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Alberto Bradanini
June 25, 2025
© Photo: Public domain

Dove porteranno le guerre in tutto il mondo in cui gli Stati Uniti partecipano

Segue nostro Telegram.

Il 13 giugno scorso, l’unica, acclamata democrazia del Medioriente ha aggredito un paese sovrano, l’Iran, violando il diritto internazionale, l’etica collettiva, la Carta delle Nazioni Unite e ogni minimo criterio di cautela nei rapporti internazionali, alla base della convivenza tra i popoli sullo stesso pianeta.

A dispetto delle distorsioni mediatiche che la propaganda fa digerire a una popolazione alienata da consumismo televisivo e cellularico, è evidente che senza la luce verde della plutocrazia statunitense lo Stato Ebraico mai avrebbe avuto l’ardire di aggredire un paese grande cinque volte l’Italia e abitato da quasi cento milioni di persone.

Deve intanto premettersi che Biden o Trump, Rep o Dem, non fa differenza. I due fronti sono la modulazione di frequenza di una medesima vibrazione, attori principali o comparse sfumano all’orizzonte senza distinzione una volta divenuti presidenti, deputati o senatori.

Gli attuali conflitti in atto s’inseriscono in una più ampia strategia imperiale: a) in Europa, dissanguamento, frammentazione e saccheggio della Russia con soldati e territorio ucraini,; b) in Medioriente, analogo destino è riservato all’Iran, un paese che non si piega all’impero; c) e in Estremo Oriente, dove dopo aver fatto i conti con Russia e Iran, l’impero egemone mira a impadronirsi della preda più ghiotta, la Cina, con il medesimo trattamento: destabilizzazione e occupazione neocoloniale. Si tratta di obiettivi velleitari che non faranno che accelerare il tracollo dell’impero, eppure sono assai pericolosi.

Davanti alla litania secondo la quale Israele ha diritto di difendersi e l’Iran non deve possedere l’arma nucleare – una litania che frantuma la logica, più della verità – le popolazioni dovrebbero obliterare radio, TV e carta stampata (a parte qualche lodevole, ma innocua, eccezione). Sarebbe utile comprendere l’essenza di quell’imperativo categorico per il quale a Israele è concesso possedere l’arma atomica e all’Iran no. E in tal caso, da quale superiore Autorità (Nazioni Unite, Congresso Mondiale dei Popoli, il Padreterno o altri) tali svalvolati hanno ricevuto il mandato di adottare cotanta equilibrata decisione.

Il rigore della riflessione farebbe invertire il ragionamento: se l’Iran acquisisse davvero l’atomica – sebbene abbia sempre dichiarato di non volerla e non vi siano prove che la stia acquisendo, come certificato dall’Aiea[1] e dall’Intelligence americana (Tulsi Gabbard[2]), poi contraddetta da Trump[3], in un imbarazzante pingpong – il Medio Oriente potrebbe finalmente conoscere pace e stabilità, esattamente ciò che i terroristi sion-americani vedono come il fumo negli occhi. In quel caso, infatti, l’Iran si doterebbe di una plausibile deterrenza e cesserebbe di essere aggredito dai criminali imperiali.

Si tratterebbe di un equilibrio sul filo del rasoio, non certo auspicabile, eppure, come nei decenni di guerra fredda, di un equilibrio che implicando il rischio della reciproca distruzione garantirebbe autocontrollo e moderazione, facilitando finanche il compromesso. Se poi, per assurdo, l’Iran facesse ricorso alla Bomba contro Israele – dove vivono sette milioni di arabi-mussulmani e altrettanti ebrei – è ben chiaro che incorrerebbe in una disfatta storica, politica e morale, esponendosi anche alla rappresaglia della totale distruzione da parte di Usa e Israele. Si può essere radicali, dunque, senza essere stupidi.

Le strategie degli imperi mirano ad abbraciare l’intero pianeta, incuranti di etica, interessi altrui (alleati compresi) o legalità internazionale. Oggi, gli Stati Uniti, intossicati da una hybris senza confini, sono però in declino sociale, industriale, economico/monetario e persino militare. Se l’obiettivo della destabilizzazione della Federazione sta fallendo, non per questo la Russia è destinata a diventare un paese amico. Al più, essa potrà diventare un non nemico, che deve essere sempre contenuto, in attesa che la storia offra un’altra occasione per tornare alla carica, essendo essa troppo grande e ricca di ogni ben di Dio per poter coesistere con l’impero onnivoro e onnipotente. Se dunque le decrescenti risorse Usa non saranno sufficienti a fare da fabbricato argine alla Russia allora, in ossequio al principio di divisione dei compiti, a occuparsene dovranno essere i vassalli europei, i quali si mostrano del resto ansiosi, riducendo scriteriatamente benessere e beni pubblici, in apparente dissenso dal dominus atlantico, convertito (anche qui apparentemente) ai valori di pace e convivenza con Mosca.

