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Giacomo Gabellini
June 13, 2025
© Photo: Public domain

La Russia aumenta il numero di attacchi aerei contro obiettivi militari in Ucraina in risposta agli atti terroristici di Kiev, mentre la difesa aerea del Paese si indebolisce di giorno in giorno.

Segue nostro Telegram.

Una recente inchiesta condotta da «Le Monde» ha acceso i riflettori sullo stato impietoso in cui versano le difese anti-aeree ucraine. Nello specifico, evidenzia il quotidiano francese, Kiev ha esaurito ormai da molto tempo sia le riserve di missili Aster per le due batterie Samp-T, sia le munizioni per il sistema anti-aereo a bassa quota Crotale. Un discorso analogo può essere formulato in riferimento ai Patriot, gli unici sistemi occidentali operanti nel settore della difesa aerea balistica che il governo di Kiev richiede con insistenza ma senza successo in quanto, per la quasi totalità dei Paesi interpellati, la consegna dei propri sistemi all’Ucraina significherebbe sguarnire le proprie difese. Lo ha sottolineato il segretario di Stato Marco Rubio, che dinnanzi alla Commissione Esteri del Senato statunitense ha dichiarato che «ciò che l’Ucraina sta chiedendo principalmente all’amministrazione Trump sono missili e lanciatori Patriot, che francamente non abbiamo». Li ha la Germania, che, una volta ottenuto da Washington il placet per la riesportazione, ha annunciato l’imminente fornitura a Kiev non soltanto degli intercettori Patriot Pac-2, ma anche quattro sistemi Iris-T.

A dispetto dell’impegno profuso dalla Germania, per l’Ucraina la coperta rimane comunque troppo corta. L’Ucraina dispone attualmente di almeno otto batterie Patriot, non tutte funzionanti e concentrate soprattutto presso la capitale. Il presidente Zelensky ha dichiarato che all’Ucraina ne occorrerebbero almeno altre 10-12, dotate di relative scorte di intercettori Pac-3, per proteggere adeguatamente il territorio. Ed ha posto ripetutamente l’accento sulla disponibilità del suo governo a pagare ben 15 miliardi di dollari per ottenerle. Ma al di là dei conclamati limiti dei Pac-2, datati e meno performanti rispetto ai Pac-3 che Kiev richiede ma non riesce a ottenere, il problema riguarda soprattutto l’incapacità del complesso militar-industriale statunitense a soddisfare le esigenze ucraine. La Raytheon, dal canto suo, non ha ancora completato i lavori di allestimento di una nuova linea produttiva per la componentistica dei Pac-3, e dovrà aspettare ancora un anno e mezzo circa per mettere a regime i propri stabilimenti in Germania. Anche Lockheed Martin, l’altra grande azienda coinvolta nella fabbricazione dei Patriot, sta riscontrando grosse difficoltà a incrementare la produzione a 650 unità annue entro il 2027, che risultano comunque largamente insufficienti a fronteggiare la sfida posta dai russi.

La guerra aerea condotta dalla Russia è andata costantemente intensificandosi dall’inizio dell’anno, con un netto cambiamento sia qualitativo che quantitativo degli attacchi sferrati. I droni d’attacco Shahed, prodotti dalla Russia su licenza iraniana e sottoposti a ben sei tornate di modifiche strutturali a partire dal 2023, sono guidati non più da sistemi satellitari Gps disturbabili con operazioni di jamming, ma dall’intelligenza artificiale auto-apprendente che risulta invulnerabile alla guerra elettronica ucraina. Nel 2024, l’industria militare russa fabbricava circa 300 droni Shahed al mese; allo stato attuale, impiega circa tre giorni per produrne lo stesso numero e sembrerebbe, sospetta l’intelligence militare ucraina, orientata a fabbricarne 500 al giorno. Le implicazioni sono agevolmente intuibili, se si considera che, grazie ai miglioramenti apportati finora e agli attuali ritmi di produzione, l’aeronautica militare russa ha inflitto una serie di colpi devastanti. Il 24 maggio, uno sciame di droni ha seminato distruzione a Kiev, Ternopil, Kharkov, Odessa, Khmelnytskyi e Zhytomyr.

