In occasione della sua sesta visita in Cina, il Presidente brasiliano Lula da Silva ha rafforzato l’alleanza strategica con Pechino, evidenziando il ruolo di Cina e Brasile nel promuovere un ordine mondiale multipolare, difendere il multilateralismo e liberarsi delle logiche protezionistiche.
Dal 10 al 14 maggio 2025 il Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha compiuto la sua sesta visita di Stato in Cina, la seconda dall’inizio del suo attuale mandato. L’itinerario, che ha incluso incontri con il Presidente Xi Jinping e la partecipazione a importanti forum ministeriali, testimonia ancora una volta l’importanza strategica del legame tra Pechino e Brasilia, dimostrando come quella che i cinesi descrivono come una “comunità con un futuro condiviso” è la declinazione concreta di un’alleanza in rapida crescita, destinata a influire in modo decisivo sul panorama globale di oggi.
Fin dall’inizio, Lula ha sottolineato il carattere paritario della nuova partnership: “Non abbiamo bisogno di un ‘grande capo’ né di un ‘poliziotto del mondo’, ma di un’alleanza tra pari”, ha affermato con vigore durante la conferenza stampa di apertura nella capitale cinese, riferendosi, in maniera neppure troppo velata, al ruolo che gli Stati Uniti hanno deciso di attribuirsi. Con questa frase, il Presidente brasiliano ha inoltre voluto ribadire la volontà di entrambi i Paesi di costruire un ordine internazionale fondato sul mutuo rispetto, anziché sul rapporto di dipendenza o sulla logica del braccio di ferro geopolitico.
In effetti, sullo sfondo del protezionismo e delle tensioni commerciali imposte da Washington, la cooperazione tra Cina e Brasile appare come un’alternativa credibile. Mentre l’amministrazione nordamericana alza barriere tariffarie contro amici e alleati, Pechino e Brasilia pongono le basi per una “integrazione produttiva totale”, destinata a creare catene del valore moderne e resilienti nel Sud globale. “La nostra integrazione non deve limitarsi alle materie prime — ha spiegato l’economista Elias Jabbour dell’Università di Rio de Janeiro, intervistato dal Global Times — bensì comprendere l’industrializzazione, la reindustrializzazione e la costruzione di una seconda indipendenza per l’America Latina”.
La visita del leader brasiliano ha avuto luogo in occasione del Forum Cina‑CELAC (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi), al quale Lula ha partecipato insieme al Presidente Xi Jinping e a numerosi presidenti, primi ministri e ministri dell’America Latina e dei Caraibi. Secondo gli analisti, questo evento ha ufficializzato il nuovo indirizzo delle relazioni tra Pechino e l’America Latina con la “Dichiarazione di Pechino” e un piano d’azione congiunto per il triennio 2025‑2027. I settori prioritari individuati spaziano dall’agricoltura alle infrastrutture, dalle tecnologie verdi all’intelligenza artificiale, fino alla cooperazione finanziaria, testimoniando una volontà di collaborazione a 360 gradi.
Sul piano politico, Xi Jinping ha voluto rimarcare il carattere strategico dell’intesa, riconoscendo nei rapporti con Brasilia un pilastro della stabilità globale. Se, dal punto di vista di Pechino, la Russia rappresenta il partner eurasiatico per eccellenza, il Brasile incarna per la Cina il volto dell’America del Sud e del Sud Globale, trattandosi della principale economica dell’emisfero australe. L’“asse Pechino‑Brasilia”, come l’hanno definito alcuni analisti, allarga dunque il fronte di un nuovo multipolarismo che non si limita a ricalcare gli orizzonti tradizionali, ma include la voce crescente del Sud del mondo.