In una finta strategia di differenziazione, ma in perfetta distopia orwelliana, i paesi europei obbediscono dunque alle consegne degli Stati Uniti che, oltre a tirare i fili dietro le quinte, trarranno grandi benefici dalla politica di riarmo europea (Lockheed Martin, Boeing e Raytheon e altri produttori Usa si stanno già fregando le mani).

L’incubo secolare, in passato dei britannici e ora degli americani, deve essere attualizzato: allora l’angoscia riguardava la saldatura Russia-Germania, oggi Europa-Russia, cui potrebbe un giorno unirsi il gigante cinese, unificatore infrastrutturale della massa euroasiatica, insieme a tutta l’Eurasia, spostando così il baricentro del mondo dal mare alla terra, dall’Atlantico all’Heartland.

In Medioriente (non a caso ricco di gas e petrolio), la destabilizzazione e il saccheggio di un paese recalcitrante come l’Iran – 92 milioni di abitanti, primo al mondo per riserve di gas e petrolio (per ora, non sfruttate per deficit di tecnologia e investimenti) – consentirebbe di circondare ancor più la Russia e indebolire la Cina, che ha bisogno di energia come l’aria che respira, inserendo altresì un cuneo destabilizzante in quel Sud Globale che osa rivendicare sovranità e libertà di scelte, caratteristiche urticanti per la patologia imperiale.

Tale incombenza è affidata a Israele, che ottiene in cambio libertà di attuazione dei suoi deliri coloniali e messianici. In ossequio a una fisiologica divaricazione Israele e relative lobby puntano a coinvolgere Washington in un conflitto allargato, ciò che darebbe mano libera ai sionisti di liberarsi definitivamente dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania (cacciarli o sterminarli fa poca differenza!), impadronirsi delle loro terre, occupandone altre in Libano, Siria e paesi limitrofi, senza limiti che non siano autoimposti.

In tale contesto, la questione nucleare è solo un pretesto. Ogni ipotetico accordo con l’Aiea, gli Usa, il gruppo 5+1 o gli inviati di Marte non sarebbe mai abbastanza. Prima o poi anche l’impegno più stringente verrebbe messo in discussione dai padroni del mondo, poiché l’obiettivo è quello esposto, cambiamento di regime a Teheran, sottrazione di sovranità e sequestro delle sue ricchezze a beneficio delle corporazioni di Wall Street e della City di Londra, oltre al soddisfacimento delle mire espansionistiche di Israele.

Oggi, il solo paese dell’area che possiede l’atomica è Israele, il quale, diversamente dall’Iran, non è parte del Trattato di Non Proliferazione e nemmeno delle Convenzioni delle Nazioni Unite contro le armi chimiche e biologiche. Se un marziano sbarcasse oggi sulla Terra e si limitasse a leggere il dossier Israele-Iran per decidere il quoziente intellettivo degli umani, concluderebbe che la razza umana è composta da ritardati mentali.

Se dunque l’Occidente fabbrica menzogne a ripetizione, neanche i paesi arabi/mussulmani brillano per presa di coscienza e coraggio. A soffrire sono oggi libanesi, palestinesi, iraniani e yemeniti. Domani potrebbe essere il turno degli altri.

Va infine considerato che vi è un paese islamico che possiede la bomba, il Pakistan, il quale, secondo quanto dichiarato dal Gen. dei Guardiani della Rivoluzione, Mohsen Rezae, sarebbe pronto a reagire alla stessa maniera se Israele usasse il nucleare contro Teheran. Oltre al pieno sostegno all’Iran, Il 14 giugno il ministro pakistano della Difesa, Khawaja Asif, ha invitato le nazioni musulmane a unirsi contro Israele o rischiare la stessa sorte di Iran e Palestina, esortando quelle che hanno legami diplomatici con Israele a rompere le relazioni e invitando l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC) ad approntare una strategia comune contro lo Stato ebraico. In buona sostanza, anche su questo fronte il quadro è fluido e i rischi di escalation aumentano.

