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Lorenzo Maria Pacini
February 17, 2025
© Photo: Public domain

Nel bel mezzo di una delle crisi più disastrose dell’umanità, Donald Trump ha trovato il coraggio di fare dichiarazioni molto aggressive nei confronti della Palestina. Non avevamo dubbi, l’obiettivo americano resta sempre il medesimo.

Segue nostro Telegram.

Comprare Gaza per farne un business immobiliare

Se ci trovassimo in un mondo “normale”, dichiarazioni come quelle rilasciate da Trump riguardo il futuro di Gaza e della Palestina susciterebbero non soltanto sdegno, ma anche una dura accusa internazionale e una destituzione popolare dall’incarico presidenziale. Ma poiché siamo in un tempo in cui tutto è sovvertito, nell’Occidente collettivo ogni cosa è accettata come puro intrattenimento mediatico.

Non passa ora che Trump non rilasci dichiarazioni su Gaza: ha afferma to di essere intenzionato ad acquistare, possedere e controllare Gaza e potrebbe cedere sezioni della Striscia ad altri Stati. Detto da un imprenditore edile con più di 40 anni di esperienza nel settore, bisogna prendere la cosa sul serio. Secondo lui, i palestinesi non avranno il diritto di tornare a Gaza in base al suo piano di acquisizione del territorio, che affonda le radici nell’accordo di concessione territoriale da parte dell’Egitto ai palestinesi.

Nessuna menzione per ciò che riguarda millenni di storia, quasi come se i palestinesi fossero comparsi dal nulla pretendendo di occupare un territorio sconosciuto. Nessuna menzione, inoltre, per il vero problema, ovvero il sionismo e l’invenzione dello Stato di Israele con la conseguenza occupazione dei territori palestinesi.

Un escamotage di comunicazione politica molto scaltro, ma non efficacie. Mentre il mondo è ancora stordito dal cosiddetto “effetto Trump” per l’inizio della suo mandato, lui prosegue il piano concordato con l’entità sionista, coerentemente con i suoi affari e interessi.

Peccato, che l’altra metà del mondo, quello arabo, (direttamente interessato), non la pensi così, tant’è che il Re di Giordania a margine della visita ufficiale alla Casa Bianca ha dichiarato: «Ho ribadito la ferma posizione della Giordania contro lo sfollamento dei palestinesi a Gaza e nella Cisgiordania [occupata]. Ricostruire Gaza senza sfollare i palestinesi e affrontare la terribile situazione umanitaria dovrebbe essere la priorità per tutti».

Gli fa eco il presidente egiziano Abdel-Fattah al Sisi che ha annullato l’incontro con Trump fino a quando l’agenda dei colloqui includerà il piano Usa di sfollare i palestinesi da Gaza.

Trump ha quindi firmato un ordine esecutivo per allentare le restrizioni sui versamenti in denaro e sui regali pagati a funzionari stranieri, in quanto le norme anticorruzione frenano gli affari degli Stati Uniti. Detto in altre parole: il governo degli USA è pronto a comprarsi i favori dei leader e dei funzionari degli Stati mediorientali, costi quel che costi. Una mossa da vero business man, non c’è che dire.

Gli Stati Uniti si trovano a inaugurare il 2025 con il solito stile americano, fatto di corruzione, compravendita di favori, falsificazione della realtà e costruzione di narrativi artificiali. Fino a qui, non cambia niente se comandano i democratici o di repubblicani, è proprio lo stile Made in USA, sempre il solito.

All’Occidente non importa se stiamo parlando di vite umane, di quella stessa Palestina che durante la presidenza Biden veniva issata come bandiera di una battaglia comune per il mondo intero. Sotto Trump, n si può più combattere la stessa battaglia ideologica.

È tutto un gioco, un perfetto gioco di comunicazione, che ci ricorda quanto la politica non stia cambiando, perché cambiano le strategie e gli stratagemmi, non lo stile, non la matrice.

Andare contro Trump adesso significherebbe perdere molte opportunità, e questo tanti leader occidentali lo sanno bene, quindi evitano l’argomento, tappandosi gli occhi mentre l’offensiva verso i Palestinesi continua.

L’Occidente prima o poi si strozzerà della propria ipocrisia.

