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Giulio Chinappi
September 20, 2025
© Photo: Public domain

La destituzione di Paetongtarn Shinawatra, la condanna del padre Thaksin e l’elezione del nuovo Primo Ministro Anutin Charnvirakul segnano una fase di svolta per la Thailandia. Il futuro politico del Paese appare incerto, ma con implicazioni significative anche per la politica estera e gli equilibri del Sud-Est asiatico.

Segue nostro Telegram.

Come abbiamo sottolineato nel nostro precedente articolo, lo scorso 29 agosto la Thailandia ha vissuto uno dei momenti più drammatici della sua politica recente, in quanto la Corte costituzionale ha destituito il Primo Ministro Paetongtarn Shinawatra, figlia dell’ex premier Thaksin Shinawatra, a seguito di uno scandalo etico legato a una telefonata con il de facto leader cambogiano Hun Sen. Durante la conversazione, Paetongtarn aveva criticato un comandante dell’esercito thailandese, suscitando indignazione pubblica e accuse di slealtà verso le istituzioni nazionali. La decisione della Corte costituzionale, la sesta volta in due decenni in cui un membro della famiglia Shinawatra viene rimosso dal governo, ha sancito la fine prematura dell’esecutivo guidato dal Pheu Thai Party e ha aperto una nuova fase di instabilità politica nel regno.

Come detto, il caso di Paetongtarn non è isolato, ma si inserisce in una più ampia strategia di controllo esercitata dalle istituzioni giudiziarie e dal complesso militare-realistico della Thailandia, che hanno storicamente agito come garanti dell’ordine costituzionale e, secondo alcuni analisti, come freno alla potente dinastia Shinawatra. La destituzione ha avuto immediatamente ripercussioni sulle alleanze politiche, con il Pheu Thai che ha visto compromessa la propria capacità di negoziare e ha perso il sostegno di alleati chiave. L’effetto politico della decisione è stato aggravato dalla contestuale debolezza della coalizione di governo nel realizzare promesse economiche fondamentali, come l’aumento del salario minimo, la regolamentazione del gioco d’azzardo e i programmi di sostegno sociale, che avevano contribuito a rafforzare la popolarità del partito negli anni precedenti.

Nel contesto di questo vuoto di potere, il 5 settembre, il Parlamento di Bangkok ha eletto Anutin Charnvirakul, leader del conservatore Bhumjaithai Party, come nuovo Primo Ministro. La sua vittoria, sostenuta dalla coalizione di opposizione guidata dal People’s Party, partito socialdemocratico che detiene la maggioranza relativa in parlamento, ha segnato un cambio significativo nel panorama politico nazionale. Anutin, già noto per la sua esperienza come Vice Primo Ministro, Ministro dell’Interno e della Salute, nonché per aver promosso la depenalizzazione della cannabis nel 2022, ha ottenuto 311 voti, superando di gran lunga i 247 necessari per la maggioranza, battendo il candidato della Pheu Thai, Chaikasem Nitisiri. Il sostegno del People’s Party è stato condizionato dall’impegno di Anutin a indire elezioni generali entro quattro mesi, una promessa che ha permesso di sbloccare la situazione politica e di garantire la continuità istituzionale.

Il nuovo Primo Ministro ha ricevuto l’investitura formale del Re Maha Vajiralongkorn il 7 settembre, con una cerimonia al quartier generale del Bhumjaithai Party a Bangkok. In quell’occasione, Anutin ha dichiarato di voler esercitare le proprie funzioni con “onestà e rettitudine”, sottolineando l’obiettivo di stabilizzare il paese e ripristinare la fiducia dei cittadini dopo mesi di turbolenza politica. Le prime nomine del suo governo hanno incluso figure veterane e riconosciute nei rispettivi settori: l’economista Ekniti Nitithanprapas alla guida del Ministero delle Finanze, l’industriale Auttapol Rerkpiboon al Ministero dell’Energia e il diplomatico Sihasak Phuangketkeow al Ministero degli Esteri. Queste scelte sono state presentate come un messaggio di professionalità e continuità, volte a rassicurare mercati e partner internazionali dopo il periodo di instabilità.