  1. Il terzo livello di contenimento dell’Asse imperiale del Bene è anche il principale, ed è situato in Estremo Oriente, dove gli Stati Uniti intendono trasferire armi e bagagli dall’Europa e dal Medioriente, una volta sistemate le cose in questi due teatri. Nel Far East, l’incarico di far la guerra a Pechino è assegnato alla Repubblica di Cina (nome ufficiale di Taiwan), anche se resta improbabile che i taiwanesi saranno disposti al suicidio. Pechino, d’altra parte, non ha alcuna intenzione di aggredire una sua provincia, lavorando invece ad avvicinarne i destini attraverso integrazione economica, tecnologica, culturale e via dicendo. Seppure improbabile, l’incorreggibile bellicismo americano continua a investire su tale prospettiva – così come su ogni altra occasione che la storia potrà generare – cercando di indurre i taiwanesi a piegarsi ai deliri di un impero in disfacimento, determinato tuttavia a difendere i suoi privilegi con le unghie e con i denti, gelido davanti al rischio di mettere a repentaglio la sopravvivenza del genere umano, tenendo conto che i conflitti in atto si cela la contrapposizione strategica tra grandi potenze nucleari.

 

[1] Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica

[2] https: responsiblestatecraft.org

[3] https://www.aljazeera.com/news/2025/6/20/trump-says-us-intelligence-wrong-about-iran-not-building-nuclear-bomb

Eutanasia di un impero: le guerre alla Russia, all’Iran e (domani?) alla Cina.

Dove porteranno le guerre in tutto il mondo in cui gli Stati Uniti partecipano

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Il 13 giugno scorso, l’unica, acclamata democrazia del Medioriente ha aggredito un paese sovrano, l’Iran, violando il diritto internazionale, l’etica collettiva, la Carta delle Nazioni Unite e ogni minimo criterio di cautela nei rapporti internazionali, alla base della convivenza tra i popoli sullo stesso pianeta.

A dispetto delle distorsioni mediatiche che la propaganda fa digerire a una popolazione alienata da consumismo televisivo e cellularico, è evidente che senza la luce verde della plutocrazia statunitense lo Stato Ebraico mai avrebbe avuto l’ardire di aggredire un paese grande cinque volte l’Italia e abitato da quasi cento milioni di persone.

Deve intanto premettersi che Biden o Trump, Rep o Dem, non fa differenza. I due fronti sono la modulazione di frequenza di una medesima vibrazione, attori principali o comparse sfumano all’orizzonte senza distinzione una volta divenuti presidenti, deputati o senatori.

Gli attuali conflitti in atto s’inseriscono in una più ampia strategia imperiale: a) in Europa, dissanguamento, frammentazione e saccheggio della Russia con soldati e territorio ucraini,; b) in Medioriente, analogo destino è riservato all’Iran, un paese che non si piega all’impero; c) e in Estremo Oriente, dove dopo aver fatto i conti con Russia e Iran, l’impero egemone mira a impadronirsi della preda più ghiotta, la Cina, con il medesimo trattamento: destabilizzazione e occupazione neocoloniale. Si tratta di obiettivi velleitari che non faranno che accelerare il tracollo dell’impero, eppure sono assai pericolosi.

Davanti alla litania secondo la quale Israele ha diritto di difendersi e l’Iran non deve possedere l’arma nucleare – una litania che frantuma la logica, più della verità – le popolazioni dovrebbero obliterare radio, TV e carta stampata (a parte qualche lodevole, ma innocua, eccezione). Sarebbe utile comprendere l’essenza di quell’imperativo categorico per il quale a Israele è concesso possedere l’arma atomica e all’Iran no. E in tal caso, da quale superiore Autorità (Nazioni Unite, Congresso Mondiale dei Popoli, il Padreterno o altri) tali svalvolati hanno ricevuto il mandato di adottare cotanta equilibrata decisione.

Il rigore della riflessione farebbe invertire il ragionamento: se l’Iran acquisisse davvero l’atomica – sebbene abbia sempre dichiarato di non volerla e non vi siano prove che la stia acquisendo, come certificato dall’Aiea[1] e dall’Intelligence americana (Tulsi Gabbard[2]), poi contraddetta da Trump[3], in un imbarazzante pingpong – il Medio Oriente potrebbe finalmente conoscere pace e stabilità, esattamente ciò che i terroristi sion-americani vedono come il fumo negli occhi. In quel caso, infatti, l’Iran si doterebbe di una plausibile deterrenza e cesserebbe di essere aggredito dai criminali imperiali.

