continua a portare avanti le sue guerre senza fine a discapito dei vicini.

L’eventualità di una estensione israeliana a Cipro (anche se ancora informale) andrebbe presa non poco sul serio. Solo qualche mese prima della caduta della Siria, il Ministro delle Finanze israeliano, l’ultrasionista Bezalel Smotrich, aveva affermato che Israele avrebbe dovuto espandersi fino a Damasco perché così era previsto nelle Sacre Scritture e nei testi rabbinici del passato. Bene, oggi Israele, grazie a milizie e mafie etnico-settarie compiacenti, è arrivata fino alla periferia di Damasco. In questo senso, la campagna di accuse verso la RTCN (anche se sostenuta dal gigante turco) e l’espansione evidente nella zona greca non lasciano presagire nulla di buono per il futuro di Cipro e della sua popolazione.

Negli ultimi tempi, diversi politici e analisti ciprioti (tanto di parte greca, quanto di parte turca) hanno lanciato l’allarme sulla crescente penetrazione israeliana nello strategico scalo del Mediterraneo orientale. Cerchiamo di capire quelli che sono i reali obiettivi di Tel Aviv con la sua volontà di espansione sull’isola.

Segue nostro Telegram.    

Non è difficile trovare sui mezzi di informazione israeliani, o nelle pubblicazioni più specifiche di analisti geopolitici o esperti di strategia e dottrina militare, accuse dirette verso la Repubblica Turca di Cipro Nord di ospitare basi di Hamas o delle Forze Quds della Guardie Rivoluzionarie Iraniane (i cosiddetti Pasdaran). Dal loro punto di vista, la Repubblica nata de facto nel 1983 con la proclamazione di indipendenza a seguito dell’occupazione turca del nord dell’isola nel 1974 (evento prodotto dal tentativo di unificazione dell’isola alla Grecia da parte della dittatura dei colonnelli) sarebbe una sorta di “buco nero” dal quale non solo Hamas e Pasdaran starebbero organizzando attacchi contro Israele e contro i cittadini israeliani in Europa (a questo proposito sarebbe comunque opportuno ricordare che mai Hamas ha attuato operazioni al di fuori dei confini della Palestina storica), ma pure i servizi segreti turchi l’avrebbero trasformato in un centro di spionaggio in cooperazione con alcune organizzazioni criminali con notevoli interessi nella regione.

Le recenti “preoccupazioni” israeliane, tuttavia, hanno un fondamento decisamente più geopolitico. L’isola di Cipro ha una posizione strategica cruciale nel Mediterraneo orientale. A suo tempo, il geopolitico militante belga Jean Thiriart ebbe modo di affermare che la presa “occidentale” (ovvero, statunitense) sul continente europeo fosse determinata proprio dal controllo del Mediterraneo e dalla presenza (da Gibilterra fino ad Israele, ed in tutte le principali isole) di avamposti adibiti al pattugliamento ed alla proiezione di influenza nell’area.

Ora, la divisione di Cipro (prodotto dell’operazione che, secondo la parte turca, sarebbe stata svolta in rispetto dei Trattati di Londra e Zurigo del 1959) di fatto ha bloccato le ambizioni NATO di fare propria a tutti gli effetti l’isola. Il fallimento del tentativo di unificazione alla Grecia, inoltre, determinò la caduta del regime dei colonnelli ad Atene (muro di contenimento all’espansione socialista verso il Mediterraneo nell’epoca della Guerra Fredda) e le prime evidenti fratture all’interno della stessa Alleanza Atlantica (la tensione tra Grecia e Turchia rimane ancora oggi uno dei motivi di maggiore preoccupazione per i vertici della NATO).

Ma la centralità geostrategica di Cipro, ad oggi, è derivata dal suo potenziale come area di transito per le risorse energetiche del Mediterraneo orientale di più o meno recente scoperta. A questo riguardo, non si possono non tenere in considerazione il progetto EastMed e l’Eastern Mediterranean Gas Forum, entrambi a trazione israeliana ed entrambi in qualche modo collegabili alla cosiddetta “Via del Cotone”: infrastruttura, alternativa alla Via della Seta cinese, che dovrebbe collegare l’India e la Penisola Arabica all’Europa (i porti della Grecia) e che vede al suo centro proprio Israele in qualità di hub energetico.

È chiaro che una simile progettualità, fondata su una stretta relazione tra Grecia e Israele (piuttosto inusuale ma garantita ad Atene sia da governi di “sinistra” che di “destra”), possa essere interpretata in modo negativo da Ankara, soprattutto alla luce del fatto che la Turchia, tagliata fuori da Cipro, nutre le medesime ambizioni a divenire il corridoio per i flussi energetici verso l’Europa (ed in questo senso andrebbe interpretata sia la sua adesione a progetti russi, il South Stream, sia ad altri apertamente occidentali, come l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan – che rifornisce la stessa Israele – o il più recente “Corridoio Zangzeur”, legato agli accordi di pace tra Armenia e Azerbaigian).

