Italiano
Lorenzo Maria Pacini
June 2, 2025
© Photo: Public domain

Il capitale prevale sull’uomo, la logica dell’interesse prevale su quella dell’umanità.

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Armi, più armi

Se vi state ancora chiedendo quale sia la posizione dell’Italia nel conflitto israelo-palestinese, non preoccupatevi: per l’ennesima volta, il Primo Ministro Giorgia Meloni ha ricordato che l’Italia è con Israele, sempre, a qualunque costo.

Di fronte ad un tribunale internazionale, un’affermazione del genere sarebbe automaticamente condannata come “concordo di colpa in genocidio”, alla pari di quanto venne decretato a Norimberga dopo la Seconda Guerra Mondiale. Siccome, però, le semplici dichiarazioni dei politici non bastano, allora occorre portare delle prove di questa “partecipazione” ad un crimine contro l’umanità. Ce ne sono varie, fra cui il recente shopping pazzo che il Governo italiano ha effettuato a Tel Aviv e dintorni.

Mentre infatti proseguono i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, l’Italia si prepara ad acquistare tecnologie militari per dotarsi di una nuova flotta di aerei da ricognizione. Si consideri bene che la cooperazione militare fra i due Paesi non è un affare nuovo, anzi, tutt’altro. Il 15 aprile scorso, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha inviato al Parlamento il progetto di decreto ministeriale SMD 19/2024, volto alla “graduale implementazione di suite operative multi-missione multi-sensore (MMMS) su piattaforma condivisa Gulfstream G550”. Entro il 26 maggio la Commissione Difesa del Senato dovrà esprimere il proprio parere: potrà approvare, rigettare o chiedere modifiche al provvedimento. Intanto, il 6 maggio, la Commissione Bilancio della Camera ha dato il via libera al decreto, in soli cinque minuti e senza discussione. In base al Codice dell’ordinamento militare, se le Commissioni parlamentari esprimono parere negativo, l’esecutivo è obbligato a rinviare il decreto alle Camere corredato di controdeduzioni. Se il parere negativo è confermato con maggioranza assoluta e motivato dal mancato allineamento con il Documento programmatico pluriennale della difesa, il programma non potrà essere attuato.

Il provvedimento rappresenta la terza fase di un progetto a lungo termine per trasformare jet civili Gulfstream G550 (detti “green” in ambito militare) in velivoli da sorveglianza e intelligence, grazie alle tecnologie fornite da Elta Systems Ltd, azienda israeliana parte del gruppo Israel Aerospace Industries (IAI). Il valore complessivo dell’intero programma supera i tre miliardi di euro. Le prime due fasi sono già state approvate e attuate.

Le tecnologie di Elta Systems, specializzate in sorveglianza, guerra elettronica e identificazione di obiettivi, sono diffuse in tutto il mondo, fornite a eserciti regolari e forze paramilitari. Queste stesse tecnologie vengono largamente utilizzate anche dalle forze armate israeliane nei confronti del popolo palestinese e di altri soggetti considerati “nemici”. Il legame tra Elta e l’esercito israeliano è molto stretto: molti dipendenti provengono da unità speciali delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) o vi prestano ancora servizio.

Nel 2016 l’Italia ha ricevuto da Israele i primi due G550 CAEW (Conformal Airborne Early Warning), equipaggiati dalla azienda con capacità avanzate di sorveglianza e comando, attualmente operativi presso il 14° Stormo a Pratica di Mare.

Nell’ambito di un accordo bilaterale, oltre agli aerei spia, l’Italia ha acquistato da Israele anche il satellite militare ottico OPTSAT 3000, mentre in cambio Tel Aviv ha comprato dall’Italia trenta jet da addestramento Alenia Aermacchi M-346, forniti da Leonardo Spa.

Con il decreto SMD 3/2020 è partita la fase successiva del programma: l’acquisto e la trasformazione di altri otto velivoli in assetto Full Mission Capable (FMC), integrando capacità CAEW con sistemi per guerra elettronica, intercettazioni e intelligence. Sono stati così acquistati sei Gulfstream civili da convertire e due già allestiti per impiego militare. Costo: 1,223 miliardi di euro. Il corriere ha già recapitato il pacco a Pratica di Mare.