Si tratterebbe di un equilibrio sul filo del rasoio, non certo auspicabile, eppure, come nei decenni di guerra fredda, di un equilibrio che implicando il rischio della reciproca distruzione garantirebbe autocontrollo e moderazione, facilitando finanche il compromesso. Se poi, per assurdo, l’Iran facesse ricorso alla Bomba contro Israele – dove vivono sette milioni di arabi-mussulmani e altrettanti ebrei – è ben chiaro che incorrerebbe in una disfatta storica, politica e morale, esponendosi anche alla rappresaglia della totale distruzione da parte di Usa e Israele. Si può essere radicali, dunque, senza essere stupidi.

Le strategie degli imperi mirano ad abbraciare l’intero pianeta, incuranti di etica, interessi altrui (alleati compresi) o legalità internazionale. Oggi, gli Stati Uniti, intossicati da una hybris senza confini, sono però in declino sociale, industriale, economico/monetario e persino militare. Se l’obiettivo della destabilizzazione della Federazione sta fallendo, non per questo la Russia è destinata a diventare un paese amico. Al più, essa potrà diventare un non nemico, che deve essere sempre contenuto, in attesa che la storia offra un’altra occasione per tornare alla carica, essendo essa troppo grande e ricca di ogni ben di Dio per poter coesistere con l’impero onnivoro e onnipotente. Se dunque le decrescenti risorse Usa non saranno sufficienti a fare da fabbricato argine alla Russia allora, in ossequio al principio di divisione dei compiti, a occuparsene dovranno essere i vassalli europei, i quali si mostrano del resto ansiosi, riducendo scriteriatamente benessere e beni pubblici, in apparente dissenso dal dominus atlantico, convertito (anche qui apparentemente) ai valori di pace e convivenza con Mosca.

In una finta strategia di differenziazione, ma in perfetta distopia orwelliana, i paesi europei obbediscono dunque alle consegne degli Stati Uniti che, oltre a tirare i fili dietro le quinte, trarranno grandi benefici dalla politica di riarmo europea (Lockheed Martin, Boeing e Raytheon e altri produttori Usa si stanno già fregando le mani).

L’incubo secolare, in passato dei britannici e ora degli americani, deve essere attualizzato: allora l’angoscia riguardava la saldatura Russia-Germania, oggi Europa-Russia, cui potrebbe un giorno unirsi il gigante cinese, unificatore infrastrutturale della massa euroasiatica, insieme a tutta l’Eurasia, spostando così il baricentro del mondo dal mare alla terra, dall’Atlantico all’Heartland.

In Medioriente (non a caso ricco di gas e petrolio), la destabilizzazione e il saccheggio di un paese recalcitrante come l’Iran – 92 milioni di abitanti, primo al mondo per riserve di gas e petrolio (per ora, non sfruttate per deficit di tecnologia e investimenti) – consentirebbe di circondare ancor più la Russia e indebolire la Cina, che ha bisogno di energia come l’aria che respira, inserendo altresì un cuneo destabilizzante in quel Sud Globale che osa rivendicare sovranità e libertà di scelte, caratteristiche urticanti per la patologia imperiale.

Tale incombenza è affidata a Israele, che ottiene in cambio libertà di attuazione dei suoi deliri coloniali e messianici. In ossequio a una fisiologica divaricazione Israele e relative lobby puntano a coinvolgere Washington in un conflitto allargato, ciò che darebbe mano libera ai sionisti di liberarsi definitivamente dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania (cacciarli o sterminarli fa poca differenza!), impadronirsi delle loro terre, occupandone altre in Libano, Siria e paesi limitrofi, senza limiti che non siano autoimposti.

In tale contesto, la questione nucleare è solo un pretesto. Ogni ipotetico accordo con l’Aiea, gli Usa, il gruppo 5+1 o gli inviati di Marte non sarebbe mai abbastanza. Prima o poi anche l’impegno più stringente verrebbe messo in discussione dai padroni del mondo, poiché l’obiettivo è quello esposto, cambiamento di regime a Teheran, sottrazione di sovranità e sequestro delle sue ricchezze a beneficio delle corporazioni di Wall Street e della City di Londra, oltre al soddisfacimento delle mire espansionistiche di Israele.

