Italiano
Stefano Vernole
June 27, 2025
© Photo: Public domain

Si tratta di un quadro che porta alla ribalta la penetrazione degli apparati spionistici israeliani e statunitensi all’interno dei sistemi di sicurezza di un Paese come l’Italia, la cui posizione strategica sul Mediterraneo non può essere sottovalutata ancor più alla luce dei recenti conflitti regionali.

Segue nostro Telegram.

Lo scorso 9 giugno, dopo lo stop temporaneo del 14 febbraio, il Copasir italiano (Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti) ha deciso di rescindere definitivamente il contratto tra l’israeliana Paragon Solutions ed il Governo di Roma, annunciando una relazione sull’uso dello spyware Graphite da parte dell’intelligence; secondo i riscontri di Meta, tale sistema sarebbe stato usato per intercettare il direttore di Fanpage Francesco Cancellato ma anche altri giornalisti, tra i quali Roberto D’Agostino, direttore di Dagospia e la giornalista olandese Eva Vlaardingerbroek, opinionista euroscettica.

Graphite è uno strumento spyware regolamentato che consente agli utenti, compresi gli enti governativi, di accedere, raccogliere ed estrarre dati sottoposti a backup dallo smartphone di un individuo sul cloud; una volta che un telefono è infettato da Graphite, l’operatore dello spyware ha accesso totale al telefono, inclusa la possibilità di leggere i messaggi inviati tramite applicazioni crittografate come Signal e WhatsApp.

Proprio un portavoce di WhatsApp ha affermato che la campagna di spyware ha interessato una novantina di utenti, tra cui giornalisti ed esponenti della società civile “in oltre due dozzine di Paesi, in particolare in Europa”. Lo scorso dicembre la stampa israeliana ha scritto dell’azienda dopo la cessione al fondo di private equity americano AE Industrial Partners: Paragon è un rivale della società di cyber-hacking israeliana NSO Group, il produttore del controverso software Pegasus, ha scritto “Times of Israel”. Nel 2019 l’ex comandante dell’unità di intelligence d’élite 8200 dell’IDF Ehud Schneorson ha fondato Paragon insieme al ceo Idan Nurick, al Cto Igor Bogudlov e allo Chief Research Officer Liad Abraham e nel cda della società figura anche l’ex Primo Ministro israeliano Ehud Barak. Tra i suoi principali investitori ci sono la società di venture capital statunitense Battery Ventures e il fondo di venture capital israeliano Red Dot.

Secondo il “Guardian” oggi Paragon ha un ufficio negli Stati Uniti a Chantilly, in Virginia. L’azienda è stata recentemente sottoposta a un esame approfondito dopo che la rivista “Wired” a ottobre ha riferito che Paragon si è aggiudicata un contratto da 2 milioni di dollari con l’agenzia Immigration and Customs Enforcement della US Homeland Security. Tra i suoi clienti figurano quindi il Governo degli Stati Uniti e le agenzie di polizia in Europa e Israele, insieme a Paesi come Grecia, Polonia, Ungheria, Messico e India.

Paragon ha dichiarato di aver offerto “al Governo e al Parlamento un modo per determinare” se il suo software sia stato usato contro il direttore di Fanpage, ma le autorità di Roma “hanno scelto di non procedere con questa soluzione”; fonti degli 007 italiani smentiscono però questa ricostruzione: “Il 14 febbraio scorso le Agenzie di intelligence e Paragon Solutions decisero di comune accordo la sospensione dell’uso dello spyware Graphite”, rivelano all’agenzia Ansa. “Fra Agenzie di intelligence e Paragon in data 12 aprile 2025 si è poi pervenuti alla decisione di siglare il documento che conclude le relazioni commerciali fra le parti, senza ulteriori richieste o incombenze. Quindi, non vi è mai stata rescissione unilaterale a seguito di presunte condotte illegali delle Agenzie di intelligence italiane” (1)

Naturalmente ad alcuni politici italiani è parso strano che i due giornalisti spiati fossero quelli che avevano realizzato inchieste e diffuso informazioni dettagliate sui contrasti interni al partito della Premier Giorgia Meloni.

La questione di Paragon è inquietante perché si somma ad una recente inchiesta della Magistratura italiana che riguarda un caso di spionaggio ancora più importante: la strana “tela” che unisce Mossad, CIA, “Squadra Fiore” (un presunto servizio segreto parallelo composto anche da ex 007) e gli spioni di Equalize(2). Al centro della spy story troviamo Vincenzo De Marzio, ex carabiniere dell’Anticrimine e poi ex Ros, nome in codice Tela, poi ex spia per i Servizi segreti italiani e per la Cia. Per un anno, dal 2002 al 2003, è stato alle dipendenze del Raggruppamento Unità e Difesa con sede a Forte Braschi a Roma (Rud). Si tratta di un’agenzia interforze del servizio segreto militare italiano (De Marzio, oggi indagato a Milano per associazione a delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistemi informatici e per il quale De Tommasi aveva chiesto l’arresto poi respinto dal gip, non è un uomo di Equalize, seppur ne abbia frequentato gli uffici).

Un altro indagato, Nunzio Samuele Calamucci, racconta che De Marzio gli disse di essere un ex ufficiale del Ros di Milano e “mi racconta del passato, delle operazioni fatte al Ros (…). Fino a quando mi spiega che oltre a lavorare per i Servizi segreti italiani, sarebbe stato assoldato dalla Cia. Mi mostra delle polaroid. La Cia per lui era un secondo lavoro pagato in contanti (…) ma non c’entravano col gruppo Fiore. Sarebbe stato avvicinato dagli 007 americani durante la carriera da carabiniere perché aveva accesso allo Sdi”. Le informazioni poi “le rivendeva alla Cia”. Su chi? “Su Berlusconi e Tangentopoli, sul caso Abu Omar aveva dato informazioni alla Cia. Lui conosceva bene l’arabo”.

