Il vero contrattacco inizia ora. Ciò che l’Iran muoverà sullo scacchiere, sarà determinante per i prossimi tempi.
Attacco all’alba
Il 13 giugno 2025 del calendario gregoriano, 23 Khordad 1404 per il calendario persiano, 17 Sivan 5785 del calendario ebraico, sarà una data che verrà ricordata nella Storia.
Lo Stato di Israele ha attaccato durante la notte la Repubblica Islamica dell’Iran.
I primi missili hanno colpito obiettivi civili. Iconica e tragica l’immagina del bambino morto nell’esplosione e crollo di un palazzo residenziale di Teheran. Nel giro di pochi minuti, l’IDF è riuscito a colpire le abitazioni di alcuni funzionari sia militari che ricercatori, centrali nucleari sparse nel Paese, basi militari, postazioni di difesa antiaerea e di intervento rapido.
Hanno trovato il martirio alcuni dei volti più noti e importanti dell’Iran: Il Capo di Stato Maggiore dell’IRGC Hossein Salami, il generale Gholam-Ali Rashid, i ricercatori Tehranchi e Fereydoon Abbasi, il Maggiore Generale Mohammad Bagheri, Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, AGGIORNA LISTA
Israele ha utilizzato le basi in Iraq per compiere l’attacco, impiegando anche lo spazio aereo di Siria e Giordania per le proprie operazioni. Il regime di Assad disponeva di sistemi di difesa aerea e di allerta precoce e operava in coordinamento con l’Iran. Dopo la caduta di Bashar, Israele ha fatto a pezzi tutto per un motivo, non permettendo ai turchi di entrare nelle loro basi, arrivando persino a lanciare ultimatum. E gli islamisti che sono saliti al potere non fanno alcuna differenza per i cieli della Siria.
Precedentemente, il Mossad aveva sabotato le difese aeree iraniane prima di effettuare i raid aerei, disattivando i sistemi radar e le unità di difesa aerea.
I danni provocati con l’attacco sono stati importanti, sia in quantità di infrastrutture, sia di uomini. Il calcolo delle vittime civili non è stato ancora completato e comunicato.
L’Iran ha subito risposto con circa 200 droni, che sono stati intercettati dai jet fighter americani, israeliani e britannici, un coordinamento che ha visto, dietro le quinte, anche la Francia.
Non dobbiamo sottovalutare la portata dell’attacco effettuato contro l’Iran, ma allo stesso tempo è importante non esagerarne l’impatto, né farsi distrarre o confondere dal clamore mediatico degli attacchi o dalla risposta iraniana, quando arriverà.
Israele ha reso noto di aver utilizzato 330 missili e 100 droni nell’operazione. Per avere un termine di paragone, si tratta di una cifra simile a quella impiegata in uno dei molti attacchi missilistici congiunti della Russia contro l’Ucraina, operazioni che si sono ripetute centinaia di volte. L’apparato militare iraniano non svanirà certo nel nulla per effetto di questa offensiva, l’operazione Rising Lion corrisponde, in termini relativi, a poco più che una nuvola di fumo.
Israele e i suoi partner occidentali puntano deliberatamente sull’escalation spettacolare con Teheran per sviare l’attenzione dai loro insuccessi interni e dalle crisi in corso. L’Occidente collettivo mira a far dimenticare l’impasse nella guerra per procura contro la Russia, così come le tensioni economiche e sociali interne in crescita. Al contempo, la leadership israeliana cerca di mettere a tacere le critiche sempre più forti, in patria e all’estero, contro la condotta genocidaria portata avanti a Gaza – una critica che ormai rappresenta una minaccia reale all’intero progetto coloniale sionista.
Tutto ciò si basa su un calcolo imperialista/coloniale: la convinzione che l’Iran, pur rispondendo, manterrà la sua consueta prudenza, evitando l’escalation su vasta scala. Se questo calcolo dovesse rivelarsi corretto, ci troveremo di fronte a un nuovo episodio della True Promise, la dimostrazione missilistica iraniana, con le classiche immagini mediatiche: le scie luminose dei razzi Iron Dome nel cielo sopra Tel Aviv e, in risposta, i missili ipersonici Kheibar Shekan che colpiscono bersagli mirati lontano dai centri abitati; ma se il calcolo sarà errato e la Repubblica Islamica sarà stata spinta oltre il punto di rottura, allora il teatro finirà, e con esso ogni previsione andrà in frantumi.