Il vero leader nella Casa Blu

Quello che possiamo nuovamente ribadire, ottenendone ulteriore conferma, è che a comandare non è la Casa Bianca, ma la Casa Blu, quella con la bandiera israeliana nello studio ovale.

Per “risolvere” la questione palestinese è bastato un viaggio di Netanyahu a Washington e subito gli equilibri sono stati di nuovo chiari a tutti. O, perlomeno, così dovrebbe essere.

Netanyahu ha dimostrato al mondo che la lobby sionista fa affari con chiunque, che si chiami Biden o Trump non importa, ci sono equilibri di potere che non vengono intaccati dalle sommosse popolari.

Nel frattempo, la ultra-destra israeliana preme per proseguire con lo sterminio a Gaza e completare quel progetto di Grande Israele di cui Trump è sempre stato grande promotore e per il quale ha promesso di mantenere il sostegno.

Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato che aspetta che Netanyahu dia l’ordine di conquistare Gaza ed espellere i cittadini, nel caso in cui Hamas non avesse rispettato l’ultimatum riguardo la restituzione degli ostaggi: «Signor Primo Ministro, la esorto, a seguito di una dichiarazione così morale, semplice e chiara del Presidente Trump, a informare Hamas in modo inequivocabile: o tutti gli ostaggi vengono rilasciati entro sabato – niente più fasi, niente più giochi, o le porte dell’inferno si apriranno su di loro […] Ci sarà una conquista completa della Striscia di Gaza. Tutti i gazesi saranno rimossi dalla Striscia, in linea con il piano del Presidente Trump, il territorio sarà preso e la sovranità sarà applicata perché questo è il prezzo doloroso che il nostro nemico capisce».

Parlando dal centro di comando della Direzione delle Operazioni, il ministro della Guerra israeliano Israel Katz si è posto sulla stessa linea di condotta ed ha avvertito che se Hamas non rilascerà i prigionieri israeliani entro sabato, «le porte dell’inferno si apriranno su di loro, proprio come ha promesso il presidente degli Stati Uniti», giurando che la nuova guerra di Gaza sarà «diversa per intensità» e «non finirà senza la sconfitta di Hamas e il rilascio di tutti gli ostaggi».

Katz ha sottolineato che l’accordo per il cessate il fuoco era solo per garantire il rilascio degli ostaggi, affermando: «Se Hamas smette di rilasciare gli ostaggi – allora non c’è accordo e c’è la guerra». Ha anche suggerito che la nuova offensiva faciliterebbe «la realizzazione della visione del presidente americano Trump riguardo a Gaza».

Non bisogna dimenticare il collegamento diretto della stessa Famiglia Trump con Israele, tramite il genero di Trump, Jared Kushner, il quale potrebbe svolgere un ruolo più importante nelle relazioni in Medio Oriente. Quando la scorsa settimana il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è recato a Washington per incontrare Trump, ha avuto anche una conversazione privata con Kushner, in cui hanno discusso i piani proposti da Trump per ricostruire Gaza (in stile americano) e altre questioni relative alle relazioni di Israele con il Medio Oriente.

Kushner è membro dell’organizzazione ortodossa Habat ed è sposato con la figlia maggiore di Trump, Ivanka. Ufficialmente aveva dichiarato che non avrebbe ricoperto alcun incarico alla Casa Bianca (era stato consigliere senior di Trump durante il suo primo mandato), ma informalmente la sua presenza negli uffici di Washington vale più di molti incarichi ufficiali.

Israele e USA non mancano di riconfermare ogni giorno la loro alleanza solida e fondamentale per il conseguimento dei reciproci obiettivi. Di questo ne dovrebbe tenere conto tutta quella massa occidentale che si lascia convincere con le briciole di un cambiamento promesso in campagna elettorale.

Sì, forse la “pace” verrà fatta e la questione di Gaza e dell’intera Palestina sarà risolta, ma secondo il profitto e gli interessi degli Stati Uniti d’America e di Israele, non certo dei popoli mediorientali.

Eppure, Gaza non è in vendita.

Non è in vendita la Resistenza, che tramite il portavoce di Hamas ha rilasciato la seguente dichiarazione, che riportiamo integralmente:

«Sulle dichiarazioni del presidente statunitense riguardanti il trasferimento del nostro popolo e l’accordo di cessate il fuoco.

Ribadiamo il nostro rifiuto delle dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump riguardo allo sfollamento del nostro popolo dalla Striscia di Gaza con il pretesto della ricostruzione.