Con gli uffici di Langley, Tela avrebbe iniziato a collaborare nel 1992. Legami che sembra aver mantenuto fino ad oggi. “De Marzio – prosegue Calamucci – mi mise in contatto con due israeliani che avevano lavorato per il Mossad. Costoro mi fecero fare la ricostruzione (…) di un russo”. Chi? L’oligarca ortodosso Konstantin Malofeev, sponsor del filosofo nazionalista Alexander Dugin apprezzato dall’ex sherpa della Lega per i rapporti con Mosca, Gianluca Savoini. Il report di Calamucci riguardava “le proprietà di questo oligarca e sarebbe stato destinato a un ufficio americano per le contestazioni. Mi diceva che erano dei Servizi segreti israeliani e dopo il congedo entrarono in studi legali. Pagavano De Marzio con una società di shipping maltese e avevano uno studio a Londra. Venivano a Milano con cadenza regolare. In un’occasione in via Pattari, dissero di avere accesso a un database iraniano che conteneva dati finanziari” (3) Poi Tela passa a raccontare degli agenti dei servizi segreti coinvolti nel caso Abu Omar, svelando come molti di loro ancora oggi stiano lavorando per un’agenzia investigativa: “Vengono tutti arrestati (…). Io sono stato al processo, ti mando la mia testimonianza (…). Conosco le persone che sono ancora in giro (…) le metodologie (…) adesso hanno aperto un’agenzia investigativa a Roma (…). Tutti ex carabinieri (..). Hanno una rete vastissima (…). Il 50% di questi sono operativi per gli americani”.

Tra i dati rubati da Equalize anche quelli di ENI, principale società energetica italiana e ispiratrice di molte delle mosse geopolitiche della Farnesina; spiati anche magistrati e prefetti.

Ma pochi mesi prima c’era stato il caso dell’acquisizione della rete di telecomunicazione italiana di TIM da parte del fondo statunitense KKR e l’affidamento di attività di intelligence economica di Cassa Depositi e Prestiti alla Globintech, una società di cybersecurity guidata da ex dirigenti della CIA, sollevando preoccupanti interrogativi sulla sovranità tecnologica e sulla sicurezza nazionale dell’Italia. Il think tank che affianca KKR nell’analisi geopolitica e degli scenari globali, il KKR Global Institute, è guidato da David H. Petraeus, ex direttore della CIA e generale con una lunga carriera nelle forze armate statunitensi: l’acquisizione della rete TIM da parte di KKR, con Petraeus al timone, potrebbe essere vista come un tentativo degli Stati Uniti di estendere la loro influenza sulle infrastrutture di comunicazione italiane.

Parallelamente, la Cassa Depositi e Prestiti, attore chiave nel finanziamento alle piccole e medie imprese italiane, ha affidato alla Globintech la fornitura di servizi di intelligence per la cybersecurity. Globintech è co-fondata da Robert Gorelick, ex capo centro della CIA in Italia, e Alberto Manenti, ex direttore della branca estera dei Servizi Segreti italiani (Aise). Questa collaborazione suscita preoccupazioni per la gestione dei dati sensibili. La presenza di figure con un passato così rilevante nei servizi di intelligence ha sollevato dubbi sulla possibilità di influenze straniere nella gestione delle informazioni critiche.

Tuttavia, queste inchieste non hanno di certo fermato l’attività delle società di “sicurezza” israeliane in Italia.

Non solo la Tekapp, azienda modenese con esperti a Tel Aviv, recentemente contestata dagli attivisti per i suoi legami (fino a pochi giorni fa ben evidenti nel sito internet) con la divisione 8200 dell’esercito israeliano, unità che si occupa di sorveglianza, controllo e targeting degli obiettivi e che tra le varie cose è stata accusata (insieme al Mossad) dell’esplosione dei cerca persone in Libano.

Un altro esempio particolare è l’azienda israeliana Cgi Group che a inizio 2025 ha aperto una nuova sede a Roma, dopo la principale a Tel Aviv.  Cgi Group opera dal 1989 nei settori della consulenza, cyber security, raccolta di informazioni e intelligence a livello globale, impiegando ex alti funzionari delle unità d’élite dell’Idf (Israel Defence Force), dei servizi di sicurezza e del Mossad. Il suo amministratore delegato, Zvika Nave, ha ricoperto numerosi incarichi riservati nell’esercito israeliano, mentre il presidente, Yacov Perry, è stato direttore dello Shin Bet tra il 1988 e il 1995. Perry è stato anche presidente della compagnia telefonica Cellcom e del Consiglio di amministrazione della Banca Mizrahi Tefahot, nonché Ministro della Tecnologia nel Governo di Benjamin Netanyahu, da sempre molto vicino al Premier di Tel Aviv. Sono famose le sue parole dopo il 7 ottobre 2023, ad una TV italiana: “elimineremo definitivamente la striscia di Gaza”. La filiale italiana di Cgi Group è guidata da Oren Ziv che ha lavorato presso le ambasciate israeliane a Roma e Nuova Delhi e per fondi d’investimento multinazionali.