Due settimane prima, un drone equipaggiato con una testata combustibile-aria ha preso di mira il mercato Barabashovo di Kharkov. Simultaneamente, un altro drone, dotato di munizioni a grappolo e ad azione ritardata, ha colpito un poligono di addestramento posto all’estremità sud-orientale della capitale. Gli Shahed, ha spiegato a «Le Monde» il vicecomandante dell’unità di difesa aerea Yakut, operante nell’oblast’ di Odessa, «volano a un’altitudine compresa tra 2.000 e 3.000 metri anziché a 200 metri», e sono pertanto «impossibili da colpire con armi leggere». «Quando scendono in picchiata a velocità superiori ai 500 km è molto difficile colpirli».

Un discorso ancora più preoccupante attiene all’ambito dei missili, in grado di produrre devastazione molto più diffusa rispetto ai droni. Lo conferma la recente distruzione di un campo di addestramento situato nell’oblast’ di Dnipropetrovsk, assiduamente frequentato dalle truppe ucraine inquadrate nella 158a e nella 33a brigata. Il Ministero della Difesa sostiene che il sito sarebbe stato colpito da un Iskander-M mietendo “appena” 12 vittime, ma è verosimile che i caduti siano in realtà molti di più dal momento che l’azione ha portato alle dimissioni del comandante in capo delle forze di terra ucraine, generale Mykhailo Drapatyj. Il Gur (l’intelligence militare ucraina) stima che la produzione russa di missili balistici Iskander e Kinžal sia incrementata a ritmi compresi tra il 66,6 e l’88,8% su base annua, dotando le forze missilistiche di Mosca di 60-70 Iskander (contro i 40 del maggio 2024) e 10-15 Kinžal al mese (contro i 4-5 del maggio 2024). Allo stato attuale, sostiene il Gur, le riserve strategiche russe includerebbero «quasi 600 Iskander-M e oltre 100 Kinžal». Un risultato sbalorditivo ma conseguito con gradualità: se, stando alle dichiarazioni formulate verso la fine del 2022 dal direttore del Gur Kyrylo Budanov, la Russia aveva pressoché esaurito i missili Iskander, nel dicembre 2024 il complesso militar-industriale russo sfornava tra i 40 e i 50 missili Iskander-M al mese, come sottolineato dal portavoce del servizio Andriy Yusov. Al giorno d’oggi, la produzione occidentale di intercettori Pac-3 risulta notevolmente inferiore ai ritmi con cui la Russia assembla missili balistici. Gli altri sistemi di difesa aerea come il Samp-T e l’Iris-T, sostiene il Gur, non sono efficaci contro i missili balistici di cui dispone la Russia, che può peraltro contare anche su una sessantina di Kn-23 nordcoreani, missili balistici a corto raggio armabili con testata esplosiva da una tonnellata già impiegati verso la fine dello scorso anno. Allo stesso tempo, la Russia può produrre ogni mese «da 20 a 30 Iskander-K (dotati di un raggio superiore rispetto agli Iskander-M), da 60 a 70 X-101, da 25 a 30 Kalibr, fino a 10 X-32 e da 20 a 30 missili antinave Onyx e Zircon». Complessivamente, sostiene il direttore del Szru (il servizio di intelligence estera ucraina) Oleh Ivaščenko, la Russia prevede di fabbricare entro il 2025 circa 3.000 missili a lungo raggio, tra cui 750 missili balistici Iskander e più di 560 missili Kh-101.

