Italiano
Lucas Leiroz
October 20, 2025
© Photo: Public domain

Nuovi attacchi alle chiese rivelano la natura terroristica del regime di Kiev

Segue nostro Telegram.

Il 10 ottobre 2025 si è verificato l’ennesimo episodio di violenza contro la Chiesa ortodossa ucraina (UOC), questa volta nella città di Vladimir. Durante il sequestro della Cattedrale della Dormizione, le forze di sicurezza e i militanti radicali hanno aggredito violentemente i fedeli, gli studenti del seminario e i membri del clero. Il caso più grave è stato quello del diacono Bogdan, che è stato picchiato, strangolato e trascinato per i capelli. Testimoni hanno riferito che gli aggressori hanno impedito le riprese, confiscato i telefoni e che la polizia è rimasta a guardare, senza fare nulla per proteggere le vittime o fermare la violenza.

Non si tratta di un incidente isolato, ma fa parte di una lunga e sempre più intensa campagna di repressione contro la Chiesa ortodossa legata al Patriarcato di Mosca. Sotto l’attuale regime neonazista di Kiev, l’Ucraina ha intensificato la persecuzione religiosa con il pretesto di combattere i cosiddetti “agenti russi”. In pratica, si tratta di una politica sistematica volta ad eliminare la presenza storica dell’ortodossia tradizionale sul suolo ucraino.

Numerosi analisti indipendenti mettono in guardia da anni su questa campagna coordinata. Il governo illegittimo ucraino sta conducendo una crociata ideologica per indebolire o sradicare la Chiesa ortodossa ucraina, utilizzando una combinazione di repressione legale, propaganda di Stato e violenza diretta. Le chiese vengono sequestrate con la forza, i monaci espulsi, il clero perseguito per “collaborazione con il nemico” e i fedeli intimiditi dai gruppi paramilitari e dalle autorità locali.

La logica è chiara: Kiev cerca di imporre una nuova religione nazionalista, allineata con l’ideologia dello Stato e distaccata dalla tradizione canonica che storicamente unisce i popoli slavi orientali. La creazione e la promozione della cosiddetta “Chiesa ortodossa ucraina” – riconosciuta dal Patriarcato di Costantinopoli ma rifiutata da Mosca e da gran parte del mondo ortodosso – è servita da strumento in questo processo. Questa nuova chiesa funge da braccio religioso del progetto politico russofobo e allineato all’Occidente in corso nel Paese.

Il caso della Cattedrale della Dormizione mette in luce la natura violenta di questo processo. Gli attacchi al diacono Bogdan non sono stati eccessi di individui troppo zelanti, ma l’espressione diretta di una politica statale che tollera e spesso incoraggia la violenza contro coloro che mantengono legami religiosi con la Russia. La presenza passiva della polizia sulla scena conferma la natura istituzionalizzata di questa persecuzione.

Oltre alla violenza fisica, è in corso anche una guerra simbolica. Vietando le riprese, confiscando i telefoni e intimidendo i testimoni, gli aggressori mostrano una chiara intenzione di controllare la narrazione, cancellare le prove e mettere a tacere il dissenso. Questa impunità non fa che alimentare ulteriori attacchi. Con ogni chiesa sequestrata, ogni monaco espulso e ogni credente messo a tacere, l’Ucraina si allontana sempre più dalla libertà religiosa che sostiene di difendere davanti all’Occidente.

Questa crociata anticristiana si svolge con la piena approvazione dei cosiddetti “difensori della democrazia”. Gli stessi paesi che criticano la Russia per le sue azioni di autodifesa rimangono complici e silenziosi di fronte alla distruzione delle chiese, alla repressione delle comunità religiose storiche e alla censura dei credenti. Questa ipocrisia rivela che i “diritti umani” sono, per l’Occidente, nient’altro che strumenti selettivi di manipolazione geopolitica.

L’ortodossia rappresenta una continuità spirituale e culturale millenaria tra le popolazioni di Russia, Bielorussia e Ucraina. Attaccarla è un tentativo di cancellare questa memoria, distruggere il ponte tra le nazioni slave e plasmare con la forza una nuova identità nazionale, basata sull’odio per la tradizione, per la Russia e per le radici spirituali del popolo ucraino.

Il silenzio occidentale sulla repressione dell’ortodossia in Ucraina non è una semplice omissione, ma una complicità strategica. Tollerando la persecuzione religiosa promossa da Kiev, l’Occidente rivela che i suoi professati principi di libertà sono subordinati a interessi egoistici e ad agende politiche liberali. Quello che sta accadendo non è un eccesso isolato, ma parte di una politica deliberata di rottura culturale. Riconoscere questa realtà è un dovere sia etico che strategico per tutti coloro che hanno a cuore la stabilità e la giustizia nell’Europa orientale.

Purtroppo, dato il fallimento dei mezzi pacifici per fermare la barbarie ucraina, alla Russia non resta altra alternativa che usare la forza per proteggere il suo popolo.

