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Stefano Vernole
July 9, 2025
© Photo: Public domain

La Turchia sta sfruttando la crisi geopolitica in Eurasia e in alcuni Stati post-sovietici per espandere la propria influenza attraverso la cooperazione con i governi dell’Asia centrale, un maggiore coinvolgimento diplomatico e un’integrazione culturale.

Segue nostro Telegram.

Secondo quanto scritto dalle istituzioni di Ankara alcuni anni fa, “l’Asia centrale riveste un’importanza strategica per la sicurezza e la stabilità della regione euro-atlantica. Le sue risorse energetiche sono vitali per la sicurezza energetica globale e rappresenta un importante snodo per gasdotti e oleodotti, nonché per corridoi commerciali” (1).

Dopo la loro indipendenza, le Repubbliche dell’Asia centrale hanno compiuto notevoli progressi in molti settori, in particolare nel consolidare la propria sovranità, nell’istituzionalizzare le strutture statali e nel migliorare il livello di integrazione con il mondo. La Turchia è il primo Paese ad aver riconosciuto i Paesi dell’Asia centrale e dal 1991, grazie ai comuni legami storici, linguistici e culturali, ha cercato di rafforzare il suo impegno con questa regione su un’ampia gamma di questioni. I Consigli di cooperazione strategica di alto livello con il Kazakistan, il Kirghizistan e l’Uzbekistan offrono una piattaforma utile per approfondire le relazioni reciproche, così come il meccanismo simile instaurato con il Tagikistan.

Le relazioni economiche della Turchia con le Repubbliche dell’Asia centrale si sono sviluppate rapidamente e sono stati compiuti progressi significativi nei settori del commercio, dei trasporti e delle comunicazioni. L’Agenzia Turca per la Cooperazione e lo Sviluppo (TIKA) è stata istituita per fornire assistenza allo sviluppo a questi Paesi e opera con successo in stretta collaborazione con le Autorità locali.

Le relazioni si sono sviluppate anche nei settori della cultura e dell’istruzione. L’Organizzazione Internazionale della Cultura Turca (TURKSOY) è stata fondata nel 1993 per promuovere la cultura, l’arte, la lingua e il patrimonio storico turco, diffondendo questi valori nel mondo e trasmettendoli alle giovani generazioni. Ankara ha avviato un ampio programma denominato “Borse di Studio Turchia” per studenti dell’Asia centrale e di altre regioni, mentre il Ministero dell’Istruzione Nazionale gestisce numerose università nelle Repubbliche centroasiatiche.

Dal 1992, la Turchia organizza i “Vertici dei Capi di Stato dei Paesi di Lingua Turca” al fine di rafforzare la solidarietà tra le nazioni linguisticamente turcofone e creare nuove opportunità di cooperazione tra di esse. Questa pratica ha acquisito una struttura istituzionale grazie al Trattato di Nakhichevan, relativo all’istituzione del Consiglio di Cooperazione degli Stati di Lingua Turca (Consiglio Turco), firmato il 3 ottobre 2009. La Segreteria del Consiglio ha sede a Istanbul e tale istituzione prosegue le sue attività in ogni ambito e a ogni livello, in stretta collaborazione con i Paesi membri. In sintesi, la Turchia è interessata alla stabilità e alla sicurezza nella regione, in quanto prevede di espandere la cooperazione economica globale con i Paesi dell’Asia centrale ma non rinuncia alle occasioni di allargare la propria sfera di influenza, come i “tumulti golpisti” del Kazakistan nel 2022 hanno dimostrato.

Secondo la visione statunitense, la Turchia sta sfruttando la crisi geopolitica in Eurasia e in alcuni Stati post-sovietici per espandere la propria influenza attraverso la cooperazione con i governi dell’Asia centrale, un maggiore coinvolgimento diplomatico e un’integrazione culturale (2).

Ankara sta inoltre ampliando la sua integrazione con il warfare dell’Asia centrale, poiché, a causa della guerra della Russia in Ucraina, la Turchia è in grado di soddisfare esigenze di approvvigionamento militare tradizionalmente soddisfatte da Mosca.

Il Diyanet, il Ministero degli Affari Religiosi della Turchia, è sempre più coinvolto nell’influenza culturale nella regione, costruendo moschee e fornendo aiuti umanitari, istruzione religiosa, iniziative educative, trasmissioni radiotelevisive e borse di studio per studenti.

Nel maggio dello scorso anno, Numan Kurtulmuş, presidente del parlamento turco, ha tenuto un discorso all’Università Ahmed Yesevi durante una visita ufficiale in Kazakistan. La location del discorso non è stata casuale, poiché questa università è stata fondata nella città di Turkestan, nel Kazakistan da poco indipendente, nel 1991, a dimostrazione della crescente cooperazione tra la Turchia e il mondo turco in senso più ampio. Il discorso ha sottolineato che la “crescente forza del mondo turco” non dovrebbe essere fonte di timore globale, affermando invece che il mondo turco è stato un “garante della pace mondiale”. Kurtulmus ha spiegato che, al momento, si sta verificando una crisi di governance globale, che include il mutevole equilibrio di potere in Eurasia creato dall’invasione russa dell’Ucraina su vasta scala. L’espansione della sfera d’influenza di Ankara in Asia centrale comprende sia attività di alto profilo, come il sostegno all’Azerbaigian nel conflitto del Karabakh, sia un’influenza culturale a più lungo termine in ambito religioso. Con il declino dell’influenza regionale della Russia, la Turchia può allora colmare il divario e diventare la nuova potenza dominante nella regione, facendo leva su somiglianze culturali e legami storici.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sottolineato quanto la guerra condotta dalla Russia abbia alterato la geopolitica globale in un discorso tenuto a gennaio 2024 alla 97a conferenza annuale di Milli İstihbarat Teşkilatı, il servizio di intelligence turco. Ha concentrato gran parte del suo intervento su una nuova era di riarmo e modernizzazione militare. La Turchia ha sfruttato il successo dei propri droni sul campo di battaglia in Ucraina per fornire tecnologie analoghe all’Asia centrale, sviluppando relazioni con le basi militari-industriali dei Paesi centroasiatici. Il Ministro degli Esteri turco Hakan Fidan era ufficialmente assente dalla conferenza dei servizi segreti, perché, contemporaneamente, stava partecipando ai colloqui di pace tra Kirghizistan e Tagikistan, due Stati a rischio guerra totale per questioni di delimitazione dei confini e destino delle exclave. Fidan ha espresso la speranza che le due parti raggiungessero un accordo entro pochi mesi e il suo desiderio è stato esaudito, a dimostrazione della forza diplomatica della Turchia, poiché i Bishkek e Dushanbe sono riusciti a demarcare con successo la maggior parte dei loro confini condivisi.

La Turchia sta colmando una lacuna nel settore militare degli Stati dell’Asia centrale. Ad esempio, ad aprile 2024, la stampa kirghisa ha osservato che la Russia non è più in grado di inviare al Paese sistemi di difesa missilistica a causa della guerra in corso in Ucraina. Pertanto, la leadership di Bishkek ha deciso di rivolgersi alla Turchia, sia per la fornitura di piattaforme sia per l’eventuale creazione di un centro di addestramento per i sistemi missilistici. Queste mosse interromperebbero la consolidata dipendenza da Mosca e dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva per la soddisfazione delle esigenze militari del Kirghizistan, spostandosi verso Ankara.

Oltre alle iniziative diplomatiche e militari, la crescente costruzione di moschee è il simbolo più visibile della nuova influenza turca. Il Ministero turco degli Affari Religiosi, o Diyanet, è diventato uno strumento primario per l’espansione dell’influenza regionale di Ankara. Il Diyanet sponsorizza aiuti umanitari, istruzione religiosa, iniziative educative, trasmissioni radiotelevisive e borse di studio per studenti che studiano presso le università turche. Ciò include donazioni per le celebrazioni del Ramadan e altre festività religiose. L’Amministrazione Spirituale dei Musulmani russa e il Diyanet hanno firmato un memorandum di cooperazione nel 2022. Il Ministero turco estende la sua influenza anche attraverso la costruzione di moschee all’estero (alla fine del 2023, il Diyanet aveva costruito 107 moschee all’estero). Il bilancio del Ministero è aumentato considerevolmente nel 2024, raggiungendo i 3,18 miliardi di dollari, e nell’ultimo decennio sono stati assunti decine di migliaia di funzionari aggiuntivi, per un totale di circa 140.000 dipendenti nel 2023.