Nel decreto del 2020 si fa esplicito riferimento agli accordi intergovernativi (Gov to Gov) tra Italia e Israele, al Memorandum of Understanding e alle intese tra aziende italiane (in primis Leonardo), israeliane (Elta System) e statunitensi (L3 Harris), con l’ipotesi di coinvolgere ulteriori imprese israeliane. Se l’affare è buono, lo shopping funziona.

La fase successiva, SMD 37/2021, ha previsto la conversione in assetto militare di quattro dei sei aerei civili già acquistati. Anche questa parte del programma è stata realizzata con tecnologia Elta, per un costo aggiuntivo di 925 milioni di euro.

La terza e attuale fase del progetto, definita nel decreto SMD 19/2024, è passata da una stima iniziale di 994 milioni a un costo aggiornato di 1,632 miliardi di euro. Essa comprende la conversione militare degli ultimi due Gulfstream civili, l’acquisto di un undicesimo velivolo destinato a test e sperimentazioni, e la realizzazione della cittadella ISTAR a Pratica di Mare, dotata di hangar, strutture operative e connessione satellitare per il supporto alla flotta. Come nei precedenti decreti, anche questo prevede collaborazioni intergovernative basate su schemi già esistenti.

Business is business

Diciamo la verità: le guerre ci sono sempre state e il mondo non può fermarsi davanti ad un conflitto. Tantomeno gli affari commerciali che ne conseguono. Questa è la logica del doppiogioco che l’Italia prosegue con Israele: compravendita di armi dietro le quine, polemiche sul rispetto del diritto internazionale davanti alle telecamere.

Secondo la legge italiana, infatti, è vietata la vendita di armamenti a Stati coinvolti in conflitti armati. Israele rientra in questa categoria, ragion per cui le esportazioni dovrebbero essere sospese. La legge in questione è la n.185 del 1990. L’Italia si colloca al terzo posto tra i principali fornitori di armamenti a Israele, con una quota del 4,7%, dietro agli Stati Uniti (65,6%) e alla Germania (29,7%). Tuttavia, dati dell’Agenzia delle Dogane mostrano che tra dicembre 2023 e gennaio 2024 l’Italia ha esportato verso Israele armi e munizioni per un valore superiore ai due milioni di euro. Il Governo si è giustificato già nel 2024, specificando che il business di sangue e distruzione prosegue in virtù d vecchie licenze che erano state sottoscritte prima del 7 ottobre 2023.

Ciononostante, considerando la decisione preliminare della Corte Internazionale di Giustizia su presunte violazioni della Convenzione per la prevenzione del genocidio e la richiesta di mandato d’arresto per il Primo Ministro Netanyahu, le esportazioni di armi verso Israele successive al 7 ottobre potrebbero esporre l’Italia al rischio di essere ritenuta corresponsabile di violazioni del diritto internazionale attribuite a Israele.

È questa la retorica politica dell’Italia che fa da capofila nelle relazioni con Israele per tutta l’Europa, in qualità di principale snodo commerciale per l’IMEC, la Via del Cotone, di natura multilaterale, che rappresenta dal punto di vista statunitense un’alternativa alla “Nuova Via della Seta” in contrapposizione con quella cinese. L’iniziativa, è bene ricordarlo, è stata presentata durante il vertice del G20 tenutosi a New Delhi, in India, il 10 settembre 2023. In quell’occasione, India, Stati Uniti (amministrazione Biden), Unione Europea, Francia, Germania, Italia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno firmato un memorandum d’intesa per la creazione di un corridoio economico che colleghi India, Medio Oriente ed Europa (IMEC).

Il piano, ambizioso, è incentrato sullo sviluppo infrastrutturale e si articola su due direttrici principali: una ferroviaria, che dovrebbe collegare l’Europa con il Golfo (coinvolgendo Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Israele e Giordania), e una marittima, che connetterebbe l’India con la regione del Golfo. L’iniziativa è sostenuta dalla Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII), creata dal G7 nel 2022, e dal programma europeo Global Gateway, che ha previsto fino a 300 miliardi di euro di investimenti in infrastrutture internazionali nel periodo 2021-2027.

Per l’Italia, l’iniziativa riveste un’importanza strategica anche in virtù della sua posizione geografica tra Mediterraneo e Indo-Pacifico, e proprio da Israele e dai sui porti riceverà le merci che serviranno sempre a Israele a tessere il proprio business. Non importa se si tratta di perpetrare un genocidio, l’importante è che gli interessi economici dei due Paesi vengano tutelati. Il Capitale che vince sull’Uomo, la logica dell’interesse che prevale su quella dell’umanità.

