Italiano
Davide Rossi
August 11, 2025
© Photo: Public domain

L’Italia può essere pronta per una grande guerra?

Segue nostro Telegram.  

Armatevi e partite, la fanno facile a partire dal ministro della Difesa Guido Crosetto i politici italiani, i quali buoni ultimi e certo per molti aspetti ancora recalcitranti, si stanno accodando alla strombazzante propaganda europea reclamante la spedizione di giovani militari europei in Ucraina, un delirio promosso dai quattro moschettieri della guerra mondiale a tutti i costi, prima contro la Russia ed evidentemente poi contro la Cina, Macron, Starmer, Von der Leyen e Merz, per altro tutti con consensi sempre più microscopici, tanto che se si votasse oggi in ciascuna delle nazioni interessate e per la signora Von der Leyen in Europa, andrebbero tutti a casa.

Sospinti da vuoti e roboanti articoli dei grandi quotidiani che inneggiano alle più incredibili fandonie belliciste, i fanfaroni seduti comodamente in poltrona ma pur sempre con l’elmetto non paiono comprendere la totale inadeguatezza delle Forze Armate italiane.

Senza addentrarci nelle tante deficienze del presente per materiali, uomini e preparazione, varrà la pena rileggere alcune pagine di Palo Caccia Dominioni, comandate esemplare dell’esercito italiano in Africa nel corso del secondo conflitto mondiale, seppur antifascista e in seguito partigiano con i comunisti della “Garibaldi”, architetto del memoriale di El Alamein, medaglia d’Oro al Merito dell’Esercito “ad memoriam”, il quale in una pagina del suo libro “Takfir”, illustra con disincantato dolore tutti i difetti materiali, organizzativi e comportamentali dell’armata sabauda e dei suoi graduati, di allora, rileggerne le sofferte parole aiuta a capire la drammatica e irresponsabile situazione in cui sono stati abbandonati i soldati italiani nel corso della Seconda Guerra Mondiale per colpa del fascismo, ma dovrebbe anche aiutarci a comprendere in un parallelo storico non troppo azzardato, ma abbastanza aderente, le pesanti inadeguatezze del presente.

Scrive Caccia Dominioni: “Il nostro sforzo logistico di rifornimento alle linee è assai gravoso per le accresciute distanze e non è proporzionato alla necessità, specialmente in presenza della schiacciante superiorità numerica e in ogni materiale terrestre e aereo dei nemici. L’offensiva divenuta nelle ultime settimane assillante e continua, non trova affatto ritorsione almeno nelle nostre zone avanzate, dalle forze aeree dell’Asse. Nessuna difesa, se non dalle scarse armi seminate nel deserto, abbiamo contro le masse imponenti che giorno e notte ci rovesciano addosso esplosivo e mitraglia. I viveri sono spesso avariati e insufficienti e perfino disgustosi, il vino ad esempio, la cui distribuzione si fa sempre più rara, ha cessato di costituire un desiderio per la truppa, poiché ci perviene dopo incomprensibili soste in recipienti che con ogni evidenza avevano prima contenuto ogni sorta di liquidi e forse anche carburanti! Non riceviamo posta da ben tredici giorni, malgrado ricerche e invio di staffette in ogni direzione, ciò è imputabile a comprovata incuria delle Poste Militari in generale e particolarmente della 96esima, per la quale mi riservo di invocare una severa e inflessibile inchiesta. Non è necessario insistere sopra lo stato di esasperazione al quale si riduce la truppa in un periodo come l’attuale di offensiva nemica, che ci infligge continue perdite e di eccezionali fatiche, quando le viene negato anche il conforto della posta o quando si prevede che tale conforto sarà assai diminuito dall’invecchiamento dei messaggi che ci giungeranno, dopo aver perduto ogni attualità. È assai deplorato l’impiego del nostro Battaglione, che ormai tutti considerano come un reparto prezioso da usarsi con il contagocce e per soli compiti d’assalto, in lavori estenuanti e deprimenti quali la posa di campi minati, da quaranta giorni tale è l’esclusiva funzione del Battaglione, alla quale tutti, ufficiali, sottufficiali e guastatori ci assoggettiamo con disciplinato fervore, consci delle indiscutibili necessità del momento e della gigantesca offensiva nemica in corso, ma questo lavoro ci viene imposto in condizioni di rischio eccessivo e questo doveva e poteva essere evitato. Infatti vediamo molti reparti attorno a noi subire in questi giorni perdite numerose, quasi sempre accompagnate da morte ed atroci mutilazioni, per incidenti nella manipolazione delle mine che ci vengono affidate. Tali mine sono spesso avariate, perché provenienti dal recupero in campi già sensibilizzati e per aver subito frequenti esplosioni vicino ad altri ordigni, sono notoriamente difettose, quali le deprecate V3 italiane, una partita delle quali, incredibilmente grossolane nella confezione e nei dispositivi di sicurezza, benché dichiarate revisionate, mi è stata oggi stesso consegnata dal comando della Divisione “Brescia” con l’ordine di collocarle In tutta fretta. Il maresciallo Rommel a suo tempo aveva vietato l’impiego delle V3 italiane, ritenendone l’utilizzo criminale data la loro pericolosità. Oggetto di particolari commenti nel nostro ambiente è il confronto dell’esigua forza dei reparti del genio in linea, sono frequenti le compagnie ridotte a poche decine di uomini con uno o due ufficiali, e la ricchezza di quadri e uomini nei comandi arretrati. Il comando tedesco nelle retrovie è costituito da un colonnello, da un capitano e da un tenente, oltreché dai loro pochi collaboratori, ad essi fanno riscontro per gli italiani dieci enti di comando e uffici, retti complessivamente da quattro generali, undici colonnelli del genio e un numero proporzionato di dipendenti! A tutto questo si aggiunge il persistente flagello della dissenteria e l’incresciosissima mancanza di medicinali. Succede poi che quanto destinato a noi sulla linea di combattimento subisce prima in retrovia, d’ufficio in ufficio, di comando in comando, di tappa in tappa, una sapiente crivellatura: medaglie da distribuire ai più meritevoli, sigarette, sapone, fiaschi di vino, frutti canditi, lamette di rasoio, libri e riviste, fusti d’acqua potabile vera. Dicono, alla tappa arretrata: ci teniamo un terzo per noi che stiamo a Derna, in fondo stiamo male anche noi e mandano avanti il resto. Ma alla tappa intermedia fanno lo stesso ragionamento e così alla tappa avanzata, finché all’uomo di linea arriva un decimo della quantità iniziale, se gli arriva.”

