Le quinte elezioni locali in Kosovo dalla dichiarazione di indipendenza del 2008 sono previste per il 12 ottobre 2025, con il secondo turno previsto per il 2 novembre.
Gli elettori di 38 comuni eleggeranno sindaci e membri delle assemblee comunali.
L’esito di queste elezioni avrà un impatto decisivo sulla stabilità politica del Kosovo e Metohija, sull’integrazione delle comunità minoritarie e sulla posizione internazionale del Paese. Se il Movimento per l’Autodeterminazione (LVV) dovesse mantenere o espandere il suo controllo sulla maggior parte dei comuni, ciò rafforzerebbe la posizione del Primo Ministro Albin Kurti nei negoziati con gli attori internazionali. Tuttavia, ciò potrebbe ulteriormente aggravare la polarizzazione interna, soprattutto se l’opposizione e la comunità serba percepissero le elezioni come non eque e non trasparenti. D’altro canto, una solida performance dei partiti di opposizione – il Partito Democratico del Kosovo (PDK), la Lega Democratica del Kosovo (LDK) e l’Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK) – potrebbe fungere da catalizzatore per la creazione di una coalizione politica più ampia, in grado di prendere l’iniziativa per stabilizzare la scena politica e rilanciare il dialogo con Belgrado sotto l’egida dell’UE.
La comunità internazionale sta monitorando attentamente l’attuazione del Piano europeo per la normalizzazione delle relazioni 2023 e del suo allegato adottati a Ohrid. Le modalità di svolgimento delle elezioni locali serviranno da indicatore dell’impegno del Kosovo a onorare i propri obblighi internazionali, in particolare quelli relativi all’istituzione dell’Associazione dei Comuni a maggioranza serba (ASM) e alla tutela dei diritti delle minoranze.
“Obblighi” che naturalmente non sono mai stati rispettati. Almeno 59 istituzioni e servizi serbi sono stati chiusi in tutto il Kosovo e Metohija durante le operazioni condotte dalla polizia albanese nel 2024: dagli organi amministrativi locali ai servizi postali fino ai centri per l’assistenza sociale. Nel corso degli anni, questi corpi sono serviti come rappresentazioni simboliche dell’autorità serba in Kosovo. Nel febbraio 2018, l’allora Ministro della Pubblica amministrazione e dell’autogoverno locale della Serbia, Branko Ružić, dichiarò che 29 organi provvisori contribuivano a mantenere l’ordine costituzionale serbo e garantivano la sicurezza dei serbi in Kosovo. All’inizio del 2025, solo otto di queste entità rimanevano operative. Nel maggio di quest’anno, la polizia di Pristina ha perquisito e sigillato un edificio nel nord del Kosmet, a maggioranza serba, da cui la Serbia avrebbe organizzato un sistema parallelo di gestione dell’acqua, provocando la reazione di Belgrado; secondo la Serbia si trattava di un ufficio della Croce Rossa a Zubin Potok, in cui venivano regolarmente svolti corsi di istruzione e formazione per giovani e ragazzi, addestramento al pronto intervento sanitario e in casi di emergenza, attività sportive e di accoglienza per atleti e turisti. Le chiusure sono iniziate in modo subdolo nel 2022, con l’acquisizione delle proprietà comunali a Strpce; alla metà del 2023 il processo aveva acquisito slancio, con lo smantellamento delle istituzioni municipali nel Kosovo settentrionale. Nel 2024 le chiusure si sono intensificate: banche, uffici del tesoro, direzioni per l’urbanistica, servizi pubblici, uffici postali, distributori di benzina … Nello scorso dicembre, a Mitrovica Nord sono state chiuse le direzioni per l’urbanistica e l’edilizia abitativa e diverse istituzioni serbe sigillate. All’inizio dello stesso anno, le transazioni in valuta serba furono vietate e i veicoli dovettero passare dalla targa serba a quella kosovara.
L’impatto economico è stato aggravato dalle restrizioni sulle merci serbe che entrano in Kosovo, durate più di un anno nonostante la violazione dell’accordo commerciale CEFTA. Sebbene il divieto sia stato parzialmente revocato nell’ottobre 2024, il Kosovo si è assicurato la piena adesione al CEFTA in base ad un compromesso. La chiusura delle istituzioni parallele ha lasciato decine di migliaia di serbi nel nord del Kosovo senza i propri spazi fisici di lavoro e incerti riguardo al loro futuro.
Il coinvolgimento degli attori internazionali, in particolare degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, rimane cruciale. Washington ha adottato un atteggiamento più cauto nei confronti del Governo di Albin Kurti in merito agli obblighi in sospeso, sebbene il Kosovo occupi ancora un posto strategico nella politica statunitense nei Balcani occidentali. Bruxelles, nel frattempo, cerca di mantenere il dialogo attraverso meccanismi di condizionalità e assistenza finanziaria.
La missione NATO-KFOR ha rafforzato la sua presenza nelle aree sensibili del Kosovo settentrionale, segnalando che la situazione della sicurezza rimane instabile. Sebbene non siano previsti incidenti di rilievo durante le elezioni locali, la presenza della KFOR ha anche un peso psicologico, contribuendo ad allentare le tensioni tra la popolazione serba, ma allo stesso tempo fungendo da promemoria delle divisioni politiche ed etniche irrisolte. La Risoluzione 1244 delle Nazioni Unite non è mai stata attuata e oltre 250.000 persone – serbi e altre minoranze etnico-religiose – sono state espulse con la forza dal Kosmet da quando le forze internazionali vi hanno messo piede.