In Asia centrale, questa iniziativa include la Grande Moschea Nur-Sultan ad Astana. Intitolata al primo presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev (1991-2019), è una delle dieci moschee più grandi del mondo. L’architetto capo è stato Fettah Tamince, uno dei magnati edili di maggior successo della Turchia e amico di Erdogan. Gran parte della costruzione della moschea è finanziata direttamente dal Governo turco ma il più grande progetto di Diyanet in Asia centrale finora è la Moschea Imam Serahsi, o Moschea Centrale di Bishkek, finanziata dal Ministero nel 2018 e progettata per ospitare 30.000 persone.

Il Governo turco ha anche utilizzato Diyanet per fare pressione su altre organizzazioni islamiche in Eurasia affinché cessassero la cooperazione con quella che Ankara definisce “Organizzazione terroristica di Fethullah Gülen”, in seguito al tentato colpo di stato del 2016 in Turchia. I servizi segreti turchi hanno rapito Orhan İnandı, il presunto capo della rete di Gülen in Asia centrale e lo hanno condannato a 21 anni di carcere nell’agosto 2023.

In definitiva, per Washington, l’espansione dell’influenza della Turchia nel più ampio mondo turco è stata un leitmotiv della sua politica estera sin dalla fine del dominio sovietico sul Caucaso e sull’Asia centrale e ciò potrebbe spostare il centro geopolitico dell’Asia centrale da Mosca ad Ankara, riducendo ulteriormente il potere regionale della Russia e, in una certa misura, della Cina.

Naturalmente, la questione non è passata inosservata a Mosca: “Promuovere l’idea di un passato comune contribuisce a stabilire relazioni in ambiti completamente diversi. La Turchia sta penetrando nei settori della difesa, dell’energia e della cultura, diventando un vero e proprio contrappeso alla Russia”, ha detto Anna Machina durante i lavori del Valdai Club il 9 agosto 2024. Negli ultimi anni, ha proseguito Machina, “la Turchia ha promosso con successo l’unità tra i popoli turcofoni, traendone benefici economici e politici; questa regione possiede grandi risorse minerarie e un potenziale infrastrutturale che la rendono un banco di prova per battaglie diplomatiche che coinvolgono nuovi attori politici”. Ovviamente, ora è il momento perfetto per ridistribuire le sfere d’influenza in questa regione, perché la Russia è impegnata ad affrontare la crisi ucraina e la maggior parte della popolazione dell’Asia centrale è una generazione cresciuta dopo la caduta dell’Unione Sovietica ed è libera dalla sua influenza culturale. Grazie a ciò, la Turchia gode di un innegabile vantaggio storico in questo ambito, che certamente sfrutta.

L’industria della difesa turca sta rapidamente conquistando una posizione dominante nel crescente mercato dei droni dell’Asia centrale. Nel 2022, il Kazakistan ha firmato un memorandum con la Turchia sulla cooperazione tecnico-militare con Turkish Aerospace; l’assemblaggio e la manutenzione dei droni d’attacco di Ankara inizieranno a breve. Il Kirghizistan ha acquistato i droni Akıncı e Aksungur di fabbricazione turca, mentre il Turkmenistan ha optato per i droni Bayraktar. L’esercito uzbeko dispone già di droni operativi-tattici Bayraktar TB-2.

Simbolicamente, la Turchia ha deciso di sostituire il termine “Asia centrale” con “Turkestan” nel suo programma di storia nazionale. Utilizzando il termine “Turkestan”, Ankara mira a riallinearsi valutando al contempo la regione da una propria prospettiva geopolitica. La nuova nomenclatura è stata accolta con favore e critiche da diversi analisti, sollevando interrogativi sulle intenzioni della Turchia di ridefinire il proprio ruolo. Sebbene il termine “Turkestan” non sia nuovo e abbia una lunga tradizione storica, alcuni sostengono che i recenti sviluppi suggeriscano una svolta verso un nuovo regionalismo. Con l’influenza della Russia in calo a causa della guerra in Ucraina e la crescente presenza della Cina attraverso la Belt and Road Initiative, questa mossa assume un’importanza significativa nel contesto dei cambiamenti geopolitici in corso.

Il termine “Turkestan” è storicamente significativo. Si riferisce alla regione geografica abitata da popolazioni turche, che comprende parti dell’attuale Asia centrale, tra cui Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Turkmenistan e la regione cinese dello Xinjiang. Ampiamente utilizzato prima dell’occupazione russa nel XIX secolo, il termine “Turkestan” cadde gradualmente in disuso, sostituito dal più neutro “Asia centrale”. Oggi, la Turchia e le repubbliche turche abbracciano il concetto di “Mondo turco” come risposta a questa frammentazione storica.

L’eminente storico Lev Gumilev ha sottolineato l’importanza dell’etnia turca nel panorama eurasiatico e ha criticato un approccio all’eurasiatismo puramente incentrato sulla Russia. Secondo Gumilev, turchi, tatari e mongoli hanno tutti plasmato le dinamiche della regione adattandosi alle condizioni storiche e geografiche dell’Eurasia. Attraverso le interazioni con vari gruppi etnici, l’etnia turca ha svolto un ruolo centrale nel plasmare la complessa storia e cultura dell’Eurasia. Gumilev ha sostenuto che, accanto ai russi, i turchi sono emersi come una delle maggiori potenze della regione grazie al loro ruolo trasformativo storico e politico, contribuendo all’equilibrio di potenza con la ricchezza culturale.

Per la Turchia, il termine “Turkestan” riflette il desiderio di riconnettersi con i popoli turcofoni e di far rivivere una coscienza storica e culturale condivisa. Questa visione, insieme al concetto di “Mondo Turco”, è stata abbracciata sia dallo Stato che dall’opinione pubblica fin dai primi anni ‘90. La Turchia ha mirato a costruire partnership nella regione su basi paritarie, sfruttando il potere unificante della cultura condivisa per rafforzare i legami economici e politici. Come affermò l’ex Presidente Süleyman Demirel: “Il mondo turco si estende dal Mar Adriatico alla Grande Muraglia Cinese”.

Il Paese ha plasmato le sue politiche regionali in quest’ottica. In linea con il nuovo regionalismo turco, sono state create istituzioni come l’Assemblea Parlamentare dei Paesi Turchi, l’Organizzazione Internazionale della Cultura Turca, l’Accademia Turca Internazionale, la Fondazione per la Cultura e il Patrimonio Turco, il Consiglio Commerciale Turco, l’Unione delle Università Turche e la Camera di Commercio e Industria Turca. Attualmente, l’Organizzazione degli Stati Turchi (OTS), precedentemente nota come Consiglio Turco, è l’organizzazione più grande. Un importante sviluppo che ha preceduto il cambiamento della struttura, è stato l’annuncio da parte dell’OTS dell’adozione di un alfabeto turco comune basato sul latino, un passo cruciale verso l’unificazione linguistica. Promuovendo l’alfabeto latino e reintroducendo il termine “Turkestan”, la Turchia sta quindi compiendo una mossa geopolitica strategica per espandere la propria influenza in Asia centrale. È anche considerata in linea con il motto dell’intellettuale panturco Ismail Gaspırali di “unità nella lingua, nel lavoro e nelle idee”, rafforzando la visione di una maggiore solidarietà turca.

Alla luce di questi sviluppi, diversi Paesi si chiedono se la Turchia stia perseguendo una politica pan-turca. La Russia, in particolare, è scettica sulle sue motivazioni. Lo scorso anno, lo staff della Commissione Helsinki degli Stati Uniti ha pubblicato un rapporto intitolato “Contestare la Russia: prepararsi alla minaccia russa a lungo termine”, in cui si sostiene che la Turchia dovrebbe essere considerata una potenza alternativa alla Russia. A tal fine, il rapporto raccomanda agli Stati Uniti di offrire sostegno alle iniziative pan-turche della Turchia (3).

Sebbene Ankara affermi che il suo obiettivo sia l’unità con i popoli turcofoni della regione, il termine “Turkestan” presenta anche svantaggi. Ad esempio, al momento non è chiaro come esso indicherà i tagiki e gli altri gruppi etnici che vivono in Asia centrale. Inoltre, l’approccio di altri attori nella regione a questa questione diventerà più chiaro nel prossimo periodo.