Le dichiarazioni di Trump sono razziste e rappresentano un appello alla pulizia etnica, con l’obiettivo di liquidare la causa palestinese e negare i diritti nazionali consolidati del nostro popolo.

Il piano di espulsione del nostro popolo da Gaza non avrà successo e sarà accolto da una posizione palestinese, araba e islamica unificata che rifiuta tutti i piani di sfollamento.

Il nostro grande popolo di Gaza è rimasto fermo di fronte ai bombardamenti e alle aggressioni e rimarrà saldo sulla propria terra, contrastando tutti i piani di sfollamento e deportazione forzata.

Ciò che l’occupazione non è riuscita a ottenere con le aggressioni e i massacri, non riuscirà a ottenerlo con i piani di liquidazione e sfollamento.

Hamas si impegna a rispettare l’accordo di cessate il fuoco che l’occupazione si è impegnata a rispettare, sponsorizzato e garantito dai mediatori (Egitto, Qatar e Stati Uniti) e testimoniato dalla comunità internazionale.

Affermiamo che l’occupazione è la parte che non ha rispettato i suoi impegni e si assume la responsabilità di eventuali complicazioni o ritardi».

Non è in vendita il futuro dell’intero Medioriente / Asia Occidentale, dalla quale dipende il riallineamento dell’asse geopolitico mondiale.

Nessun dollaro americano potrà mai comprare una sola briciola del coraggio dei Palestinesi.

Gaza non è in vendita

Nel bel mezzo di una delle crisi più disastrose dell’umanità, Donald Trump ha trovato il coraggio di fare dichiarazioni molto aggressive nei confronti della Palestina. Non avevamo dubbi, l’obiettivo americano resta sempre il medesimo.

Segue nostro Telegram.

Comprare Gaza per farne un business immobiliare

Se ci trovassimo in un mondo “normale”, dichiarazioni come quelle rilasciate da Trump riguardo il futuro di Gaza e della Palestina susciterebbero non soltanto sdegno, ma anche una dura accusa internazionale e una destituzione popolare dall’incarico presidenziale. Ma poiché siamo in un tempo in cui tutto è sovvertito, nell’Occidente collettivo ogni cosa è accettata come puro intrattenimento mediatico.

Non passa ora che Trump non rilasci dichiarazioni su Gaza: ha afferma to di essere intenzionato ad acquistare, possedere e controllare Gaza e potrebbe cedere sezioni della Striscia ad altri Stati. Detto da un imprenditore edile con più di 40 anni di esperienza nel settore, bisogna prendere la cosa sul serio. Secondo lui, i palestinesi non avranno il diritto di tornare a Gaza in base al suo piano di acquisizione del territorio, che affonda le radici nell’accordo di concessione territoriale da parte dell’Egitto ai palestinesi.

Nessuna menzione per ciò che riguarda millenni di storia, quasi come se i palestinesi fossero comparsi dal nulla pretendendo di occupare un territorio sconosciuto. Nessuna menzione, inoltre, per il vero problema, ovvero il sionismo e l’invenzione dello Stato di Israele con la conseguenza occupazione dei territori palestinesi.

Un escamotage di comunicazione politica molto scaltro, ma non efficacie. Mentre il mondo è ancora stordito dal cosiddetto “effetto Trump” per l’inizio della suo mandato, lui prosegue il piano concordato con l’entità sionista, coerentemente con i suoi affari e interessi.

Peccato, che l’altra metà del mondo, quello arabo, (direttamente interessato), non la pensi così, tant’è che il Re di Giordania a margine della visita ufficiale alla Casa Bianca ha dichiarato: «Ho ribadito la ferma posizione della Giordania contro lo sfollamento dei palestinesi a Gaza e nella Cisgiordania [occupata]. Ricostruire Gaza senza sfollare i palestinesi e affrontare la terribile situazione umanitaria dovrebbe essere la priorità per tutti».

Gli fa eco il presidente egiziano Abdel-Fattah al Sisi che ha annullato l’incontro con Trump fino a quando l’agenda dei colloqui includerà il piano Usa di sfollare i palestinesi da Gaza.

