Non sarà possibile stabilire un nuovo ordine multipolare senza una chiusura totale col vecchio ordine. Questa totalità, questa radicalità richiede una dedicazione totale che non ammette eccezioni.
Poco a poco
Siamo tutti scossi dalle vicende degli ultimi tempi. Una escalation di conflitti che si aprono e che stanno configurando gli schieramenti di quella che si palesa sempre di più come la Terza Guerra Mondiale (WW3), non più occulta, non più ibrida, non più deducibile da analisi e strategie. Adesso vediamo i blocchi prendere posizione.
USA-Cina. Israele-Iran. Russia-Ucraina. Europa-Russia. Leggete di nuovo l’elenco, semplicemente mescolando i nomi.
Stiamo vedendo emergere sempre di più quel mostro che abbiamo a lungo chiamato “sistema”, e fa paura. Per poterlo sconfiggere, bisogna che emerga, è inevitabile, e sconfiggerlo significa avviare una battaglia che sarà fuori dai nostri schemi e dalle nostre abitudini.
Mi permetterò pertanto di fare una breve analisi, che vuole essere una provocazione a riflettere in maniera diversa dal solito. Non sarà una analisi completa ed esaustiva, perché gli eventi sono ancora in atto e non ci troviamo nella “stanza dei bottoni”, ma qualcosa possiamo comprenderlo attraverso un uso attento della razionalità e delle scienze che conosciamo.
Dunque, ripercorriamo la trama degli scorsi giorni:
Israele attacca l’Iran. L’Iran risponde. Gli USA vengono chiamati in gioco da Israele. Gli USA chiamano in gioco i Paesi europei. Gli USA giocano a ping-pong con l’Iran, l’Europa, Israele. Altri Paesi del mondo cominciano a dire la propria: Cina, Russia, Pakistan e altri. Israele continua ad attaccare. L’Iran continua a rispondere. La tensione raggiunge il massimo. L’Iran attacca gli USA in Qatar.
In ciascuno di questi passaggio, la scacchiera ha cambiato forma, sono usciti nomi e cognomi, si sono palesati volti, sono diventate manifeste preferenze e alleanze.
È difficile guardare con una certa razionalità l’orizzonte degli eventi, ma provando a fare questo esercizio, ci rendiamo conto che, PROBABILMENTE, vi è una regia ben orchestrata per mettere assieme quello che sembra uno scenario apocalittico e che, di fatto, sta facendo venir fuori il marcio che c’è nei sistemi dei Paesi sopra citati. Certo, è solo un piccolo passaggio, un inizio se vogliamo cominciare a contare, ma è una mossa che se vista su un lungo periodo, e dunque in senso strategico, può portare numerosi frutti.
Non è pensabile un attacco diretto, faccia a faccia, con i sistemi di potere, occulti o palesi, su scala globale. C’è una paziente gradualità che viene da molti vista come una via saggia. Possiamo solo sperare che l’effetto sia positivo e che si palesi presto.
Uno è l’obiettivo
È chiaro che non è tutto così facile. Proviamo a non pensare ad un sistema in cui sono tutti amici dietro le quinte e prendono in giro i popoli, e pensiamo invece a ud una partita che viene giocata effettivamente con interessi, scopi e idee diverse. Cambiare un certo ordine di potere probabilmente è utile per tutte le parti in gioco.
Ad essere messo sotto attacco non è infatti un singolo Paese o una singola Civiltà. Quello che stiamo vedendo, militarmente parlando, non è un assetto di guerra. Fa paura a molti, è disastroso per i mercati, ma queste sono conseguenze del tutto normali e ponderate in qualsiasi operazione. La guerra, militarmente parlando, ha un’altra forma. Non è detto che non avverrà a tutti gli effetti.
Vediamo sotto attacco, anzi vediamo in uno scontro, una certa visione del mondo, quella liberal capitalistica, quella dell’egemonia dei potentati transnazionali a guida occidentale, quella di una mafia globale che ricatta, corrompe, violenta, quella di certi valori e concezioni di vita. Dall’altra parte, una visione multipolare, che nella sua delicata e faticosa transizione – nessuno ha mai detto che sarebbe stata rapida e indolore, anzi tutt’altro – deve confrontarsi con la volontà di essere distrutta da parte del suo nemico, che le ha giurato morte.
Tutto questo avviene in un contesto diverso da quello di un secolo fa. Oggi la guerra è prima di tutto ibrida, nel dominio cognitivo e informazionale, perciò obbliga a considerare una attenta e pedissequa pianificazione di ogni dettagli, al fine di costruire una storia il cui frame comunicativo abbia successo, in ogni scenario di sviluppo possibile. È una guerra in cui la tecnologia – nel senso etimologico del termine, cioè “discorso sulla tecnica” – è davvero centrale.
Proviamo ad osservare, sempre con distacco scientifico, quello che sta accadendo. L’effetto, le conseguenze, sono tutte nella mente. Certo, ci sono missili che vengono tirati, obiettivi che vengono realmente distrutti, persino vittime, eppure il tempismo, i movimenti, le trasformazioni, sono tutte cose che si muovono in maniera diversa da come avverrebbe fra nemici veri. Una cosa che “sembra” qualcosa, non “è” quel qualcosa.
Stiamo vedendo scambi di tweet, post, materiale multimediale che corre sulle piattaforme, dichiarazioni che adesso dicono una cosa e poco dopo ne dicono un’altra. Attacchi dichiarati e non fatti, attacchi fatti ma non dichiarati. Confusione, come in una gigantesca discoteca globale. Solo chi sta alla consolle capisce la musica, cosa c’era prima e cose verrà dopo, mentre tutti ballano, seguono il flusso e si lasciano appassionare.
Forse è un ragionamento folle? Forse. E forse siamo anche stati talmente tanto abituati a combattere le guerre con le tifoserie che ci siamo dimenticati che la battaglia non è meramente orizzontale, ma verticale.
Non sarà possibile stabilire un nuovo ordine multipolare senza una chiusura totale col vecchio ordine. Questa totalità, questa radicalità richiede una dedicazione totale che non ammette eccezioni.