Si prevede che tale mossa avrà significative implicazioni geopolitiche, in particolare per le relazioni della Turchia con Russia, Iran e Cina. La Russia ha storicamente considerato l’Asia centrale parte della propria sfera d’influenza e continua a considerare la regione parte integrante del suo “estero vicino”. La Cina, nel frattempo, esercita una notevole influenza economica e politica nella regione, tenendosi stretta lo Xinjiang, patria degli uiguri turcofoni. L’adozione del termine “Turkestan” da parte della Turchia potrebbe destare preoccupazione a Mosca, Teheran e Pechino, poiché potrebbe essere vista come un tentativo di controbilanciare la loro influenza in Asia centrale. Un esempio di questa dinamica è il Forum di Ashgabat, tenutosi il 12 ottobre 2024. Alcuni osservatori suggeriscono che l’improvviso e crescente interesse di Russia e Iran per il Turkmenistan sia una risposta diretta all’impegno della Turchia nella regione, mentre altri sostengono che un’iniziativa del genere potrebbe essere imprudente, considerando le aspirazioni della Turchia all’interno dei BRICS (4).

Questa iniziativa si allinea a una tendenza più ampia in Asia centrale, dove Paesi come il Kazakistan e l’Uzbekistan si stanno sempre più allontanando dalla Russia e cercano legami più stretti con il mondo turco.  Nelle scorse settimane, il Ministro dell’Educazione di Mosca, Serghei Kravtsov, ha accusato alcuni Paesi di produrre manuali scolastici che rappresentano una visione falsa del passato sovietico; queste opere veicolano un’immagine negativa della Russia, in contraddizione con l’oggettività dei fatti storici. Mentre la Russia lavora attualmente con le Autorità educative dei Paesi della CSI per “creare uno spazio culturale e mentale unificato in Eurasia”, uno studio dell’Accademia Russa delle Scienze avrebbe rilevato nei manuali scolastici del Kazakistan, dell’Uzbekistan e dell’Azerbaigian un approccio negativo nei confronti del periodo sovietico e una minimizzazione del ruolo di Mosca nello sviluppo di queste Repubbliche. Gli esperti ritengono che queste interpretazioni storiche potrebbero alimentare sentimenti xenofobi contro i russi.

Ma i più recenti sviluppi in Asia centrale hanno evidenziato sfide significative per la politica estera della Turchia. A seguito del vertice “Asia centrale-UE” tenutosi a Samarcanda il 4 aprile 2025, i leader di Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan hanno firmato una dichiarazione congiunta a sostegno delle Risoluzioni ONU 541 (1983) e 550 (1984), che condannano esplicitamente la proclamazione dell’autoproclamata “Repubblica Turca di Cipro del Nord” (TRNC) e invitano tutti i Paesi a non riconoscerla. Inoltre, le Repubbliche dell’Asia centrale hanno espresso l’intenzione di stabilire relazioni diplomatiche dirette con la Repubblica di Cipro, al fine di rafforzare i legami con l’Unione Europea. Sono già stati raggiunti accordi con Nicosia, consentendo così il rafforzamento delle relazioni diplomatiche e l’istituzione di ambasciate.

Questa decisione ha colto molti di sorpresa, soprattutto alla luce dei programmi di integrazione nel mondo turco degli ultimi anni, che si sono estesi a vari ambiti della vita tra gli Stati membri dell’Organizzazione degli Stati Turchi (OTS). La reazione della Turchia, come riportato dai suoi media, suggerisce un senso di tradimento. Lo status di osservatore della RTNC nell’OTS è stato visto dalla Turchia come un passo avanti verso un più ampio riconoscimento internazionale per la RTNC, nella speranza che l’Asia centrale facesse da apripista al riconoscimento della sua sovranità (5).

Il “grande gioco” del multivettorialismo, tanto amato da Ankara, stavolta pare ritorcerle contro. Questa decisione sottolinea le preoccupazioni delle nazioni centroasiatiche riguardo alla crescente influenza della Turchia, che percepiscono come una potenziale minaccia alla loro sovranità.

L’Unione Europea (UE) si sta sempre più posizionando come attore chiave in Asia centrale e punta forse più su Pechino che su Ankara per la sua iniziativa macroregionale (“Corridoio di Mezzo”). Questo cambiamento suggerisce un nuovo equilibrio di potere, che colma lo spazio lasciato vacante dalla Russia e costringe la Turchia a riconsiderare il proprio ruolo nella regione. La situazione in Asia centrale potrebbe diventare sfavorevole, poiché la spinta delle élite locali per una maggiore autonomia, combinata con le attività finanziarie ed economiche degli attori globali in competizione con la Turchia, mina gli sforzi di Ankara per espandere la propria influenza.

La Turchia, da sola, non possiede la forza finanziaria ed economica necessaria per sostenere le proprie ambizioni geopolitiche; se vuole sfruttare la sua posizione strategica di hub eurasiatico, la Ankara necessita di un accordo globale con Mosca e Pechino, passando da “partner di dialogo” a membro a pieno titolo nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai. Ciò significa da una parte allentare le relazioni storiche con la NATO ma dall’altra rinunciare al diffuso sentimento di “sogno ottomano” per riscoprire le proprie radici ancestrali eurasiatiche.

(1) Ministero degli Esteri della Repubblica di Turchia, Turkiye’s Relations with Central Asian Republics, www.mfa.gov.tr.
(2) Luke Rodeheffer, La Turchia espande la sua influenza militare e culturale in Asia centrale, “Eurasia Daily Monitor” – vol. 21 – n. 115, Jamestown Foundation, 30 luglio 2024.
(3) CONTESTING RUSSIA, PREPARING FOR THE LONG-TERM RUSSIAN THREAT, A report by the U.S. Helsinki Commission Staff, csce.gov, 30 settembre 2024.
(4) Mehmet Fatih Oztarsu, The Power of Names: Turkiye’s Shift From Central Asia to Turkestan, “The Diplomat”, 14 ottobre 2024.
(5) Stefano Vernole, Ad Antalya, la Turchia rilancia il proprio peso diplomatico nell’arena globale, “Strategic Culture Foundation”, 20 aprile 2025.

Il ruolo turco in Asia centrale: atlantismo od eurasiatismo?

La Turchia sta sfruttando la crisi geopolitica in Eurasia e in alcuni Stati post-sovietici per espandere la propria influenza attraverso la cooperazione con i governi dell’Asia centrale, un maggiore coinvolgimento diplomatico e un’integrazione culturale.

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Secondo quanto scritto dalle istituzioni di Ankara alcuni anni fa, “l’Asia centrale riveste un’importanza strategica per la sicurezza e la stabilità della regione euro-atlantica. Le sue risorse energetiche sono vitali per la sicurezza energetica globale e rappresenta un importante snodo per gasdotti e oleodotti, nonché per corridoi commerciali” (1).

Dopo la loro indipendenza, le Repubbliche dell’Asia centrale hanno compiuto notevoli progressi in molti settori, in particolare nel consolidare la propria sovranità, nell’istituzionalizzare le strutture statali e nel migliorare il livello di integrazione con il mondo. La Turchia è il primo Paese ad aver riconosciuto i Paesi dell’Asia centrale e dal 1991, grazie ai comuni legami storici, linguistici e culturali, ha cercato di rafforzare il suo impegno con questa regione su un’ampia gamma di questioni. I Consigli di cooperazione strategica di alto livello con il Kazakistan, il Kirghizistan e l’Uzbekistan offrono una piattaforma utile per approfondire le relazioni reciproche, così come il meccanismo simile instaurato con il Tagikistan.

Le relazioni economiche della Turchia con le Repubbliche dell’Asia centrale si sono sviluppate rapidamente e sono stati compiuti progressi significativi nei settori del commercio, dei trasporti e delle comunicazioni. L’Agenzia Turca per la Cooperazione e lo Sviluppo (TIKA) è stata istituita per fornire assistenza allo sviluppo a questi Paesi e opera con successo in stretta collaborazione con le Autorità locali.

Le relazioni si sono sviluppate anche nei settori della cultura e dell’istruzione. L’Organizzazione Internazionale della Cultura Turca (TURKSOY) è stata fondata nel 1993 per promuovere la cultura, l’arte, la lingua e il patrimonio storico turco, diffondendo questi valori nel mondo e trasmettendoli alle giovani generazioni. Ankara ha avviato un ampio programma denominato “Borse di Studio Turchia” per studenti dell’Asia centrale e di altre regioni, mentre il Ministero dell’Istruzione Nazionale gestisce numerose università nelle Repubbliche centroasiatiche.