Shopping pazzo a Tel Aviv

Il capitale prevale sull’uomo, la logica dell’interesse prevale su quella dell’umanità.

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Se vi state ancora chiedendo quale sia la posizione dell’Italia nel conflitto israelo-palestinese, non preoccupatevi: per l’ennesima volta, il Primo Ministro Giorgia Meloni ha ricordato che l’Italia è con Israele, sempre, a qualunque costo.

Di fronte ad un tribunale internazionale, un’affermazione del genere sarebbe automaticamente condannata come “concordo di colpa in genocidio”, alla pari di quanto venne decretato a Norimberga dopo la Seconda Guerra Mondiale. Siccome, però, le semplici dichiarazioni dei politici non bastano, allora occorre portare delle prove di questa “partecipazione” ad un crimine contro l’umanità. Ce ne sono varie, fra cui il recente shopping pazzo che il Governo italiano ha effettuato a Tel Aviv e dintorni.

Mentre infatti proseguono i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, l’Italia si prepara ad acquistare tecnologie militari per dotarsi di una nuova flotta di aerei da ricognizione. Si consideri bene che la cooperazione militare fra i due Paesi non è un affare nuovo, anzi, tutt’altro. Il 15 aprile scorso, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha inviato al Parlamento il progetto di decreto ministeriale SMD 19/2024, volto alla “graduale implementazione di suite operative multi-missione multi-sensore (MMMS) su piattaforma condivisa Gulfstream G550”. Entro il 26 maggio la Commissione Difesa del Senato dovrà esprimere il proprio parere: potrà approvare, rigettare o chiedere modifiche al provvedimento. Intanto, il 6 maggio, la Commissione Bilancio della Camera ha dato il via libera al decreto, in soli cinque minuti e senza discussione. In base al Codice dell’ordinamento militare, se le Commissioni parlamentari esprimono parere negativo, l’esecutivo è obbligato a rinviare il decreto alle Camere corredato di controdeduzioni. Se il parere negativo è confermato con maggioranza assoluta e motivato dal mancato allineamento con il Documento programmatico pluriennale della difesa, il programma non potrà essere attuato.

Il provvedimento rappresenta la terza fase di un progetto a lungo termine per trasformare jet civili Gulfstream G550 (detti “green” in ambito militare) in velivoli da sorveglianza e intelligence, grazie alle tecnologie fornite da Elta Systems Ltd, azienda israeliana parte del gruppo Israel Aerospace Industries (IAI). Il valore complessivo dell’intero programma supera i tre miliardi di euro. Le prime due fasi sono già state approvate e attuate.

Le tecnologie di Elta Systems, specializzate in sorveglianza, guerra elettronica e identificazione di obiettivi, sono diffuse in tutto il mondo, fornite a eserciti regolari e forze paramilitari. Queste stesse tecnologie vengono largamente utilizzate anche dalle forze armate israeliane nei confronti del popolo palestinese e di altri soggetti considerati “nemici”. Il legame tra Elta e l’esercito israeliano è molto stretto: molti dipendenti provengono da unità speciali delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) o vi prestano ancora servizio.

Nel 2016 l’Italia ha ricevuto da Israele i primi due G550 CAEW (Conformal Airborne Early Warning), equipaggiati dalla azienda con capacità avanzate di sorveglianza e comando, attualmente operativi presso il 14° Stormo a Pratica di Mare.

Nell’ambito di un accordo bilaterale, oltre agli aerei spia, l’Italia ha acquistato da Israele anche il satellite militare ottico OPTSAT 3000, mentre in cambio Tel Aviv ha comprato dall’Italia trenta jet da addestramento Alenia Aermacchi M-346, forniti da Leonardo Spa.

Con il decreto SMD 3/2020 è partita la fase successiva del programma: l’acquisto e la trasformazione di altri otto velivoli in assetto Full Mission Capable (FMC), integrando capacità CAEW con sistemi per guerra elettronica, intercettazioni e intelligence. Sono stati così acquistati sei Gulfstream civili da convertire e due già allestiti per impiego militare. Costo: 1,223 miliardi di euro. Il corriere ha già recapitato il pacco a Pratica di Mare.

Nel decreto del 2020 si fa esplicito riferimento agli accordi intergovernativi (Gov to Gov) tra Italia e Israele, al Memorandum of Understanding e alle intese tra aziende italiane (in primis Leonardo), israeliane (Elta System) e statunitensi (L3 Harris), con l’ipotesi di coinvolgere ulteriori imprese israeliane. Se l’affare è buono, lo shopping funziona.