Il nuovo corso politico potrebbe avere un impatto anche sulle relazioni estere della Thailandia. Anutin ha ereditato un contesto delicato, segnato dalle recenti tensioni con la Cambogia, culminate in uno scontro di confine nel mese di luglio che ha provocato oltre quaranta vittime. La gestione di questi conflitti e il rispetto della fragile tregua mediata dalla Malaysia saranno tra le prime sfide del governo, con un approccio che potrebbe favorire una maggiore assertività regionale rispetto alle gestioni precedenti della Pheu Thai, percepite come più concilianti verso i vicini e vulnerabili alle critiche dell’opinione pubblica interna.

Parallelamente, la famiglia Shinawatra continua a subire dure conseguenze politiche e giudiziarie. Il 9 settembre, la Corte Suprema thailandese ha stabilito che Thaksin Shinawatra dovrà scontare un anno di carcere, rigettando il conteggio del periodo trascorso in ospedale come parte della pena. La corte ha motivato la decisione sostenendo che il ricovero non era giustificato da malattia grave e che Thaksin aveva prolungato volontariamente il soggiorno ospedaliero. L’ex premier, tornato in Thailandia nel 2023 dopo 15 anni di autoesilio, è stato originariamente condannato a otto anni per frode e abuso di potere, pena poi ridotta a un anno dal re. La sentenza rappresenta l’ennesimo colpo per il prestigio e la capacità di influenza della dinastia Shinawatra, che per lungo tempo ha rappresentato il pilastro dominante della politica thailandese.

Con Paetongtarn destituita e Thaksin in carcere, il partito di famiglia perde il suo principale asset di legittimità e la leadership carismatica che ne aveva garantito il successo elettorale. La prospettiva per il Pheu Thai è ora quella di assumere il ruolo di opposizione parlamentare, cercando di riorganizzarsi senza il diretto controllo della famiglia Shinawatra. Gli analisti indicano che l’abilità del partito di riconnettersi con l’elettorato rurale e urbano sarà cruciale per il suo futuro, ma la crescente influenza dei conservatori e dei partiti filo-militari rende difficile prevedere un rapido ritorno al potere.

Sul piano economico e politico, il governo Anutin potrebbe introdurre un approccio più orientato alla stabilità e al pragmatismo, privilegiando politiche fiscali e settoriali guidate da esperti nominati nei ministeri chiave. L’attenzione verso la politica estera potrebbe comportare un rafforzamento delle relazioni con partner regionali come la Malaysia e il Vietnam, e una maggiore cautela nelle dispute di confine. Inoltre, il sostegno del People’s Party, che ha ottenuto concessioni sulla revisione costituzionale e sulla tempistica delle elezioni, suggerisce che Anutin dovrà bilanciare gli interessi delle coalizioni di governo con le richieste di riforma politica da parte della società civile e dei gruppi progressisti. La capacità di Anutin di garantire stabilità politica, rilancio economico e gestione prudente delle relazioni internazionali definirà il corso della Thailandia nei prossimi anni, mentre il Pheu Thai Party e la famiglia Shinawatra devono affrontare un periodo di incertezza e ridefinizione strategica.

La crisi dei Shinawatra e il nuovo corso della Thailandia: prospettive politiche ed equilibri regionali

La destituzione di Paetongtarn Shinawatra, la condanna del padre Thaksin e l’elezione del nuovo Primo Ministro Anutin Charnvirakul segnano una fase di svolta per la Thailandia. Il futuro politico del Paese appare incerto, ma con implicazioni significative anche per la politica estera e gli equilibri del Sud-Est asiatico.

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Come abbiamo sottolineato nel nostro precedente articolo, lo scorso 29 agosto la Thailandia ha vissuto uno dei momenti più drammatici della sua politica recente, in quanto la Corte costituzionale ha destituito il Primo Ministro Paetongtarn Shinawatra, figlia dell’ex premier Thaksin Shinawatra, a seguito di uno scandalo etico legato a una telefonata con il de facto leader cambogiano Hun Sen. Durante la conversazione, Paetongtarn aveva criticato un comandante dell’esercito thailandese, suscitando indignazione pubblica e accuse di slealtà verso le istituzioni nazionali. La decisione della Corte costituzionale, la sesta volta in due decenni in cui un membro della famiglia Shinawatra viene rimosso dal governo, ha sancito la fine prematura dell’esecutivo guidato dal Pheu Thai Party e ha aperto una nuova fase di instabilità politica nel regno.