Dal 1992, la Turchia organizza i “Vertici dei Capi di Stato dei Paesi di Lingua Turca” al fine di rafforzare la solidarietà tra le nazioni linguisticamente turcofone e creare nuove opportunità di cooperazione tra di esse. Questa pratica ha acquisito una struttura istituzionale grazie al Trattato di Nakhichevan, relativo all’istituzione del Consiglio di Cooperazione degli Stati di Lingua Turca (Consiglio Turco), firmato il 3 ottobre 2009. La Segreteria del Consiglio ha sede a Istanbul e tale istituzione prosegue le sue attività in ogni ambito e a ogni livello, in stretta collaborazione con i Paesi membri. In sintesi, la Turchia è interessata alla stabilità e alla sicurezza nella regione, in quanto prevede di espandere la cooperazione economica globale con i Paesi dell’Asia centrale ma non rinuncia alle occasioni di allargare la propria sfera di influenza, come i “tumulti golpisti” del Kazakistan nel 2022 hanno dimostrato.

Secondo la visione statunitense, la Turchia sta sfruttando la crisi geopolitica in Eurasia e in alcuni Stati post-sovietici per espandere la propria influenza attraverso la cooperazione con i governi dell’Asia centrale, un maggiore coinvolgimento diplomatico e un’integrazione culturale (2).

Ankara sta inoltre ampliando la sua integrazione con il warfare dell’Asia centrale, poiché, a causa della guerra della Russia in Ucraina, la Turchia è in grado di soddisfare esigenze di approvvigionamento militare tradizionalmente soddisfatte da Mosca.

Il Diyanet, il Ministero degli Affari Religiosi della Turchia, è sempre più coinvolto nell’influenza culturale nella regione, costruendo moschee e fornendo aiuti umanitari, istruzione religiosa, iniziative educative, trasmissioni radiotelevisive e borse di studio per studenti.

Nel maggio dello scorso anno, Numan Kurtulmuş, presidente del parlamento turco, ha tenuto un discorso all’Università Ahmed Yesevi durante una visita ufficiale in Kazakistan. La location del discorso non è stata casuale, poiché questa università è stata fondata nella città di Turkestan, nel Kazakistan da poco indipendente, nel 1991, a dimostrazione della crescente cooperazione tra la Turchia e il mondo turco in senso più ampio. Il discorso ha sottolineato che la “crescente forza del mondo turco” non dovrebbe essere fonte di timore globale, affermando invece che il mondo turco è stato un “garante della pace mondiale”. Kurtulmus ha spiegato che, al momento, si sta verificando una crisi di governance globale, che include il mutevole equilibrio di potere in Eurasia creato dall’invasione russa dell’Ucraina su vasta scala. L’espansione della sfera d’influenza di Ankara in Asia centrale comprende sia attività di alto profilo, come il sostegno all’Azerbaigian nel conflitto del Karabakh, sia un’influenza culturale a più lungo termine in ambito religioso. Con il declino dell’influenza regionale della Russia, la Turchia può allora colmare il divario e diventare la nuova potenza dominante nella regione, facendo leva su somiglianze culturali e legami storici.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sottolineato quanto la guerra condotta dalla Russia abbia alterato la geopolitica globale in un discorso tenuto a gennaio 2024 alla 97a conferenza annuale di Milli İstihbarat Teşkilatı, il servizio di intelligence turco. Ha concentrato gran parte del suo intervento su una nuova era di riarmo e modernizzazione militare. La Turchia ha sfruttato il successo dei propri droni sul campo di battaglia in Ucraina per fornire tecnologie analoghe all’Asia centrale, sviluppando relazioni con le basi militari-industriali dei Paesi centroasiatici. Il Ministro degli Esteri turco Hakan Fidan era ufficialmente assente dalla conferenza dei servizi segreti, perché, contemporaneamente, stava partecipando ai colloqui di pace tra Kirghizistan e Tagikistan, due Stati a rischio guerra totale per questioni di delimitazione dei confini e destino delle exclave. Fidan ha espresso la speranza che le due parti raggiungessero un accordo entro pochi mesi e il suo desiderio è stato esaudito, a dimostrazione della forza diplomatica della Turchia, poiché i Bishkek e Dushanbe sono riusciti a demarcare con successo la maggior parte dei loro confini condivisi.

La Turchia sta colmando una lacuna nel settore militare degli Stati dell’Asia centrale. Ad esempio, ad aprile 2024, la stampa kirghisa ha osservato che la Russia non è più in grado di inviare al Paese sistemi di difesa missilistica a causa della guerra in corso in Ucraina. Pertanto, la leadership di Bishkek ha deciso di rivolgersi alla Turchia, sia per la fornitura di piattaforme sia per l’eventuale creazione di un centro di addestramento per i sistemi missilistici. Queste mosse interromperebbero la consolidata dipendenza da Mosca e dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva per la soddisfazione delle esigenze militari del Kirghizistan, spostandosi verso Ankara.

Oltre alle iniziative diplomatiche e militari, la crescente costruzione di moschee è il simbolo più visibile della nuova influenza turca. Il Ministero turco degli Affari Religiosi, o Diyanet, è diventato uno strumento primario per l’espansione dell’influenza regionale di Ankara. Il Diyanet sponsorizza aiuti umanitari, istruzione religiosa, iniziative educative, trasmissioni radiotelevisive e borse di studio per studenti che studiano presso le università turche. Ciò include donazioni per le celebrazioni del Ramadan e altre festività religiose. L’Amministrazione Spirituale dei Musulmani russa e il Diyanet hanno firmato un memorandum di cooperazione nel 2022. Il Ministero turco estende la sua influenza anche attraverso la costruzione di moschee all’estero (alla fine del 2023, il Diyanet aveva costruito 107 moschee all’estero). Il bilancio del Ministero è aumentato considerevolmente nel 2024, raggiungendo i 3,18 miliardi di dollari, e nell’ultimo decennio sono stati assunti decine di migliaia di funzionari aggiuntivi, per un totale di circa 140.000 dipendenti nel 2023.

In Asia centrale, questa iniziativa include la Grande Moschea Nur-Sultan ad Astana. Intitolata al primo presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev (1991-2019), è una delle dieci moschee più grandi del mondo. L’architetto capo è stato Fettah Tamince, uno dei magnati edili di maggior successo della Turchia e amico di Erdogan. Gran parte della costruzione della moschea è finanziata direttamente dal Governo turco ma il più grande progetto di Diyanet in Asia centrale finora è la Moschea Imam Serahsi, o Moschea Centrale di Bishkek, finanziata dal Ministero nel 2018 e progettata per ospitare 30.000 persone.

Il Governo turco ha anche utilizzato Diyanet per fare pressione su altre organizzazioni islamiche in Eurasia affinché cessassero la cooperazione con quella che Ankara definisce “Organizzazione terroristica di Fethullah Gülen”, in seguito al tentato colpo di stato del 2016 in Turchia. I servizi segreti turchi hanno rapito Orhan İnandı, il presunto capo della rete di Gülen in Asia centrale e lo hanno condannato a 21 anni di carcere nell’agosto 2023.

In definitiva, per Washington, l’espansione dell’influenza della Turchia nel più ampio mondo turco è stata un leitmotiv della sua politica estera sin dalla fine del dominio sovietico sul Caucaso e sull’Asia centrale e ciò potrebbe spostare il centro geopolitico dell’Asia centrale da Mosca ad Ankara, riducendo ulteriormente il potere regionale della Russia e, in una certa misura, della Cina.

Naturalmente, la questione non è passata inosservata a Mosca: “Promuovere l’idea di un passato comune contribuisce a stabilire relazioni in ambiti completamente diversi. La Turchia sta penetrando nei settori della difesa, dell’energia e della cultura, diventando un vero e proprio contrappeso alla Russia”, ha detto Anna Machina durante i lavori del Valdai Club il 9 agosto 2024. Negli ultimi anni, ha proseguito Machina, “la Turchia ha promosso con successo l’unità tra i popoli turcofoni, traendone benefici economici e politici; questa regione possiede grandi risorse minerarie e un potenziale infrastrutturale che la rendono un banco di prova per battaglie diplomatiche che coinvolgono nuovi attori politici”. Ovviamente, ora è il momento perfetto per ridistribuire le sfere d’influenza in questa regione, perché la Russia è impegnata ad affrontare la crisi ucraina e la maggior parte della popolazione dell’Asia centrale è una generazione cresciuta dopo la caduta dell’Unione Sovietica ed è libera dalla sua influenza culturale. Grazie a ciò, la Turchia gode di un innegabile vantaggio storico in questo ambito, che certamente sfrutta.