La fase successiva, SMD 37/2021, ha previsto la conversione in assetto militare di quattro dei sei aerei civili già acquistati. Anche questa parte del programma è stata realizzata con tecnologia Elta, per un costo aggiuntivo di 925 milioni di euro.

La terza e attuale fase del progetto, definita nel decreto SMD 19/2024, è passata da una stima iniziale di 994 milioni a un costo aggiornato di 1,632 miliardi di euro. Essa comprende la conversione militare degli ultimi due Gulfstream civili, l’acquisto di un undicesimo velivolo destinato a test e sperimentazioni, e la realizzazione della cittadella ISTAR a Pratica di Mare, dotata di hangar, strutture operative e connessione satellitare per il supporto alla flotta. Come nei precedenti decreti, anche questo prevede collaborazioni intergovernative basate su schemi già esistenti.

Business is business

Diciamo la verità: le guerre ci sono sempre state e il mondo non può fermarsi davanti ad un conflitto. Tantomeno gli affari commerciali che ne conseguono. Questa è la logica del doppiogioco che l’Italia prosegue con Israele: compravendita di armi dietro le quine, polemiche sul rispetto del diritto internazionale davanti alle telecamere.

Secondo la legge italiana, infatti, è vietata la vendita di armamenti a Stati coinvolti in conflitti armati. Israele rientra in questa categoria, ragion per cui le esportazioni dovrebbero essere sospese. La legge in questione è la n.185 del 1990. L’Italia si colloca al terzo posto tra i principali fornitori di armamenti a Israele, con una quota del 4,7%, dietro agli Stati Uniti (65,6%) e alla Germania (29,7%). Tuttavia, dati dell’Agenzia delle Dogane mostrano che tra dicembre 2023 e gennaio 2024 l’Italia ha esportato verso Israele armi e munizioni per un valore superiore ai due milioni di euro. Il Governo si è giustificato già nel 2024, specificando che il business di sangue e distruzione prosegue in virtù d vecchie licenze che erano state sottoscritte prima del 7 ottobre 2023.

Ciononostante, considerando la decisione preliminare della Corte Internazionale di Giustizia su presunte violazioni della Convenzione per la prevenzione del genocidio e la richiesta di mandato d’arresto per il Primo Ministro Netanyahu, le esportazioni di armi verso Israele successive al 7 ottobre potrebbero esporre l’Italia al rischio di essere ritenuta corresponsabile di violazioni del diritto internazionale attribuite a Israele.

È questa la retorica politica dell’Italia che fa da capofila nelle relazioni con Israele per tutta l’Europa, in qualità di principale snodo commerciale per l’IMEC, la Via del Cotone, di natura multilaterale, che rappresenta dal punto di vista statunitense un’alternativa alla “Nuova Via della Seta” in contrapposizione con quella cinese. L’iniziativa, è bene ricordarlo, è stata presentata durante il vertice del G20 tenutosi a New Delhi, in India, il 10 settembre 2023. In quell’occasione, India, Stati Uniti (amministrazione Biden), Unione Europea, Francia, Germania, Italia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno firmato un memorandum d’intesa per la creazione di un corridoio economico che colleghi India, Medio Oriente ed Europa (IMEC).

Il piano, ambizioso, è incentrato sullo sviluppo infrastrutturale e si articola su due direttrici principali: una ferroviaria, che dovrebbe collegare l’Europa con il Golfo (coinvolgendo Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Israele e Giordania), e una marittima, che connetterebbe l’India con la regione del Golfo. L’iniziativa è sostenuta dalla Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII), creata dal G7 nel 2022, e dal programma europeo Global Gateway, che ha previsto fino a 300 miliardi di euro di investimenti in infrastrutture internazionali nel periodo 2021-2027.

Per l’Italia, l’iniziativa riveste un’importanza strategica anche in virtù della sua posizione geografica tra Mediterraneo e Indo-Pacifico, e proprio da Israele e dai sui porti riceverà le merci che serviranno sempre a Israele a tessere il proprio business. Non importa se si tratta di perpetrare un genocidio, l’importante è che gli interessi economici dei due Paesi vengano tutelati. Il Capitale che vince sull’Uomo, la logica dell’interesse che prevale su quella dell’umanità.