In Italia, la Cgi Group annovera tra i suoi primi clienti Cristiano Rufini, attualmente presidente di Olidata Spa. L’azienda, fondata a Cesena e con sede a Roma, opera da tempo nel mercato informatico e si è aggiudicata vari appalti pubblici nel campo della cyber security, gestione dati, intelligenza artificiale e sviluppo software. “Il mandato affidato da Rufini a Cgi Group è quello di rafforzare l’immagine pubblica dell’azienda e giocare la partita del rilancio senza esitazioni”, si legge in un comunicato dell’agenzia israeliana. Olidata e il suo presidente, lo scorso autunno, sono infatti finiti indagati nella maxi inchiesta della Procura di Roma su vari appalti di informatica e telecomunicazioni banditi da Sogei (società di informatica controllata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze), dal Ministero dell’Interno, dal Ministero della Difesa e dallo Stato maggiore della Difesa. A metà ottobre 2024 il direttore generale di Sogei è stato arrestato in flagranza di reato mentre riceveva una mazzetta da un imprenditore, l’inchiesta si è poi ampliata coinvolgendo 18 persone fisiche e 14 società indagate, tra cui Cristiano Rufini e Olidata. Contestati i reati contro la Pubblica Amministrazione, corruzione e turbativa d’asta. A febbraio 2025 Olidata si è aggiudicata una gara indetta da Consip (la centrale acquisti della Pubblica Amministrazione) per un valore di 20 milioni di euro, per la fornitura di software alle pubbliche amministrazioni, su “una delle piattaforme di analisi più complete e innovative, corredata di moduli di intelligenza artificiale e analisi dati avanzata”. Tra gli altri bandi già vinti da Olidata, ci sono l’accordo quadro (2023-2026) con la Snam per la fornitura di prodotti software tramite la controllata Sferanet e la gara dal valore di 3,6 milioni di euro per la piattaforma di gestione dei dati di Cassa Depositi e Prestiti, aggiudicata nel 2023 e che durerà fino al 2026.

Oltre ai risvolti giudiziari della vicenda, ancora alle sue fasi iniziali, dovrebbe preoccupare il fatto che il presidente di un’azienda che fornisce software e programmi di analisi dati alle pubbliche amministrazioni, sia il cliente di un’agenzia di spionaggio legata all’esercito e ai servizi segreti israeliani (4).

Si tratta di un quadro che porta alla ribalta la penetrazione degli apparati spionistici israeliani e statunitensi all’interno dei sistemi di sicurezza di un Paese come l’Italia, la cui posizione strategica sul Mediterraneo non può essere sottovalutata ancor più alla luce dei recenti conflitti regionali.

__

(1) Secondo quanto dichiarato dall’azienda israeliana: “Paragon vende la sua tecnologia esclusivamente alle forze dell’ordine e alle agenzie di intelligence di Paesi democratici che hanno superato con successo il suo rigoroso processo di due diligence e verifica. A seguito delle segnalazioni riguardanti il giornalista Cancellato, Paragon ha disconnesso i suoi sistemi da tutti i clienti in Italia. Alla luce delle recenti conclusioni della commissione parlamentare italiana – aggiunge la nota stampa – Paragon è pronta a fornire assistenza in qualsiasi indagine, qualora le autorità italiane ne facciano richiesta ufficiale”

(2) In questo caso al centro c’è la società Equalize, che formalmente si occupa di Business Intelligence e di Reputazione aziendale (“Equalize nasce dal concetto di legalità come valore etico primario e precondizione per la crescita e per lo sviluppo del business aziendale”).

(3) Davide Milosa, “Il Fatto Quotidiano”, 16 marzo 2025

(4) Per approfondire, cfr. Linda Maggiori, Gli affari delle agenzie di spionaggio israeliane in Italia. Il caso di Cgi Group e di Olidata, Pressenza International Press Agency, 27 maggio 2025.

L’ombra dello spionaggio israeliano sulla “sicurezza” italiana

Si tratta di un quadro che porta alla ribalta la penetrazione degli apparati spionistici israeliani e statunitensi all’interno dei sistemi di sicurezza di un Paese come l’Italia, la cui posizione strategica sul Mediterraneo non può essere sottovalutata ancor più alla luce dei recenti conflitti regionali.

Segue nostro Telegram.

Lo scorso 9 giugno, dopo lo stop temporaneo del 14 febbraio, il Copasir italiano (Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti) ha deciso di rescindere definitivamente il contratto tra l’israeliana Paragon Solutions ed il Governo di Roma, annunciando una relazione sull’uso dello spyware Graphite da parte dell’intelligence; secondo i riscontri di Meta, tale sistema sarebbe stato usato per intercettare il direttore di Fanpage Francesco Cancellato ma anche altri giornalisti, tra i quali Roberto D’Agostino, direttore di Dagospia e la giornalista olandese Eva Vlaardingerbroek, opinionista euroscettica.

Graphite è uno strumento spyware regolamentato che consente agli utenti, compresi gli enti governativi, di accedere, raccogliere ed estrarre dati sottoposti a backup dallo smartphone di un individuo sul cloud; una volta che un telefono è infettato da Graphite, l’operatore dello spyware ha accesso totale al telefono, inclusa la possibilità di leggere i messaggi inviati tramite applicazioni crittografate come Signal e WhatsApp.

