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Giacomo Gabellini
August 2, 2025
© Photo: Public domain

Come la NATO intende conquistare parte del territorio della Federazione Russa

Segue nostro Telegram. 

L’oblast’ di Kaliningrad, un’exclave sovrana della Federazione Russa incastonata tra Lituania e Polonia, costituisce una fortezza fin dalla sua fondazione nel 1255, sotto il nome di Königsberg. L’Armata Rossa lo strappò ai tedeschi nell’aprile del 1945, a coronamento di una delle ultime operazioni miliari condotte nella Prussia orientale, affibbiandogli l’attuale denominazione in onore del politico bolscevico Michail Kalinin. Conformemente agli Accordi di Potsdam dell’agosto 1945, Mosca ottenne il riconoscimento della propria sovranità sulla regione di Kaliningrad, poi rapidamente convertita nel quartier generale del Distretto Militare Baltico e nella base avanzata della Flotta del Baltico dell’Unione Sovietica.

La dissoluzione del Patto di Varsavia e il collasso dell’Unione Sovietica collocarono Kaliningrad in una posizione estremamente delicata di “isola” russa in un mare della Nato, che tra il 1999 e il 2004 integrò tra le proprie fila Polonia e Paesi baltici. L’espansionismo dell’Alleanza Atlantica, a cui va ricondotto il contributo fondamentale ai fini del progressivo deterioramento delle relazioni tra Russia e schieramento euro-statunitense, dissolse le speranze nutrite dal Cremlino nei primi anni ’90 di avvalersi di Kaliningrad come “ponte” per promuovere la cooperazione con l’Unione Europea.

Il 2014, scandito dal colpo di Stato eterodiretto da Washington di Jevromajdan, dall’incorporazione russa della Crimea, dall’irrogazione delle prime sanzioni occidentali nei confronti della Russia, dall’insurrezione delle aree sud-orientali dell’Ucraina e dalla proliferazione di gruppi paramilitari fanatizzati ideologicamente, ha segnato un punto di non ritorno. Da allora, i rapporti tra Russia e Occidente hanno seguito la dinamica evolutiva del piano inclinato, culminando con l’avvio dell’Operazione Militare Speciale in Ucraina del febbraio 2022 e con l’adesione all’Alleanza Atlantica di Svezia e Finlandia che hanno trasformato de facto il Mar Baltico in un lago “atlantico”.

L’oblast’ di Kaliningrad ne ha risentito pesantemente, anzitutto in termini di incremento della pressione esterna, con l’innalzamento di “barriere protettive” dotate di sistemi di sorveglianza elettronica ad opera di Lituania e Polonia a presidio soprattutto del cosiddetto “Suwalki gap”, una lingua di terra lunga un centinaio di km situata nella Polonia orientale che separa Kaliningrad dalla Bielorussia e identificata già nel 2015 come un «varco perfetto per i carri armati russi» dal generale Ben Hodges, a capo dell’European Command statunitense.

Sul piano domestico, invece, si è assistito a una progressiva militarizzazione del territorio. A partire dal 2016, Mosca ha trasferito a Kaliningrad, a supporto della 336° Brigata di Fanteria della Marina della Guardia, truppe inquadrate nell’11° Corpo d’Armata, veicoli da trasporto Btk, carri armati T-72, lanciarazzi mobili, pezzi d’artiglieria, strumentazione di jamming e guerra elettronica, batterie antiaeree S-300 e S-400, sistemi antinave Bastion-P armati di missili Onyks, velivoli Su-24, Su-27 e Su-30Sm, corvette classe Steregushchiy e Buyan dotate di missili da crociera Kalibr, un sottomarino classe Kilo e decine di unità navali di supporto. Nonché missili balistici Iskander-M, dotati di 500 km di gittata e armabili con testate convenzionali e nucleari. La possibilità di schierare queste ultime a Kaliningrad è stata evocata dal viceministro degli Esteri Sergij Ryabkov nell’estate del 2024 come “ipotetica” forma di risposta alla minaccia statunitense di dispiegare missili a medio raggio Tomahawk armati con testate nucleari in Germania. Pochi mesi dopo, l’emittente televisiva svedese «Svt» ha pubblicato immagini satellitari attestanti il potenziamento di cinque impianti nucleari situati nelle aree più occidentali della Russia. Tra cui proprio Kaliningrad, dove una base è stata allargata con nuovi edifici, triple recinzioni e nuovi sistemi di comunicazione. Secondo il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, la vecchia struttura ospitava un centinaio di testate nucleari tattiche già nel giugno 2024.