Il «Kyiv Independent» afferma che il massiccio attacco contro bombardieri strategici russi condotto nei giorni scorsi dagli ucraini nell’ambito dell’Operazione Spiderweb abbia ridotto la capacità d’impiego dei missili da crociera da parte di Mosca, ma il divario a favore della Russia sembra comunque abissale. Anche alla luce dei miglioramenti apportati alle bombe plananti (Kab), che secondo il procuratore dell’oblast’ di Kharkov Spartak Borisenko hanno sviluppato una gittata di 95 km (contro i 60-80 km registrati soltanto poche settimane addietro) «grazie ai nuovi moduli di pianificazione a lungo raggio installati su bombe aeree ad alto potenziale. Il loro primo utilizzo si è verificato nell’oblast’ di Kharkov il 31 maggio e, prima ancora, a maggio, bombe simili erano state sganciate nell’oblast’ di Sumy». Un ulteriore fattore a vantaggio di Mosca è dato dal Banderol, una nuova tipologia di missile di cui Artem, comandante di una batteria antiaerea operante nell’Ucraina meridionale, ha segnalato l’impiego da parte delle forze missilistiche russe. Si tratta di un vettore lanciabile da droni Orion che, secondo quanto rivelato dal Gur, «è progettato per colpire obiettivi situati fino a 500 km di distanza mantenendo una velocità di crociera di circa 650 km/h. Una delle caratteristiche principali del Banderol è la sua testata a frammentazione ad alto esplosivo, designata Ofbh-150, con un peso di 115 kg. I funzionari della difesa ucraini hanno posto l’accento sulla maggiore manovrabilità del missile Banderol: a differenza infatti di altri missili da crociera russi più convenzionali come il Kh-101, il 3M14, il 9M727 o il Kh-69, il Banderol sarebbe in grado di eseguire virate più strette mantenendo al contempo una traiettoria di volo a bassa quota, tipica dei sistemi missilistici da crociera».

I rapporti di forza tendono insomma a volgere sempre più a favore della Russia, come rilevato da «Politico» nel constatare che «la matematica non è a favore dell’Ucraina». Ne discende che, «con scarse possibilità di un rifornimento significativo da parte di Washington, il Cremlino sa bene che le città chiave e le infrastrutture civili dell’Ucraina diverranno sempre più esposte. E intende chiaramente approfittarne appieno, cercando, come sempre, di spezzare la volontà di resistenza dell’Ucraina». Resta da capire la ratio in base alla quale il Gur ha fornito alla stampa ucraina informazioni estremamente dettagliate circa la gravità della situazione sul campo di battaglia. Sul punto, l’ipotesi più avveduta è stata formulata da «Analisi Difesa», secondo cui «il Gur, guidato dal generale Kyrylo Budanov, intenda con questi numeri mostrare l’assurda inutilità di continuare un conflitto di cui l’Ucraina non sembra avere nessuna possibilità di rovesciarne le sorti a suo favore. Del resto lo stesso Budanov aveva valutato che oltre la fine di giugno la resistenza ucraina possa collassare con il rischio di disgregazione della nazione».

La Russia affila le armi

La Russia aumenta il numero di attacchi aerei contro obiettivi militari in Ucraina in risposta agli atti terroristici di Kiev, mentre la difesa aerea del Paese si indebolisce di giorno in giorno.

Segue nostro Telegram.

Una recente inchiesta condotta da «Le Monde» ha acceso i riflettori sullo stato impietoso in cui versano le difese anti-aeree ucraine. Nello specifico, evidenzia il quotidiano francese, Kiev ha esaurito ormai da molto tempo sia le riserve di missili Aster per le due batterie Samp-T, sia le munizioni per il sistema anti-aereo a bassa quota Crotale. Un discorso analogo può essere formulato in riferimento ai Patriot, gli unici sistemi occidentali operanti nel settore della difesa aerea balistica che il governo di Kiev richiede con insistenza ma senza successo in quanto, per la quasi totalità dei Paesi interpellati, la consegna dei propri sistemi all’Ucraina significherebbe sguarnire le proprie difese. Lo ha sottolineato il segretario di Stato Marco Rubio, che dinnanzi alla Commissione Esteri del Senato statunitense ha dichiarato che «ciò che l’Ucraina sta chiedendo principalmente all’amministrazione Trump sono missili e lanciatori Patriot, che francamente non abbiamo». Li ha la Germania, che, una volta ottenuto da Washington il placet per la riesportazione, ha annunciato l’imminente fornitura a Kiev non soltanto degli intercettori Patriot Pac-2, ma anche quattro sistemi Iris-T.