L’industria della difesa turca sta rapidamente conquistando una posizione dominante nel crescente mercato dei droni dell’Asia centrale. Nel 2022, il Kazakistan ha firmato un memorandum con la Turchia sulla cooperazione tecnico-militare con Turkish Aerospace; l’assemblaggio e la manutenzione dei droni d’attacco di Ankara inizieranno a breve. Il Kirghizistan ha acquistato i droni Akıncı e Aksungur di fabbricazione turca, mentre il Turkmenistan ha optato per i droni Bayraktar. L’esercito uzbeko dispone già di droni operativi-tattici Bayraktar TB-2.

Simbolicamente, la Turchia ha deciso di sostituire il termine “Asia centrale” con “Turkestan” nel suo programma di storia nazionale. Utilizzando il termine “Turkestan”, Ankara mira a riallinearsi valutando al contempo la regione da una propria prospettiva geopolitica. La nuova nomenclatura è stata accolta con favore e critiche da diversi analisti, sollevando interrogativi sulle intenzioni della Turchia di ridefinire il proprio ruolo. Sebbene il termine “Turkestan” non sia nuovo e abbia una lunga tradizione storica, alcuni sostengono che i recenti sviluppi suggeriscano una svolta verso un nuovo regionalismo. Con l’influenza della Russia in calo a causa della guerra in Ucraina e la crescente presenza della Cina attraverso la Belt and Road Initiative, questa mossa assume un’importanza significativa nel contesto dei cambiamenti geopolitici in corso.

Il termine “Turkestan” è storicamente significativo. Si riferisce alla regione geografica abitata da popolazioni turche, che comprende parti dell’attuale Asia centrale, tra cui Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Turkmenistan e la regione cinese dello Xinjiang. Ampiamente utilizzato prima dell’occupazione russa nel XIX secolo, il termine “Turkestan” cadde gradualmente in disuso, sostituito dal più neutro “Asia centrale”. Oggi, la Turchia e le repubbliche turche abbracciano il concetto di “Mondo turco” come risposta a questa frammentazione storica.

L’eminente storico Lev Gumilev ha sottolineato l’importanza dell’etnia turca nel panorama eurasiatico e ha criticato un approccio all’eurasiatismo puramente incentrato sulla Russia. Secondo Gumilev, turchi, tatari e mongoli hanno tutti plasmato le dinamiche della regione adattandosi alle condizioni storiche e geografiche dell’Eurasia. Attraverso le interazioni con vari gruppi etnici, l’etnia turca ha svolto un ruolo centrale nel plasmare la complessa storia e cultura dell’Eurasia. Gumilev ha sostenuto che, accanto ai russi, i turchi sono emersi come una delle maggiori potenze della regione grazie al loro ruolo trasformativo storico e politico, contribuendo all’equilibrio di potenza con la ricchezza culturale.

Per la Turchia, il termine “Turkestan” riflette il desiderio di riconnettersi con i popoli turcofoni e di far rivivere una coscienza storica e culturale condivisa. Questa visione, insieme al concetto di “Mondo Turco”, è stata abbracciata sia dallo Stato che dall’opinione pubblica fin dai primi anni ‘90. La Turchia ha mirato a costruire partnership nella regione su basi paritarie, sfruttando il potere unificante della cultura condivisa per rafforzare i legami economici e politici. Come affermò l’ex Presidente Süleyman Demirel: “Il mondo turco si estende dal Mar Adriatico alla Grande Muraglia Cinese”.

Il Paese ha plasmato le sue politiche regionali in quest’ottica. In linea con il nuovo regionalismo turco, sono state create istituzioni come l’Assemblea Parlamentare dei Paesi Turchi, l’Organizzazione Internazionale della Cultura Turca, l’Accademia Turca Internazionale, la Fondazione per la Cultura e il Patrimonio Turco, il Consiglio Commerciale Turco, l’Unione delle Università Turche e la Camera di Commercio e Industria Turca. Attualmente, l’Organizzazione degli Stati Turchi (OTS), precedentemente nota come Consiglio Turco, è l’organizzazione più grande. Un importante sviluppo che ha preceduto il cambiamento della struttura, è stato l’annuncio da parte dell’OTS dell’adozione di un alfabeto turco comune basato sul latino, un passo cruciale verso l’unificazione linguistica. Promuovendo l’alfabeto latino e reintroducendo il termine “Turkestan”, la Turchia sta quindi compiendo una mossa geopolitica strategica per espandere la propria influenza in Asia centrale. È anche considerata in linea con il motto dell’intellettuale panturco Ismail Gaspırali di “unità nella lingua, nel lavoro e nelle idee”, rafforzando la visione di una maggiore solidarietà turca.

Alla luce di questi sviluppi, diversi Paesi si chiedono se la Turchia stia perseguendo una politica pan-turca. La Russia, in particolare, è scettica sulle sue motivazioni. Lo scorso anno, lo staff della Commissione Helsinki degli Stati Uniti ha pubblicato un rapporto intitolato “Contestare la Russia: prepararsi alla minaccia russa a lungo termine”, in cui si sostiene che la Turchia dovrebbe essere considerata una potenza alternativa alla Russia. A tal fine, il rapporto raccomanda agli Stati Uniti di offrire sostegno alle iniziative pan-turche della Turchia (3).

Sebbene Ankara affermi che il suo obiettivo sia l’unità con i popoli turcofoni della regione, il termine “Turkestan” presenta anche svantaggi. Ad esempio, al momento non è chiaro come esso indicherà i tagiki e gli altri gruppi etnici che vivono in Asia centrale. Inoltre, l’approccio di altri attori nella regione a questa questione diventerà più chiaro nel prossimo periodo.

Si prevede che tale mossa avrà significative implicazioni geopolitiche, in particolare per le relazioni della Turchia con Russia, Iran e Cina. La Russia ha storicamente considerato l’Asia centrale parte della propria sfera d’influenza e continua a considerare la regione parte integrante del suo “estero vicino”. La Cina, nel frattempo, esercita una notevole influenza economica e politica nella regione, tenendosi stretta lo Xinjiang, patria degli uiguri turcofoni. L’adozione del termine “Turkestan” da parte della Turchia potrebbe destare preoccupazione a Mosca, Teheran e Pechino, poiché potrebbe essere vista come un tentativo di controbilanciare la loro influenza in Asia centrale. Un esempio di questa dinamica è il Forum di Ashgabat, tenutosi il 12 ottobre 2024. Alcuni osservatori suggeriscono che l’improvviso e crescente interesse di Russia e Iran per il Turkmenistan sia una risposta diretta all’impegno della Turchia nella regione, mentre altri sostengono che un’iniziativa del genere potrebbe essere imprudente, considerando le aspirazioni della Turchia all’interno dei BRICS (4).

Questa iniziativa si allinea a una tendenza più ampia in Asia centrale, dove Paesi come il Kazakistan e l’Uzbekistan si stanno sempre più allontanando dalla Russia e cercano legami più stretti con il mondo turco.  Nelle scorse settimane, il Ministro dell’Educazione di Mosca, Serghei Kravtsov, ha accusato alcuni Paesi di produrre manuali scolastici che rappresentano una visione falsa del passato sovietico; queste opere veicolano un’immagine negativa della Russia, in contraddizione con l’oggettività dei fatti storici. Mentre la Russia lavora attualmente con le Autorità educative dei Paesi della CSI per “creare uno spazio culturale e mentale unificato in Eurasia”, uno studio dell’Accademia Russa delle Scienze avrebbe rilevato nei manuali scolastici del Kazakistan, dell’Uzbekistan e dell’Azerbaigian un approccio negativo nei confronti del periodo sovietico e una minimizzazione del ruolo di Mosca nello sviluppo di queste Repubbliche. Gli esperti ritengono che queste interpretazioni storiche potrebbero alimentare sentimenti xenofobi contro i russi.

Ma i più recenti sviluppi in Asia centrale hanno evidenziato sfide significative per la politica estera della Turchia. A seguito del vertice “Asia centrale-UE” tenutosi a Samarcanda il 4 aprile 2025, i leader di Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan hanno firmato una dichiarazione congiunta a sostegno delle Risoluzioni ONU 541 (1983) e 550 (1984), che condannano esplicitamente la proclamazione dell’autoproclamata “Repubblica Turca di Cipro del Nord” (TRNC) e invitano tutti i Paesi a non riconoscerla. Inoltre, le Repubbliche dell’Asia centrale hanno espresso l’intenzione di stabilire relazioni diplomatiche dirette con la Repubblica di Cipro, al fine di rafforzare i legami con l’Unione Europea. Sono già stati raggiunti accordi con Nicosia, consentendo così il rafforzamento delle relazioni diplomatiche e l’istituzione di ambasciate.