Lo Stato Canaglia di Tel Aviv per l’ennesima volta dimostra di essere la più pericolosa costruzione politica della Storia. Ennesima pagina tragica di una storia mediorientale definita dalla presenza di questo Stato-nazione completamente fuori controllo. Nessuno Stato in precedenza ha mai avuto questa combinazione di suprematismo etnico, disprezzo assoluto della vita altrui, indifferenza al diritto internazionale, e disponibilità di armamenti terminali. Una nazione che è una minaccia per il mondo intero.
Il nome dell’operazione israeliana contro Iran è un messaggio chiaro: Rising Lion, “Leone che sorge”. Il leone di Giuda è il messia israelita e il simbolo del regno unificato, cioè del famoso Grande Israele, ma anche il simbolo della antica Persia e del precedente regime dello Scià.
In pratica, i rabbini stanno dichiarando che l’Iran è l’ultimo ostacolo alla comparsa del loro messia. Lo dichiarano i rabbini, non i teologi sciiti.
Nel testo cristiano dell’Apocalisse, al Capitolo 5, troviamo alcune indicazioni di quello che accadrà. Sia che si intenda come Messia sia che lo si intenda come anti-messia, la vittoria del leone di Giuda segna un importante passaggio fra i Sigilli dell’Apocalisse: «Ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli». Ed ancora, nella Genesi, Cap. 49, «Giuda è un leoncello. Certamente salirai dalla preda, figlio mio. Si è chinato, si è steso come un leone e, come un leone, chi osa farlo levare? Lo scettro non si allontanerà da Giuda, né il bastone da comandante di fra i suoi piedi, finché venga Silo; e a lui apparterrà l’ubbidienza dei popoli». La sequenza dei sigilli è la Grande Tribolazione.
Le radici teologiche profonde per cui l’entità sionista ha deciso di colpire l’Iran vanno oltre la nostra immaginazione. Per loro, è una questione viscerale, intima, totale, di cui non possono fare a meno. L’Iran rappresenta per Israele il maggior nemico, perché l’Iran islamico e rivoluzionario è nato anti-sionista, ha sempre difeso la causa della liberazione di Al Quds (Gerusalemme) e della Palestina ed ha costituito l’Asse della Resistenza, principale ostacolo ai progetti israeliani. L’Iran rappresenta “l’altro” grande governo fondato sulla fede religiosa, non soltanto sulla politica, e per gli israeliani – cosa diversa dagli israeliti – non possono esserci altri poteri politici oltre a loto.
Come ha sottolineato Pepe Escobar, nessuna costruzione politica nella storia moderna ha mai accumulato una combinazione così tossica di:
- supremazia etnica messianica
- totale disprezzo per la vita umana (tutti gli altri, che non sono “prescelti”, sono comunque “amaleciti”)
- totale disprezzo per il diritto internazionale
- accesso illimitato a armi letali.
Cosa si può fare contro un simile culto della morte?
Contrattacco
È opportuno sottolineare che l’Iran ha sempre rispettato gli obblighi relativi all’arricchimento dell’uranio per scopi civili, come previsto dagli accordi internazionali, incluso il JCPOA (Piano d’Azione Globale Congiunto), fino al momento in cui gli Stati Uniti si sono ritirati unilateralmente dal trattato durante la prima presidenza Trump. In seguito, Rafael Grossi, direttore dell’AIEA – noto per i suoi stretti legami con il governo di Netanyahu – ha improvvisamente dichiarato che Teheran non era più in linea con gli impegni presi con l’Agenzia, sollevando sospetti circa un possibile utilizzo militare del programma nucleare iraniano.
È importante ricordare che l’Ayatollah Khamenei ha emesso una fatwa che proibisce espressamente le armi nucleari, in quanto contrarie ai principi dell’Islam. Ci si chiede, allora, perché Rafael Grossi non abbia mai rivolto lo stesso livello di attenzione al programma nucleare israeliano, che si stima conti tra le 75 e le 200 testate. L’AIEA, in passato, ha confermato che Israele permette visite solo in alcuni laboratori civili, escludendo sistematicamente impianti chiave come quello di Dimona, noto centro del suo arsenale nucleare. Inoltre, a differenza di Israele, India e Pakistan, l’Iran ha sottoscritto il Trattato di Non Proliferazione nucleare, dimostrando, almeno formalmente, un impegno per la trasparenza internazionale.