A dispetto dell’impegno profuso dalla Germania, per l’Ucraina la coperta rimane comunque troppo corta. L’Ucraina dispone attualmente di almeno otto batterie Patriot, non tutte funzionanti e concentrate soprattutto presso la capitale. Il presidente Zelensky ha dichiarato che all’Ucraina ne occorrerebbero almeno altre 10-12, dotate di relative scorte di intercettori Pac-3, per proteggere adeguatamente il territorio. Ed ha posto ripetutamente l’accento sulla disponibilità del suo governo a pagare ben 15 miliardi di dollari per ottenerle. Ma al di là dei conclamati limiti dei Pac-2, datati e meno performanti rispetto ai Pac-3 che Kiev richiede ma non riesce a ottenere, il problema riguarda soprattutto l’incapacità del complesso militar-industriale statunitense a soddisfare le esigenze ucraine. La Raytheon, dal canto suo, non ha ancora completato i lavori di allestimento di una nuova linea produttiva per la componentistica dei Pac-3, e dovrà aspettare ancora un anno e mezzo circa per mettere a regime i propri stabilimenti in Germania. Anche Lockheed Martin, l’altra grande azienda coinvolta nella fabbricazione dei Patriot, sta riscontrando grosse difficoltà a incrementare la produzione a 650 unità annue entro il 2027, che risultano comunque largamente insufficienti a fronteggiare la sfida posta dai russi.

La guerra aerea condotta dalla Russia è andata costantemente intensificandosi dall’inizio dell’anno, con un netto cambiamento sia qualitativo che quantitativo degli attacchi sferrati. I droni d’attacco Shahed, prodotti dalla Russia su licenza iraniana e sottoposti a ben sei tornate di modifiche strutturali a partire dal 2023, sono guidati non più da sistemi satellitari Gps disturbabili con operazioni di jamming, ma dall’intelligenza artificiale auto-apprendente che risulta invulnerabile alla guerra elettronica ucraina. Nel 2024, l’industria militare russa fabbricava circa 300 droni Shahed al mese; allo stato attuale, impiega circa tre giorni per produrne lo stesso numero e sembrerebbe, sospetta l’intelligence militare ucraina, orientata a fabbricarne 500 al giorno. Le implicazioni sono agevolmente intuibili, se si considera che, grazie ai miglioramenti apportati finora e agli attuali ritmi di produzione, l’aeronautica militare russa ha inflitto una serie di colpi devastanti. Il 24 maggio, uno sciame di droni ha seminato distruzione a Kiev, Ternopil, Kharkov, Odessa, Khmelnytskyi e Zhytomyr.

Due settimane prima, un drone equipaggiato con una testata combustibile-aria ha preso di mira il mercato Barabashovo di Kharkov. Simultaneamente, un altro drone, dotato di munizioni a grappolo e ad azione ritardata, ha colpito un poligono di addestramento posto all’estremità sud-orientale della capitale. Gli Shahed, ha spiegato a «Le Monde» il vicecomandante dell’unità di difesa aerea Yakut, operante nell’oblast’ di Odessa, «volano a un’altitudine compresa tra 2.000 e 3.000 metri anziché a 200 metri», e sono pertanto «impossibili da colpire con armi leggere». «Quando scendono in picchiata a velocità superiori ai 500 km è molto difficile colpirli».