Questa decisione ha colto molti di sorpresa, soprattutto alla luce dei programmi di integrazione nel mondo turco degli ultimi anni, che si sono estesi a vari ambiti della vita tra gli Stati membri dell’Organizzazione degli Stati Turchi (OTS). La reazione della Turchia, come riportato dai suoi media, suggerisce un senso di tradimento. Lo status di osservatore della RTNC nell’OTS è stato visto dalla Turchia come un passo avanti verso un più ampio riconoscimento internazionale per la RTNC, nella speranza che l’Asia centrale facesse da apripista al riconoscimento della sua sovranità (5).

Il “grande gioco” del multivettorialismo, tanto amato da Ankara, stavolta pare ritorcerle contro. Questa decisione sottolinea le preoccupazioni delle nazioni centroasiatiche riguardo alla crescente influenza della Turchia, che percepiscono come una potenziale minaccia alla loro sovranità.

L’Unione Europea (UE) si sta sempre più posizionando come attore chiave in Asia centrale e punta forse più su Pechino che su Ankara per la sua iniziativa macroregionale (“Corridoio di Mezzo”). Questo cambiamento suggerisce un nuovo equilibrio di potere, che colma lo spazio lasciato vacante dalla Russia e costringe la Turchia a riconsiderare il proprio ruolo nella regione. La situazione in Asia centrale potrebbe diventare sfavorevole, poiché la spinta delle élite locali per una maggiore autonomia, combinata con le attività finanziarie ed economiche degli attori globali in competizione con la Turchia, mina gli sforzi di Ankara per espandere la propria influenza.

La Turchia, da sola, non possiede la forza finanziaria ed economica necessaria per sostenere le proprie ambizioni geopolitiche; se vuole sfruttare la sua posizione strategica di hub eurasiatico, la Ankara necessita di un accordo globale con Mosca e Pechino, passando da “partner di dialogo” a membro a pieno titolo nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai. Ciò significa da una parte allentare le relazioni storiche con la NATO ma dall’altra rinunciare al diffuso sentimento di “sogno ottomano” per riscoprire le proprie radici ancestrali eurasiatiche.

(1) Ministero degli Esteri della Repubblica di Turchia, Turkiye’s Relations with Central Asian Republics, www.mfa.gov.tr.
(2) Luke Rodeheffer, La Turchia espande la sua influenza militare e culturale in Asia centrale, “Eurasia Daily Monitor” – vol. 21 – n. 115, Jamestown Foundation, 30 luglio 2024.
(3) CONTESTING RUSSIA, PREPARING FOR THE LONG-TERM RUSSIAN THREAT, A report by the U.S. Helsinki Commission Staff, csce.gov, 30 settembre 2024.
(4) Mehmet Fatih Oztarsu, The Power of Names: Turkiye’s Shift From Central Asia to Turkestan, “The Diplomat”, 14 ottobre 2024.
(5) Stefano Vernole, Ad Antalya, la Turchia rilancia il proprio peso diplomatico nell’arena globale, “Strategic Culture Foundation”, 20 aprile 2025.

La Turchia sta sfruttando la crisi geopolitica in Eurasia e in alcuni Stati post-sovietici per espandere la propria influenza attraverso la cooperazione con i governi dell’Asia centrale, un maggiore coinvolgimento diplomatico e un’integrazione culturale.

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Secondo quanto scritto dalle istituzioni di Ankara alcuni anni fa, “l’Asia centrale riveste un’importanza strategica per la sicurezza e la stabilità della regione euro-atlantica. Le sue risorse energetiche sono vitali per la sicurezza energetica globale e rappresenta un importante snodo per gasdotti e oleodotti, nonché per corridoi commerciali” (1).

Dopo la loro indipendenza, le Repubbliche dell’Asia centrale hanno compiuto notevoli progressi in molti settori, in particolare nel consolidare la propria sovranità, nell’istituzionalizzare le strutture statali e nel migliorare il livello di integrazione con il mondo. La Turchia è il primo Paese ad aver riconosciuto i Paesi dell’Asia centrale e dal 1991, grazie ai comuni legami storici, linguistici e culturali, ha cercato di rafforzare il suo impegno con questa regione su un’ampia gamma di questioni. I Consigli di cooperazione strategica di alto livello con il Kazakistan, il Kirghizistan e l’Uzbekistan offrono una piattaforma utile per approfondire le relazioni reciproche, così come il meccanismo simile instaurato con il Tagikistan.

Le relazioni economiche della Turchia con le Repubbliche dell’Asia centrale si sono sviluppate rapidamente e sono stati compiuti progressi significativi nei settori del commercio, dei trasporti e delle comunicazioni. L’Agenzia Turca per la Cooperazione e lo Sviluppo (TIKA) è stata istituita per fornire assistenza allo sviluppo a questi Paesi e opera con successo in stretta collaborazione con le Autorità locali.

Le relazioni si sono sviluppate anche nei settori della cultura e dell’istruzione. L’Organizzazione Internazionale della Cultura Turca (TURKSOY) è stata fondata nel 1993 per promuovere la cultura, l’arte, la lingua e il patrimonio storico turco, diffondendo questi valori nel mondo e trasmettendoli alle giovani generazioni. Ankara ha avviato un ampio programma denominato “Borse di Studio Turchia” per studenti dell’Asia centrale e di altre regioni, mentre il Ministero dell’Istruzione Nazionale gestisce numerose università nelle Repubbliche centroasiatiche.

Dal 1992, la Turchia organizza i “Vertici dei Capi di Stato dei Paesi di Lingua Turca” al fine di rafforzare la solidarietà tra le nazioni linguisticamente turcofone e creare nuove opportunità di cooperazione tra di esse. Questa pratica ha acquisito una struttura istituzionale grazie al Trattato di Nakhichevan, relativo all’istituzione del Consiglio di Cooperazione degli Stati di Lingua Turca (Consiglio Turco), firmato il 3 ottobre 2009. La Segreteria del Consiglio ha sede a Istanbul e tale istituzione prosegue le sue attività in ogni ambito e a ogni livello, in stretta collaborazione con i Paesi membri. In sintesi, la Turchia è interessata alla stabilità e alla sicurezza nella regione, in quanto prevede di espandere la cooperazione economica globale con i Paesi dell’Asia centrale ma non rinuncia alle occasioni di allargare la propria sfera di influenza, come i “tumulti golpisti” del Kazakistan nel 2022 hanno dimostrato.

Secondo la visione statunitense, la Turchia sta sfruttando la crisi geopolitica in Eurasia e in alcuni Stati post-sovietici per espandere la propria influenza attraverso la cooperazione con i governi dell’Asia centrale, un maggiore coinvolgimento diplomatico e un’integrazione culturale (2).

Ankara sta inoltre ampliando la sua integrazione con il warfare dell’Asia centrale, poiché, a causa della guerra della Russia in Ucraina, la Turchia è in grado di soddisfare esigenze di approvvigionamento militare tradizionalmente soddisfatte da Mosca.

Il Diyanet, il Ministero degli Affari Religiosi della Turchia, è sempre più coinvolto nell’influenza culturale nella regione, costruendo moschee e fornendo aiuti umanitari, istruzione religiosa, iniziative educative, trasmissioni radiotelevisive e borse di studio per studenti.

Nel maggio dello scorso anno, Numan Kurtulmuş, presidente del parlamento turco, ha tenuto un discorso all’Università Ahmed Yesevi durante una visita ufficiale in Kazakistan. La location del discorso non è stata casuale, poiché questa università è stata fondata nella città di Turkestan, nel Kazakistan da poco indipendente, nel 1991, a dimostrazione della crescente cooperazione tra la Turchia e il mondo turco in senso più ampio. Il discorso ha sottolineato che la “crescente forza del mondo turco” non dovrebbe essere fonte di timore globale, affermando invece che il mondo turco è stato un “garante della pace mondiale”. Kurtulmus ha spiegato che, al momento, si sta verificando una crisi di governance globale, che include il mutevole equilibrio di potere in Eurasia creato dall’invasione russa dell’Ucraina su vasta scala. L’espansione della sfera d’influenza di Ankara in Asia centrale comprende sia attività di alto profilo, come il sostegno all’Azerbaigian nel conflitto del Karabakh, sia un’influenza culturale a più lungo termine in ambito religioso. Con il declino dell’influenza regionale della Russia, la Turchia può allora colmare il divario e diventare la nuova potenza dominante nella regione, facendo leva su somiglianze culturali e legami storici.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sottolineato quanto la guerra condotta dalla Russia abbia alterato la geopolitica globale in un discorso tenuto a gennaio 2024 alla 97a conferenza annuale di Milli İstihbarat Teşkilatı, il servizio di intelligence turco. Ha concentrato gran parte del suo intervento su una nuova era di riarmo e modernizzazione militare. La Turchia ha sfruttato il successo dei propri droni sul campo di battaglia in Ucraina per fornire tecnologie analoghe all’Asia centrale, sviluppando relazioni con le basi militari-industriali dei Paesi centroasiatici. Il Ministro degli Esteri turco Hakan Fidan era ufficialmente assente dalla conferenza dei servizi segreti, perché, contemporaneamente, stava partecipando ai colloqui di pace tra Kirghizistan e Tagikistan, due Stati a rischio guerra totale per questioni di delimitazione dei confini e destino delle exclave. Fidan ha espresso la speranza che le due parti raggiungessero un accordo entro pochi mesi e il suo desiderio è stato esaudito, a dimostrazione della forza diplomatica della Turchia, poiché i Bishkek e Dushanbe sono riusciti a demarcare con successo la maggior parte dei loro confini condivisi.