Delle 380 mine V3 loro consegnate Caccia Dominioni e i suoi uomini ne scarteranno la metà per palesi ed evidenti difetti, ma proveranno a disseminare l’altra metà, salvo che alcuni suoi uomini periranno nell’esplosione delle stesse. Nel drammatico rammarico di dover comunicare alle famiglie la loro perdita con la formula di rito “caduto in combattimento”, quando in realtà è la demenziale insistenza dei comandi italiani nel voler utilizzare questo materiale pericoloso e scadente a portare alla morte dei genieri, ecco che Caccia Dominioni commenta: “Perché invece di infierire contro i poveri untorelli che non salutano romanamente, ascoltano Radio Londra e continuano a dare del lei, non chiamiamo alla resa dei conti i responsabili delle mine V3 e di cento altre colpe, liberi, prosperosi e pontificanti?” Caccia Dominioni piangendo i suoi uomini afferma: “Uccisi dalla frode e dall’incuria di un’industria italiana, con la complice disonestà di collaudatori militari che hanno esaminato, accettato e avviato in linea un materiale ignobile.”

Auspicio di ogni italiano, di ogni europeo, di ogni donna e uomo di buona volontà di ogni parte del mondo è quello di non leggere mai più pagine simili. Continuare una guerra sbagliata in Ucraina, anzi peggio, affermare di volerla implementare, estendere, cercando magari di obbligare i cinesi a intervenire in aiuto dei russi, impelagando tutti i popoli europei in una conflitto che si vuole trasformare in planetario nel solo interesse della finanza speculativa che vuole salvare il dollaro come moneta di scambio internazionale, al contempo impedendo l’affermazione di un nuovo ordine mondiale multipolare, è certamente folle e criminale.

Porre fine alle guerre, porre fine al furto delle materie prime energetiche e alimentari del Sud Globale svoltando verso una cooperazione e una collaborazione bilateralmente vantaggiose e costruttive, come ogni giorno dimostrano di saper fare Russia e Cina, porre al più presto termine alla guerra ucraina, avviando una riconosciuta denazificazione delle istituzioni di quella nazione, compromesse dal colpo di stato del 2014, tutto questo è la premessa necessaria per la pace in Europa e per un nuovo mondo fondato su nuovi e più alti valori.