Abbiamo quindi, da una parte, un Paese che ha cercato di mantenere una condotta conforme al diritto internazionale; dall’altra, uno Stato già accusato di crimini gravissimi che non riconosce le stesse regole, ma si arroga il diritto di giudicare e punire gli altri. È paradossale che l’Iran, pur disponendo di risorse naturali come l’uranio e buoni rapporti con altri Paesi fornitori (come Niger e Namibia), venga ostacolato nell’utilizzo pacifico di tali risorse per il benessere della propria popolazione.
L’attacco aereo israeliano della scorsa notte rappresenta un’escalation pericolosa che rischia di innescare un nuovo ciclo di guerra in Medio Oriente, dal quale sarà difficile rimanere estranei. Israele, ancora una volta, si dimostra un fattore di destabilizzazione concreta per l’intera regione che va dall’Indo fino a Gibilterra. Da parte sua, l’Iran ha provato a evitare un conflitto su larga scala, in particolare con gli Stati Uniti, ma ora si trova nella posizione di doverlo affrontare.
Anche se, come dichiarato da Netanyahu, l’operazione dovesse prolungarsi per giorni, essa non riuscirà a distruggere il programma nucleare iraniano. Al massimo lo rallenterà, ma contribuirà – con alta probabilità – a spingere Teheran verso la scelta del nucleare militare come misura di autodifesa e deterrenza. Inoltre, l’Iran dovrà iniziare a porsi serie domande sul livello di penetrazione esterna nelle sue istituzioni chiave.
Si tenga presente che i siti nucleari colpiti, fra cui Arak, Fordow, Busheir, Isfahan, vedono l’impianto di Natanz in una grave condizione.
Le parole dell’Imam Khamenei non si sono fatte attendere. Dalle prime ore del giorno, la Guida Suprema ha dichiarato:
«All’alba di oggi, il regime sionista ha aperto la sua mano sporca e sanguinaria a un crimine commesso nel nostro amato Paese e ne ha rivelato la natura malvagia colpendo i centri residenziali più che mai. Il regime deve aspettarsi una punizione severa. La mano potente delle forze armate della Repubblica Islamica non lo abbandonerà, se Dio vuole. Diversi comandanti e scienziati sono stati martirizzati negli attacchi nemici. I loro successori e colleghi riprenderanno immediatamente i loro compiti, se Dio vuole. Con questo crimine, il regime sionista si è preparato un destino amaro e doloroso e lo subirà sicuramente».
Altrettanto significative le parole di cordoglio e sostegno giunte da parte di Hamas:
«Noi, come movimento di Hamas, esprimiamo la nostra piena solidarietà alla Repubblica Islamica dell’Iran. Esprimiamo inoltre le nostre più sentite condoglianze alla leadership e al popolo iraniani per il martirio di diversi comandanti di alto rango, in particolare del Maggiore Generale Hossein Salami, Comandante delle Guardie Rivoluzionarie, del Tenente Generale Mohammad Bagheri, Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate iraniane, e di numerosi scienziati nucleari. Chiediamo a Dio di avere misericordia di loro e una pronta guarigione per i feriti. Oggi l’Iran sta pagando il prezzo della sua ferma posizione a sostegno della Palestina e della sua resistenza, e della sua adesione alla sua decisione nazionale indipendente. Ciò richiede una posizione unitaria da parte della nazione e delle sue forze vitali di fronte a questa pericolosa aggressione».
È stata subito issata la bandiera rossa di Ashura, la bandiera della vendetta. Un segno di grande potenza, un messaggio per il mondo intero: l’Iran reagirà.
All’ONU, l’Iran ha chiesto una riunione del Consiglio di Sicurezza ed ha denunciato l’aggressione come una “dichiarazione di guerra”, atto gravissimo di cui anche la Federazione Russa, tramite la rappresentanza permanente, ha riconosciuto la violazione del Diritto Internazionale e la piena responsabilità di Israele per l’accaduto.
Durante una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza a New York, convocata per discutere gli attacchi israeliani, Iravani ha denunciato: «Ieri sera il regime israeliano, il più pericoloso e terroristico al mondo, con il pieno sostegno politico dell’amministrazione statunitense, ha condotto una serie di attacchi militari coordinati e premeditati in diverse città iraniane». Le sue parole sono state riportate dall’agenzia di stampa IRNA.