Oggi, il solo paese dell’area che possiede l’atomica è Israele, il quale, diversamente dall’Iran, non è parte del Trattato di Non Proliferazione e nemmeno delle Convenzioni delle Nazioni Unite contro le armi chimiche e biologiche. Se un marziano sbarcasse oggi sulla Terra e si limitasse a leggere il dossier Israele-Iran per decidere il quoziente intellettivo degli umani, concluderebbe che la razza umana è composta da ritardati mentali.

Se dunque l’Occidente fabbrica menzogne a ripetizione, neanche i paesi arabi/mussulmani brillano per presa di coscienza e coraggio. A soffrire sono oggi libanesi, palestinesi, iraniani e yemeniti. Domani potrebbe essere il turno degli altri.

Va infine considerato che vi è un paese islamico che possiede la bomba, il Pakistan, il quale, secondo quanto dichiarato dal Gen. dei Guardiani della Rivoluzione, Mohsen Rezae, sarebbe pronto a reagire alla stessa maniera se Israele usasse il nucleare contro Teheran. Oltre al pieno sostegno all’Iran, Il 14 giugno il ministro pakistano della Difesa, Khawaja Asif, ha invitato le nazioni musulmane a unirsi contro Israele o rischiare la stessa sorte di Iran e Palestina, esortando quelle che hanno legami diplomatici con Israele a rompere le relazioni e invitando l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC) ad approntare una strategia comune contro lo Stato ebraico. In buona sostanza, anche su questo fronte il quadro è fluido e i rischi di escalation aumentano.

  1. Il terzo livello di contenimento dell’Asse imperiale del Bene è anche il principale, ed è situato in Estremo Oriente, dove gli Stati Uniti intendono trasferire armi e bagagli dall’Europa e dal Medioriente, una volta sistemate le cose in questi due teatri. Nel Far East, l’incarico di far la guerra a Pechino è assegnato alla Repubblica di Cina (nome ufficiale di Taiwan), anche se resta improbabile che i taiwanesi saranno disposti al suicidio. Pechino, d’altra parte, non ha alcuna intenzione di aggredire una sua provincia, lavorando invece ad avvicinarne i destini attraverso integrazione economica, tecnologica, culturale e via dicendo. Seppure improbabile, l’incorreggibile bellicismo americano continua a investire su tale prospettiva – così come su ogni altra occasione che la storia potrà generare – cercando di indurre i taiwanesi a piegarsi ai deliri di un impero in disfacimento, determinato tuttavia a difendere i suoi privilegi con le unghie e con i denti, gelido davanti al rischio di mettere a repentaglio la sopravvivenza del genere umano, tenendo conto che i conflitti in atto si cela la contrapposizione strategica tra grandi potenze nucleari.

 

[1] Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica

[2] https: responsiblestatecraft.org

[3] https://www.aljazeera.com/news/2025/6/20/trump-says-us-intelligence-wrong-about-iran-not-building-nuclear-bomb

Dove porteranno le guerre in tutto il mondo in cui gli Stati Uniti partecipano

Segue nostro Telegram.

Il 13 giugno scorso, l’unica, acclamata democrazia del Medioriente ha aggredito un paese sovrano, l’Iran, violando il diritto internazionale, l’etica collettiva, la Carta delle Nazioni Unite e ogni minimo criterio di cautela nei rapporti internazionali, alla base della convivenza tra i popoli sullo stesso pianeta.

A dispetto delle distorsioni mediatiche che la propaganda fa digerire a una popolazione alienata da consumismo televisivo e cellularico, è evidente che senza la luce verde della plutocrazia statunitense lo Stato Ebraico mai avrebbe avuto l’ardire di aggredire un paese grande cinque volte l’Italia e abitato da quasi cento milioni di persone.

Deve intanto premettersi che Biden o Trump, Rep o Dem, non fa differenza. I due fronti sono la modulazione di frequenza di una medesima vibrazione, attori principali o comparse sfumano all’orizzonte senza distinzione una volta divenuti presidenti, deputati o senatori.

Gli attuali conflitti in atto s’inseriscono in una più ampia strategia imperiale: a) in Europa, dissanguamento, frammentazione e saccheggio della Russia con soldati e territorio ucraini,; b) in Medioriente, analogo destino è riservato all’Iran, un paese che non si piega all’impero; c) e in Estremo Oriente, dove dopo aver fatto i conti con Russia e Iran, l’impero egemone mira a impadronirsi della preda più ghiotta, la Cina, con il medesimo trattamento: destabilizzazione e occupazione neocoloniale. Si tratta di obiettivi velleitari che non faranno che accelerare il tracollo dell’impero, eppure sono assai pericolosi.

