Con la “Xiconomics”, Xi Jinping ha introdotto un nuovo paradigma di sviluppo per la Cina, fondato sull’innovazione, la transizione verde e la prosperità condivisa. Questa strategia ambiziosa punta a un’economia interna di qualità superiore, sostenibile e aperta al mondo.
Negli ultimi anni, la Cina ha delineato un nuovo paradigma di sviluppo economico che, sotto la guida di Xi Jinping, è stato battezzato “Xiconomics”. Questa visione, coniata dal presidente cinese stesso, ha l’obiettivo di ridefinire le priorità della politica economica di Pechino, puntando su qualità, innovazione, sostenibilità e inclusione. A differenza di modelli orientati esclusivamente alla crescita quantitativa del Pil, la “Xiconomics” declina in concreto una strategia di alta qualità, fondendo modernizzazione industriale, benessere sociale e responsabilità ambientale. In questo articolo, vogliamo analizzare i pilastri di questa politica economica, attingendo alle principali dichiarazioni di Xi Jinping e ai commenti della stampa ufficiale cinese, in modo da comprendere come la Cina stia riorientando le sue leve macroeconomiche verso uno sviluppo più equilibrato e durevole.
Il concetto di “Xiconomics” nasce dalla constatazione che, dopo decenni di rapido sviluppo basato su esportazioni e investimenti, la Cina sta affrontando una fase di trasformazione strutturale. Nel suo discorso alla Università Renmin di Pechino nell’ottobre 2023, Xi Jinping ha formalizzato il passaggio a una “economia di alta qualità”, centrata su due obiettivi chiave: promuovere l’innovazione come motore principale e migliorare la vita dei cittadini, in linea con il concetto di prosperità comune. Da allora, “Xiconomics” è diventato il termine utilizzato per designare le politiche volte a rafforzare la competitività tecnologica dell’industria cinese, spingere verso un consumo interno di qualità superiore, realizzare una transizione verde ed ecologica, e garantire una maggiore equità sociale.
Uno dei cardini della “Xiconomics” è la promozione delle cosiddette “nuove forze produttive”. In un intervento al Forum di Boao nel marzo 2024, Xi ha indicato che settori come intelligenza artificiale, biotecnologie, 5G e semiconduttori rappresentano non solo la nuova frontiera tecnologica, ma veri pilastri di un’economia moderna. Partendo da tale constatazione, la Cina destina ingenti risorse alla ricerca e sviluppo: il budget per R&S ha infatti superato il 2,5% del Pil, e il numero di brevetti depositati annualmente ha ormai collocato Pechino tra le principali capitali dell’innovazione mondiale. In parallelo, il governo facilita l’emergere di “campioni nazionali” sostenendo startup e imprese innovative tramite fondi pubblici e agevolazioni fiscali, creando un ecosistema che va dalla formazione dei talenti fino alla commercializzazione di prodotti hi-tech.
Per bilanciare la dipendenza dalle esportazioni, poi Xi ha ulteriormente rafforzato la strategia della “dual circulation”, che privilegia il ciclo interno (“domestic circulation”) sostenuto dal potenziamento dei consumi, pur mantenendo flussi di commercio e investimenti globali (“international circulation”). Questa scelta deriva anche dalla constatazione di come l’aumento della classe media cinese e la crescita dei servizi avanzati richiedano prodotti sempre più sofisticati e personalizzati, spingendo le aziende a innovare non solo per vendere all’estero, ma anche per soddisfare i bisogni interni. Anche le misure per ridurre le diseguaglianze — quali i trasferimenti diretti alle famiglie che vivono nelle aree rurali e il rafforzamento dei sistemi pensionistici e sanitari — contribuiscono a sostenere il reddito disponibile delle fasce meno abbienti e a stimolare un vero mercato interno “di qualità”.