Trump ha quindi firmato un ordine esecutivo per allentare le restrizioni sui versamenti in denaro e sui regali pagati a funzionari stranieri, in quanto le norme anticorruzione frenano gli affari degli Stati Uniti. Detto in altre parole: il governo degli USA è pronto a comprarsi i favori dei leader e dei funzionari degli Stati mediorientali, costi quel che costi. Una mossa da vero business man, non c’è che dire.

Gli Stati Uniti si trovano a inaugurare il 2025 con il solito stile americano, fatto di corruzione, compravendita di favori, falsificazione della realtà e costruzione di narrativi artificiali. Fino a qui, non cambia niente se comandano i democratici o di repubblicani, è proprio lo stile Made in USA, sempre il solito.

All’Occidente non importa se stiamo parlando di vite umane, di quella stessa Palestina che durante la presidenza Biden veniva issata come bandiera di una battaglia comune per il mondo intero. Sotto Trump, n si può più combattere la stessa battaglia ideologica.

È tutto un gioco, un perfetto gioco di comunicazione, che ci ricorda quanto la politica non stia cambiando, perché cambiano le strategie e gli stratagemmi, non lo stile, non la matrice.

Andare contro Trump adesso significherebbe perdere molte opportunità, e questo tanti leader occidentali lo sanno bene, quindi evitano l’argomento, tappandosi gli occhi mentre l’offensiva verso i Palestinesi continua.

L’Occidente prima o poi si strozzerà della propria ipocrisia.

Il vero leader nella Casa Blu

Quello che possiamo nuovamente ribadire, ottenendone ulteriore conferma, è che a comandare non è la Casa Bianca, ma la Casa Blu, quella con la bandiera israeliana nello studio ovale.

Per “risolvere” la questione palestinese è bastato un viaggio di Netanyahu a Washington e subito gli equilibri sono stati di nuovo chiari a tutti. O, perlomeno, così dovrebbe essere.

Netanyahu ha dimostrato al mondo che la lobby sionista fa affari con chiunque, che si chiami Biden o Trump non importa, ci sono equilibri di potere che non vengono intaccati dalle sommosse popolari.

Nel frattempo, la ultra-destra israeliana preme per proseguire con lo sterminio a Gaza e completare quel progetto di Grande Israele di cui Trump è sempre stato grande promotore e per il quale ha promesso di mantenere il sostegno.

Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato che aspetta che Netanyahu dia l’ordine di conquistare Gaza ed espellere i cittadini, nel caso in cui Hamas non avesse rispettato l’ultimatum riguardo la restituzione degli ostaggi: «Signor Primo Ministro, la esorto, a seguito di una dichiarazione così morale, semplice e chiara del Presidente Trump, a informare Hamas in modo inequivocabile: o tutti gli ostaggi vengono rilasciati entro sabato – niente più fasi, niente più giochi, o le porte dell’inferno si apriranno su di loro […] Ci sarà una conquista completa della Striscia di Gaza. Tutti i gazesi saranno rimossi dalla Striscia, in linea con il piano del Presidente Trump, il territorio sarà preso e la sovranità sarà applicata perché questo è il prezzo doloroso che il nostro nemico capisce».

Parlando dal centro di comando della Direzione delle Operazioni, il ministro della Guerra israeliano Israel Katz si è posto sulla stessa linea di condotta ed ha avvertito che se Hamas non rilascerà i prigionieri israeliani entro sabato, «le porte dell’inferno si apriranno su di loro, proprio come ha promesso il presidente degli Stati Uniti», giurando che la nuova guerra di Gaza sarà «diversa per intensità» e «non finirà senza la sconfitta di Hamas e il rilascio di tutti gli ostaggi».

Katz ha sottolineato che l’accordo per il cessate il fuoco era solo per garantire il rilascio degli ostaggi, affermando: «Se Hamas smette di rilasciare gli ostaggi – allora non c’è accordo e c’è la guerra». Ha anche suggerito che la nuova offensiva faciliterebbe «la realizzazione della visione del presidente americano Trump riguardo a Gaza».

Non bisogna dimenticare il collegamento diretto della stessa Famiglia Trump con Israele, tramite il genero di Trump, Jared Kushner, il quale potrebbe svolgere un ruolo più importante nelle relazioni in Medio Oriente. Quando la scorsa settimana il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è recato a Washington per incontrare Trump, ha avuto anche una conversazione privata con Kushner, in cui hanno discusso i piani proposti da Trump per ricostruire Gaza (in stile americano) e altre questioni relative alle relazioni di Israele con il Medio Oriente.