Un discorso ancora più preoccupante attiene all’ambito dei missili, in grado di produrre devastazione molto più diffusa rispetto ai droni. Lo conferma la recente distruzione di un campo di addestramento situato nell’oblast’ di Dnipropetrovsk, assiduamente frequentato dalle truppe ucraine inquadrate nella 158a e nella 33a brigata. Il Ministero della Difesa sostiene che il sito sarebbe stato colpito da un Iskander-M mietendo “appena” 12 vittime, ma è verosimile che i caduti siano in realtà molti di più dal momento che l’azione ha portato alle dimissioni del comandante in capo delle forze di terra ucraine, generale Mykhailo Drapatyj. Il Gur (l’intelligence militare ucraina) stima che la produzione russa di missili balistici Iskander e Kinžal sia incrementata a ritmi compresi tra il 66,6 e l’88,8% su base annua, dotando le forze missilistiche di Mosca di 60-70 Iskander (contro i 40 del maggio 2024) e 10-15 Kinžal al mese (contro i 4-5 del maggio 2024). Allo stato attuale, sostiene il Gur, le riserve strategiche russe includerebbero «quasi 600 Iskander-M e oltre 100 Kinžal». Un risultato sbalorditivo ma conseguito con gradualità: se, stando alle dichiarazioni formulate verso la fine del 2022 dal direttore del Gur Kyrylo Budanov, la Russia aveva pressoché esaurito i missili Iskander, nel dicembre 2024 il complesso militar-industriale russo sfornava tra i 40 e i 50 missili Iskander-M al mese, come sottolineato dal portavoce del servizio Andriy Yusov. Al giorno d’oggi, la produzione occidentale di intercettori Pac-3 risulta notevolmente inferiore ai ritmi con cui la Russia assembla missili balistici. Gli altri sistemi di difesa aerea come il Samp-T e l’Iris-T, sostiene il Gur, non sono efficaci contro i missili balistici di cui dispone la Russia, che può peraltro contare anche su una sessantina di Kn-23 nordcoreani, missili balistici a corto raggio armabili con testata esplosiva da una tonnellata già impiegati verso la fine dello scorso anno. Allo stesso tempo, la Russia può produrre ogni mese «da 20 a 30 Iskander-K (dotati di un raggio superiore rispetto agli Iskander-M), da 60 a 70 X-101, da 25 a 30 Kalibr, fino a 10 X-32 e da 20 a 30 missili antinave Onyx e Zircon». Complessivamente, sostiene il direttore del Szru (il servizio di intelligence estera ucraina) Oleh Ivaščenko, la Russia prevede di fabbricare entro il 2025 circa 3.000 missili a lungo raggio, tra cui 750 missili balistici Iskander e più di 560 missili Kh-101.

Il «Kyiv Independent» afferma che il massiccio attacco contro bombardieri strategici russi condotto nei giorni scorsi dagli ucraini nell’ambito dell’Operazione Spiderweb abbia ridotto la capacità d’impiego dei missili da crociera da parte di Mosca, ma il divario a favore della Russia sembra comunque abissale. Anche alla luce dei miglioramenti apportati alle bombe plananti (Kab), che secondo il procuratore dell’oblast’ di Kharkov Spartak Borisenko hanno sviluppato una gittata di 95 km (contro i 60-80 km registrati soltanto poche settimane addietro) «grazie ai nuovi moduli di pianificazione a lungo raggio installati su bombe aeree ad alto potenziale. Il loro primo utilizzo si è verificato nell’oblast’ di Kharkov il 31 maggio e, prima ancora, a maggio, bombe simili erano state sganciate nell’oblast’ di Sumy». Un ulteriore fattore a vantaggio di Mosca è dato dal Banderol, una nuova tipologia di missile di cui Artem, comandante di una batteria antiaerea operante nell’Ucraina meridionale, ha segnalato l’impiego da parte delle forze missilistiche russe. Si tratta di un vettore lanciabile da droni Orion che, secondo quanto rivelato dal Gur, «è progettato per colpire obiettivi situati fino a 500 km di distanza mantenendo una velocità di crociera di circa 650 km/h. Una delle caratteristiche principali del Banderol è la sua testata a frammentazione ad alto esplosivo, designata Ofbh-150, con un peso di 115 kg. I funzionari della difesa ucraini hanno posto l’accento sulla maggiore manovrabilità del missile Banderol: a differenza infatti di altri missili da crociera russi più convenzionali come il Kh-101, il 3M14, il 9M727 o il Kh-69, il Banderol sarebbe in grado di eseguire virate più strette mantenendo al contempo una traiettoria di volo a bassa quota, tipica dei sistemi missilistici da crociera».