Le gravi insufficienze dell’esercito italiano nel secondo conflitto mondiale non sono diverse da quelle del tempo presente

L’Italia può essere pronta per una grande guerra?

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Armatevi e partite, la fanno facile a partire dal ministro della Difesa Guido Crosetto i politici italiani, i quali buoni ultimi e certo per molti aspetti ancora recalcitranti, si stanno accodando alla strombazzante propaganda europea reclamante la spedizione di giovani militari europei in Ucraina, un delirio promosso dai quattro moschettieri della guerra mondiale a tutti i costi, prima contro la Russia ed evidentemente poi contro la Cina, Macron, Starmer, Von der Leyen e Merz, per altro tutti con consensi sempre più microscopici, tanto che se si votasse oggi in ciascuna delle nazioni interessate e per la signora Von der Leyen in Europa, andrebbero tutti a casa.

Sospinti da vuoti e roboanti articoli dei grandi quotidiani che inneggiano alle più incredibili fandonie belliciste, i fanfaroni seduti comodamente in poltrona ma pur sempre con l’elmetto non paiono comprendere la totale inadeguatezza delle Forze Armate italiane.

Senza addentrarci nelle tante deficienze del presente per materiali, uomini e preparazione, varrà la pena rileggere alcune pagine di Palo Caccia Dominioni, comandate esemplare dell’esercito italiano in Africa nel corso del secondo conflitto mondiale, seppur antifascista e in seguito partigiano con i comunisti della “Garibaldi”, architetto del memoriale di El Alamein, medaglia d’Oro al Merito dell’Esercito “ad memoriam”, il quale in una pagina del suo libro “Takfir”, illustra con disincantato dolore tutti i difetti materiali, organizzativi e comportamentali dell’armata sabauda e dei suoi graduati, di allora, rileggerne le sofferte parole aiuta a capire la drammatica e irresponsabile situazione in cui sono stati abbandonati i soldati italiani nel corso della Seconda Guerra Mondiale per colpa del fascismo, ma dovrebbe anche aiutarci a comprendere in un parallelo storico non troppo azzardato, ma abbastanza aderente, le pesanti inadeguatezze del presente.

Scrive Caccia Dominioni: “Il nostro sforzo logistico di rifornimento alle linee è assai gravoso per le accresciute distanze e non è proporzionato alla necessità, specialmente in presenza della schiacciante superiorità numerica e in ogni materiale terrestre e aereo dei nemici. L’offensiva divenuta nelle ultime settimane assillante e continua, non trova affatto ritorsione almeno nelle nostre zone avanzate, dalle forze aeree dell’Asse. Nessuna difesa, se non dalle scarse armi seminate nel deserto, abbiamo contro le masse imponenti che giorno e notte ci rovesciano addosso esplosivo e mitraglia. I viveri sono spesso avariati e insufficienti e perfino disgustosi, il vino ad esempio, la cui distribuzione si fa sempre più rara, ha cessato di costituire un desiderio per la truppa, poiché ci perviene dopo incomprensibili soste in recipienti che con ogni evidenza avevano prima contenuto ogni sorta di liquidi e forse anche carburanti! Non riceviamo posta da ben tredici giorni, malgrado ricerche e invio di staffette in ogni direzione, ciò è imputabile a comprovata incuria delle Poste Militari in generale e particolarmente della 96esima, per la quale mi riservo di invocare una severa e inflessibile inchiesta. Non è necessario insistere sopra lo stato di esasperazione al quale si riduce la truppa in un periodo come l’attuale di offensiva nemica, che ci infligge continue perdite e di eccezionali fatiche, quando le viene negato anche il conforto della posta o quando si prevede che tale conforto sarà assai diminuito dall’invecchiamento dei messaggi che ci giungeranno, dopo aver perduto ogni attualità. È assai deplorato l’impiego del nostro Battaglione, che ormai tutti considerano come un reparto prezioso da usarsi con il contagocce e per soli compiti d’assalto, in lavori estenuanti e deprimenti quali la posa di campi minati, da quaranta giorni tale è l’esclusiva funzione del Battaglione, alla quale tutti, ufficiali, sottufficiali e guastatori ci assoggettiamo con disciplinato fervore, consci delle indiscutibili necessità del momento e della gigantesca offensiva nemica in corso, ma questo lavoro ci viene imposto in condizioni di rischio eccessivo e questo doveva e poteva essere evitato. Infatti vediamo molti reparti attorno a noi subire in questi giorni perdite numerose, quasi sempre accompagnate da morte ed atroci mutilazioni, per incidenti nella manipolazione delle mine che ci vengono affidate. Tali mine sono spesso avariate, perché provenienti dal recupero in campi già sensibilizzati e per aver subito frequenti esplosioni vicino ad altri ordigni, sono notoriamente difettose, quali le deprecate V3 italiane, una partita delle quali, incredibilmente grossolane nella confezione e nei dispositivi di sicurezza, benché dichiarate revisionate, mi è stata oggi stesso consegnata dal comando della Divisione “Brescia” con l’ordine di collocarle In tutta fretta. Il maresciallo Rommel a suo tempo aveva vietato l’impiego delle V3 italiane, ritenendone l’utilizzo criminale data la loro pericolosità. Oggetto di particolari commenti nel nostro ambiente è il confronto dell’esigua forza dei reparti del genio in linea, sono frequenti le compagnie ridotte a poche decine di uomini con uno o due ufficiali, e la ricchezza di quadri e uomini nei comandi arretrati. Il comando tedesco nelle retrovie è costituito da un colonnello, da un capitano e da un tenente, oltreché dai loro pochi collaboratori, ad essi fanno riscontro per gli italiani dieci enti di comando e uffici, retti complessivamente da quattro generali, undici colonnelli del genio e un numero proporzionato di dipendenti! A tutto questo si aggiunge il persistente flagello della dissenteria e l’incresciosissima mancanza di medicinali. Succede poi che quanto destinato a noi sulla linea di combattimento subisce prima in retrovia, d’ufficio in ufficio, di comando in comando, di tappa in tappa, una sapiente crivellatura: medaglie da distribuire ai più meritevoli, sigarette, sapone, fiaschi di vino, frutti canditi, lamette di rasoio, libri e riviste, fusti d’acqua potabile vera. Dicono, alla tappa arretrata: ci teniamo un terzo per noi che stiamo a Derna, in fondo stiamo male anche noi e mandano avanti il resto. Ma alla tappa intermedia fanno lo stesso ragionamento e così alla tappa avanzata, finché all’uomo di linea arriva un decimo della quantità iniziale, se gli arriva.”