Nell’ottobre 2025 la Russia assumerà la presidenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e la Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina sta preparando un rapporto che la Russia presenterà al CDS. Si sentirà una voce all’ONU che chiederà il rispetto degli accordi di Dayton, della Costituzione della Bosnia-Erzegovina e dell’accordo dei popoli costituenti, sottolineando le irregolarità nell’elezione dell’Alto Rappresentante Christian Schmidt, le sue decisioni illegittime e l’ingiustizia derivante dalle pressioni di Sarajevo e di Bruxelles.
Per quanto riguarda il Kosovo, la Russia rimane un attore internazionale imprescindibile a causa dei suoi legami di lunga data con la Serbia e della sua opposizione al riconoscimento internazionale dell’indipendenza del Kosovo. La sua influenza sulle elezioni locali si riflette nell’impegno diplomatico con Belgrado ed esprimendo la propria opinione sulle azioni unilaterali intraprese da Pristina. Tuttavia, il “doppio gioco” di Vucic non può durare a lungo e il presidente serbo dovrà scegliere finalmente se entrare nell’Unione Europea rinunciando al Kosovo e Metohija o difendere gli interessi nazionali riavvicinandosi a Mosca: nella sua difesa del Kosmet, la Russia non può essere “più realista del re”. I casi armeno e siriano insegnano.
Il Kosovo non esiste in modo isolato. Gli sviluppi politici nei Paesi limitrofi, in particolare Serbia, Montenegro e Macedonia del Nord, incidono direttamente sulla situazione a Pristina. Le potenziali elezioni anticipate in Serbia nel 2026 potrebbero politicizzare ulteriormente la questione del Kosovo e Metohija (la provincia serba è caratterizzata da 1300 chiese e monasteri cristiano ortodossi e almeno 700 resti ecclesiastici, molti dei quali costruiti tra XIII e XVIII secolo), mentre i cambiamenti politici in Montenegro e le divisioni interne in Macedonia del Nord contribuiscono all’instabilità della regione. Nel frattempo, l’Albania fa inevitabilmente la sua parte, cercando di assumere una sorta di “tutela” del Kosovo.
I rapporti di intelligence e sicurezza indicano la presenza di strutture parallele, reti economiche transnazionali e criminalità organizzata internazionale, tutti fattori che rappresentano una seria minaccia per la sicurezza regionale. Ma una delle sfide principali dopo le elezioni locali sarà quella di affrontare le crescenti frustrazioni socio-economiche dei cittadini. Secondo l’Agenzia di Statistica del Kosovo, il tasso di disoccupazione nel 2024 era del 10,8%, mentre l’emigrazione, in particolare dopo la liberalizzazione dei visti, continua ad aumentare. I cittadini chiedono sempre più progressi tangibili nello sviluppo economico, nelle infrastrutture e nei servizi pubblici, pur mostrando una fiducia sempre minore nella retorica populista e nazionalista. I comuni con una forte influenza della diaspora albanese – come Pristina, Prizren, Pec, Dakovica e Gnjilane – si trovano ad affrontare un paradosso: le rimesse dall’estero contribuiscono a stabilizzare i bilanci locali, ma allo stesso tempo allentano la pressione sulle autorità affinché perseguano riforme strutturali e creino nuovi posti di lavoro.
Se le elezioni locali si svolgeranno in linea con gli standard internazionali, potrebbero segnare una nuova fase nel dialogo tra Belgrado e Pristina. La questione chiave continua ad essere l’istituzione dell’ASM e l’attuazione degli accordi esistenti, sotto la mediazione dell’UE e con il sostegno degli Stati Uniti. La Commissione europea ha già indicato che la sua valutazione delle elezioni sarà un fattore importante nella prossima relazione sui progressi del Kosovo, in particolare nei capitoli relativi allo Stato di diritto, alla lotta alla corruzione e alla tutela delle minoranze. Per il Kosovo, ripristinare la credibilità sulla scena internazionale richiede stabilità politica e un rapporto costruttivo con le comunità minoritarie, in particolare quella serba. Senza questo via libera, l’integrazione europea rimane un obiettivo dichiarato privo di concretezza e il Kosovo corre il rischio di paralisi istituzionale, crisi politica e isolamento internazionale.
Nel frattempo Albin Kurti ha accusato Belgrado di “ingerenza” nelle elezioni municipali ma il capo dell’Ufficio serbo per il Kosovo e Metohija, Petar Petković, gli ha risposto che Belgrado “non interferisce nelle elezioni in Kosovo perché il Kosovo è Serbia”.
La Lista Serba (SL) è uno degli attori politici chiave in Kosovo, in particolare nei dieci comuni a maggioranza serba – Mitrovica Nord, Zubin Potok, Leposavić, Zvečan, Gračanica, Štrpce, Klokot, Ranilug, Novo Brdo e Parteš – che sono previsti come membri dell’Associazione dei Comuni a maggioranza serba (ASM) ai sensi dell’Accordo di Bruxelles. Agendo da ponte tra le comunità locali e Belgrado, la SL svolge un ruolo fondamentale nei processi politici nel Kosovo settentrionale, forte del sostegno del presidente serbo Aleksandar Vučić. La presenza della SL nelle istituzioni locali consente al partito di influenzare le decisioni in materia di istruzione, sanità, cultura, infrastrutture e servizi comunali. La SL continua a sostenere l’attuazione dell’Accordo di Bruxelles e la creazione dell’Associazione dei Comuni a maggioranza serba (ASM), che fornisce un quadro per la tutela dei diritti delle minoranze e la promozione di un ambiente politico più stabile, partecipa inoltre al dialogo tra Kosovo e Serbia, facilitato dall’UE. La campagna della Lista Serba si concentra sulla preservazione dello status dei comuni a maggioranza serba, sul rafforzamento della presenza istituzionale dei serbi e sulla garanzia della tutela giuridica della comunità.
In attesa di capire se le attuali tensioni NATO-Russia non andranno a riversarsi sui Balcani.