I rapporti di forza tendono insomma a volgere sempre più a favore della Russia, come rilevato da «Politico» nel constatare che «la matematica non è a favore dell’Ucraina». Ne discende che, «con scarse possibilità di un rifornimento significativo da parte di Washington, il Cremlino sa bene che le città chiave e le infrastrutture civili dell’Ucraina diverranno sempre più esposte. E intende chiaramente approfittarne appieno, cercando, come sempre, di spezzare la volontà di resistenza dell’Ucraina». Resta da capire la ratio in base alla quale il Gur ha fornito alla stampa ucraina informazioni estremamente dettagliate circa la gravità della situazione sul campo di battaglia. Sul punto, l’ipotesi più avveduta è stata formulata da «Analisi Difesa», secondo cui «il Gur, guidato dal generale Kyrylo Budanov, intenda con questi numeri mostrare l’assurda inutilità di continuare un conflitto di cui l’Ucraina non sembra avere nessuna possibilità di rovesciarne le sorti a suo favore. Del resto lo stesso Budanov aveva valutato che oltre la fine di giugno la resistenza ucraina possa collassare con il rischio di disgregazione della nazione».

La Russia aumenta il numero di attacchi aerei contro obiettivi militari in Ucraina in risposta agli atti terroristici di Kiev, mentre la difesa aerea del Paese si indebolisce di giorno in giorno.

Segue nostro Telegram.

Una recente inchiesta condotta da «Le Monde» ha acceso i riflettori sullo stato impietoso in cui versano le difese anti-aeree ucraine. Nello specifico, evidenzia il quotidiano francese, Kiev ha esaurito ormai da molto tempo sia le riserve di missili Aster per le due batterie Samp-T, sia le munizioni per il sistema anti-aereo a bassa quota Crotale. Un discorso analogo può essere formulato in riferimento ai Patriot, gli unici sistemi occidentali operanti nel settore della difesa aerea balistica che il governo di Kiev richiede con insistenza ma senza successo in quanto, per la quasi totalità dei Paesi interpellati, la consegna dei propri sistemi all’Ucraina significherebbe sguarnire le proprie difese. Lo ha sottolineato il segretario di Stato Marco Rubio, che dinnanzi alla Commissione Esteri del Senato statunitense ha dichiarato che «ciò che l’Ucraina sta chiedendo principalmente all’amministrazione Trump sono missili e lanciatori Patriot, che francamente non abbiamo». Li ha la Germania, che, una volta ottenuto da Washington il placet per la riesportazione, ha annunciato l’imminente fornitura a Kiev non soltanto degli intercettori Patriot Pac-2, ma anche quattro sistemi Iris-T.

A dispetto dell’impegno profuso dalla Germania, per l’Ucraina la coperta rimane comunque troppo corta. L’Ucraina dispone attualmente di almeno otto batterie Patriot, non tutte funzionanti e concentrate soprattutto presso la capitale. Il presidente Zelensky ha dichiarato che all’Ucraina ne occorrerebbero almeno altre 10-12, dotate di relative scorte di intercettori Pac-3, per proteggere adeguatamente il territorio. Ed ha posto ripetutamente l’accento sulla disponibilità del suo governo a pagare ben 15 miliardi di dollari per ottenerle. Ma al di là dei conclamati limiti dei Pac-2, datati e meno performanti rispetto ai Pac-3 che Kiev richiede ma non riesce a ottenere, il problema riguarda soprattutto l’incapacità del complesso militar-industriale statunitense a soddisfare le esigenze ucraine. La Raytheon, dal canto suo, non ha ancora completato i lavori di allestimento di una nuova linea produttiva per la componentistica dei Pac-3, e dovrà aspettare ancora un anno e mezzo circa per mettere a regime i propri stabilimenti in Germania. Anche Lockheed Martin, l’altra grande azienda coinvolta nella fabbricazione dei Patriot, sta riscontrando grosse difficoltà a incrementare la produzione a 650 unità annue entro il 2027, che risultano comunque largamente insufficienti a fronteggiare la sfida posta dai russi.