Proprio un portavoce di WhatsApp ha affermato che la campagna di spyware ha interessato una novantina di utenti, tra cui giornalisti ed esponenti della società civile “in oltre due dozzine di Paesi, in particolare in Europa”. Lo scorso dicembre la stampa israeliana ha scritto dell’azienda dopo la cessione al fondo di private equity americano AE Industrial Partners: Paragon è un rivale della società di cyber-hacking israeliana NSO Group, il produttore del controverso software Pegasus, ha scritto “Times of Israel”. Nel 2019 l’ex comandante dell’unità di intelligence d’élite 8200 dell’IDF Ehud Schneorson ha fondato Paragon insieme al ceo Idan Nurick, al Cto Igor Bogudlov e allo Chief Research Officer Liad Abraham e nel cda della società figura anche l’ex Primo Ministro israeliano Ehud Barak. Tra i suoi principali investitori ci sono la società di venture capital statunitense Battery Ventures e il fondo di venture capital israeliano Red Dot.

Secondo il “Guardian” oggi Paragon ha un ufficio negli Stati Uniti a Chantilly, in Virginia. L’azienda è stata recentemente sottoposta a un esame approfondito dopo che la rivista “Wired” a ottobre ha riferito che Paragon si è aggiudicata un contratto da 2 milioni di dollari con l’agenzia Immigration and Customs Enforcement della US Homeland Security. Tra i suoi clienti figurano quindi il Governo degli Stati Uniti e le agenzie di polizia in Europa e Israele, insieme a Paesi come Grecia, Polonia, Ungheria, Messico e India.

Paragon ha dichiarato di aver offerto “al Governo e al Parlamento un modo per determinare” se il suo software sia stato usato contro il direttore di Fanpage, ma le autorità di Roma “hanno scelto di non procedere con questa soluzione”; fonti degli 007 italiani smentiscono però questa ricostruzione: “Il 14 febbraio scorso le Agenzie di intelligence e Paragon Solutions decisero di comune accordo la sospensione dell’uso dello spyware Graphite”, rivelano all’agenzia Ansa. “Fra Agenzie di intelligence e Paragon in data 12 aprile 2025 si è poi pervenuti alla decisione di siglare il documento che conclude le relazioni commerciali fra le parti, senza ulteriori richieste o incombenze. Quindi, non vi è mai stata rescissione unilaterale a seguito di presunte condotte illegali delle Agenzie di intelligence italiane” (1)

Naturalmente ad alcuni politici italiani è parso strano che i due giornalisti spiati fossero quelli che avevano realizzato inchieste e diffuso informazioni dettagliate sui contrasti interni al partito della Premier Giorgia Meloni.

La questione di Paragon è inquietante perché si somma ad una recente inchiesta della Magistratura italiana che riguarda un caso di spionaggio ancora più importante: la strana “tela” che unisce Mossad, CIA, “Squadra Fiore” (un presunto servizio segreto parallelo composto anche da ex 007) e gli spioni di Equalize(2). Al centro della spy story troviamo Vincenzo De Marzio, ex carabiniere dell’Anticrimine e poi ex Ros, nome in codice Tela, poi ex spia per i Servizi segreti italiani e per la Cia. Per un anno, dal 2002 al 2003, è stato alle dipendenze del Raggruppamento Unità e Difesa con sede a Forte Braschi a Roma (Rud). Si tratta di un’agenzia interforze del servizio segreto militare italiano (De Marzio, oggi indagato a Milano per associazione a delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistemi informatici e per il quale De Tommasi aveva chiesto l’arresto poi respinto dal gip, non è un uomo di Equalize, seppur ne abbia frequentato gli uffici).

Un altro indagato, Nunzio Samuele Calamucci, racconta che De Marzio gli disse di essere un ex ufficiale del Ros di Milano e “mi racconta del passato, delle operazioni fatte al Ros (…). Fino a quando mi spiega che oltre a lavorare per i Servizi segreti italiani, sarebbe stato assoldato dalla Cia. Mi mostra delle polaroid. La Cia per lui era un secondo lavoro pagato in contanti (…) ma non c’entravano col gruppo Fiore. Sarebbe stato avvicinato dagli 007 americani durante la carriera da carabiniere perché aveva accesso allo Sdi”. Le informazioni poi “le rivendeva alla Cia”. Su chi? “Su Berlusconi e Tangentopoli, sul caso Abu Omar aveva dato informazioni alla Cia. Lui conosceva bene l’arabo”.

Con gli uffici di Langley, Tela avrebbe iniziato a collaborare nel 1992. Legami che sembra aver mantenuto fino ad oggi. “De Marzio – prosegue Calamucci – mi mise in contatto con due israeliani che avevano lavorato per il Mossad. Costoro mi fecero fare la ricostruzione (…) di un russo”. Chi? L’oligarca ortodosso Konstantin Malofeev, sponsor del filosofo nazionalista Alexander Dugin apprezzato dall’ex sherpa della Lega per i rapporti con Mosca, Gianluca Savoini. Il report di Calamucci riguardava “le proprietà di questo oligarca e sarebbe stato destinato a un ufficio americano per le contestazioni. Mi diceva che erano dei Servizi segreti israeliani e dopo il congedo entrarono in studi legali. Pagavano De Marzio con una società di shipping maltese e avevano uno studio a Londra. Venivano a Milano con cadenza regolare. In un’occasione in via Pattari, dissero di avere accesso a un database iraniano che conteneva dati finanziari” (3) Poi Tela passa a raccontare degli agenti dei servizi segreti coinvolti nel caso Abu Omar, svelando come molti di loro ancora oggi stiano lavorando per un’agenzia investigativa: “Vengono tutti arrestati (…). Io sono stato al processo, ti mando la mia testimonianza (…). Conosco le persone che sono ancora in giro (…) le metodologie (…) adesso hanno aperto un’agenzia investigativa a Roma (…). Tutti ex carabinieri (..). Hanno una rete vastissima (…). Il 50% di questi sono operativi per gli americani”.