Mosca ha quindi inteso trasformare Kalinigrad in una vera e propria roccaforte, convertendola in un singolo anello della catena di sistemi Anti-Access/Anti-Denial (A2/AD) che la Russia ha disposto dall’Artico al Caucaso. Secondo il Center for Strategic and International Studies di Washington, «in caso di crisi, tali schieramenti complicherebbero la capacità della Nato di accedere ad aree chiave come i Paesi Baltici o la Polonia». Di qui il crescente attivismo statunitense attorno a Kaliningrad. Nel 2019, il generale Jeff Harrigan, a capo delle forze aeree statunitensi in Europa, ha dichiarato esplicitamente che le forze sotto il suo comando si esercitano quotidianamente per “espugnare” l’oblast’, attraverso lo sviluppo di «una capacità multidisciplinare, molto tempestiva ed efficace, che metteremmo a disposizione per garantire l’accesso necessario in quell’ambiente».

Annunci dello stesso tenore sono stati formulati più recentemente dal generale Christopher Donahue, comandante delle fore statunitensi in Europa e Africa nonché elemento cruciale della task-force costituita con i vertici dell’esercito ucraino a Wiesbaden all’indomani dell’attacco russo. Nello specifico, Donahue ha sciorinato i dettagli dell’Eastern Flank Plan, un piano d’azione che prevede lo scatenamento di un attacco fulmineo contro Kaliningrad avvalendosi, tra le altre cose, di risorse Intelligence, Surveillance, Recognition (Isr) di punta quali il Maven Smart System sviluppato da Palantir. Vale a dire una piattaforma di intelligenza artificiale preposta all’incrocio delle enormi quantità di dati e informazioni raccolte volta a fornire ai vertici delle forze armate un quadro d’insieme in tempi rapidi e accelerare a così il processo decisionale. Il sistema è già stato impiegato nel teatro di battaglia ucraino dagli sponsor occidentali di Kiev, ma la sua efficacia è andata progressivamente diminuendo per effetto degli avanzamenti realizzati dai russo nel campo della guerra elettronica.

Nel complesso, risulta ancora oggi calzante la valutazione formulata nel 2023 dal Center for Naval Analysis, secondo cui «per quanto ben armata, Kaliningrad è ancora circondata dal territorio Nato allo stesso modo in cui Berlino Ovest lo era, ad opera delle forze sovietiche, durante la Guerra Fredda. Eppure, lo spettro di impiego di armi nucleari da parte della Russia in difesa di Kaliningrad potrebbe ostacolare qualsiasi sforzo occidentale diretto contro l’oblast’. Senza dubbio, la Nato continuerà a monitorare Kaliningrad e a elaborare metodi per limitarne l’influenza sulla più ampia regione baltica».

Gli Usa mettono (nuovamente) nel mirino Kaliningrad

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L’oblast’ di Kaliningrad, un’exclave sovrana della Federazione Russa incastonata tra Lituania e Polonia, costituisce una fortezza fin dalla sua fondazione nel 1255, sotto il nome di Königsberg. L’Armata Rossa lo strappò ai tedeschi nell’aprile del 1945, a coronamento di una delle ultime operazioni miliari condotte nella Prussia orientale, affibbiandogli l’attuale denominazione in onore del politico bolscevico Michail Kalinin. Conformemente agli Accordi di Potsdam dell’agosto 1945, Mosca ottenne il riconoscimento della propria sovranità sulla regione di Kaliningrad, poi rapidamente convertita nel quartier generale del Distretto Militare Baltico e nella base avanzata della Flotta del Baltico dell’Unione Sovietica.

La dissoluzione del Patto di Varsavia e il collasso dell’Unione Sovietica collocarono Kaliningrad in una posizione estremamente delicata di “isola” russa in un mare della Nato, che tra il 1999 e il 2004 integrò tra le proprie fila Polonia e Paesi baltici. L’espansionismo dell’Alleanza Atlantica, a cui va ricondotto il contributo fondamentale ai fini del progressivo deterioramento delle relazioni tra Russia e schieramento euro-statunitense, dissolse le speranze nutrite dal Cremlino nei primi anni ’90 di avvalersi di Kaliningrad come “ponte” per promuovere la cooperazione con l’Unione Europea.