La Turchia sta colmando una lacuna nel settore militare degli Stati dell’Asia centrale. Ad esempio, ad aprile 2024, la stampa kirghisa ha osservato che la Russia non è più in grado di inviare al Paese sistemi di difesa missilistica a causa della guerra in corso in Ucraina. Pertanto, la leadership di Bishkek ha deciso di rivolgersi alla Turchia, sia per la fornitura di piattaforme sia per l’eventuale creazione di un centro di addestramento per i sistemi missilistici. Queste mosse interromperebbero la consolidata dipendenza da Mosca e dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva per la soddisfazione delle esigenze militari del Kirghizistan, spostandosi verso Ankara.

Oltre alle iniziative diplomatiche e militari, la crescente costruzione di moschee è il simbolo più visibile della nuova influenza turca. Il Ministero turco degli Affari Religiosi, o Diyanet, è diventato uno strumento primario per l’espansione dell’influenza regionale di Ankara. Il Diyanet sponsorizza aiuti umanitari, istruzione religiosa, iniziative educative, trasmissioni radiotelevisive e borse di studio per studenti che studiano presso le università turche. Ciò include donazioni per le celebrazioni del Ramadan e altre festività religiose. L’Amministrazione Spirituale dei Musulmani russa e il Diyanet hanno firmato un memorandum di cooperazione nel 2022. Il Ministero turco estende la sua influenza anche attraverso la costruzione di moschee all’estero (alla fine del 2023, il Diyanet aveva costruito 107 moschee all’estero). Il bilancio del Ministero è aumentato considerevolmente nel 2024, raggiungendo i 3,18 miliardi di dollari, e nell’ultimo decennio sono stati assunti decine di migliaia di funzionari aggiuntivi, per un totale di circa 140.000 dipendenti nel 2023.

In Asia centrale, questa iniziativa include la Grande Moschea Nur-Sultan ad Astana. Intitolata al primo presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev (1991-2019), è una delle dieci moschee più grandi del mondo. L’architetto capo è stato Fettah Tamince, uno dei magnati edili di maggior successo della Turchia e amico di Erdogan. Gran parte della costruzione della moschea è finanziata direttamente dal Governo turco ma il più grande progetto di Diyanet in Asia centrale finora è la Moschea Imam Serahsi, o Moschea Centrale di Bishkek, finanziata dal Ministero nel 2018 e progettata per ospitare 30.000 persone.

Il Governo turco ha anche utilizzato Diyanet per fare pressione su altre organizzazioni islamiche in Eurasia affinché cessassero la cooperazione con quella che Ankara definisce “Organizzazione terroristica di Fethullah Gülen”, in seguito al tentato colpo di stato del 2016 in Turchia. I servizi segreti turchi hanno rapito Orhan İnandı, il presunto capo della rete di Gülen in Asia centrale e lo hanno condannato a 21 anni di carcere nell’agosto 2023.

In definitiva, per Washington, l’espansione dell’influenza della Turchia nel più ampio mondo turco è stata un leitmotiv della sua politica estera sin dalla fine del dominio sovietico sul Caucaso e sull’Asia centrale e ciò potrebbe spostare il centro geopolitico dell’Asia centrale da Mosca ad Ankara, riducendo ulteriormente il potere regionale della Russia e, in una certa misura, della Cina.

Naturalmente, la questione non è passata inosservata a Mosca: “Promuovere l’idea di un passato comune contribuisce a stabilire relazioni in ambiti completamente diversi. La Turchia sta penetrando nei settori della difesa, dell’energia e della cultura, diventando un vero e proprio contrappeso alla Russia”, ha detto Anna Machina durante i lavori del Valdai Club il 9 agosto 2024. Negli ultimi anni, ha proseguito Machina, “la Turchia ha promosso con successo l’unità tra i popoli turcofoni, traendone benefici economici e politici; questa regione possiede grandi risorse minerarie e un potenziale infrastrutturale che la rendono un banco di prova per battaglie diplomatiche che coinvolgono nuovi attori politici”. Ovviamente, ora è il momento perfetto per ridistribuire le sfere d’influenza in questa regione, perché la Russia è impegnata ad affrontare la crisi ucraina e la maggior parte della popolazione dell’Asia centrale è una generazione cresciuta dopo la caduta dell’Unione Sovietica ed è libera dalla sua influenza culturale. Grazie a ciò, la Turchia gode di un innegabile vantaggio storico in questo ambito, che certamente sfrutta.

L’industria della difesa turca sta rapidamente conquistando una posizione dominante nel crescente mercato dei droni dell’Asia centrale. Nel 2022, il Kazakistan ha firmato un memorandum con la Turchia sulla cooperazione tecnico-militare con Turkish Aerospace; l’assemblaggio e la manutenzione dei droni d’attacco di Ankara inizieranno a breve. Il Kirghizistan ha acquistato i droni Akıncı e Aksungur di fabbricazione turca, mentre il Turkmenistan ha optato per i droni Bayraktar. L’esercito uzbeko dispone già di droni operativi-tattici Bayraktar TB-2.

Simbolicamente, la Turchia ha deciso di sostituire il termine “Asia centrale” con “Turkestan” nel suo programma di storia nazionale. Utilizzando il termine “Turkestan”, Ankara mira a riallinearsi valutando al contempo la regione da una propria prospettiva geopolitica. La nuova nomenclatura è stata accolta con favore e critiche da diversi analisti, sollevando interrogativi sulle intenzioni della Turchia di ridefinire il proprio ruolo. Sebbene il termine “Turkestan” non sia nuovo e abbia una lunga tradizione storica, alcuni sostengono che i recenti sviluppi suggeriscano una svolta verso un nuovo regionalismo. Con l’influenza della Russia in calo a causa della guerra in Ucraina e la crescente presenza della Cina attraverso la Belt and Road Initiative, questa mossa assume un’importanza significativa nel contesto dei cambiamenti geopolitici in corso.

Il termine “Turkestan” è storicamente significativo. Si riferisce alla regione geografica abitata da popolazioni turche, che comprende parti dell’attuale Asia centrale, tra cui Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Turkmenistan e la regione cinese dello Xinjiang. Ampiamente utilizzato prima dell’occupazione russa nel XIX secolo, il termine “Turkestan” cadde gradualmente in disuso, sostituito dal più neutro “Asia centrale”. Oggi, la Turchia e le repubbliche turche abbracciano il concetto di “Mondo turco” come risposta a questa frammentazione storica.

L’eminente storico Lev Gumilev ha sottolineato l’importanza dell’etnia turca nel panorama eurasiatico e ha criticato un approccio all’eurasiatismo puramente incentrato sulla Russia. Secondo Gumilev, turchi, tatari e mongoli hanno tutti plasmato le dinamiche della regione adattandosi alle condizioni storiche e geografiche dell’Eurasia. Attraverso le interazioni con vari gruppi etnici, l’etnia turca ha svolto un ruolo centrale nel plasmare la complessa storia e cultura dell’Eurasia. Gumilev ha sostenuto che, accanto ai russi, i turchi sono emersi come una delle maggiori potenze della regione grazie al loro ruolo trasformativo storico e politico, contribuendo all’equilibrio di potenza con la ricchezza culturale.

Per la Turchia, il termine “Turkestan” riflette il desiderio di riconnettersi con i popoli turcofoni e di far rivivere una coscienza storica e culturale condivisa. Questa visione, insieme al concetto di “Mondo Turco”, è stata abbracciata sia dallo Stato che dall’opinione pubblica fin dai primi anni ‘90. La Turchia ha mirato a costruire partnership nella regione su basi paritarie, sfruttando il potere unificante della cultura condivisa per rafforzare i legami economici e politici. Come affermò l’ex Presidente Süleyman Demirel: “Il mondo turco si estende dal Mar Adriatico alla Grande Muraglia Cinese”.