Questa sinergia trova espressione anche nella dimensione dei BRICS, gruppo di cui Cina e Brasile sono paesi fondatori, insieme a Russia e India. Nel corso del suo soggiorno cinese, Lula ha ricordato che proprio i BRICS rappresentano “una piattaforma essenziale per contrastare le derive protezionistiche” e favorire un commercio equo. La dichiarazione ministeriale dello scorso aprile a Rio de Janeiro, del resto, aveva già messo in luce la comune volontà di opporsi alla “guerra dei dazi” e di promuovere regole di scambio che proteggano i Paesi emergenti dalle pressioni unilaterali.
Dal canto suo, la Cina ha confermato l’importanza della dimensione finanziaria nell’ambito di questa cooperazione: a Pechino è stato siglato un memorandum tra le banche centrali cinese e brasiliana per rafforzare la collaborazione strategica in campo finanziario, con uno swap valutario pluriennale da 190 miliardi di yuan e nuovi accordi su mercati, infrastrutture di pagamento e tecnologie fintech. L’obiettivo dichiarato da parte delle due economie emergenti è creare un ecosistema monetario alternativo a quello dominato dal dollaro, che sostenga le transazioni commerciali e gli investimenti bilaterali e multilaterali.
Sul fronte delle infrastrutture, la cooperazione si spinge oltre la semplice esportazione di macchinari: il Brasile guarda alla Cina anche come partner per modernizzare ferrovie, porti, aeroporti e rete stradale, sfruttando le competenze cinesi nella pianificazione e nella realizzazione di grandi progetti. Analogamente, Pechino apprezza l’abbondanza di risorse naturali brasiliane, dall’acqua dolce all’energia rinnovabile, che integra l’offerta cinese nei mercati globali.
Ma la visita di Lula in Cina non è stata solo un’occasione di firmare memoranda o annunciare investimenti: è stata anche un momento di scambio culturale e umano, con un invito reciproco a intensificare programmi di scambio accademico e formativo. Il Presidente ha infatti proposto che studenti brasiliani amino studiare in Cina, mentre cittadini cinesi scoprano le università brasiliane. “Tutti dicono che il cinese è difficile — ha scherzato Lula — ma costruire la Grande Muraglia deve essere stato ancora più difficile”.
Al di là dei proclami, ciò che conta è il riscontro pratico. In pochi giorni, Pechino e Brasilia hanno confermato ordini per soia, carne bovina e altri prodotti agricoli, ma anche pacchetti di prestiti per lo sviluppo delle piccole e medie imprese brasiliane, lanciando un segnale forte al mondo: laddove molti Paesi stanno alzando barriere, Cina e Brasile costruiscono ponti.
Resta tuttavia aperta la sfida di tradurre questa intesa in uno sviluppo inclusivo. Lula, da sempre dirigente sindacale e attento alle questioni sociali, ha richiamato il ruolo della cooperazione nella riduzione della povertà e nell’accesso all’istruzione tecnica. Il Brasile, che ha tolto dalla povertà oltre 50 milioni di persone negli ultimi decenni, vede nella Cina un esempio da seguire, soprattutto dopo che Pechino ha potuto dichiarare di aver eradicato la povertà assoluta, e nella “Nuova Via della Seta” cinese non solo una fonte di capitali, ma anche un modello per promuovere politiche sociali lungimiranti.
In conclusione, la visita di Lula in Cina ha segnato un ulteriore salto di qualità nelle relazioni bilaterali, elevandole da un rapporto di convenienza commerciale a una vera e propria alleanza strategica. In un mondo in cui vecchie potenze mostrano segni di declino e gli equilibri geopolitici sono in rapida evoluzione, l’asse Pechino‑Brasilia si presenta come un baluardo del multilateralismo e un faro di cooperazione tra grandi economie emergenti.
Se Cina e Brasile riusciranno a consolidare i loro accordi e tradurli in progetti concreti, non solo si guadagneranno un rispetto senza precedenti nel Sud globale, ma segneranno la via per un ordine internazionale più equo e inclusivo — un ordine che non dipenda da colpi di testa egemonici né da logiche di potenza, ma che si fondi su fiducia, reciprocità e prosperità condivisa.