Kushner è membro dell’organizzazione ortodossa Habat ed è sposato con la figlia maggiore di Trump, Ivanka. Ufficialmente aveva dichiarato che non avrebbe ricoperto alcun incarico alla Casa Bianca (era stato consigliere senior di Trump durante il suo primo mandato), ma informalmente la sua presenza negli uffici di Washington vale più di molti incarichi ufficiali.

Israele e USA non mancano di riconfermare ogni giorno la loro alleanza solida e fondamentale per il conseguimento dei reciproci obiettivi. Di questo ne dovrebbe tenere conto tutta quella massa occidentale che si lascia convincere con le briciole di un cambiamento promesso in campagna elettorale.

Sì, forse la “pace” verrà fatta e la questione di Gaza e dell’intera Palestina sarà risolta, ma secondo il profitto e gli interessi degli Stati Uniti d’America e di Israele, non certo dei popoli mediorientali.

Eppure, Gaza non è in vendita.

Non è in vendita la Resistenza, che tramite il portavoce di Hamas ha rilasciato la seguente dichiarazione, che riportiamo integralmente:

«Sulle dichiarazioni del presidente statunitense riguardanti il trasferimento del nostro popolo e l’accordo di cessate il fuoco.

Ribadiamo il nostro rifiuto delle dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump riguardo allo sfollamento del nostro popolo dalla Striscia di Gaza con il pretesto della ricostruzione.

Le dichiarazioni di Trump sono razziste e rappresentano un appello alla pulizia etnica, con l’obiettivo di liquidare la causa palestinese e negare i diritti nazionali consolidati del nostro popolo.

Il piano di espulsione del nostro popolo da Gaza non avrà successo e sarà accolto da una posizione palestinese, araba e islamica unificata che rifiuta tutti i piani di sfollamento.

Il nostro grande popolo di Gaza è rimasto fermo di fronte ai bombardamenti e alle aggressioni e rimarrà saldo sulla propria terra, contrastando tutti i piani di sfollamento e deportazione forzata.

Ciò che l’occupazione non è riuscita a ottenere con le aggressioni e i massacri, non riuscirà a ottenerlo con i piani di liquidazione e sfollamento.

Hamas si impegna a rispettare l’accordo di cessate il fuoco che l’occupazione si è impegnata a rispettare, sponsorizzato e garantito dai mediatori (Egitto, Qatar e Stati Uniti) e testimoniato dalla comunità internazionale.

Affermiamo che l’occupazione è la parte che non ha rispettato i suoi impegni e si assume la responsabilità di eventuali complicazioni o ritardi».

Non è in vendita il futuro dell’intero Medioriente / Asia Occidentale, dalla quale dipende il riallineamento dell’asse geopolitico mondiale.

Nessun dollaro americano potrà mai comprare una sola briciola del coraggio dei Palestinesi.

Nel bel mezzo di una delle crisi più disastrose dell’umanità, Donald Trump ha trovato il coraggio di fare dichiarazioni molto aggressive nei confronti della Palestina. Non avevamo dubbi, l’obiettivo americano resta sempre il medesimo.

Segue nostro Telegram.

Comprare Gaza per farne un business immobiliare

Se ci trovassimo in un mondo “normale”, dichiarazioni come quelle rilasciate da Trump riguardo il futuro di Gaza e della Palestina susciterebbero non soltanto sdegno, ma anche una dura accusa internazionale e una destituzione popolare dall’incarico presidenziale. Ma poiché siamo in un tempo in cui tutto è sovvertito, nell’Occidente collettivo ogni cosa è accettata come puro intrattenimento mediatico.

Non passa ora che Trump non rilasci dichiarazioni su Gaza: ha afferma to di essere intenzionato ad acquistare, possedere e controllare Gaza e potrebbe cedere sezioni della Striscia ad altri Stati. Detto da un imprenditore edile con più di 40 anni di esperienza nel settore, bisogna prendere la cosa sul serio. Secondo lui, i palestinesi non avranno il diritto di tornare a Gaza in base al suo piano di acquisizione del territorio, che affonda le radici nell’accordo di concessione territoriale da parte dell’Egitto ai palestinesi.