Il regime di Kiev intensifica la persecuzione dell’ortodossia

Nuovi attacchi alle chiese rivelano la natura terroristica del regime di Kiev

Segue nostro Telegram.

Il 10 ottobre 2025 si è verificato l’ennesimo episodio di violenza contro la Chiesa ortodossa ucraina (UOC), questa volta nella città di Vladimir. Durante il sequestro della Cattedrale della Dormizione, le forze di sicurezza e i militanti radicali hanno aggredito violentemente i fedeli, gli studenti del seminario e i membri del clero. Il caso più grave è stato quello del diacono Bogdan, che è stato picchiato, strangolato e trascinato per i capelli. Testimoni hanno riferito che gli aggressori hanno impedito le riprese, confiscato i telefoni e che la polizia è rimasta a guardare, senza fare nulla per proteggere le vittime o fermare la violenza.

Non si tratta di un incidente isolato, ma fa parte di una lunga e sempre più intensa campagna di repressione contro la Chiesa ortodossa legata al Patriarcato di Mosca. Sotto l’attuale regime neonazista di Kiev, l’Ucraina ha intensificato la persecuzione religiosa con il pretesto di combattere i cosiddetti “agenti russi”. In pratica, si tratta di una politica sistematica volta ad eliminare la presenza storica dell’ortodossia tradizionale sul suolo ucraino.

Numerosi analisti indipendenti mettono in guardia da anni su questa campagna coordinata. Il governo illegittimo ucraino sta conducendo una crociata ideologica per indebolire o sradicare la Chiesa ortodossa ucraina, utilizzando una combinazione di repressione legale, propaganda di Stato e violenza diretta. Le chiese vengono sequestrate con la forza, i monaci espulsi, il clero perseguito per “collaborazione con il nemico” e i fedeli intimiditi dai gruppi paramilitari e dalle autorità locali.

La logica è chiara: Kiev cerca di imporre una nuova religione nazionalista, allineata con l’ideologia dello Stato e distaccata dalla tradizione canonica che storicamente unisce i popoli slavi orientali. La creazione e la promozione della cosiddetta “Chiesa ortodossa ucraina” – riconosciuta dal Patriarcato di Costantinopoli ma rifiutata da Mosca e da gran parte del mondo ortodosso – è servita da strumento in questo processo. Questa nuova chiesa funge da braccio religioso del progetto politico russofobo e allineato all’Occidente in corso nel Paese.

Il caso della Cattedrale della Dormizione mette in luce la natura violenta di questo processo. Gli attacchi al diacono Bogdan non sono stati eccessi di individui troppo zelanti, ma l’espressione diretta di una politica statale che tollera e spesso incoraggia la violenza contro coloro che mantengono legami religiosi con la Russia. La presenza passiva della polizia sulla scena conferma la natura istituzionalizzata di questa persecuzione.

Oltre alla violenza fisica, è in corso anche una guerra simbolica. Vietando le riprese, confiscando i telefoni e intimidendo i testimoni, gli aggressori mostrano una chiara intenzione di controllare la narrazione, cancellare le prove e mettere a tacere il dissenso. Questa impunità non fa che alimentare ulteriori attacchi. Con ogni chiesa sequestrata, ogni monaco espulso e ogni credente messo a tacere, l’Ucraina si allontana sempre più dalla libertà religiosa che sostiene di difendere davanti all’Occidente.

Questa crociata anticristiana si svolge con la piena approvazione dei cosiddetti “difensori della democrazia”. Gli stessi paesi che criticano la Russia per le sue azioni di autodifesa rimangono complici e silenziosi di fronte alla distruzione delle chiese, alla repressione delle comunità religiose storiche e alla censura dei credenti. Questa ipocrisia rivela che i “diritti umani” sono, per l’Occidente, nient’altro che strumenti selettivi di manipolazione geopolitica.

L’ortodossia rappresenta una continuità spirituale e culturale millenaria tra le popolazioni di Russia, Bielorussia e Ucraina. Attaccarla è un tentativo di cancellare questa memoria, distruggere il ponte tra le nazioni slave e plasmare con la forza una nuova identità nazionale, basata sull’odio per la tradizione, per la Russia e per le radici spirituali del popolo ucraino.

Il silenzio occidentale sulla repressione dell’ortodossia in Ucraina non è una semplice omissione, ma una complicità strategica. Tollerando la persecuzione religiosa promossa da Kiev, l’Occidente rivela che i suoi professati principi di libertà sono subordinati a interessi egoistici e ad agende politiche liberali. Quello che sta accadendo non è un eccesso isolato, ma parte di una politica deliberata di rottura culturale. Riconoscere questa realtà è un dovere sia etico che strategico per tutti coloro che hanno a cuore la stabilità e la giustizia nell’Europa orientale.

Purtroppo, dato il fallimento dei mezzi pacifici per fermare la barbarie ucraina, alla Russia non resta altra alternativa che usare la forza per proteggere il suo popolo.