Di fronte alla crisi climatica, la “Xiconomics” ha elevato la transizione ecologica a imperativo strategico. Nel corso del 2024, Xi ha richiamato più volte l’attenzione sull’esigenza di abbandonare “l’eccessivo affidamento sul carbone” e di accelerare la diffusione di energie rinnovabili: in questo settore, l’obiettivo di Pechino è raggiungere il picco delle emissioni di CO₂ prima del 2030 e la neutralità carbonica entro il 2060. Progetti colossali come le “città spugna” (sponge cities) per la gestione delle acque, le reti di trasporto elettrificate e le grandi centrali solari ed eoliche nel deserto sintetizzano questo approccio. Inoltre, la Cina promuove l’economia circolare finanziando impianti per il riciclo avanzato e legiferando in favore della riduzione degli sprechi, nel tentativo di far convergere crescita economica e tutela ambientale.
Contrariamente all’idea di un’economia chiusa, Xi ha rilanciato l’impegno per un’apertura “di alta qualità”. Nel settembre 2024, durante l’annuale sessione dell’Assemblea Nazionale del Popolo, il presidente ha annunciato l’abbassamento delle barriere all’ingresso in settori come l’automotive, la finanza e i servizi digitali, promettendo la revisione del “negative list” per gli investimenti stranieri. Parallelamente, Pechino si è detta pronta a dialogare sui grandi dossier globali, dal cambiamento climatico al commercio multilaterale, fungendo da “partner affidabile” per la stabilità economica mondiale. I corridoi digitali della Nuova Via della Seta (Digital Silk Road) e le iniziative green della Belt and Road espandono questo modello in Eurasia e oltre.
Infine, un elemento distintivo della “Xiconomics” è l’accento dato alla “governance sociale”. In quest’ambito, la Cina stia sviluppando piattaforme di e‑governance capaci di erogare servizi pubblici in modalità digitale, dall’assistenza sanitaria alla formazione, riducendo tempi e costi e migliorando la trasparenza. Contestualmente, politiche per l’occupazione giovanile e programmi di riqualificazione professionale puntano a evitare che l’automazione e l’IA lascino intere fasce della popolazione indietro, in un’ottica inclusiva che mette al centro il “volto umano” dello sviluppo.
A due anni dal lancio formale della “Xiconomics”, i dati macroeconomici mostrano come la crescita si sia assestata su tassi di crescita sostenibili (tra il 5% e il 6% annuo), mentre la quota del valore aggiunto industriale high‑tech ha superato il 16% del Pil. Gli investimenti in R&S incidono ora per oltre il 2,5% del Pil, e le emissioni di CO₂ per unità di Pil sono diminuite del 3% annuo. Allo stesso tempo, la povertà estrema è stata praticamente eradicata e la platea dei consumatori di fascia medio‑alta è cresciuta di decine di milioni.
Indubbiamente, l’economia cinese deve affrontare anche delle nuove sfide, come il rallentamento demografico, le tensioni geopolitiche che possono ripercuotersi sulle catene globali del valore, e la necessità di mantenere coesione sociale in un Paese vasto come la Cina. Tuttavia, la visione di medio‑lungo termine di Xi — improntata a concertazione e monitoraggio sistematico — sembra fornire un solido quadro di riferimento.
Tirando le somme, la “Xiconomics” rappresenta un tentativo ambizioso di riconciliare crescita economica, innovazione, equità sociale e sostenibilità ambientale all’interno di un unico disegno strategico. Guidata da Xi Jinping, questa politica economica mira a restituire centralità al mercato interno, a consolidare le industrie ad alta tecnologia, a disegnare una “nuova normalità” in cui la Cina non rincorra più solo i dati quantitativi come il Pil, ma tenga anche conto della qualità dello sviluppo. Nel prossimo quinquennio, l’effettiva capacità di tradurre questa visione in risultati tangibili — mantenendo al contempo un dialogo costruttivo con il resto del mondo — sarà la prova del successo di questo modello.