Delle 380 mine V3 loro consegnate Caccia Dominioni e i suoi uomini ne scarteranno la metà per palesi ed evidenti difetti, ma proveranno a disseminare l’altra metà, salvo che alcuni suoi uomini periranno nell’esplosione delle stesse. Nel drammatico rammarico di dover comunicare alle famiglie la loro perdita con la formula di rito “caduto in combattimento”, quando in realtà è la demenziale insistenza dei comandi italiani nel voler utilizzare questo materiale pericoloso e scadente a portare alla morte dei genieri, ecco che Caccia Dominioni commenta: “Perché invece di infierire contro i poveri untorelli che non salutano romanamente, ascoltano Radio Londra e continuano a dare del lei, non chiamiamo alla resa dei conti i responsabili delle mine V3 e di cento altre colpe, liberi, prosperosi e pontificanti?” Caccia Dominioni piangendo i suoi uomini afferma: “Uccisi dalla frode e dall’incuria di un’industria italiana, con la complice disonestà di collaudatori militari che hanno esaminato, accettato e avviato in linea un materiale ignobile.”

Auspicio di ogni italiano, di ogni europeo, di ogni donna e uomo di buona volontà di ogni parte del mondo è quello di non leggere mai più pagine simili. Continuare una guerra sbagliata in Ucraina, anzi peggio, affermare di volerla implementare, estendere, cercando magari di obbligare i cinesi a intervenire in aiuto dei russi, impelagando tutti i popoli europei in una conflitto che si vuole trasformare in planetario nel solo interesse della finanza speculativa che vuole salvare il dollaro come moneta di scambio internazionale, al contempo impedendo l’affermazione di un nuovo ordine mondiale multipolare, è certamente folle e criminale.

Porre fine alle guerre, porre fine al furto delle materie prime energetiche e alimentari del Sud Globale svoltando verso una cooperazione e una collaborazione bilateralmente vantaggiose e costruttive, come ogni giorno dimostrano di saper fare Russia e Cina, porre al più presto termine alla guerra ucraina, avviando una riconosciuta denazificazione delle istituzioni di quella nazione, compromesse dal colpo di stato del 2014, tutto questo è la premessa necessaria per la pace in Europa e per un nuovo mondo fondato su nuovi e più alti valori.