Nessuna menzione per ciò che riguarda millenni di storia, quasi come se i palestinesi fossero comparsi dal nulla pretendendo di occupare un territorio sconosciuto. Nessuna menzione, inoltre, per il vero problema, ovvero il sionismo e l’invenzione dello Stato di Israele con la conseguenza occupazione dei territori palestinesi.

Un escamotage di comunicazione politica molto scaltro, ma non efficacie. Mentre il mondo è ancora stordito dal cosiddetto “effetto Trump” per l’inizio della suo mandato, lui prosegue il piano concordato con l’entità sionista, coerentemente con i suoi affari e interessi.

Peccato, che l’altra metà del mondo, quello arabo, (direttamente interessato), non la pensi così, tant’è che il Re di Giordania a margine della visita ufficiale alla Casa Bianca ha dichiarato: «Ho ribadito la ferma posizione della Giordania contro lo sfollamento dei palestinesi a Gaza e nella Cisgiordania [occupata]. Ricostruire Gaza senza sfollare i palestinesi e affrontare la terribile situazione umanitaria dovrebbe essere la priorità per tutti».

Gli fa eco il presidente egiziano Abdel-Fattah al Sisi che ha annullato l’incontro con Trump fino a quando l’agenda dei colloqui includerà il piano Usa di sfollare i palestinesi da Gaza.

Trump ha quindi firmato un ordine esecutivo per allentare le restrizioni sui versamenti in denaro e sui regali pagati a funzionari stranieri, in quanto le norme anticorruzione frenano gli affari degli Stati Uniti. Detto in altre parole: il governo degli USA è pronto a comprarsi i favori dei leader e dei funzionari degli Stati mediorientali, costi quel che costi. Una mossa da vero business man, non c’è che dire.

Gli Stati Uniti si trovano a inaugurare il 2025 con il solito stile americano, fatto di corruzione, compravendita di favori, falsificazione della realtà e costruzione di narrativi artificiali. Fino a qui, non cambia niente se comandano i democratici o di repubblicani, è proprio lo stile Made in USA, sempre il solito.

All’Occidente non importa se stiamo parlando di vite umane, di quella stessa Palestina che durante la presidenza Biden veniva issata come bandiera di una battaglia comune per il mondo intero. Sotto Trump, n si può più combattere la stessa battaglia ideologica.

È tutto un gioco, un perfetto gioco di comunicazione, che ci ricorda quanto la politica non stia cambiando, perché cambiano le strategie e gli stratagemmi, non lo stile, non la matrice.

Andare contro Trump adesso significherebbe perdere molte opportunità, e questo tanti leader occidentali lo sanno bene, quindi evitano l’argomento, tappandosi gli occhi mentre l’offensiva verso i Palestinesi continua.

L’Occidente prima o poi si strozzerà della propria ipocrisia.

Il vero leader nella Casa Blu

Quello che possiamo nuovamente ribadire, ottenendone ulteriore conferma, è che a comandare non è la Casa Bianca, ma la Casa Blu, quella con la bandiera israeliana nello studio ovale.

Per “risolvere” la questione palestinese è bastato un viaggio di Netanyahu a Washington e subito gli equilibri sono stati di nuovo chiari a tutti. O, perlomeno, così dovrebbe essere.

Netanyahu ha dimostrato al mondo che la lobby sionista fa affari con chiunque, che si chiami Biden o Trump non importa, ci sono equilibri di potere che non vengono intaccati dalle sommosse popolari.

Nel frattempo, la ultra-destra israeliana preme per proseguire con lo sterminio a Gaza e completare quel progetto di Grande Israele di cui Trump è sempre stato grande promotore e per il quale ha promesso di mantenere il sostegno.

Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato che aspetta che Netanyahu dia l’ordine di conquistare Gaza ed espellere i cittadini, nel caso in cui Hamas non avesse rispettato l’ultimatum riguardo la restituzione degli ostaggi: «Signor Primo Ministro, la esorto, a seguito di una dichiarazione così morale, semplice e chiara del Presidente Trump, a informare Hamas in modo inequivocabile: o tutti gli ostaggi vengono rilasciati entro sabato – niente più fasi, niente più giochi, o le porte dell’inferno si apriranno su di loro […] Ci sarà una conquista completa della Striscia di Gaza. Tutti i gazesi saranno rimossi dalla Striscia, in linea con il piano del Presidente Trump, il territorio sarà preso e la sovranità sarà applicata perché questo è il prezzo doloroso che il nostro nemico capisce».