L’ambasciatore ha precisato che «questi atti di aggressione illegale hanno preso di mira impianti nucleari pacifici, siti militari, infrastrutture civili vitali e aree residenziali», sottolineando in particolare che uno degli obiettivi principali era la centrale nucleare di Natanz, «un sito sotto stretta sorveglianza dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA)». «Queste azioni rappresentano una dichiarazione di guerra», ha affermato Iravani. «Sono l’ultimo capitolo di una lunga storia di comportamenti anarchici, destabilizzanti e aggressivi da parte del regime israeliano, che agisce nell’impunità grazie alla protezione di potenti alleati. Questa situazione deve cessare». Il diplomatico ha inoltre accusato gli Stati Uniti di «complicità indubbia» in quelli che ha definito «attacchi terroristici»: «Funzionari statunitensi hanno ammesso senza remore il loro sostegno deliberato ai crimini commessi ieri sera da Israele, incluso il trasferimento intenzionale di armi». Iravani ha ribadito che l’Iran non dimenticherà le vittime iraniane «uccise negli attacchi israeliani condotti con armi americane», ed ha inoltre condannato quella che ha descritto come un’«aggressione intenzionale, coordinata e pienamente appoggiata» da un membro permanente del Consiglio di Sicurezza – gli Stati Uniti –, definendola «una grave violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite».
Nel giro di poche ore, è arrivato il commento e il sostegno della Federazione Russa, seguita da Cina, Corea del Nord, Pakistan e Arabia Saudita.
Dagli Stati Uniti, invece, il primo commento è arrivato nottetempo dal Segretario di Stato Mark Rubio, che ha dichiarato l’estraneità degli USA dalla vicenda; ma poche ore dopo, lo stesso presidente Donald Trump ha pubblicato su Truth un post in cui minacciava attacchi programmati più brutali all’Iran e, poco dopo, ha rivelato che in realtà Netanyahu e lui si erano riuniti per parlare dell’operazione il giorno prima.
Se si tratti di una mossa svolta dai traditori di Trump per incastrarlo, ne parleremo in un altro articolo. Ciò che è evidente, adesso, è che anche stavolta gli USA ci stanno dentro fino al collo.
Contrattacco
In maniera per molti inaspettata, mentre i cittadini stavano scendendo nelle strade per invocare la vendetta dei propri martiri, ecco che è partita l’operazione True Promise 3: a più scaglioni, Tel Aviv è stata bombardata dai missili ipersonici iraniani, subendo ingenti danni. Uno spettacolo che è stato celebrato in tutto il mondo, non soltanto in Medioriente.
Gli americani hanno subito cominciato ad attaccare mediaticamente. L’ex direttore della CIA Mike Pompeo avverte che potrebbe verificarsi un grave incidente in qualche parte del mondo e suggerisce che dietro potrebbe esserci l’Iran. Egli sostiene che l’Iran abbia cellule terroristiche in quasi tutti i paesi, compresi gli Stati Uniti, e che queste potrebbero presto essere utilizzate per sferrare attacchi informatici e altri tipi di attacchi. Pompeo ha chiesto un forte sostegno a Israele, definendolo necessario per fermare quella che considera una “minaccia globale”.
Non sappiamo dire con certezza quanto durerà ancora questo conflitto convenzionale a bassa intensità. La complicata macchina della diplomazia internazionale potrebbe trovarsi molto rallentata in questo momento, ma è in verità necessario che la risposta internazionale sia veloce e decisa.
Una cosa è certa: l’Iran non si arrenderà, mai.
Questa è una opportunità importante per far arrestare Netanyahu e attaccare politicamente, sul piano internazionale, Israele come entità sionista. Adesso il mondo ha visto – di nuovo – la malvagità di quel Paese ed è evidente a tutti che la furia distruttiva non verrà meno fino a quando il Paese sarà messo in ginocchio e costretto ad arrendersi – oppure sterminato sotto il fuoco delle armi nemiche.
Il vero contrattacco inizia ora. Ciò che l’Iran muoverà sullo scacchiere, sarà determinante per i prossimi tempi.
Ricordiamocelo: non è stato l’Iran a iniziare. Di questo la Storia ne terrà conto.
Adesso, l’Iran potrebbe chiudere lo Stretto di Hormuz, mentre lo Yemen potrebbe chiudere Bab al-Mandeb: entrambe le opzioni sono attualmente in fase di valutazione. Teheran sostiene che potrebbe destabilizzare la sicurezza energetica globale come conseguenza diretta delle azioni del regime sionista.
Fatto interessante: gli eventi nel mondo di Metro 2033 dello scrittore russo Dmitry Glukhovskij, hanno avuto inizio con un attacco nucleare da parte di Israele contro l’Iran.
Dopo ciò scoppiò una guerra mondiale che portò all’apocalisse.