L’Italia può essere pronta per una grande guerra?

Segue nostro Telegram.  

Armatevi e partite, la fanno facile a partire dal ministro della Difesa Guido Crosetto i politici italiani, i quali buoni ultimi e certo per molti aspetti ancora recalcitranti, si stanno accodando alla strombazzante propaganda europea reclamante la spedizione di giovani militari europei in Ucraina, un delirio promosso dai quattro moschettieri della guerra mondiale a tutti i costi, prima contro la Russia ed evidentemente poi contro la Cina, Macron, Starmer, Von der Leyen e Merz, per altro tutti con consensi sempre più microscopici, tanto che se si votasse oggi in ciascuna delle nazioni interessate e per la signora Von der Leyen in Europa, andrebbero tutti a casa.

Sospinti da vuoti e roboanti articoli dei grandi quotidiani che inneggiano alle più incredibili fandonie belliciste, i fanfaroni seduti comodamente in poltrona ma pur sempre con l’elmetto non paiono comprendere la totale inadeguatezza delle Forze Armate italiane.

Senza addentrarci nelle tante deficienze del presente per materiali, uomini e preparazione, varrà la pena rileggere alcune pagine di Palo Caccia Dominioni, comandate esemplare dell’esercito italiano in Africa nel corso del secondo conflitto mondiale, seppur antifascista e in seguito partigiano con i comunisti della “Garibaldi”, architetto del memoriale di El Alamein, medaglia d’Oro al Merito dell’Esercito “ad memoriam”, il quale in una pagina del suo libro “Takfir”, illustra con disincantato dolore tutti i difetti materiali, organizzativi e comportamentali dell’armata sabauda e dei suoi graduati, di allora, rileggerne le sofferte parole aiuta a capire la drammatica e irresponsabile situazione in cui sono stati abbandonati i soldati italiani nel corso della Seconda Guerra Mondiale per colpa del fascismo, ma dovrebbe anche aiutarci a comprendere in un parallelo storico non troppo azzardato, ma abbastanza aderente, le pesanti inadeguatezze del presente.

Scrive Caccia Dominioni: “Il nostro sforzo logistico di rifornimento alle linee è assai gravoso per le accresciute distanze e non è proporzionato alla necessità, specialmente in presenza della schiacciante superiorità numerica e in ogni materiale terrestre e aereo dei nemici. L’offensiva divenuta nelle ultime settimane assillante e continua, non trova affatto ritorsione almeno nelle nostre zone avanzate, dalle forze aeree dell’Asse. Nessuna difesa, se non dalle scarse armi seminate nel deserto, abbiamo contro le masse imponenti che giorno e notte ci rovesciano addosso esplosivo e mitraglia. I viveri sono spesso avariati e insufficienti e perfino disgustosi, il vino ad esempio, la cui distribuzione si fa sempre più rara, ha cessato di costituire un desiderio per la truppa, poiché ci perviene dopo incomprensibili soste in recipienti che con ogni evidenza avevano prima contenuto ogni sorta di liquidi e forse anche carburanti! Non riceviamo posta da ben tredici giorni, malgrado ricerche e invio di staffette in ogni direzione, ciò è imputabile a comprovata incuria delle Poste Militari in generale e particolarmente della 96esima, per la quale mi riservo di invocare una severa e inflessibile inchiesta. Non è necessario insistere sopra lo stato di esasperazione al quale si riduce la truppa in un periodo come l’attuale di offensiva nemica, che ci infligge continue perdite e di eccezionali fatiche, quando le viene negato anche il conforto della posta o quando si prevede che tale conforto sarà assai diminuito dall’invecchiamento dei messaggi che ci giungeranno, dopo aver perduto ogni attualità. È assai deplorato l’impiego del nostro Battaglione, che ormai tutti considerano come un reparto prezioso da usarsi con il contagocce e per soli compiti d’assalto, in lavori estenuanti e deprimenti quali la posa di campi minati, da quaranta giorni tale è l’esclusiva funzione del Battaglione, alla quale tutti, ufficiali, sottufficiali e guastatori ci assoggettiamo con disciplinato fervore, consci delle indiscutibili necessità del momento e della gigantesca offensiva nemica in corso, ma questo lavoro ci viene imposto in condizioni di rischio eccessivo e questo doveva e poteva essere evitato. Infatti vediamo molti reparti attorno a noi subire in questi giorni perdite numerose, quasi sempre accompagnate da morte ed atroci mutilazioni, per incidenti nella manipolazione delle mine che ci vengono affidate. Tali mine sono spesso avariate, perché provenienti dal recupero in campi già sensibilizzati e per aver subito frequenti esplosioni vicino ad altri ordigni, sono notoriamente difettose, quali le deprecate V3 italiane, una partita delle quali, incredibilmente grossolane nella confezione e nei dispositivi di sicurezza, benché dichiarate revisionate, mi è stata oggi stesso consegnata dal comando della Divisione “Brescia” con l’ordine di collocarle In tutta fretta. Il maresciallo Rommel a suo tempo aveva vietato l’impiego delle V3 italiane, ritenendone l’utilizzo criminale data la loro pericolosità. Oggetto di particolari commenti nel nostro ambiente è il confronto dell’esigua forza dei reparti del genio in linea, sono frequenti le compagnie ridotte a poche decine di uomini con uno o due ufficiali, e la ricchezza di quadri e uomini nei comandi arretrati. Il comando tedesco nelle retrovie è costituito da un colonnello, da un capitano e da un tenente, oltreché dai loro pochi collaboratori, ad essi fanno riscontro per gli italiani dieci enti di comando e uffici, retti complessivamente da quattro generali, undici colonnelli del genio e un numero proporzionato di dipendenti! A tutto questo si aggiunge il persistente flagello della dissenteria e l’incresciosissima mancanza di medicinali. Succede poi che quanto destinato a noi sulla linea di combattimento subisce prima in retrovia, d’ufficio in ufficio, di comando in comando, di tappa in tappa, una sapiente crivellatura: medaglie da distribuire ai più meritevoli, sigarette, sapone, fiaschi di vino, frutti canditi, lamette di rasoio, libri e riviste, fusti d’acqua potabile vera. Dicono, alla tappa arretrata: ci teniamo un terzo per noi che stiamo a Derna, in fondo stiamo male anche noi e mandano avanti il resto. Ma alla tappa intermedia fanno lo stesso ragionamento e così alla tappa avanzata, finché all’uomo di linea arriva un decimo della quantità iniziale, se gli arriva.”