Tra i dati rubati da Equalize anche quelli di ENI, principale società energetica italiana e ispiratrice di molte delle mosse geopolitiche della Farnesina; spiati anche magistrati e prefetti.

Ma pochi mesi prima c’era stato il caso dell’acquisizione della rete di telecomunicazione italiana di TIM da parte del fondo statunitense KKR e l’affidamento di attività di intelligence economica di Cassa Depositi e Prestiti alla Globintech, una società di cybersecurity guidata da ex dirigenti della CIA, sollevando preoccupanti interrogativi sulla sovranità tecnologica e sulla sicurezza nazionale dell’Italia. Il think tank che affianca KKR nell’analisi geopolitica e degli scenari globali, il KKR Global Institute, è guidato da David H. Petraeus, ex direttore della CIA e generale con una lunga carriera nelle forze armate statunitensi: l’acquisizione della rete TIM da parte di KKR, con Petraeus al timone, potrebbe essere vista come un tentativo degli Stati Uniti di estendere la loro influenza sulle infrastrutture di comunicazione italiane.

Parallelamente, la Cassa Depositi e Prestiti, attore chiave nel finanziamento alle piccole e medie imprese italiane, ha affidato alla Globintech la fornitura di servizi di intelligence per la cybersecurity. Globintech è co-fondata da Robert Gorelick, ex capo centro della CIA in Italia, e Alberto Manenti, ex direttore della branca estera dei Servizi Segreti italiani (Aise). Questa collaborazione suscita preoccupazioni per la gestione dei dati sensibili. La presenza di figure con un passato così rilevante nei servizi di intelligence ha sollevato dubbi sulla possibilità di influenze straniere nella gestione delle informazioni critiche.

Tuttavia, queste inchieste non hanno di certo fermato l’attività delle società di “sicurezza” israeliane in Italia.

Non solo la Tekapp, azienda modenese con esperti a Tel Aviv, recentemente contestata dagli attivisti per i suoi legami (fino a pochi giorni fa ben evidenti nel sito internet) con la divisione 8200 dell’esercito israeliano, unità che si occupa di sorveglianza, controllo e targeting degli obiettivi e che tra le varie cose è stata accusata (insieme al Mossad) dell’esplosione dei cerca persone in Libano.

Un altro esempio particolare è l’azienda israeliana Cgi Group che a inizio 2025 ha aperto una nuova sede a Roma, dopo la principale a Tel Aviv.  Cgi Group opera dal 1989 nei settori della consulenza, cyber security, raccolta di informazioni e intelligence a livello globale, impiegando ex alti funzionari delle unità d’élite dell’Idf (Israel Defence Force), dei servizi di sicurezza e del Mossad. Il suo amministratore delegato, Zvika Nave, ha ricoperto numerosi incarichi riservati nell’esercito israeliano, mentre il presidente, Yacov Perry, è stato direttore dello Shin Bet tra il 1988 e il 1995. Perry è stato anche presidente della compagnia telefonica Cellcom e del Consiglio di amministrazione della Banca Mizrahi Tefahot, nonché Ministro della Tecnologia nel Governo di Benjamin Netanyahu, da sempre molto vicino al Premier di Tel Aviv. Sono famose le sue parole dopo il 7 ottobre 2023, ad una TV italiana: “elimineremo definitivamente la striscia di Gaza”. La filiale italiana di Cgi Group è guidata da Oren Ziv che ha lavorato presso le ambasciate israeliane a Roma e Nuova Delhi e per fondi d’investimento multinazionali.

In Italia, la Cgi Group annovera tra i suoi primi clienti Cristiano Rufini, attualmente presidente di Olidata Spa. L’azienda, fondata a Cesena e con sede a Roma, opera da tempo nel mercato informatico e si è aggiudicata vari appalti pubblici nel campo della cyber security, gestione dati, intelligenza artificiale e sviluppo software. “Il mandato affidato da Rufini a Cgi Group è quello di rafforzare l’immagine pubblica dell’azienda e giocare la partita del rilancio senza esitazioni”, si legge in un comunicato dell’agenzia israeliana. Olidata e il suo presidente, lo scorso autunno, sono infatti finiti indagati nella maxi inchiesta della Procura di Roma su vari appalti di informatica e telecomunicazioni banditi da Sogei (società di informatica controllata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze), dal Ministero dell’Interno, dal Ministero della Difesa e dallo Stato maggiore della Difesa. A metà ottobre 2024 il direttore generale di Sogei è stato arrestato in flagranza di reato mentre riceveva una mazzetta da un imprenditore, l’inchiesta si è poi ampliata coinvolgendo 18 persone fisiche e 14 società indagate, tra cui Cristiano Rufini e Olidata. Contestati i reati contro la Pubblica Amministrazione, corruzione e turbativa d’asta. A febbraio 2025 Olidata si è aggiudicata una gara indetta da Consip (la centrale acquisti della Pubblica Amministrazione) per un valore di 20 milioni di euro, per la fornitura di software alle pubbliche amministrazioni, su “una delle piattaforme di analisi più complete e innovative, corredata di moduli di intelligenza artificiale e analisi dati avanzata”. Tra gli altri bandi già vinti da Olidata, ci sono l’accordo quadro (2023-2026) con la Snam per la fornitura di prodotti software tramite la controllata Sferanet e la gara dal valore di 3,6 milioni di euro per la piattaforma di gestione dei dati di Cassa Depositi e Prestiti, aggiudicata nel 2023 e che durerà fino al 2026.