È fuor di dubbio il fatto che Israele abbia individuato in Cipro (soprattutto nella sua parte greca, debole economicamente e politicamente) un facile obiettivo per l’estensione della sua influenza oltre i vicini terrestri (Libano, Siria e Giordania). Cosa facilitata dalla presidenza di Nikos Christodulidis, Presidente della Repubblica di Cipro eletto nel 2023 molto vicino sia a Benjamin Netanyahu che all’attuale amministrazione USA (possiede un lungo curriculum di studi negli Stati Uniti). Al 2010, inoltre, risale un accordo congiunto sulle zone economiche esclusive tra Israele e Cipro che, tuttavia, non ha impedito a Tel Aviv di dichiarare che il campo gassifero Afrodite (di pertinenza cipriota) si espande anche all’interno della propria ZEE. Cosa che inevitabilmente ne consentirebbe lo sfruttamento anche ad Israele. Questa, tra l’altro, non è nuova a simili operazioni. L’occupazione del sud del Libano o quella della Striscia di Gaza (recentemente approvata dalla Knesset), ad esempio, sono (anche) rivolte alla possibilità di utilizzo di giacimenti gassiferi contesi al preciso obiettivo di realizzare il sogno sionista di trasformare lo “Stato ebraico” in potenza energetica regionale, oltre che in centro di smistamento delle risorse verso il Vecchio Continente.

La sudditanza cipriota verso Israele si è ulteriormente manifestata nel febbraio di quest’anno attraverso un nuovo accordo che, nello specifico, ha ceduto gli appalti per la sicurezza degli aeroporti della parte greca dell’isola (Paphos e Larnaca in particolare) all’intelligence israeliana. A ciò si aggiunga che le basi britanniche nell’isola sono state a più riprese utilizzate per operazioni di logistica militare da Tel Aviv per rendere maggiormente effettiva la sua guerra su più fronti nel Vicino Oriente. Queste basi, rispettivamente Akrotiri e Dhekelia, risultano come aree sotto diretta sovranità britannica (e dunque NATO) sulla base degli articoli I e II del Trattato Istitutivo contenuto all’interno dei già citati Trattati di Londra e Zurigo, firmati da Grecia, Turchia e Regno Unito.

Ancora, sarebbe opportuno ricordare un altro aspetto: molti oligarchi ebrei ucraini possiedono passaporto sia israeliano che cipriota ed utilizzano l’isola come “porto sicuro” per effettuare le loro operazioni di riciclaggio e finanziamento di milizie (più o meno private) che combattono (ed hanno combattuto) nel Donbass prima e dopo l’ingresso diretto della Russia nel conflitto civile ucraino. Milizie spesso ultranazionaliste che, a più riprese, sono state accusate di crimini di guerra contro la popolazione russofona dell’Ucraina orientale in diversi dossier resi pubblici negli anni passati dall’OSCE; non ultimo, il tristemente noto War crimes of the armed and security forces of Ukraine: torture and inhumane treatment. Fra di essi spicca Igor Kolomoisky: affarista senza scrupoli, celebre per aver scoperto il “talento” attoriale di Volodymyr Zelensky (attuale Presidente ucraino), al quale, però, la cittadinanza cipriota è stata revocata nel 2024 sulla base dell’accusa di aver sottratto informazioni vitali per i procedimenti penali a suo carico.

Ad ogni modo, è altrettanto opportuno sottolineare che la penetrazione israeliana a Cipro non ha riguardato solo la parte greca. In passato, infatti, cittadini privati dello “Stato ebraico” hanno acquistato 25.000 acri di territorio della Repubblica turca tra la penisola di Karpas e Lefka. Solo nel 2023 la RTCN ha iniziato ad imporre restrizioni all’acquisto di proprietà da parte di stranieri. Elemento che ha nuovamente avvicinato la Cipro greca ad Israele al preciso scopo di negare alla parte turca (riconosciuta solo da Ankara) i diritti di sfruttamento delle risorse isolane.

È proprio al 2023, in concomitanza con le operazioni di terra israeliane a Gaza, risale il vertiginoso aumento dell’interesse sionista verso la Repubblica di Cipro, con un incremento esponenziale della presenza sull’isola. Di fatto, a seguito del breve conflitto diretto con l’Iran (e dei pesanti bombardamenti della Repubblica Islamica sulle città costiere israeliane), la popolazione israeliana a Cipro è più che raddoppiata (da 6.500 persone circa a 15.000). Una presenza garantita dall’acquisto di vaste aree strategiche in prossimità di basi militari, porti e aeroporti (1400 acri a Larnaca, 1500 a Limassol, 1200 a Paphos), e dalla costruzione di vere e proprie cittadelle fortificate in cui è precluso l’ingresso dei locali (gli spazi di Pyla, Ormideia e Pervalia). Uno stile di colonizzazione non dissimile da quello attuato in Cisgiordania, ad esempio, e che preoccupa i ciprioti soprattutto perché non sono pochi i rabbini che considerano l’isola come una naturale estensione della biblica “Grande Israele”. Così proseguendo, Cipro si trasformerebbe in una sorta di retrovia dello “Stato ebraico”; uno strumento utile a garantire una sostanziale profondità strategica anche verso Occidente ed oltremare. E la profondità strategica rimane uno dei motivi fondamentali per i quali Israele continua a portare avanti le sue guerre senza fine a discapito dei vicini.

L’eventualità di una estensione israeliana a Cipro (anche se ancora informale) andrebbe presa non poco sul serio. Solo qualche mese prima della caduta della Siria, il Ministro delle Finanze israeliano, l’ultrasionista Bezalel Smotrich, aveva affermato che Israele avrebbe dovuto espandersi fino a Damasco perché così era previsto nelle Sacre Scritture e nei testi rabbinici del passato. Bene, oggi Israele, grazie a milizie e mafie etnico-settarie compiacenti, è arrivata fino alla periferia di Damasco. In questo senso, la campagna di accuse verso la RTCN (anche se sostenuta dal gigante turco) e l’espansione evidente nella zona greca non lasciano presagire nulla di buono per il futuro di Cipro e della sua popolazione.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

See also

August 19, 2025
July 3, 2025

See also

August 19, 2025
July 3, 2025
The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.