Davanti alla litania secondo la quale Israele ha diritto di difendersi e l’Iran non deve possedere l’arma nucleare – una litania che frantuma la logica, più della verità – le popolazioni dovrebbero obliterare radio, TV e carta stampata (a parte qualche lodevole, ma innocua, eccezione). Sarebbe utile comprendere l’essenza di quell’imperativo categorico per il quale a Israele è concesso possedere l’arma atomica e all’Iran no. E in tal caso, da quale superiore Autorità (Nazioni Unite, Congresso Mondiale dei Popoli, il Padreterno o altri) tali svalvolati hanno ricevuto il mandato di adottare cotanta equilibrata decisione.

Il rigore della riflessione farebbe invertire il ragionamento: se l’Iran acquisisse davvero l’atomica – sebbene abbia sempre dichiarato di non volerla e non vi siano prove che la stia acquisendo, come certificato dall’Aiea[1] e dall’Intelligence americana (Tulsi Gabbard[2]), poi contraddetta da Trump[3], in un imbarazzante pingpong – il Medio Oriente potrebbe finalmente conoscere pace e stabilità, esattamente ciò che i terroristi sion-americani vedono come il fumo negli occhi. In quel caso, infatti, l’Iran si doterebbe di una plausibile deterrenza e cesserebbe di essere aggredito dai criminali imperiali.

Si tratterebbe di un equilibrio sul filo del rasoio, non certo auspicabile, eppure, come nei decenni di guerra fredda, di un equilibrio che implicando il rischio della reciproca distruzione garantirebbe autocontrollo e moderazione, facilitando finanche il compromesso. Se poi, per assurdo, l’Iran facesse ricorso alla Bomba contro Israele – dove vivono sette milioni di arabi-mussulmani e altrettanti ebrei – è ben chiaro che incorrerebbe in una disfatta storica, politica e morale, esponendosi anche alla rappresaglia della totale distruzione da parte di Usa e Israele. Si può essere radicali, dunque, senza essere stupidi.

Le strategie degli imperi mirano ad abbraciare l’intero pianeta, incuranti di etica, interessi altrui (alleati compresi) o legalità internazionale. Oggi, gli Stati Uniti, intossicati da una hybris senza confini, sono però in declino sociale, industriale, economico/monetario e persino militare. Se l’obiettivo della destabilizzazione della Federazione sta fallendo, non per questo la Russia è destinata a diventare un paese amico. Al più, essa potrà diventare un non nemico, che deve essere sempre contenuto, in attesa che la storia offra un’altra occasione per tornare alla carica, essendo essa troppo grande e ricca di ogni ben di Dio per poter coesistere con l’impero onnivoro e onnipotente. Se dunque le decrescenti risorse Usa non saranno sufficienti a fare da fabbricato argine alla Russia allora, in ossequio al principio di divisione dei compiti, a occuparsene dovranno essere i vassalli europei, i quali si mostrano del resto ansiosi, riducendo scriteriatamente benessere e beni pubblici, in apparente dissenso dal dominus atlantico, convertito (anche qui apparentemente) ai valori di pace e convivenza con Mosca.

In una finta strategia di differenziazione, ma in perfetta distopia orwelliana, i paesi europei obbediscono dunque alle consegne degli Stati Uniti che, oltre a tirare i fili dietro le quinte, trarranno grandi benefici dalla politica di riarmo europea (Lockheed Martin, Boeing e Raytheon e altri produttori Usa si stanno già fregando le mani).

L’incubo secolare, in passato dei britannici e ora degli americani, deve essere attualizzato: allora l’angoscia riguardava la saldatura Russia-Germania, oggi Europa-Russia, cui potrebbe un giorno unirsi il gigante cinese, unificatore infrastrutturale della massa euroasiatica, insieme a tutta l’Eurasia, spostando così il baricentro del mondo dal mare alla terra, dall’Atlantico all’Heartland.