Oltre ai risvolti giudiziari della vicenda, ancora alle sue fasi iniziali, dovrebbe preoccupare il fatto che il presidente di un’azienda che fornisce software e programmi di analisi dati alle pubbliche amministrazioni, sia il cliente di un’agenzia di spionaggio legata all’esercito e ai servizi segreti israeliani (4).

Si tratta di un quadro che porta alla ribalta la penetrazione degli apparati spionistici israeliani e statunitensi all’interno dei sistemi di sicurezza di un Paese come l’Italia, la cui posizione strategica sul Mediterraneo non può essere sottovalutata ancor più alla luce dei recenti conflitti regionali.

__

(1) Secondo quanto dichiarato dall’azienda israeliana: “Paragon vende la sua tecnologia esclusivamente alle forze dell’ordine e alle agenzie di intelligence di Paesi democratici che hanno superato con successo il suo rigoroso processo di due diligence e verifica. A seguito delle segnalazioni riguardanti il giornalista Cancellato, Paragon ha disconnesso i suoi sistemi da tutti i clienti in Italia. Alla luce delle recenti conclusioni della commissione parlamentare italiana – aggiunge la nota stampa – Paragon è pronta a fornire assistenza in qualsiasi indagine, qualora le autorità italiane ne facciano richiesta ufficiale”

(2) In questo caso al centro c’è la società Equalize, che formalmente si occupa di Business Intelligence e di Reputazione aziendale (“Equalize nasce dal concetto di legalità come valore etico primario e precondizione per la crescita e per lo sviluppo del business aziendale”).

(3) Davide Milosa, “Il Fatto Quotidiano”, 16 marzo 2025

(4) Per approfondire, cfr. Linda Maggiori, Gli affari delle agenzie di spionaggio israeliane in Italia. Il caso di Cgi Group e di Olidata, Pressenza International Press Agency, 27 maggio 2025.

Si tratta di un quadro che porta alla ribalta la penetrazione degli apparati spionistici israeliani e statunitensi all’interno dei sistemi di sicurezza di un Paese come l’Italia, la cui posizione strategica sul Mediterraneo non può essere sottovalutata ancor più alla luce dei recenti conflitti regionali.

Segue nostro Telegram.

Lo scorso 9 giugno, dopo lo stop temporaneo del 14 febbraio, il Copasir italiano (Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti) ha deciso di rescindere definitivamente il contratto tra l’israeliana Paragon Solutions ed il Governo di Roma, annunciando una relazione sull’uso dello spyware Graphite da parte dell’intelligence; secondo i riscontri di Meta, tale sistema sarebbe stato usato per intercettare il direttore di Fanpage Francesco Cancellato ma anche altri giornalisti, tra i quali Roberto D’Agostino, direttore di Dagospia e la giornalista olandese Eva Vlaardingerbroek, opinionista euroscettica.

Graphite è uno strumento spyware regolamentato che consente agli utenti, compresi gli enti governativi, di accedere, raccogliere ed estrarre dati sottoposti a backup dallo smartphone di un individuo sul cloud; una volta che un telefono è infettato da Graphite, l’operatore dello spyware ha accesso totale al telefono, inclusa la possibilità di leggere i messaggi inviati tramite applicazioni crittografate come Signal e WhatsApp.

Proprio un portavoce di WhatsApp ha affermato che la campagna di spyware ha interessato una novantina di utenti, tra cui giornalisti ed esponenti della società civile “in oltre due dozzine di Paesi, in particolare in Europa”. Lo scorso dicembre la stampa israeliana ha scritto dell’azienda dopo la cessione al fondo di private equity americano AE Industrial Partners: Paragon è un rivale della società di cyber-hacking israeliana NSO Group, il produttore del controverso software Pegasus, ha scritto “Times of Israel”. Nel 2019 l’ex comandante dell’unità di intelligence d’élite 8200 dell’IDF Ehud Schneorson ha fondato Paragon insieme al ceo Idan Nurick, al Cto Igor Bogudlov e allo Chief Research Officer Liad Abraham e nel cda della società figura anche l’ex Primo Ministro israeliano Ehud Barak. Tra i suoi principali investitori ci sono la società di venture capital statunitense Battery Ventures e il fondo di venture capital israeliano Red Dot.

Secondo il “Guardian” oggi Paragon ha un ufficio negli Stati Uniti a Chantilly, in Virginia. L’azienda è stata recentemente sottoposta a un esame approfondito dopo che la rivista “Wired” a ottobre ha riferito che Paragon si è aggiudicata un contratto da 2 milioni di dollari con l’agenzia Immigration and Customs Enforcement della US Homeland Security. Tra i suoi clienti figurano quindi il Governo degli Stati Uniti e le agenzie di polizia in Europa e Israele, insieme a Paesi come Grecia, Polonia, Ungheria, Messico e India.

Paragon ha dichiarato di aver offerto “al Governo e al Parlamento un modo per determinare” se il suo software sia stato usato contro il direttore di Fanpage, ma le autorità di Roma “hanno scelto di non procedere con questa soluzione”; fonti degli 007 italiani smentiscono però questa ricostruzione: “Il 14 febbraio scorso le Agenzie di intelligence e Paragon Solutions decisero di comune accordo la sospensione dell’uso dello spyware Graphite”, rivelano all’agenzia Ansa. “Fra Agenzie di intelligence e Paragon in data 12 aprile 2025 si è poi pervenuti alla decisione di siglare il documento che conclude le relazioni commerciali fra le parti, senza ulteriori richieste o incombenze. Quindi, non vi è mai stata rescissione unilaterale a seguito di presunte condotte illegali delle Agenzie di intelligence italiane” (1)

Naturalmente ad alcuni politici italiani è parso strano che i due giornalisti spiati fossero quelli che avevano realizzato inchieste e diffuso informazioni dettagliate sui contrasti interni al partito della Premier Giorgia Meloni.