Il capitale prevale sull’uomo, la logica dell’interesse prevale su quella dell’umanità.

Segue nostro Telegram.

Armi, più armi

Se vi state ancora chiedendo quale sia la posizione dell’Italia nel conflitto israelo-palestinese, non preoccupatevi: per l’ennesima volta, il Primo Ministro Giorgia Meloni ha ricordato che l’Italia è con Israele, sempre, a qualunque costo.

Di fronte ad un tribunale internazionale, un’affermazione del genere sarebbe automaticamente condannata come “concordo di colpa in genocidio”, alla pari di quanto venne decretato a Norimberga dopo la Seconda Guerra Mondiale. Siccome, però, le semplici dichiarazioni dei politici non bastano, allora occorre portare delle prove di questa “partecipazione” ad un crimine contro l’umanità. Ce ne sono varie, fra cui il recente shopping pazzo che il Governo italiano ha effettuato a Tel Aviv e dintorni.

Mentre infatti proseguono i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, l’Italia si prepara ad acquistare tecnologie militari per dotarsi di una nuova flotta di aerei da ricognizione. Si consideri bene che la cooperazione militare fra i due Paesi non è un affare nuovo, anzi, tutt’altro. Il 15 aprile scorso, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha inviato al Parlamento il progetto di decreto ministeriale SMD 19/2024, volto alla “graduale implementazione di suite operative multi-missione multi-sensore (MMMS) su piattaforma condivisa Gulfstream G550”. Entro il 26 maggio la Commissione Difesa del Senato dovrà esprimere il proprio parere: potrà approvare, rigettare o chiedere modifiche al provvedimento. Intanto, il 6 maggio, la Commissione Bilancio della Camera ha dato il via libera al decreto, in soli cinque minuti e senza discussione. In base al Codice dell’ordinamento militare, se le Commissioni parlamentari esprimono parere negativo, l’esecutivo è obbligato a rinviare il decreto alle Camere corredato di controdeduzioni. Se il parere negativo è confermato con maggioranza assoluta e motivato dal mancato allineamento con il Documento programmatico pluriennale della difesa, il programma non potrà essere attuato.

Il provvedimento rappresenta la terza fase di un progetto a lungo termine per trasformare jet civili Gulfstream G550 (detti “green” in ambito militare) in velivoli da sorveglianza e intelligence, grazie alle tecnologie fornite da Elta Systems Ltd, azienda israeliana parte del gruppo Israel Aerospace Industries (IAI). Il valore complessivo dell’intero programma supera i tre miliardi di euro. Le prime due fasi sono già state approvate e attuate.

Le tecnologie di Elta Systems, specializzate in sorveglianza, guerra elettronica e identificazione di obiettivi, sono diffuse in tutto il mondo, fornite a eserciti regolari e forze paramilitari. Queste stesse tecnologie vengono largamente utilizzate anche dalle forze armate israeliane nei confronti del popolo palestinese e di altri soggetti considerati “nemici”. Il legame tra Elta e l’esercito israeliano è molto stretto: molti dipendenti provengono da unità speciali delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) o vi prestano ancora servizio.

Nel 2016 l’Italia ha ricevuto da Israele i primi due G550 CAEW (Conformal Airborne Early Warning), equipaggiati dalla azienda con capacità avanzate di sorveglianza e comando, attualmente operativi presso il 14° Stormo a Pratica di Mare.

Nell’ambito di un accordo bilaterale, oltre agli aerei spia, l’Italia ha acquistato da Israele anche il satellite militare ottico OPTSAT 3000, mentre in cambio Tel Aviv ha comprato dall’Italia trenta jet da addestramento Alenia Aermacchi M-346, forniti da Leonardo Spa.

Con il decreto SMD 3/2020 è partita la fase successiva del programma: l’acquisto e la trasformazione di altri otto velivoli in assetto Full Mission Capable (FMC), integrando capacità CAEW con sistemi per guerra elettronica, intercettazioni e intelligence. Sono stati così acquistati sei Gulfstream civili da convertire e due già allestiti per impiego militare. Costo: 1,223 miliardi di euro. Il corriere ha già recapitato il pacco a Pratica di Mare.

Nel decreto del 2020 si fa esplicito riferimento agli accordi intergovernativi (Gov to Gov) tra Italia e Israele, al Memorandum of Understanding e alle intese tra aziende italiane (in primis Leonardo), israeliane (Elta System) e statunitensi (L3 Harris), con l’ipotesi di coinvolgere ulteriori imprese israeliane. Se l’affare è buono, lo shopping funziona.