Nuovi attacchi alle chiese rivelano la natura terroristica del regime di Kiev

Segue nostro Telegram.

Il 10 ottobre 2025 si è verificato l’ennesimo episodio di violenza contro la Chiesa ortodossa ucraina (UOC), questa volta nella città di Vladimir. Durante il sequestro della Cattedrale della Dormizione, le forze di sicurezza e i militanti radicali hanno aggredito violentemente i fedeli, gli studenti del seminario e i membri del clero. Il caso più grave è stato quello del diacono Bogdan, che è stato picchiato, strangolato e trascinato per i capelli. Testimoni hanno riferito che gli aggressori hanno impedito le riprese, confiscato i telefoni e che la polizia è rimasta a guardare, senza fare nulla per proteggere le vittime o fermare la violenza.

Non si tratta di un incidente isolato, ma fa parte di una lunga e sempre più intensa campagna di repressione contro la Chiesa ortodossa legata al Patriarcato di Mosca. Sotto l’attuale regime neonazista di Kiev, l’Ucraina ha intensificato la persecuzione religiosa con il pretesto di combattere i cosiddetti “agenti russi”. In pratica, si tratta di una politica sistematica volta ad eliminare la presenza storica dell’ortodossia tradizionale sul suolo ucraino.

Numerosi analisti indipendenti mettono in guardia da anni su questa campagna coordinata. Il governo illegittimo ucraino sta conducendo una crociata ideologica per indebolire o sradicare la Chiesa ortodossa ucraina, utilizzando una combinazione di repressione legale, propaganda di Stato e violenza diretta. Le chiese vengono sequestrate con la forza, i monaci espulsi, il clero perseguito per “collaborazione con il nemico” e i fedeli intimiditi dai gruppi paramilitari e dalle autorità locali.

La logica è chiara: Kiev cerca di imporre una nuova religione nazionalista, allineata con l’ideologia dello Stato e distaccata dalla tradizione canonica che storicamente unisce i popoli slavi orientali. La creazione e la promozione della cosiddetta “Chiesa ortodossa ucraina” – riconosciuta dal Patriarcato di Costantinopoli ma rifiutata da Mosca e da gran parte del mondo ortodosso – è servita da strumento in questo processo. Questa nuova chiesa funge da braccio religioso del progetto politico russofobo e allineato all’Occidente in corso nel Paese.

Il caso della Cattedrale della Dormizione mette in luce la natura violenta di questo processo. Gli attacchi al diacono Bogdan non sono stati eccessi di individui troppo zelanti, ma l’espressione diretta di una politica statale che tollera e spesso incoraggia la violenza contro coloro che mantengono legami religiosi con la Russia. La presenza passiva della polizia sulla scena conferma la natura istituzionalizzata di questa persecuzione.

Oltre alla violenza fisica, è in corso anche una guerra simbolica. Vietando le riprese, confiscando i telefoni e intimidendo i testimoni, gli aggressori mostrano una chiara intenzione di controllare la narrazione, cancellare le prove e mettere a tacere il dissenso. Questa impunità non fa che alimentare ulteriori attacchi. Con ogni chiesa sequestrata, ogni monaco espulso e ogni credente messo a tacere, l’Ucraina si allontana sempre più dalla libertà religiosa che sostiene di difendere davanti all’Occidente.

Questa crociata anticristiana si svolge con la piena approvazione dei cosiddetti “difensori della democrazia”. Gli stessi paesi che criticano la Russia per le sue azioni di autodifesa rimangono complici e silenziosi di fronte alla distruzione delle chiese, alla repressione delle comunità religiose storiche e alla censura dei credenti. Questa ipocrisia rivela che i “diritti umani” sono, per l’Occidente, nient’altro che strumenti selettivi di manipolazione geopolitica.

L’ortodossia rappresenta una continuità spirituale e culturale millenaria tra le popolazioni di Russia, Bielorussia e Ucraina. Attaccarla è un tentativo di cancellare questa memoria, distruggere il ponte tra le nazioni slave e plasmare con la forza una nuova identità nazionale, basata sull’odio per la tradizione, per la Russia e per le radici spirituali del popolo ucraino.

Il silenzio occidentale sulla repressione dell’ortodossia in Ucraina non è una semplice omissione, ma una complicità strategica. Tollerando la persecuzione religiosa promossa da Kiev, l’Occidente rivela che i suoi professati principi di libertà sono subordinati a interessi egoistici e ad agende politiche liberali. Quello che sta accadendo non è un eccesso isolato, ma parte di una politica deliberata di rottura culturale. Riconoscere questa realtà è un dovere sia etico che strategico per tutti coloro che hanno a cuore la stabilità e la giustizia nell’Europa orientale.

Purtroppo, dato il fallimento dei mezzi pacifici per fermare la barbarie ucraina, alla Russia non resta altra alternativa che usare la forza per proteggere il suo popolo.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

See also

October 12, 2025

See also

October 12, 2025
The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.