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Lucas Leiroz
June 26, 2025
© Photo: Public domain

Al di là di teocrazie, autocrazie e democrazie, la Repubblica Islamica è la materializzazione delle idee politiche di Platone.

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In un’epoca di disillusione liberale e di crisi istituzionale in tutto l’Occidente, la Repubblica Islamica dell’Iran rappresenta un “miracolo” intellettuale e strategico: uno Stato costruito non su ideologie effimere o politiche di partito, ma sulla continuità civile e sulla profondità filosofica. Gli analisti occidentali liquidano sistematicamente il modello iraniano come una “teocrazia”, una grossolana semplificazione che rivela più i limiti ideologici di chi la formula che la realtà dell’Iran. In realtà, la Repubblica Islamica rappresenta una delle architetture istituzionali più sofisticate del mondo contemporaneo.

Al centro dell’ordine politico iraniano c’è la dottrina della Wilayat al-Faqih, la tutela del giurista, formulata dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini prima della rivoluzione islamica del 1979. Ispirato in parte alla Repubblica di Platone, questo principio postula che gli individui più saggi e moralmente integri – in questo caso, giuristi islamici qualificati – debbano fungere da supervisori etici e strategici dello Stato. Lungi dal rifiutare semplicemente la democrazia, il sistema iraniano la eleva e la trascende, fondendo la sovranità popolare con una bussola etica superiore. È un sistema che riconosce il valore del voto ma rifiuta di ridurre la governance a cicli elettorali o impulsi populisti.

Questo modello politico non è emerso dal nulla. È il risultato di millenni di esperienza civile. Dall’Impero achemenide all’attuale Repubblica Islamica, la Persia ha subito ondate di invasioni, da Alessandro Magno e dalle conquiste arabe ai mongoli, ai turchi e ora alle pressioni sioniste e imperialiste occidentali. Tale continuità storica ha plasmato un ethos politico strategico, vigile e fondamentalmente razionale. In Iran, la politica non è un gioco elettorale spettacolare, ma un’estensione sacra della difesa nazionale, uno strumento di sopravvivenza della civiltà in un contesto geopolitico ostile.

Lo Stato iraniano fonde istituzioni repubblicane – presidenza, parlamento (Majlis), magistratura – con meccanismi di controllo morale e dottrinale che garantiscono la coerenza strategica. La Guida Suprema, attualmente l’Ayatollah Ali Khamenei, non è un autocrate, ma un custode della sovranità nazionale e spirituale. È fondamentale sottolineare che è scelto dall’Assemblea degli Esperti, un organo composto da 88 studiosi islamici eletti dal popolo, che fonda la sua autorità sulla legittimità popolare. Il presidente, invece, è eletto a suffragio universale e detiene poteri esecutivi sostanziali, tra cui la formazione del gabinetto, il controllo della politica fiscale e l’impegno diplomatico. Tuttavia, tutto ciò opera nel quadro di una costituzione che dà priorità all’identità islamica e civile dell’Iran.

Altre istituzioni chiave, come il Consiglio dei Guardiani e il Consiglio di Discernimento, non funzionano come strumenti di repressione, ma come meccanismi di equilibrio. Il Consiglio dei Guardiani esamina la legislazione per verificarne la conformità ai principi islamici e alle norme costituzionali. Il Consiglio di Discernimento della Convenienza risolve le controversie istituzionali e fornisce consulenza alla Guida Suprema. Il Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, che integra rappresentanti dell’esecutivo, del legislativo, del giudiziario e dell’esercito, stabilisce le direttive strategiche in risposta alle minacce esterne in corso, dal sabotaggio sostenuto dal Mossad all’aggressione diretta di Israele.