La questione di Paragon è inquietante perché si somma ad una recente inchiesta della Magistratura italiana che riguarda un caso di spionaggio ancora più importante: la strana “tela” che unisce Mossad, CIA, “Squadra Fiore” (un presunto servizio segreto parallelo composto anche da ex 007) e gli spioni di Equalize(2). Al centro della spy story troviamo Vincenzo De Marzio, ex carabiniere dell’Anticrimine e poi ex Ros, nome in codice Tela, poi ex spia per i Servizi segreti italiani e per la Cia. Per un anno, dal 2002 al 2003, è stato alle dipendenze del Raggruppamento Unità e Difesa con sede a Forte Braschi a Roma (Rud). Si tratta di un’agenzia interforze del servizio segreto militare italiano (De Marzio, oggi indagato a Milano per associazione a delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistemi informatici e per il quale De Tommasi aveva chiesto l’arresto poi respinto dal gip, non è un uomo di Equalize, seppur ne abbia frequentato gli uffici).

Un altro indagato, Nunzio Samuele Calamucci, racconta che De Marzio gli disse di essere un ex ufficiale del Ros di Milano e “mi racconta del passato, delle operazioni fatte al Ros (…). Fino a quando mi spiega che oltre a lavorare per i Servizi segreti italiani, sarebbe stato assoldato dalla Cia. Mi mostra delle polaroid. La Cia per lui era un secondo lavoro pagato in contanti (…) ma non c’entravano col gruppo Fiore. Sarebbe stato avvicinato dagli 007 americani durante la carriera da carabiniere perché aveva accesso allo Sdi”. Le informazioni poi “le rivendeva alla Cia”. Su chi? “Su Berlusconi e Tangentopoli, sul caso Abu Omar aveva dato informazioni alla Cia. Lui conosceva bene l’arabo”.

Con gli uffici di Langley, Tela avrebbe iniziato a collaborare nel 1992. Legami che sembra aver mantenuto fino ad oggi. “De Marzio – prosegue Calamucci – mi mise in contatto con due israeliani che avevano lavorato per il Mossad. Costoro mi fecero fare la ricostruzione (…) di un russo”. Chi? L’oligarca ortodosso Konstantin Malofeev, sponsor del filosofo nazionalista Alexander Dugin apprezzato dall’ex sherpa della Lega per i rapporti con Mosca, Gianluca Savoini. Il report di Calamucci riguardava “le proprietà di questo oligarca e sarebbe stato destinato a un ufficio americano per le contestazioni. Mi diceva che erano dei Servizi segreti israeliani e dopo il congedo entrarono in studi legali. Pagavano De Marzio con una società di shipping maltese e avevano uno studio a Londra. Venivano a Milano con cadenza regolare. In un’occasione in via Pattari, dissero di avere accesso a un database iraniano che conteneva dati finanziari” (3) Poi Tela passa a raccontare degli agenti dei servizi segreti coinvolti nel caso Abu Omar, svelando come molti di loro ancora oggi stiano lavorando per un’agenzia investigativa: “Vengono tutti arrestati (…). Io sono stato al processo, ti mando la mia testimonianza (…). Conosco le persone che sono ancora in giro (…) le metodologie (…) adesso hanno aperto un’agenzia investigativa a Roma (…). Tutti ex carabinieri (..). Hanno una rete vastissima (…). Il 50% di questi sono operativi per gli americani”.

Tra i dati rubati da Equalize anche quelli di ENI, principale società energetica italiana e ispiratrice di molte delle mosse geopolitiche della Farnesina; spiati anche magistrati e prefetti.

Ma pochi mesi prima c’era stato il caso dell’acquisizione della rete di telecomunicazione italiana di TIM da parte del fondo statunitense KKR e l’affidamento di attività di intelligence economica di Cassa Depositi e Prestiti alla Globintech, una società di cybersecurity guidata da ex dirigenti della CIA, sollevando preoccupanti interrogativi sulla sovranità tecnologica e sulla sicurezza nazionale dell’Italia. Il think tank che affianca KKR nell’analisi geopolitica e degli scenari globali, il KKR Global Institute, è guidato da David H. Petraeus, ex direttore della CIA e generale con una lunga carriera nelle forze armate statunitensi: l’acquisizione della rete TIM da parte di KKR, con Petraeus al timone, potrebbe essere vista come un tentativo degli Stati Uniti di estendere la loro influenza sulle infrastrutture di comunicazione italiane.

Parallelamente, la Cassa Depositi e Prestiti, attore chiave nel finanziamento alle piccole e medie imprese italiane, ha affidato alla Globintech la fornitura di servizi di intelligence per la cybersecurity. Globintech è co-fondata da Robert Gorelick, ex capo centro della CIA in Italia, e Alberto Manenti, ex direttore della branca estera dei Servizi Segreti italiani (Aise). Questa collaborazione suscita preoccupazioni per la gestione dei dati sensibili. La presenza di figure con un passato così rilevante nei servizi di intelligence ha sollevato dubbi sulla possibilità di influenze straniere nella gestione delle informazioni critiche.

Tuttavia, queste inchieste non hanno di certo fermato l’attività delle società di “sicurezza” israeliane in Italia.