La guerra aerea condotta dalla Russia è andata costantemente intensificandosi dall’inizio dell’anno, con un netto cambiamento sia qualitativo che quantitativo degli attacchi sferrati. I droni d’attacco Shahed, prodotti dalla Russia su licenza iraniana e sottoposti a ben sei tornate di modifiche strutturali a partire dal 2023, sono guidati non più da sistemi satellitari Gps disturbabili con operazioni di jamming, ma dall’intelligenza artificiale auto-apprendente che risulta invulnerabile alla guerra elettronica ucraina. Nel 2024, l’industria militare russa fabbricava circa 300 droni Shahed al mese; allo stato attuale, impiega circa tre giorni per produrne lo stesso numero e sembrerebbe, sospetta l’intelligence militare ucraina, orientata a fabbricarne 500 al giorno. Le implicazioni sono agevolmente intuibili, se si considera che, grazie ai miglioramenti apportati finora e agli attuali ritmi di produzione, l’aeronautica militare russa ha inflitto una serie di colpi devastanti. Il 24 maggio, uno sciame di droni ha seminato distruzione a Kiev, Ternopil, Kharkov, Odessa, Khmelnytskyi e Zhytomyr.

Due settimane prima, un drone equipaggiato con una testata combustibile-aria ha preso di mira il mercato Barabashovo di Kharkov. Simultaneamente, un altro drone, dotato di munizioni a grappolo e ad azione ritardata, ha colpito un poligono di addestramento posto all’estremità sud-orientale della capitale. Gli Shahed, ha spiegato a «Le Monde» il vicecomandante dell’unità di difesa aerea Yakut, operante nell’oblast’ di Odessa, «volano a un’altitudine compresa tra 2.000 e 3.000 metri anziché a 200 metri», e sono pertanto «impossibili da colpire con armi leggere». «Quando scendono in picchiata a velocità superiori ai 500 km è molto difficile colpirli».

Un discorso ancora più preoccupante attiene all’ambito dei missili, in grado di produrre devastazione molto più diffusa rispetto ai droni. Lo conferma la recente distruzione di un campo di addestramento situato nell’oblast’ di Dnipropetrovsk, assiduamente frequentato dalle truppe ucraine inquadrate nella 158a e nella 33a brigata. Il Ministero della Difesa sostiene che il sito sarebbe stato colpito da un Iskander-M mietendo “appena” 12 vittime, ma è verosimile che i caduti siano in realtà molti di più dal momento che l’azione ha portato alle dimissioni del comandante in capo delle forze di terra ucraine, generale Mykhailo Drapatyj. Il Gur (l’intelligence militare ucraina) stima che la produzione russa di missili balistici Iskander e Kinžal sia incrementata a ritmi compresi tra il 66,6 e l’88,8% su base annua, dotando le forze missilistiche di Mosca di 60-70 Iskander (contro i 40 del maggio 2024) e 10-15 Kinžal al mese (contro i 4-5 del maggio 2024). Allo stato attuale, sostiene il Gur, le riserve strategiche russe includerebbero «quasi 600 Iskander-M e oltre 100 Kinžal». Un risultato sbalorditivo ma conseguito con gradualità: se, stando alle dichiarazioni formulate verso la fine del 2022 dal direttore del Gur Kyrylo Budanov, la Russia aveva pressoché esaurito i missili Iskander, nel dicembre 2024 il complesso militar-industriale russo sfornava tra i 40 e i 50 missili Iskander-M al mese, come sottolineato dal portavoce del servizio Andriy Yusov. Al giorno d’oggi, la produzione occidentale di intercettori Pac-3 risulta notevolmente inferiore ai ritmi con cui la Russia assembla missili balistici. Gli altri sistemi di difesa aerea come il Samp-T e l’Iris-T, sostiene il Gur, non sono efficaci contro i missili balistici di cui dispone la Russia, che può peraltro contare anche su una sessantina di Kn-23 nordcoreani, missili balistici a corto raggio armabili con testata esplosiva da una tonnellata già impiegati verso la fine dello scorso anno. Allo stesso tempo, la Russia può produrre ogni mese «da 20 a 30 Iskander-K (dotati di un raggio superiore rispetto agli Iskander-M), da 60 a 70 X-101, da 25 a 30 Kalibr, fino a 10 X-32 e da 20 a 30 missili antinave Onyx e Zircon». Complessivamente, sostiene il direttore del Szru (il servizio di intelligence estera ucraina) Oleh Ivaščenko, la Russia prevede di fabbricare entro il 2025 circa 3.000 missili a lungo raggio, tra cui 750 missili balistici Iskander e più di 560 missili Kh-101.