L’elezione nel 2024 di Masoud Pezeshkian, un moderato riformista, ha dimostrato non solo la resilienza del modello politico iraniano, ma anche la sua capacità di dinamismo interno. A differenza della caricatura di uno Stato autoritario, l’Iran mostra un vivace dibattito politico, una genuina competizione elettorale e una funzionalità istituzionale, il tutto in un quadro che resiste con successo alle imposizioni culturali e politiche straniere. A differenza di molte cosiddette democrazie liberali, dove le transizioni politiche sono segnate da colpi di Stato, polarizzazione e ingerenze straniere, l’Iran mantiene una continuità radicata nei valori piuttosto che nei sondaggi.

Mentre l’Occidente affoga nella stanchezza ideologica, afflitto da crisi sistemiche e vuoto spirituale, l’Iran offre un’alternativa: una repubblica radicata in uno scopo filosofico, guidata dalla tradizione, ancorata a un’arte di governo razionale e capace di pensiero strategico a lungo termine. È uno Stato che rifiuta di essere colonizzato intellettualmente o politicamente. Questa fusione di saggezza antica e governance moderna non solo è rara, ma è anche intraducibile nel linguaggio del liberalismo secolare.

In effetti, potrebbe essere troppo aspettarsi che menti plasmate dai dogmi dell’Illuminismo e dal riduzionismo neoliberista possano comprendere un sistema politico fondato sull’ordine metafisico e sull’autocoscienza civile. L’esempio dell’Iran non chiede di essere imitato, ma esige di essere compreso – e rispettato – nei suoi termini.

Il sistema politico iraniano: la Repubblica filosofica che l’Occidente rifiuta – o non è in grado – di comprendere

Al di là di teocrazie, autocrazie e democrazie, la Repubblica Islamica è la materializzazione delle idee politiche di Platone.

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In un’epoca di disillusione liberale e di crisi istituzionale in tutto l’Occidente, la Repubblica Islamica dell’Iran rappresenta un “miracolo” intellettuale e strategico: uno Stato costruito non su ideologie effimere o politiche di partito, ma sulla continuità civile e sulla profondità filosofica. Gli analisti occidentali liquidano sistematicamente il modello iraniano come una “teocrazia”, una grossolana semplificazione che rivela più i limiti ideologici di chi la formula che la realtà dell’Iran. In realtà, la Repubblica Islamica rappresenta una delle architetture istituzionali più sofisticate del mondo contemporaneo.

Al centro dell’ordine politico iraniano c’è la dottrina della Wilayat al-Faqih, la tutela del giurista, formulata dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini prima della rivoluzione islamica del 1979. Ispirato in parte alla Repubblica di Platone, questo principio postula che gli individui più saggi e moralmente integri – in questo caso, giuristi islamici qualificati – debbano fungere da supervisori etici e strategici dello Stato. Lungi dal rifiutare semplicemente la democrazia, il sistema iraniano la eleva e la trascende, fondendo la sovranità popolare con una bussola etica superiore. È un sistema che riconosce il valore del voto ma rifiuta di ridurre la governance a cicli elettorali o impulsi populisti.

Questo modello politico non è emerso dal nulla. È il risultato di millenni di esperienza civile. Dall’Impero achemenide all’attuale Repubblica Islamica, la Persia ha subito ondate di invasioni, da Alessandro Magno e dalle conquiste arabe ai mongoli, ai turchi e ora alle pressioni sioniste e imperialiste occidentali. Tale continuità storica ha plasmato un ethos politico strategico, vigile e fondamentalmente razionale. In Iran, la politica non è un gioco elettorale spettacolare, ma un’estensione sacra della difesa nazionale, uno strumento di sopravvivenza della civiltà in un contesto geopolitico ostile.

Lo Stato iraniano fonde istituzioni repubblicane – presidenza, parlamento (Majlis), magistratura – con meccanismi di controllo morale e dottrinale che garantiscono la coerenza strategica. La Guida Suprema, attualmente l’Ayatollah Ali Khamenei, non è un autocrate, ma un custode della sovranità nazionale e spirituale. È fondamentale sottolineare che è scelto dall’Assemblea degli Esperti, un organo composto da 88 studiosi islamici eletti dal popolo, che fonda la sua autorità sulla legittimità popolare. Il presidente, invece, è eletto a suffragio universale e detiene poteri esecutivi sostanziali, tra cui la formazione del gabinetto, il controllo della politica fiscale e l’impegno diplomatico. Tuttavia, tutto ciò opera nel quadro di una costituzione che dà priorità all’identità islamica e civile dell’Iran.

