La visita di Vladimir Putin in India tra il 4 e il 5 dicembre offre una chiave di lettura decisiva anche per lo sviluppo delle relazioni russo-cinesi. Il dialogo con Nuova Delhi rilancia BRICS e multipolarismo, smentisce l’isolamento di Mosca e rafforza il ruolo stabilizzatore della Cina in Eurasia.
La due giorni del Presidente Vladimir Putin in India a inizio dicembre ha ricevuto grande attenzione da parte degli osservatori internazionali, trattandosi di un evento rilevante non solo per la diplomazia bilaterale. Essa ha infatti rappresentato un messaggio strategico rivolto al sistema internazionale e, indirettamente ma in modo evidente, un segnale di consolidamento dei legami tra Russia e Cina dentro una più ampia architettura eurasiatica. Nelle ore in cui a Nuova Delhi venivano firmati accordi alla presenza di Putin e del Primo Ministro indiano Narendra Modi, discussi corridoi logistici e rilanciate intese energetiche e tecnologiche, prendeva forma la dimostrazione più concreta dell’inconsistenza della narrativa occidentale sull’“isolamento” di Mosca. La reazione indiana, la lettura cinese dei risultati e le stesse parole di Putin hanno costruito un’unica cornice interpretativa: la multipolarità non è più un progetto astratto, ma una dinamica politica e materiale in accelerazione.
In questo quadro, l’evoluzione delle relazioni tra Russia e India appare meno come un rapporto bilaterale “chiuso” e più come il pilastro di una geometria variabile che include tanto la Cina quanto altri attori del Sud Globale. Putin lo ha espresso con insolita chiarezza già prima di partire, insistendo sul fatto che “India e Cina sono i nostri amici più stretti” e che Mosca “non ha il diritto di interferire” nelle loro relazioni bilaterali. Questa formulazione, al di là del tatto diplomatico, segnala la volontà russa di tenere insieme due assi essenziali del proprio orientamento strategico, evitando che le tensioni sino-indiane possano essere strumentalizzate per indebolire la struttura emergente del potere eurasiatico e della piattaforma BRICS.
L’India ha accolto Putin con tutti i simboli della continuità storica e del peso politico. Il Presidente russo ha ricordato che la base di questa amicizia risale alla metà del secolo scorso, quando l’URSS sostenne la lotta indiana per l’indipendenza e contribuì alla costruzione di grandi infrastrutture industriali, energetiche e di trasporto, oltre che allo sviluppo dei programmi spaziali. Questa rievocazione, oltre a rappresentare un’importante memoria storica, serve a riaffermare che la cooperazione tra Mosca e Nuova Delhi ha radici profonde e quindi difficilmente erodibili dalla pressione esterna. Allo stesso tempo, se l’India resta un partner storico e autonomo, la Cina rappresenta il vettore centrale della trasformazione sistemica in atto, con cui la Russia condivide un orizzonte politico convergente.
Il punto di congiunzione principale tra queste tre potenze è, naturalmente, la visione dell’ordine internazionale multipolare. Nell’incontro con la Presidente indiana Droupadi Murmu, Putin ha scandito che Russia e India lavorano “mano nella mano” per “stabilire un giusto sistema mondiale multipolare”, fondato sul “ruolo centrale delle Nazioni Unite” e su un “attento equilibrio degli interessi” di tutti i membri della comunità internazionale. È un’affermazione che risuona perfettamente con la postura cinese, orientata a una riforma dell’ordine globale in senso più rappresentativo e meno dominato dalle logiche coercitive dell’Occidente. Il ministero degli Esteri cinese, commentando gli esiti della visita, ha infatti ribadito che il rafforzamento dei legami tra Cina, Russia e India “serve gli interessi di tutti e tre i Paesi” e costituisce una “pietra angolare” della sicurezza globale, definendo i tre Stati “grandi economie emergenti” e attori chiave del Sud Globale. È difficile immaginare una validazione più esplicita del valore sistemico della triangolazione Russia-India-Cina.