Il Paese ha plasmato le sue politiche regionali in quest’ottica. In linea con il nuovo regionalismo turco, sono state create istituzioni come l’Assemblea Parlamentare dei Paesi Turchi, l’Organizzazione Internazionale della Cultura Turca, l’Accademia Turca Internazionale, la Fondazione per la Cultura e il Patrimonio Turco, il Consiglio Commerciale Turco, l’Unione delle Università Turche e la Camera di Commercio e Industria Turca. Attualmente, l’Organizzazione degli Stati Turchi (OTS), precedentemente nota come Consiglio Turco, è l’organizzazione più grande. Un importante sviluppo che ha preceduto il cambiamento della struttura, è stato l’annuncio da parte dell’OTS dell’adozione di un alfabeto turco comune basato sul latino, un passo cruciale verso l’unificazione linguistica. Promuovendo l’alfabeto latino e reintroducendo il termine “Turkestan”, la Turchia sta quindi compiendo una mossa geopolitica strategica per espandere la propria influenza in Asia centrale. È anche considerata in linea con il motto dell’intellettuale panturco Ismail Gaspırali di “unità nella lingua, nel lavoro e nelle idee”, rafforzando la visione di una maggiore solidarietà turca.

Alla luce di questi sviluppi, diversi Paesi si chiedono se la Turchia stia perseguendo una politica pan-turca. La Russia, in particolare, è scettica sulle sue motivazioni. Lo scorso anno, lo staff della Commissione Helsinki degli Stati Uniti ha pubblicato un rapporto intitolato “Contestare la Russia: prepararsi alla minaccia russa a lungo termine”, in cui si sostiene che la Turchia dovrebbe essere considerata una potenza alternativa alla Russia. A tal fine, il rapporto raccomanda agli Stati Uniti di offrire sostegno alle iniziative pan-turche della Turchia (3).

Sebbene Ankara affermi che il suo obiettivo sia l’unità con i popoli turcofoni della regione, il termine “Turkestan” presenta anche svantaggi. Ad esempio, al momento non è chiaro come esso indicherà i tagiki e gli altri gruppi etnici che vivono in Asia centrale. Inoltre, l’approccio di altri attori nella regione a questa questione diventerà più chiaro nel prossimo periodo.

Si prevede che tale mossa avrà significative implicazioni geopolitiche, in particolare per le relazioni della Turchia con Russia, Iran e Cina. La Russia ha storicamente considerato l’Asia centrale parte della propria sfera d’influenza e continua a considerare la regione parte integrante del suo “estero vicino”. La Cina, nel frattempo, esercita una notevole influenza economica e politica nella regione, tenendosi stretta lo Xinjiang, patria degli uiguri turcofoni. L’adozione del termine “Turkestan” da parte della Turchia potrebbe destare preoccupazione a Mosca, Teheran e Pechino, poiché potrebbe essere vista come un tentativo di controbilanciare la loro influenza in Asia centrale. Un esempio di questa dinamica è il Forum di Ashgabat, tenutosi il 12 ottobre 2024. Alcuni osservatori suggeriscono che l’improvviso e crescente interesse di Russia e Iran per il Turkmenistan sia una risposta diretta all’impegno della Turchia nella regione, mentre altri sostengono che un’iniziativa del genere potrebbe essere imprudente, considerando le aspirazioni della Turchia all’interno dei BRICS (4).

Questa iniziativa si allinea a una tendenza più ampia in Asia centrale, dove Paesi come il Kazakistan e l’Uzbekistan si stanno sempre più allontanando dalla Russia e cercano legami più stretti con il mondo turco.  Nelle scorse settimane, il Ministro dell’Educazione di Mosca, Serghei Kravtsov, ha accusato alcuni Paesi di produrre manuali scolastici che rappresentano una visione falsa del passato sovietico; queste opere veicolano un’immagine negativa della Russia, in contraddizione con l’oggettività dei fatti storici. Mentre la Russia lavora attualmente con le Autorità educative dei Paesi della CSI per “creare uno spazio culturale e mentale unificato in Eurasia”, uno studio dell’Accademia Russa delle Scienze avrebbe rilevato nei manuali scolastici del Kazakistan, dell’Uzbekistan e dell’Azerbaigian un approccio negativo nei confronti del periodo sovietico e una minimizzazione del ruolo di Mosca nello sviluppo di queste Repubbliche. Gli esperti ritengono che queste interpretazioni storiche potrebbero alimentare sentimenti xenofobi contro i russi.

Ma i più recenti sviluppi in Asia centrale hanno evidenziato sfide significative per la politica estera della Turchia. A seguito del vertice “Asia centrale-UE” tenutosi a Samarcanda il 4 aprile 2025, i leader di Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan hanno firmato una dichiarazione congiunta a sostegno delle Risoluzioni ONU 541 (1983) e 550 (1984), che condannano esplicitamente la proclamazione dell’autoproclamata “Repubblica Turca di Cipro del Nord” (TRNC) e invitano tutti i Paesi a non riconoscerla. Inoltre, le Repubbliche dell’Asia centrale hanno espresso l’intenzione di stabilire relazioni diplomatiche dirette con la Repubblica di Cipro, al fine di rafforzare i legami con l’Unione Europea. Sono già stati raggiunti accordi con Nicosia, consentendo così il rafforzamento delle relazioni diplomatiche e l’istituzione di ambasciate.

Questa decisione ha colto molti di sorpresa, soprattutto alla luce dei programmi di integrazione nel mondo turco degli ultimi anni, che si sono estesi a vari ambiti della vita tra gli Stati membri dell’Organizzazione degli Stati Turchi (OTS). La reazione della Turchia, come riportato dai suoi media, suggerisce un senso di tradimento. Lo status di osservatore della RTNC nell’OTS è stato visto dalla Turchia come un passo avanti verso un più ampio riconoscimento internazionale per la RTNC, nella speranza che l’Asia centrale facesse da apripista al riconoscimento della sua sovranità (5).

Il “grande gioco” del multivettorialismo, tanto amato da Ankara, stavolta pare ritorcerle contro. Questa decisione sottolinea le preoccupazioni delle nazioni centroasiatiche riguardo alla crescente influenza della Turchia, che percepiscono come una potenziale minaccia alla loro sovranità.

L’Unione Europea (UE) si sta sempre più posizionando come attore chiave in Asia centrale e punta forse più su Pechino che su Ankara per la sua iniziativa macroregionale (“Corridoio di Mezzo”). Questo cambiamento suggerisce un nuovo equilibrio di potere, che colma lo spazio lasciato vacante dalla Russia e costringe la Turchia a riconsiderare il proprio ruolo nella regione. La situazione in Asia centrale potrebbe diventare sfavorevole, poiché la spinta delle élite locali per una maggiore autonomia, combinata con le attività finanziarie ed economiche degli attori globali in competizione con la Turchia, mina gli sforzi di Ankara per espandere la propria influenza.

La Turchia, da sola, non possiede la forza finanziaria ed economica necessaria per sostenere le proprie ambizioni geopolitiche; se vuole sfruttare la sua posizione strategica di hub eurasiatico, la Ankara necessita di un accordo globale con Mosca e Pechino, passando da “partner di dialogo” a membro a pieno titolo nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai. Ciò significa da una parte allentare le relazioni storiche con la NATO ma dall’altra rinunciare al diffuso sentimento di “sogno ottomano” per riscoprire le proprie radici ancestrali eurasiatiche.

(1) Ministero degli Esteri della Repubblica di Turchia, Turkiye’s Relations with Central Asian Republics, www.mfa.gov.tr.
(2) Luke Rodeheffer, La Turchia espande la sua influenza militare e culturale in Asia centrale, “Eurasia Daily Monitor” – vol. 21 – n. 115, Jamestown Foundation, 30 luglio 2024.
(3) CONTESTING RUSSIA, PREPARING FOR THE LONG-TERM RUSSIAN THREAT, A report by the U.S. Helsinki Commission Staff, csce.gov, 30 settembre 2024.
(4) Mehmet Fatih Oztarsu, The Power of Names: Turkiye’s Shift From Central Asia to Turkestan, “The Diplomat”, 14 ottobre 2024.
(5) Stefano Vernole, Ad Antalya, la Turchia rilancia il proprio peso diplomatico nell’arena globale, “Strategic Culture Foundation”, 20 aprile 2025.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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