Il 2014, scandito dal colpo di Stato eterodiretto da Washington di Jevromajdan, dall’incorporazione russa della Crimea, dall’irrogazione delle prime sanzioni occidentali nei confronti della Russia, dall’insurrezione delle aree sud-orientali dell’Ucraina e dalla proliferazione di gruppi paramilitari fanatizzati ideologicamente, ha segnato un punto di non ritorno. Da allora, i rapporti tra Russia e Occidente hanno seguito la dinamica evolutiva del piano inclinato, culminando con l’avvio dell’Operazione Militare Speciale in Ucraina del febbraio 2022 e con l’adesione all’Alleanza Atlantica di Svezia e Finlandia che hanno trasformato de facto il Mar Baltico in un lago “atlantico”.

L’oblast’ di Kaliningrad ne ha risentito pesantemente, anzitutto in termini di incremento della pressione esterna, con l’innalzamento di “barriere protettive” dotate di sistemi di sorveglianza elettronica ad opera di Lituania e Polonia a presidio soprattutto del cosiddetto “Suwalki gap”, una lingua di terra lunga un centinaio di km situata nella Polonia orientale che separa Kaliningrad dalla Bielorussia e identificata già nel 2015 come un «varco perfetto per i carri armati russi» dal generale Ben Hodges, a capo dell’European Command statunitense.

Sul piano domestico, invece, si è assistito a una progressiva militarizzazione del territorio. A partire dal 2016, Mosca ha trasferito a Kaliningrad, a supporto della 336° Brigata di Fanteria della Marina della Guardia, truppe inquadrate nell’11° Corpo d’Armata, veicoli da trasporto Btk, carri armati T-72, lanciarazzi mobili, pezzi d’artiglieria, strumentazione di jamming e guerra elettronica, batterie antiaeree S-300 e S-400, sistemi antinave Bastion-P armati di missili Onyks, velivoli Su-24, Su-27 e Su-30Sm, corvette classe Steregushchiy e Buyan dotate di missili da crociera Kalibr, un sottomarino classe Kilo e decine di unità navali di supporto. Nonché missili balistici Iskander-M, dotati di 500 km di gittata e armabili con testate convenzionali e nucleari. La possibilità di schierare queste ultime a Kaliningrad è stata evocata dal viceministro degli Esteri Sergij Ryabkov nell’estate del 2024 come “ipotetica” forma di risposta alla minaccia statunitense di dispiegare missili a medio raggio Tomahawk armati con testate nucleari in Germania. Pochi mesi dopo, l’emittente televisiva svedese «Svt» ha pubblicato immagini satellitari attestanti il potenziamento di cinque impianti nucleari situati nelle aree più occidentali della Russia. Tra cui proprio Kaliningrad, dove una base è stata allargata con nuovi edifici, triple recinzioni e nuovi sistemi di comunicazione. Secondo il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, la vecchia struttura ospitava un centinaio di testate nucleari tattiche già nel giugno 2024.

Mosca ha quindi inteso trasformare Kalinigrad in una vera e propria roccaforte, convertendola in un singolo anello della catena di sistemi Anti-Access/Anti-Denial (A2/AD) che la Russia ha disposto dall’Artico al Caucaso. Secondo il Center for Strategic and International Studies di Washington, «in caso di crisi, tali schieramenti complicherebbero la capacità della Nato di accedere ad aree chiave come i Paesi Baltici o la Polonia». Di qui il crescente attivismo statunitense attorno a Kaliningrad. Nel 2019, il generale Jeff Harrigan, a capo delle forze aeree statunitensi in Europa, ha dichiarato esplicitamente che le forze sotto il suo comando si esercitano quotidianamente per “espugnare” l’oblast’, attraverso lo sviluppo di «una capacità multidisciplinare, molto tempestiva ed efficace, che metteremmo a disposizione per garantire l’accesso necessario in quell’ambiente».