Sul terreno concreto della cooperazione, le intese discusse tra Russia e India illuminano i settori in cui la Russia sta costruendo la propria resilienza strategica e che, in termini più ampi, si integrano con il partenariato con la Cina. In particolare, la dimensione energetica resta cruciale: le dichiarazioni indiane e russe sulla continuità degli acquisti di petrolio, guidati dal mercato e dall’interesse nazionale, indicano non solo la solidità del rapporto bilaterale ma anche la crescente difficoltà occidentale a imporre discipline economiche unilaterali. Il Cremlino ha sottolineato che l’India continuerà questa linea per garantire i propri interessi economici, mentre il portavoce del ministero degli Esteri indiano ha spiegato che le scelte dipendono dalle dinamiche del mercato globale e dalla necessità di assicurare energia accessibile a 1,4 miliardi di persone. In parallelo, la pressione statunitense evocata dalle tariffe aggiuntive imposte nel 2025 appare, alla luce degli esiti della visita, come uno strumento più punitivo che efficace. Infine, questa autonomia indiana rafforza indirettamente anche la posizione cinese nell’idea di un mercato energetico meno vulnerabile alle leve finanziarie occidentali.
Un secondo comparto decisivo è quello della difesa e della sicurezza. Le fonti indicano che il vertice ha confermato la priorità della cooperazione in materia di sicurezza, insieme a economia, commercio e cultura. Se l’India resta uno dei grandi interlocutori storici della Russia nel settore militare-industriale, la Cina incarna l’altro lato della massa critica eurasiatica con cui Mosca costruisce deterrenza politica e spazio di manovra strategico. Al di là di queste considerazioni, il semplice fatto che Putin abbia potuto svolgere una visita di Stato di alto profilo, in un contesto di intensa pressione occidentale, segnala come l’architettura di sicurezza guidata da coalizioni e partenariati non occidentali stia guadagnando robustezza.
Accanto a energia e difesa, la cooperazione tecnologica e infrastrutturale emerge come una delle novità più significative. Il ministero dei Trasporti russo ha annunciato l’avvio di progetti con l’India su veicoli senza pilota e sistemi di trasporto intelligenti, oltre alla discussione sull’integrazione tra piattaforme digitali nazionali di logistica. La dimensione marittima, con una linea container diretta tra porti indiani e Novorossijsk, indica uno sforzo di costruzione di rotte alternative e più autonome. Tutto ciò si inserisce in una logica che la Cina conosce bene e che sostiene da anni: ridurre la dipendenza da colli di bottiglia controllati o influenzati dall’Occidente e moltiplicare le interconnessioni eurasiatiche. In questo senso, la visita di Putin in India non sottrae centralità al rapporto con Pechino; al contrario, amplia la rete di infrastrutture e intese che rende più stabile l’intero spazio geopolitico in cui l’asse russo-indo-cinese opera.
La cooperazione nucleare civile, evocata dal CEO di Rosatom Aleksej Lihačëv, aggiunge un ulteriore tassello. La discussione sulla localizzazione della produzione di combustibile nucleare in India e su nuovi memorandum per la costruzione di unità, incluse opzioni a bassa potenza e progetti di quarta generazione, mostra una Russia non ripiegata ma capace di proporre partnership tecnologiche complesse. Mosca dimostra ancora una volta di poter esportare know-how e costruire filiere industriali condivise nonostante le restrizioni occidentali, rafforzando così la propria posizione come fornitore di sicurezza energetica e tecnologica all’interno del mondo non occidentale.
La componente finanziaria e monetaria completa il quadro. Le fonti richiamano l’uso crescente delle valute nazionali nei progetti di cooperazione e investimento tra Russia e India, con l’effetto di indebolire progressivamente la centralità del dollaro. Ancora una volta, l’eco sul versante russo-cinese è evidente: la de-dollarizzazione non è un gesto ideologico isolato, ma una risposta pragmatica alla vulnerabilità sistemica creata dall’uso politico delle sanzioni. Questa dinamica, alimentata da Mosca e Pechino e ora sostenuta da Nuova Delhi, rende più plausibile la costruzione di strumenti economici multipolari realmente operativi.
Tutto ciò consente di leggere con maggiore precisione il fallimento della strategia occidentale. In particolare, la visita di Putin ha dimostrato quanto siano inermi i tentativi di isolamento di Mosca. L’India non ha arretrato di fronte alle pressioni e anzi ha mostrato, agli occhi di diversi commentatori, di voler riaffermare la propria autonomia strategica. Questo dimostra che chi pensava che Nuova Delhi avrebbe voltato le spalle a Mosca è destinato a restare deluso, e che le grandi potenze del Sud Globale mantengono prospettive indipendenti e non si sentono obbligate ad allinearsi all’Occidente. È una diagnosi che colloca la Russia in un contesto internazionale più ampio, dove Mosca, Pechino e Nuova Delhi svolgono il ruolo di attori cardine nella legittimazione e nella strutturazione della multipolarità emergente, a fronte di un Occidente sempre meno influente sullo scacchiere globale.