Non solo la Tekapp, azienda modenese con esperti a Tel Aviv, recentemente contestata dagli attivisti per i suoi legami (fino a pochi giorni fa ben evidenti nel sito internet) con la divisione 8200 dell’esercito israeliano, unità che si occupa di sorveglianza, controllo e targeting degli obiettivi e che tra le varie cose è stata accusata (insieme al Mossad) dell’esplosione dei cerca persone in Libano.

Un altro esempio particolare è l’azienda israeliana Cgi Group che a inizio 2025 ha aperto una nuova sede a Roma, dopo la principale a Tel Aviv.  Cgi Group opera dal 1989 nei settori della consulenza, cyber security, raccolta di informazioni e intelligence a livello globale, impiegando ex alti funzionari delle unità d’élite dell’Idf (Israel Defence Force), dei servizi di sicurezza e del Mossad. Il suo amministratore delegato, Zvika Nave, ha ricoperto numerosi incarichi riservati nell’esercito israeliano, mentre il presidente, Yacov Perry, è stato direttore dello Shin Bet tra il 1988 e il 1995. Perry è stato anche presidente della compagnia telefonica Cellcom e del Consiglio di amministrazione della Banca Mizrahi Tefahot, nonché Ministro della Tecnologia nel Governo di Benjamin Netanyahu, da sempre molto vicino al Premier di Tel Aviv. Sono famose le sue parole dopo il 7 ottobre 2023, ad una TV italiana: “elimineremo definitivamente la striscia di Gaza”. La filiale italiana di Cgi Group è guidata da Oren Ziv che ha lavorato presso le ambasciate israeliane a Roma e Nuova Delhi e per fondi d’investimento multinazionali.

In Italia, la Cgi Group annovera tra i suoi primi clienti Cristiano Rufini, attualmente presidente di Olidata Spa. L’azienda, fondata a Cesena e con sede a Roma, opera da tempo nel mercato informatico e si è aggiudicata vari appalti pubblici nel campo della cyber security, gestione dati, intelligenza artificiale e sviluppo software. “Il mandato affidato da Rufini a Cgi Group è quello di rafforzare l’immagine pubblica dell’azienda e giocare la partita del rilancio senza esitazioni”, si legge in un comunicato dell’agenzia israeliana. Olidata e il suo presidente, lo scorso autunno, sono infatti finiti indagati nella maxi inchiesta della Procura di Roma su vari appalti di informatica e telecomunicazioni banditi da Sogei (società di informatica controllata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze), dal Ministero dell’Interno, dal Ministero della Difesa e dallo Stato maggiore della Difesa. A metà ottobre 2024 il direttore generale di Sogei è stato arrestato in flagranza di reato mentre riceveva una mazzetta da un imprenditore, l’inchiesta si è poi ampliata coinvolgendo 18 persone fisiche e 14 società indagate, tra cui Cristiano Rufini e Olidata. Contestati i reati contro la Pubblica Amministrazione, corruzione e turbativa d’asta. A febbraio 2025 Olidata si è aggiudicata una gara indetta da Consip (la centrale acquisti della Pubblica Amministrazione) per un valore di 20 milioni di euro, per la fornitura di software alle pubbliche amministrazioni, su “una delle piattaforme di analisi più complete e innovative, corredata di moduli di intelligenza artificiale e analisi dati avanzata”. Tra gli altri bandi già vinti da Olidata, ci sono l’accordo quadro (2023-2026) con la Snam per la fornitura di prodotti software tramite la controllata Sferanet e la gara dal valore di 3,6 milioni di euro per la piattaforma di gestione dei dati di Cassa Depositi e Prestiti, aggiudicata nel 2023 e che durerà fino al 2026.

Oltre ai risvolti giudiziari della vicenda, ancora alle sue fasi iniziali, dovrebbe preoccupare il fatto che il presidente di un’azienda che fornisce software e programmi di analisi dati alle pubbliche amministrazioni, sia il cliente di un’agenzia di spionaggio legata all’esercito e ai servizi segreti israeliani (4).

Si tratta di un quadro che porta alla ribalta la penetrazione degli apparati spionistici israeliani e statunitensi all’interno dei sistemi di sicurezza di un Paese come l’Italia, la cui posizione strategica sul Mediterraneo non può essere sottovalutata ancor più alla luce dei recenti conflitti regionali.

__

(1) Secondo quanto dichiarato dall’azienda israeliana: “Paragon vende la sua tecnologia esclusivamente alle forze dell’ordine e alle agenzie di intelligence di Paesi democratici che hanno superato con successo il suo rigoroso processo di due diligence e verifica. A seguito delle segnalazioni riguardanti il giornalista Cancellato, Paragon ha disconnesso i suoi sistemi da tutti i clienti in Italia. Alla luce delle recenti conclusioni della commissione parlamentare italiana – aggiunge la nota stampa – Paragon è pronta a fornire assistenza in qualsiasi indagine, qualora le autorità italiane ne facciano richiesta ufficiale”

(2) In questo caso al centro c’è la società Equalize, che formalmente si occupa di Business Intelligence e di Reputazione aziendale (“Equalize nasce dal concetto di legalità come valore etico primario e precondizione per la crescita e per lo sviluppo del business aziendale”).

(3) Davide Milosa, “Il Fatto Quotidiano”, 16 marzo 2025

(4) Per approfondire, cfr. Linda Maggiori, Gli affari delle agenzie di spionaggio israeliane in Italia. Il caso di Cgi Group e di Olidata, Pressenza International Press Agency, 27 maggio 2025.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

See also

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.