Come detto, il caso di Paetongtarn non è isolato, ma si inserisce in una più ampia strategia di controllo esercitata dalle istituzioni giudiziarie e dal complesso militare-realistico della Thailandia, che hanno storicamente agito come garanti dell’ordine costituzionale e, secondo alcuni analisti, come freno alla potente dinastia Shinawatra. La destituzione ha avuto immediatamente ripercussioni sulle alleanze politiche, con il Pheu Thai che ha visto compromessa la propria capacità di negoziare e ha perso il sostegno di alleati chiave. L’effetto politico della decisione è stato aggravato dalla contestuale debolezza della coalizione di governo nel realizzare promesse economiche fondamentali, come l’aumento del salario minimo, la regolamentazione del gioco d’azzardo e i programmi di sostegno sociale, che avevano contribuito a rafforzare la popolarità del partito negli anni precedenti.

Nel contesto di questo vuoto di potere, il 5 settembre, il Parlamento di Bangkok ha eletto Anutin Charnvirakul, leader del conservatore Bhumjaithai Party, come nuovo Primo Ministro. La sua vittoria, sostenuta dalla coalizione di opposizione guidata dal People’s Party, partito socialdemocratico che detiene la maggioranza relativa in parlamento, ha segnato un cambio significativo nel panorama politico nazionale. Anutin, già noto per la sua esperienza come Vice Primo Ministro, Ministro dell’Interno e della Salute, nonché per aver promosso la depenalizzazione della cannabis nel 2022, ha ottenuto 311 voti, superando di gran lunga i 247 necessari per la maggioranza, battendo il candidato della Pheu Thai, Chaikasem Nitisiri. Il sostegno del People’s Party è stato condizionato dall’impegno di Anutin a indire elezioni generali entro quattro mesi, una promessa che ha permesso di sbloccare la situazione politica e di garantire la continuità istituzionale.

Il nuovo Primo Ministro ha ricevuto l’investitura formale del Re Maha Vajiralongkorn il 7 settembre, con una cerimonia al quartier generale del Bhumjaithai Party a Bangkok. In quell’occasione, Anutin ha dichiarato di voler esercitare le proprie funzioni con “onestà e rettitudine”, sottolineando l’obiettivo di stabilizzare il paese e ripristinare la fiducia dei cittadini dopo mesi di turbolenza politica. Le prime nomine del suo governo hanno incluso figure veterane e riconosciute nei rispettivi settori: l’economista Ekniti Nitithanprapas alla guida del Ministero delle Finanze, l’industriale Auttapol Rerkpiboon al Ministero dell’Energia e il diplomatico Sihasak Phuangketkeow al Ministero degli Esteri. Queste scelte sono state presentate come un messaggio di professionalità e continuità, volte a rassicurare mercati e partner internazionali dopo il periodo di instabilità.

Il nuovo corso politico potrebbe avere un impatto anche sulle relazioni estere della Thailandia. Anutin ha ereditato un contesto delicato, segnato dalle recenti tensioni con la Cambogia, culminate in uno scontro di confine nel mese di luglio che ha provocato oltre quaranta vittime. La gestione di questi conflitti e il rispetto della fragile tregua mediata dalla Malaysia saranno tra le prime sfide del governo, con un approccio che potrebbe favorire una maggiore assertività regionale rispetto alle gestioni precedenti della Pheu Thai, percepite come più concilianti verso i vicini e vulnerabili alle critiche dell’opinione pubblica interna.

Parallelamente, la famiglia Shinawatra continua a subire dure conseguenze politiche e giudiziarie. Il 9 settembre, la Corte Suprema thailandese ha stabilito che Thaksin Shinawatra dovrà scontare un anno di carcere, rigettando il conteggio del periodo trascorso in ospedale come parte della pena. La corte ha motivato la decisione sostenendo che il ricovero non era giustificato da malattia grave e che Thaksin aveva prolungato volontariamente il soggiorno ospedaliero. L’ex premier, tornato in Thailandia nel 2023 dopo 15 anni di autoesilio, è stato originariamente condannato a otto anni per frode e abuso di potere, pena poi ridotta a un anno dal re. La sentenza rappresenta l’ennesimo colpo per il prestigio e la capacità di influenza della dinastia Shinawatra, che per lungo tempo ha rappresentato il pilastro dominante della politica thailandese.