Il «Kyiv Independent» afferma che il massiccio attacco contro bombardieri strategici russi condotto nei giorni scorsi dagli ucraini nell’ambito dell’Operazione Spiderweb abbia ridotto la capacità d’impiego dei missili da crociera da parte di Mosca, ma il divario a favore della Russia sembra comunque abissale. Anche alla luce dei miglioramenti apportati alle bombe plananti (Kab), che secondo il procuratore dell’oblast’ di Kharkov Spartak Borisenko hanno sviluppato una gittata di 95 km (contro i 60-80 km registrati soltanto poche settimane addietro) «grazie ai nuovi moduli di pianificazione a lungo raggio installati su bombe aeree ad alto potenziale. Il loro primo utilizzo si è verificato nell’oblast’ di Kharkov il 31 maggio e, prima ancora, a maggio, bombe simili erano state sganciate nell’oblast’ di Sumy». Un ulteriore fattore a vantaggio di Mosca è dato dal Banderol, una nuova tipologia di missile di cui Artem, comandante di una batteria antiaerea operante nell’Ucraina meridionale, ha segnalato l’impiego da parte delle forze missilistiche russe. Si tratta di un vettore lanciabile da droni Orion che, secondo quanto rivelato dal Gur, «è progettato per colpire obiettivi situati fino a 500 km di distanza mantenendo una velocità di crociera di circa 650 km/h. Una delle caratteristiche principali del Banderol è la sua testata a frammentazione ad alto esplosivo, designata Ofbh-150, con un peso di 115 kg. I funzionari della difesa ucraini hanno posto l’accento sulla maggiore manovrabilità del missile Banderol: a differenza infatti di altri missili da crociera russi più convenzionali come il Kh-101, il 3M14, il 9M727 o il Kh-69, il Banderol sarebbe in grado di eseguire virate più strette mantenendo al contempo una traiettoria di volo a bassa quota, tipica dei sistemi missilistici da crociera».

I rapporti di forza tendono insomma a volgere sempre più a favore della Russia, come rilevato da «Politico» nel constatare che «la matematica non è a favore dell’Ucraina». Ne discende che, «con scarse possibilità di un rifornimento significativo da parte di Washington, il Cremlino sa bene che le città chiave e le infrastrutture civili dell’Ucraina diverranno sempre più esposte. E intende chiaramente approfittarne appieno, cercando, come sempre, di spezzare la volontà di resistenza dell’Ucraina». Resta da capire la ratio in base alla quale il Gur ha fornito alla stampa ucraina informazioni estremamente dettagliate circa la gravità della situazione sul campo di battaglia. Sul punto, l’ipotesi più avveduta è stata formulata da «Analisi Difesa», secondo cui «il Gur, guidato dal generale Kyrylo Budanov, intenda con questi numeri mostrare l’assurda inutilità di continuare un conflitto di cui l’Ucraina non sembra avere nessuna possibilità di rovesciarne le sorti a suo favore. Del resto lo stesso Budanov aveva valutato che oltre la fine di giugno la resistenza ucraina possa collassare con il rischio di disgregazione della nazione».

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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