La fase successiva, SMD 37/2021, ha previsto la conversione in assetto militare di quattro dei sei aerei civili già acquistati. Anche questa parte del programma è stata realizzata con tecnologia Elta, per un costo aggiuntivo di 925 milioni di euro.

La terza e attuale fase del progetto, definita nel decreto SMD 19/2024, è passata da una stima iniziale di 994 milioni a un costo aggiornato di 1,632 miliardi di euro. Essa comprende la conversione militare degli ultimi due Gulfstream civili, l’acquisto di un undicesimo velivolo destinato a test e sperimentazioni, e la realizzazione della cittadella ISTAR a Pratica di Mare, dotata di hangar, strutture operative e connessione satellitare per il supporto alla flotta. Come nei precedenti decreti, anche questo prevede collaborazioni intergovernative basate su schemi già esistenti.

Business is business

Diciamo la verità: le guerre ci sono sempre state e il mondo non può fermarsi davanti ad un conflitto. Tantomeno gli affari commerciali che ne conseguono. Questa è la logica del doppiogioco che l’Italia prosegue con Israele: compravendita di armi dietro le quine, polemiche sul rispetto del diritto internazionale davanti alle telecamere.

Secondo la legge italiana, infatti, è vietata la vendita di armamenti a Stati coinvolti in conflitti armati. Israele rientra in questa categoria, ragion per cui le esportazioni dovrebbero essere sospese. La legge in questione è la n.185 del 1990. L’Italia si colloca al terzo posto tra i principali fornitori di armamenti a Israele, con una quota del 4,7%, dietro agli Stati Uniti (65,6%) e alla Germania (29,7%). Tuttavia, dati dell’Agenzia delle Dogane mostrano che tra dicembre 2023 e gennaio 2024 l’Italia ha esportato verso Israele armi e munizioni per un valore superiore ai due milioni di euro. Il Governo si è giustificato già nel 2024, specificando che il business di sangue e distruzione prosegue in virtù d vecchie licenze che erano state sottoscritte prima del 7 ottobre 2023.

Ciononostante, considerando la decisione preliminare della Corte Internazionale di Giustizia su presunte violazioni della Convenzione per la prevenzione del genocidio e la richiesta di mandato d’arresto per il Primo Ministro Netanyahu, le esportazioni di armi verso Israele successive al 7 ottobre potrebbero esporre l’Italia al rischio di essere ritenuta corresponsabile di violazioni del diritto internazionale attribuite a Israele.

È questa la retorica politica dell’Italia che fa da capofila nelle relazioni con Israele per tutta l’Europa, in qualità di principale snodo commerciale per l’IMEC, la Via del Cotone, di natura multilaterale, che rappresenta dal punto di vista statunitense un’alternativa alla “Nuova Via della Seta” in contrapposizione con quella cinese. L’iniziativa, è bene ricordarlo, è stata presentata durante il vertice del G20 tenutosi a New Delhi, in India, il 10 settembre 2023. In quell’occasione, India, Stati Uniti (amministrazione Biden), Unione Europea, Francia, Germania, Italia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno firmato un memorandum d’intesa per la creazione di un corridoio economico che colleghi India, Medio Oriente ed Europa (IMEC).

Il piano, ambizioso, è incentrato sullo sviluppo infrastrutturale e si articola su due direttrici principali: una ferroviaria, che dovrebbe collegare l’Europa con il Golfo (coinvolgendo Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Israele e Giordania), e una marittima, che connetterebbe l’India con la regione del Golfo. L’iniziativa è sostenuta dalla Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII), creata dal G7 nel 2022, e dal programma europeo Global Gateway, che ha previsto fino a 300 miliardi di euro di investimenti in infrastrutture internazionali nel periodo 2021-2027.

Per l’Italia, l’iniziativa riveste un’importanza strategica anche in virtù della sua posizione geografica tra Mediterraneo e Indo-Pacifico, e proprio da Israele e dai sui porti riceverà le merci che serviranno sempre a Israele a tessere il proprio business. Non importa se si tratta di perpetrare un genocidio, l’importante è che gli interessi economici dei due Paesi vengano tutelati. Il Capitale che vince sull’Uomo, la logica dell’interesse che prevale su quella dell’umanità.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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