Con Paetongtarn destituita e Thaksin in carcere, il partito di famiglia perde il suo principale asset di legittimità e la leadership carismatica che ne aveva garantito il successo elettorale. La prospettiva per il Pheu Thai è ora quella di assumere il ruolo di opposizione parlamentare, cercando di riorganizzarsi senza il diretto controllo della famiglia Shinawatra. Gli analisti indicano che l’abilità del partito di riconnettersi con l’elettorato rurale e urbano sarà cruciale per il suo futuro, ma la crescente influenza dei conservatori e dei partiti filo-militari rende difficile prevedere un rapido ritorno al potere.

Sul piano economico e politico, il governo Anutin potrebbe introdurre un approccio più orientato alla stabilità e al pragmatismo, privilegiando politiche fiscali e settoriali guidate da esperti nominati nei ministeri chiave. L’attenzione verso la politica estera potrebbe comportare un rafforzamento delle relazioni con partner regionali come la Malaysia e il Vietnam, e una maggiore cautela nelle dispute di confine. Inoltre, il sostegno del People’s Party, che ha ottenuto concessioni sulla revisione costituzionale e sulla tempistica delle elezioni, suggerisce che Anutin dovrà bilanciare gli interessi delle coalizioni di governo con le richieste di riforma politica da parte della società civile e dei gruppi progressisti. La capacità di Anutin di garantire stabilità politica, rilancio economico e gestione prudente delle relazioni internazionali definirà il corso della Thailandia nei prossimi anni, mentre il Pheu Thai Party e la famiglia Shinawatra devono affrontare un periodo di incertezza e ridefinizione strategica.

La destituzione di Paetongtarn Shinawatra, la condanna del padre Thaksin e l’elezione del nuovo Primo Ministro Anutin Charnvirakul segnano una fase di svolta per la Thailandia. Il futuro politico del Paese appare incerto, ma con implicazioni significative anche per la politica estera e gli equilibri del Sud-Est asiatico.

Segue nostro Telegram.

Come abbiamo sottolineato nel nostro precedente articolo, lo scorso 29 agosto la Thailandia ha vissuto uno dei momenti più drammatici della sua politica recente, in quanto la Corte costituzionale ha destituito il Primo Ministro Paetongtarn Shinawatra, figlia dell’ex premier Thaksin Shinawatra, a seguito di uno scandalo etico legato a una telefonata con il de facto leader cambogiano Hun Sen. Durante la conversazione, Paetongtarn aveva criticato un comandante dell’esercito thailandese, suscitando indignazione pubblica e accuse di slealtà verso le istituzioni nazionali. La decisione della Corte costituzionale, la sesta volta in due decenni in cui un membro della famiglia Shinawatra viene rimosso dal governo, ha sancito la fine prematura dell’esecutivo guidato dal Pheu Thai Party e ha aperto una nuova fase di instabilità politica nel regno.

Come detto, il caso di Paetongtarn non è isolato, ma si inserisce in una più ampia strategia di controllo esercitata dalle istituzioni giudiziarie e dal complesso militare-realistico della Thailandia, che hanno storicamente agito come garanti dell’ordine costituzionale e, secondo alcuni analisti, come freno alla potente dinastia Shinawatra. La destituzione ha avuto immediatamente ripercussioni sulle alleanze politiche, con il Pheu Thai che ha visto compromessa la propria capacità di negoziare e ha perso il sostegno di alleati chiave. L’effetto politico della decisione è stato aggravato dalla contestuale debolezza della coalizione di governo nel realizzare promesse economiche fondamentali, come l’aumento del salario minimo, la regolamentazione del gioco d’azzardo e i programmi di sostegno sociale, che avevano contribuito a rafforzare la popolarità del partito negli anni precedenti.

Nel contesto di questo vuoto di potere, il 5 settembre, il Parlamento di Bangkok ha eletto Anutin Charnvirakul, leader del conservatore Bhumjaithai Party, come nuovo Primo Ministro. La sua vittoria, sostenuta dalla coalizione di opposizione guidata dal People’s Party, partito socialdemocratico che detiene la maggioranza relativa in parlamento, ha segnato un cambio significativo nel panorama politico nazionale. Anutin, già noto per la sua esperienza come Vice Primo Ministro, Ministro dell’Interno e della Salute, nonché per aver promosso la depenalizzazione della cannabis nel 2022, ha ottenuto 311 voti, superando di gran lunga i 247 necessari per la maggioranza, battendo il candidato della Pheu Thai, Chaikasem Nitisiri. Il sostegno del People’s Party è stato condizionato dall’impegno di Anutin a indire elezioni generali entro quattro mesi, una promessa che ha permesso di sbloccare la situazione politica e di garantire la continuità istituzionale.