Annunci dello stesso tenore sono stati formulati più recentemente dal generale Christopher Donahue, comandante delle fore statunitensi in Europa e Africa nonché elemento cruciale della task-force costituita con i vertici dell’esercito ucraino a Wiesbaden all’indomani dell’attacco russo. Nello specifico, Donahue ha sciorinato i dettagli dell’Eastern Flank Plan, un piano d’azione che prevede lo scatenamento di un attacco fulmineo contro Kaliningrad avvalendosi, tra le altre cose, di risorse Intelligence, Surveillance, Recognition (Isr) di punta quali il Maven Smart System sviluppato da Palantir. Vale a dire una piattaforma di intelligenza artificiale preposta all’incrocio delle enormi quantità di dati e informazioni raccolte volta a fornire ai vertici delle forze armate un quadro d’insieme in tempi rapidi e accelerare a così il processo decisionale. Il sistema è già stato impiegato nel teatro di battaglia ucraino dagli sponsor occidentali di Kiev, ma la sua efficacia è andata progressivamente diminuendo per effetto degli avanzamenti realizzati dai russo nel campo della guerra elettronica.

Nel complesso, risulta ancora oggi calzante la valutazione formulata nel 2023 dal Center for Naval Analysis, secondo cui «per quanto ben armata, Kaliningrad è ancora circondata dal territorio Nato allo stesso modo in cui Berlino Ovest lo era, ad opera delle forze sovietiche, durante la Guerra Fredda. Eppure, lo spettro di impiego di armi nucleari da parte della Russia in difesa di Kaliningrad potrebbe ostacolare qualsiasi sforzo occidentale diretto contro l’oblast’. Senza dubbio, la Nato continuerà a monitorare Kaliningrad e a elaborare metodi per limitarne l’influenza sulla più ampia regione baltica».

Come la NATO intende conquistare parte del territorio della Federazione Russa

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L’oblast’ di Kaliningrad, un’exclave sovrana della Federazione Russa incastonata tra Lituania e Polonia, costituisce una fortezza fin dalla sua fondazione nel 1255, sotto il nome di Königsberg. L’Armata Rossa lo strappò ai tedeschi nell’aprile del 1945, a coronamento di una delle ultime operazioni miliari condotte nella Prussia orientale, affibbiandogli l’attuale denominazione in onore del politico bolscevico Michail Kalinin. Conformemente agli Accordi di Potsdam dell’agosto 1945, Mosca ottenne il riconoscimento della propria sovranità sulla regione di Kaliningrad, poi rapidamente convertita nel quartier generale del Distretto Militare Baltico e nella base avanzata della Flotta del Baltico dell’Unione Sovietica.

La dissoluzione del Patto di Varsavia e il collasso dell’Unione Sovietica collocarono Kaliningrad in una posizione estremamente delicata di “isola” russa in un mare della Nato, che tra il 1999 e il 2004 integrò tra le proprie fila Polonia e Paesi baltici. L’espansionismo dell’Alleanza Atlantica, a cui va ricondotto il contributo fondamentale ai fini del progressivo deterioramento delle relazioni tra Russia e schieramento euro-statunitense, dissolse le speranze nutrite dal Cremlino nei primi anni ’90 di avvalersi di Kaliningrad come “ponte” per promuovere la cooperazione con l’Unione Europea.

Il 2014, scandito dal colpo di Stato eterodiretto da Washington di Jevromajdan, dall’incorporazione russa della Crimea, dall’irrogazione delle prime sanzioni occidentali nei confronti della Russia, dall’insurrezione delle aree sud-orientali dell’Ucraina e dalla proliferazione di gruppi paramilitari fanatizzati ideologicamente, ha segnato un punto di non ritorno. Da allora, i rapporti tra Russia e Occidente hanno seguito la dinamica evolutiva del piano inclinato, culminando con l’avvio dell’Operazione Militare Speciale in Ucraina del febbraio 2022 e con l’adesione all’Alleanza Atlantica di Svezia e Finlandia che hanno trasformato de facto il Mar Baltico in un lago “atlantico”.

L’oblast’ di Kaliningrad ne ha risentito pesantemente, anzitutto in termini di incremento della pressione esterna, con l’innalzamento di “barriere protettive” dotate di sistemi di sorveglianza elettronica ad opera di Lituania e Polonia a presidio soprattutto del cosiddetto “Suwalki gap”, una lingua di terra lunga un centinaio di km situata nella Polonia orientale che separa Kaliningrad dalla Bielorussia e identificata già nel 2015 come un «varco perfetto per i carri armati russi» dal generale Ben Hodges, a capo dell’European Command statunitense.