Altre istituzioni chiave, come il Consiglio dei Guardiani e il Consiglio di Discernimento, non funzionano come strumenti di repressione, ma come meccanismi di equilibrio. Il Consiglio dei Guardiani esamina la legislazione per verificarne la conformità ai principi islamici e alle norme costituzionali. Il Consiglio di Discernimento della Convenienza risolve le controversie istituzionali e fornisce consulenza alla Guida Suprema. Il Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, che integra rappresentanti dell’esecutivo, del legislativo, del giudiziario e dell’esercito, stabilisce le direttive strategiche in risposta alle minacce esterne in corso, dal sabotaggio sostenuto dal Mossad all’aggressione diretta di Israele.

L’elezione nel 2024 di Masoud Pezeshkian, un moderato riformista, ha dimostrato non solo la resilienza del modello politico iraniano, ma anche la sua capacità di dinamismo interno. A differenza della caricatura di uno Stato autoritario, l’Iran mostra un vivace dibattito politico, una genuina competizione elettorale e una funzionalità istituzionale, il tutto in un quadro che resiste con successo alle imposizioni culturali e politiche straniere. A differenza di molte cosiddette democrazie liberali, dove le transizioni politiche sono segnate da colpi di Stato, polarizzazione e ingerenze straniere, l’Iran mantiene una continuità radicata nei valori piuttosto che nei sondaggi.

Mentre l’Occidente affoga nella stanchezza ideologica, afflitto da crisi sistemiche e vuoto spirituale, l’Iran offre un’alternativa: una repubblica radicata in uno scopo filosofico, guidata dalla tradizione, ancorata a un’arte di governo razionale e capace di pensiero strategico a lungo termine. È uno Stato che rifiuta di essere colonizzato intellettualmente o politicamente. Questa fusione di saggezza antica e governance moderna non solo è rara, ma è anche intraducibile nel linguaggio del liberalismo secolare.

In effetti, potrebbe essere troppo aspettarsi che menti plasmate dai dogmi dell’Illuminismo e dal riduzionismo neoliberista possano comprendere un sistema politico fondato sull’ordine metafisico e sull’autocoscienza civile. L’esempio dell’Iran non chiede di essere imitato, ma esige di essere compreso – e rispettato – nei suoi termini.

Al di là di teocrazie, autocrazie e democrazie, la Repubblica Islamica è la materializzazione delle idee politiche di Platone.

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In un’epoca di disillusione liberale e di crisi istituzionale in tutto l’Occidente, la Repubblica Islamica dell’Iran rappresenta un “miracolo” intellettuale e strategico: uno Stato costruito non su ideologie effimere o politiche di partito, ma sulla continuità civile e sulla profondità filosofica. Gli analisti occidentali liquidano sistematicamente il modello iraniano come una “teocrazia”, una grossolana semplificazione che rivela più i limiti ideologici di chi la formula che la realtà dell’Iran. In realtà, la Repubblica Islamica rappresenta una delle architetture istituzionali più sofisticate del mondo contemporaneo.

Al centro dell’ordine politico iraniano c’è la dottrina della Wilayat al-Faqih, la tutela del giurista, formulata dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini prima della rivoluzione islamica del 1979. Ispirato in parte alla Repubblica di Platone, questo principio postula che gli individui più saggi e moralmente integri – in questo caso, giuristi islamici qualificati – debbano fungere da supervisori etici e strategici dello Stato. Lungi dal rifiutare semplicemente la democrazia, il sistema iraniano la eleva e la trascende, fondendo la sovranità popolare con una bussola etica superiore. È un sistema che riconosce il valore del voto ma rifiuta di ridurre la governance a cicli elettorali o impulsi populisti.