In Medioriente (non a caso ricco di gas e petrolio), la destabilizzazione e il saccheggio di un paese recalcitrante come l’Iran – 92 milioni di abitanti, primo al mondo per riserve di gas e petrolio (per ora, non sfruttate per deficit di tecnologia e investimenti) – consentirebbe di circondare ancor più la Russia e indebolire la Cina, che ha bisogno di energia come l’aria che respira, inserendo altresì un cuneo destabilizzante in quel Sud Globale che osa rivendicare sovranità e libertà di scelte, caratteristiche urticanti per la patologia imperiale.

Tale incombenza è affidata a Israele, che ottiene in cambio libertà di attuazione dei suoi deliri coloniali e messianici. In ossequio a una fisiologica divaricazione Israele e relative lobby puntano a coinvolgere Washington in un conflitto allargato, ciò che darebbe mano libera ai sionisti di liberarsi definitivamente dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania (cacciarli o sterminarli fa poca differenza!), impadronirsi delle loro terre, occupandone altre in Libano, Siria e paesi limitrofi, senza limiti che non siano autoimposti.

In tale contesto, la questione nucleare è solo un pretesto. Ogni ipotetico accordo con l’Aiea, gli Usa, il gruppo 5+1 o gli inviati di Marte non sarebbe mai abbastanza. Prima o poi anche l’impegno più stringente verrebbe messo in discussione dai padroni del mondo, poiché l’obiettivo è quello esposto, cambiamento di regime a Teheran, sottrazione di sovranità e sequestro delle sue ricchezze a beneficio delle corporazioni di Wall Street e della City di Londra, oltre al soddisfacimento delle mire espansionistiche di Israele.

Oggi, il solo paese dell’area che possiede l’atomica è Israele, il quale, diversamente dall’Iran, non è parte del Trattato di Non Proliferazione e nemmeno delle Convenzioni delle Nazioni Unite contro le armi chimiche e biologiche. Se un marziano sbarcasse oggi sulla Terra e si limitasse a leggere il dossier Israele-Iran per decidere il quoziente intellettivo degli umani, concluderebbe che la razza umana è composta da ritardati mentali.

Se dunque l’Occidente fabbrica menzogne a ripetizione, neanche i paesi arabi/mussulmani brillano per presa di coscienza e coraggio. A soffrire sono oggi libanesi, palestinesi, iraniani e yemeniti. Domani potrebbe essere il turno degli altri.

Va infine considerato che vi è un paese islamico che possiede la bomba, il Pakistan, il quale, secondo quanto dichiarato dal Gen. dei Guardiani della Rivoluzione, Mohsen Rezae, sarebbe pronto a reagire alla stessa maniera se Israele usasse il nucleare contro Teheran. Oltre al pieno sostegno all’Iran, Il 14 giugno il ministro pakistano della Difesa, Khawaja Asif, ha invitato le nazioni musulmane a unirsi contro Israele o rischiare la stessa sorte di Iran e Palestina, esortando quelle che hanno legami diplomatici con Israele a rompere le relazioni e invitando l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC) ad approntare una strategia comune contro lo Stato ebraico. In buona sostanza, anche su questo fronte il quadro è fluido e i rischi di escalation aumentano.

  1. Il terzo livello di contenimento dell’Asse imperiale del Bene è anche il principale, ed è situato in Estremo Oriente, dove gli Stati Uniti intendono trasferire armi e bagagli dall’Europa e dal Medioriente, una volta sistemate le cose in questi due teatri. Nel Far East, l’incarico di far la guerra a Pechino è assegnato alla Repubblica di Cina (nome ufficiale di Taiwan), anche se resta improbabile che i taiwanesi saranno disposti al suicidio. Pechino, d’altra parte, non ha alcuna intenzione di aggredire una sua provincia, lavorando invece ad avvicinarne i destini attraverso integrazione economica, tecnologica, culturale e via dicendo. Seppure improbabile, l’incorreggibile bellicismo americano continua a investire su tale prospettiva – così come su ogni altra occasione che la storia potrà generare – cercando di indurre i taiwanesi a piegarsi ai deliri di un impero in disfacimento, determinato tuttavia a difendere i suoi privilegi con le unghie e con i denti, gelido davanti al rischio di mettere a repentaglio la sopravvivenza del genere umano, tenendo conto che i conflitti in atto si cela la contrapposizione strategica tra grandi potenze nucleari.

 

[1] Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica

[2] https: responsiblestatecraft.org

[3] https://www.aljazeera.com/news/2025/6/20/trump-says-us-intelligence-wrong-about-iran-not-building-nuclear-bomb

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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