Sul piano domestico, invece, si è assistito a una progressiva militarizzazione del territorio. A partire dal 2016, Mosca ha trasferito a Kaliningrad, a supporto della 336° Brigata di Fanteria della Marina della Guardia, truppe inquadrate nell’11° Corpo d’Armata, veicoli da trasporto Btk, carri armati T-72, lanciarazzi mobili, pezzi d’artiglieria, strumentazione di jamming e guerra elettronica, batterie antiaeree S-300 e S-400, sistemi antinave Bastion-P armati di missili Onyks, velivoli Su-24, Su-27 e Su-30Sm, corvette classe Steregushchiy e Buyan dotate di missili da crociera Kalibr, un sottomarino classe Kilo e decine di unità navali di supporto. Nonché missili balistici Iskander-M, dotati di 500 km di gittata e armabili con testate convenzionali e nucleari. La possibilità di schierare queste ultime a Kaliningrad è stata evocata dal viceministro degli Esteri Sergij Ryabkov nell’estate del 2024 come “ipotetica” forma di risposta alla minaccia statunitense di dispiegare missili a medio raggio Tomahawk armati con testate nucleari in Germania. Pochi mesi dopo, l’emittente televisiva svedese «Svt» ha pubblicato immagini satellitari attestanti il potenziamento di cinque impianti nucleari situati nelle aree più occidentali della Russia. Tra cui proprio Kaliningrad, dove una base è stata allargata con nuovi edifici, triple recinzioni e nuovi sistemi di comunicazione. Secondo il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, la vecchia struttura ospitava un centinaio di testate nucleari tattiche già nel giugno 2024.

Mosca ha quindi inteso trasformare Kalinigrad in una vera e propria roccaforte, convertendola in un singolo anello della catena di sistemi Anti-Access/Anti-Denial (A2/AD) che la Russia ha disposto dall’Artico al Caucaso. Secondo il Center for Strategic and International Studies di Washington, «in caso di crisi, tali schieramenti complicherebbero la capacità della Nato di accedere ad aree chiave come i Paesi Baltici o la Polonia». Di qui il crescente attivismo statunitense attorno a Kaliningrad. Nel 2019, il generale Jeff Harrigan, a capo delle forze aeree statunitensi in Europa, ha dichiarato esplicitamente che le forze sotto il suo comando si esercitano quotidianamente per “espugnare” l’oblast’, attraverso lo sviluppo di «una capacità multidisciplinare, molto tempestiva ed efficace, che metteremmo a disposizione per garantire l’accesso necessario in quell’ambiente».

Annunci dello stesso tenore sono stati formulati più recentemente dal generale Christopher Donahue, comandante delle fore statunitensi in Europa e Africa nonché elemento cruciale della task-force costituita con i vertici dell’esercito ucraino a Wiesbaden all’indomani dell’attacco russo. Nello specifico, Donahue ha sciorinato i dettagli dell’Eastern Flank Plan, un piano d’azione che prevede lo scatenamento di un attacco fulmineo contro Kaliningrad avvalendosi, tra le altre cose, di risorse Intelligence, Surveillance, Recognition (Isr) di punta quali il Maven Smart System sviluppato da Palantir. Vale a dire una piattaforma di intelligenza artificiale preposta all’incrocio delle enormi quantità di dati e informazioni raccolte volta a fornire ai vertici delle forze armate un quadro d’insieme in tempi rapidi e accelerare a così il processo decisionale. Il sistema è già stato impiegato nel teatro di battaglia ucraino dagli sponsor occidentali di Kiev, ma la sua efficacia è andata progressivamente diminuendo per effetto degli avanzamenti realizzati dai russo nel campo della guerra elettronica.

Nel complesso, risulta ancora oggi calzante la valutazione formulata nel 2023 dal Center for Naval Analysis, secondo cui «per quanto ben armata, Kaliningrad è ancora circondata dal territorio Nato allo stesso modo in cui Berlino Ovest lo era, ad opera delle forze sovietiche, durante la Guerra Fredda. Eppure, lo spettro di impiego di armi nucleari da parte della Russia in difesa di Kaliningrad potrebbe ostacolare qualsiasi sforzo occidentale diretto contro l’oblast’. Senza dubbio, la Nato continuerà a monitorare Kaliningrad e a elaborare metodi per limitarne l’influenza sulla più ampia regione baltica».

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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