Il nuovo Primo Ministro ha ricevuto l’investitura formale del Re Maha Vajiralongkorn il 7 settembre, con una cerimonia al quartier generale del Bhumjaithai Party a Bangkok. In quell’occasione, Anutin ha dichiarato di voler esercitare le proprie funzioni con “onestà e rettitudine”, sottolineando l’obiettivo di stabilizzare il paese e ripristinare la fiducia dei cittadini dopo mesi di turbolenza politica. Le prime nomine del suo governo hanno incluso figure veterane e riconosciute nei rispettivi settori: l’economista Ekniti Nitithanprapas alla guida del Ministero delle Finanze, l’industriale Auttapol Rerkpiboon al Ministero dell’Energia e il diplomatico Sihasak Phuangketkeow al Ministero degli Esteri. Queste scelte sono state presentate come un messaggio di professionalità e continuità, volte a rassicurare mercati e partner internazionali dopo il periodo di instabilità.

Il nuovo corso politico potrebbe avere un impatto anche sulle relazioni estere della Thailandia. Anutin ha ereditato un contesto delicato, segnato dalle recenti tensioni con la Cambogia, culminate in uno scontro di confine nel mese di luglio che ha provocato oltre quaranta vittime. La gestione di questi conflitti e il rispetto della fragile tregua mediata dalla Malaysia saranno tra le prime sfide del governo, con un approccio che potrebbe favorire una maggiore assertività regionale rispetto alle gestioni precedenti della Pheu Thai, percepite come più concilianti verso i vicini e vulnerabili alle critiche dell’opinione pubblica interna.

Parallelamente, la famiglia Shinawatra continua a subire dure conseguenze politiche e giudiziarie. Il 9 settembre, la Corte Suprema thailandese ha stabilito che Thaksin Shinawatra dovrà scontare un anno di carcere, rigettando il conteggio del periodo trascorso in ospedale come parte della pena. La corte ha motivato la decisione sostenendo che il ricovero non era giustificato da malattia grave e che Thaksin aveva prolungato volontariamente il soggiorno ospedaliero. L’ex premier, tornato in Thailandia nel 2023 dopo 15 anni di autoesilio, è stato originariamente condannato a otto anni per frode e abuso di potere, pena poi ridotta a un anno dal re. La sentenza rappresenta l’ennesimo colpo per il prestigio e la capacità di influenza della dinastia Shinawatra, che per lungo tempo ha rappresentato il pilastro dominante della politica thailandese.

Con Paetongtarn destituita e Thaksin in carcere, il partito di famiglia perde il suo principale asset di legittimità e la leadership carismatica che ne aveva garantito il successo elettorale. La prospettiva per il Pheu Thai è ora quella di assumere il ruolo di opposizione parlamentare, cercando di riorganizzarsi senza il diretto controllo della famiglia Shinawatra. Gli analisti indicano che l’abilità del partito di riconnettersi con l’elettorato rurale e urbano sarà cruciale per il suo futuro, ma la crescente influenza dei conservatori e dei partiti filo-militari rende difficile prevedere un rapido ritorno al potere.

Sul piano economico e politico, il governo Anutin potrebbe introdurre un approccio più orientato alla stabilità e al pragmatismo, privilegiando politiche fiscali e settoriali guidate da esperti nominati nei ministeri chiave. L’attenzione verso la politica estera potrebbe comportare un rafforzamento delle relazioni con partner regionali come la Malaysia e il Vietnam, e una maggiore cautela nelle dispute di confine. Inoltre, il sostegno del People’s Party, che ha ottenuto concessioni sulla revisione costituzionale e sulla tempistica delle elezioni, suggerisce che Anutin dovrà bilanciare gli interessi delle coalizioni di governo con le richieste di riforma politica da parte della società civile e dei gruppi progressisti. La capacità di Anutin di garantire stabilità politica, rilancio economico e gestione prudente delle relazioni internazionali definirà il corso della Thailandia nei prossimi anni, mentre il Pheu Thai Party e la famiglia Shinawatra devono affrontare un periodo di incertezza e ridefinizione strategica.

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