Parlando dal centro di comando della Direzione delle Operazioni, il ministro della Guerra israeliano Israel Katz si è posto sulla stessa linea di condotta ed ha avvertito che se Hamas non rilascerà i prigionieri israeliani entro sabato, «le porte dell’inferno si apriranno su di loro, proprio come ha promesso il presidente degli Stati Uniti», giurando che la nuova guerra di Gaza sarà «diversa per intensità» e «non finirà senza la sconfitta di Hamas e il rilascio di tutti gli ostaggi».

Katz ha sottolineato che l’accordo per il cessate il fuoco era solo per garantire il rilascio degli ostaggi, affermando: «Se Hamas smette di rilasciare gli ostaggi – allora non c’è accordo e c’è la guerra». Ha anche suggerito che la nuova offensiva faciliterebbe «la realizzazione della visione del presidente americano Trump riguardo a Gaza».

Non bisogna dimenticare il collegamento diretto della stessa Famiglia Trump con Israele, tramite il genero di Trump, Jared Kushner, il quale potrebbe svolgere un ruolo più importante nelle relazioni in Medio Oriente. Quando la scorsa settimana il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è recato a Washington per incontrare Trump, ha avuto anche una conversazione privata con Kushner, in cui hanno discusso i piani proposti da Trump per ricostruire Gaza (in stile americano) e altre questioni relative alle relazioni di Israele con il Medio Oriente.

Kushner è membro dell’organizzazione ortodossa Habat ed è sposato con la figlia maggiore di Trump, Ivanka. Ufficialmente aveva dichiarato che non avrebbe ricoperto alcun incarico alla Casa Bianca (era stato consigliere senior di Trump durante il suo primo mandato), ma informalmente la sua presenza negli uffici di Washington vale più di molti incarichi ufficiali.

Israele e USA non mancano di riconfermare ogni giorno la loro alleanza solida e fondamentale per il conseguimento dei reciproci obiettivi. Di questo ne dovrebbe tenere conto tutta quella massa occidentale che si lascia convincere con le briciole di un cambiamento promesso in campagna elettorale.

Sì, forse la “pace” verrà fatta e la questione di Gaza e dell’intera Palestina sarà risolta, ma secondo il profitto e gli interessi degli Stati Uniti d’America e di Israele, non certo dei popoli mediorientali.

Eppure, Gaza non è in vendita.

Non è in vendita la Resistenza, che tramite il portavoce di Hamas ha rilasciato la seguente dichiarazione, che riportiamo integralmente:

«Sulle dichiarazioni del presidente statunitense riguardanti il trasferimento del nostro popolo e l’accordo di cessate il fuoco.

Ribadiamo il nostro rifiuto delle dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump riguardo allo sfollamento del nostro popolo dalla Striscia di Gaza con il pretesto della ricostruzione.

Le dichiarazioni di Trump sono razziste e rappresentano un appello alla pulizia etnica, con l’obiettivo di liquidare la causa palestinese e negare i diritti nazionali consolidati del nostro popolo.

Il piano di espulsione del nostro popolo da Gaza non avrà successo e sarà accolto da una posizione palestinese, araba e islamica unificata che rifiuta tutti i piani di sfollamento.

Il nostro grande popolo di Gaza è rimasto fermo di fronte ai bombardamenti e alle aggressioni e rimarrà saldo sulla propria terra, contrastando tutti i piani di sfollamento e deportazione forzata.

Ciò che l’occupazione non è riuscita a ottenere con le aggressioni e i massacri, non riuscirà a ottenerlo con i piani di liquidazione e sfollamento.

Hamas si impegna a rispettare l’accordo di cessate il fuoco che l’occupazione si è impegnata a rispettare, sponsorizzato e garantito dai mediatori (Egitto, Qatar e Stati Uniti) e testimoniato dalla comunità internazionale.

Affermiamo che l’occupazione è la parte che non ha rispettato i suoi impegni e si assume la responsabilità di eventuali complicazioni o ritardi».

Non è in vendita il futuro dell’intero Medioriente / Asia Occidentale, dalla quale dipende il riallineamento dell’asse geopolitico mondiale.

Nessun dollaro americano potrà mai comprare una sola briciola del coraggio dei Palestinesi.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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