Delle 380 mine V3 loro consegnate Caccia Dominioni e i suoi uomini ne scarteranno la metà per palesi ed evidenti difetti, ma proveranno a disseminare l’altra metà, salvo che alcuni suoi uomini periranno nell’esplosione delle stesse. Nel drammatico rammarico di dover comunicare alle famiglie la loro perdita con la formula di rito “caduto in combattimento”, quando in realtà è la demenziale insistenza dei comandi italiani nel voler utilizzare questo materiale pericoloso e scadente a portare alla morte dei genieri, ecco che Caccia Dominioni commenta: “Perché invece di infierire contro i poveri untorelli che non salutano romanamente, ascoltano Radio Londra e continuano a dare del lei, non chiamiamo alla resa dei conti i responsabili delle mine V3 e di cento altre colpe, liberi, prosperosi e pontificanti?” Caccia Dominioni piangendo i suoi uomini afferma: “Uccisi dalla frode e dall’incuria di un’industria italiana, con la complice disonestà di collaudatori militari che hanno esaminato, accettato e avviato in linea un materiale ignobile.”

Auspicio di ogni italiano, di ogni europeo, di ogni donna e uomo di buona volontà di ogni parte del mondo è quello di non leggere mai più pagine simili. Continuare una guerra sbagliata in Ucraina, anzi peggio, affermare di volerla implementare, estendere, cercando magari di obbligare i cinesi a intervenire in aiuto dei russi, impelagando tutti i popoli europei in una conflitto che si vuole trasformare in planetario nel solo interesse della finanza speculativa che vuole salvare il dollaro come moneta di scambio internazionale, al contempo impedendo l’affermazione di un nuovo ordine mondiale multipolare, è certamente folle e criminale.

Porre fine alle guerre, porre fine al furto delle materie prime energetiche e alimentari del Sud Globale svoltando verso una cooperazione e una collaborazione bilateralmente vantaggiose e costruttive, come ogni giorno dimostrano di saper fare Russia e Cina, porre al più presto termine alla guerra ucraina, avviando una riconosciuta denazificazione delle istituzioni di quella nazione, compromesse dal colpo di stato del 2014, tutto questo è la premessa necessaria per la pace in Europa e per un nuovo mondo fondato su nuovi e più alti valori.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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