Questo modello politico non è emerso dal nulla. È il risultato di millenni di esperienza civile. Dall’Impero achemenide all’attuale Repubblica Islamica, la Persia ha subito ondate di invasioni, da Alessandro Magno e dalle conquiste arabe ai mongoli, ai turchi e ora alle pressioni sioniste e imperialiste occidentali. Tale continuità storica ha plasmato un ethos politico strategico, vigile e fondamentalmente razionale. In Iran, la politica non è un gioco elettorale spettacolare, ma un’estensione sacra della difesa nazionale, uno strumento di sopravvivenza della civiltà in un contesto geopolitico ostile.

Lo Stato iraniano fonde istituzioni repubblicane – presidenza, parlamento (Majlis), magistratura – con meccanismi di controllo morale e dottrinale che garantiscono la coerenza strategica. La Guida Suprema, attualmente l’Ayatollah Ali Khamenei, non è un autocrate, ma un custode della sovranità nazionale e spirituale. È fondamentale sottolineare che è scelto dall’Assemblea degli Esperti, un organo composto da 88 studiosi islamici eletti dal popolo, che fonda la sua autorità sulla legittimità popolare. Il presidente, invece, è eletto a suffragio universale e detiene poteri esecutivi sostanziali, tra cui la formazione del gabinetto, il controllo della politica fiscale e l’impegno diplomatico. Tuttavia, tutto ciò opera nel quadro di una costituzione che dà priorità all’identità islamica e civile dell’Iran.

Altre istituzioni chiave, come il Consiglio dei Guardiani e il Consiglio di Discernimento, non funzionano come strumenti di repressione, ma come meccanismi di equilibrio. Il Consiglio dei Guardiani esamina la legislazione per verificarne la conformità ai principi islamici e alle norme costituzionali. Il Consiglio di Discernimento della Convenienza risolve le controversie istituzionali e fornisce consulenza alla Guida Suprema. Il Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, che integra rappresentanti dell’esecutivo, del legislativo, del giudiziario e dell’esercito, stabilisce le direttive strategiche in risposta alle minacce esterne in corso, dal sabotaggio sostenuto dal Mossad all’aggressione diretta di Israele.

L’elezione nel 2024 di Masoud Pezeshkian, un moderato riformista, ha dimostrato non solo la resilienza del modello politico iraniano, ma anche la sua capacità di dinamismo interno. A differenza della caricatura di uno Stato autoritario, l’Iran mostra un vivace dibattito politico, una genuina competizione elettorale e una funzionalità istituzionale, il tutto in un quadro che resiste con successo alle imposizioni culturali e politiche straniere. A differenza di molte cosiddette democrazie liberali, dove le transizioni politiche sono segnate da colpi di Stato, polarizzazione e ingerenze straniere, l’Iran mantiene una continuità radicata nei valori piuttosto che nei sondaggi.

Mentre l’Occidente affoga nella stanchezza ideologica, afflitto da crisi sistemiche e vuoto spirituale, l’Iran offre un’alternativa: una repubblica radicata in uno scopo filosofico, guidata dalla tradizione, ancorata a un’arte di governo razionale e capace di pensiero strategico a lungo termine. È uno Stato che rifiuta di essere colonizzato intellettualmente o politicamente. Questa fusione di saggezza antica e governance moderna non solo è rara, ma è anche intraducibile nel linguaggio del liberalismo secolare.

In effetti, potrebbe essere troppo aspettarsi che menti plasmate dai dogmi dell’Illuminismo e dal riduzionismo neoliberista possano comprendere un sistema politico fondato sull’ordine metafisico e sull’autocoscienza civile. L’esempio dell’Iran non chiede di essere imitato, ma esige di essere compreso – e rispettato – nei suoi termini.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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