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Stefano Vernole
August 24, 2025
© Photo: Public domain

Nei giorni scorsi la Thailandia ha risposto alle nuove provocazioni al confine cambogiano sottolineando l’equilibrio e la sovranità del proprio Paese e difendendo al contempo la recinzione di filo spinato nell’area controversa.

Segue nostro Telegram.   

Martedì 19 agosto, il Ministero degli Esteri thailandese ha infatti rilasciato una dichiarazione a sostegno delle recenti uscite mediatiche dell’Esercito Reale Thailandese in merito alla zona di Ban Nong Chan, nella provincia di Sa Kaeo.

Il Ministero ha sottolineato la continua moderazione della Thailandia nel corso degli anni nel gestire lo sconfinamento cambogiano sul territorio thailandese, che originariamente fungeva da rifugio temporaneo per i cambogiani in fuga dal conflitto. Tuttavia, l’area si è ampliata nel tempo, nonostante le persistenti proteste di Bangkok, invadendo ulteriormente il territorio thailandese e violando il Memorandum d’intesa del 2000.

Il Ministero degli Esteri di Bangkok ha sottolineato in particolare i seguenti punti[1]:

Moderazione e impegno al dialogo: la Thailandia ha dimostrato la massima moderazione per anni, mantenendo un approccio maturo e di buon vicinato, preferendo risolvere le controversie attraverso adeguati quadri bilaterali come la Commissione Congiunta per i Confini (JBC). Al contrario, la Cambogia ha sfruttato la sua popolazione per invadere illegalmente e provocatoriamente il territorio thailandese.

Sfruttamento della storia umanitaria: il tentativo della Cambogia di sfruttare la tradizione thailandese di fornire rifugio e assistenza umanitaria ai cambogiani non è solo cinico, ma riflette anche le vere e malevole intenzioni della Cambogia in questa disputa.

Installazione di filo spinato e sovranità: per quanto riguarda l’installazione di recinzioni di filo spinato all’interno del territorio thailandese, le azioni della Thailandia mirano a proteggere la sua sovranità e integrità territoriale. La recinzione è necessaria per salvaguardare la sicurezza dei cittadini thailandesi e prevenire ulteriori invasioni, in particolare l’infiltrazione delle forze cambogiane che hanno precedentemente utilizzato mine antiuomo nella zona. Questa mossa è in linea con i risultati della riunione straordinaria del Comitato Generale per le Frontiere (GBC) del 7 agosto 2025, che ha affermato come entrambi i Paesi non potenzieranno infrastrutture militari o fortificazioni al di fuori dei propri confini.

Il Maggiore Generale Winthai Suwaree, portavoce dell’esercito di Bangkok, ha risposto alle lamentele cambogiane riguardo all’installazione di recinzioni di filo spinato da parte dei soldati thailandesi nei pressi di Ban Nong Chan, nella provincia di Sa Kaeo. Gli abitanti del villaggio cambogiano hanno affermato che l’area apparteneva a loro. Winthai ha chiarito che il terreno in questione si trova all’interno del territorio thailandese a Ban Nong Chan, sottodistretto di Non Mak Mun, distretto di Khok Sung, provincia di Sa Kaeo, tra i marcatori di confine 46 e 47 e ha spiegato che la questione assume diverse dimensioni:

  1. Area di confine contesa: entrambe le parti non hanno ancora raggiunto un accordo sul posizionamento dei marcatori di confine. La Cambogia sostiene che le posizioni attuali siano state spostate all’interno del proprio territorio, il che richiede una risoluzione attraverso meccanismi bilaterali come la Commissione Congiunta per i Confini (JBC).
  2. Storia degli insediamenti di rifugiati: durante il conflitto interno in Cambogia alla fine degli anni ‘70, la Thailandia permise ai civili cambogiani di cercare temporaneamente rifugio sul suolo thailandese per motivi umanitari. Tuttavia, alcuni non fecero mai ritorno dopo il ripristino della pace e continuarono a vivere in territorio thailandese. Da allora, la Cambogia ha incoraggiato i suoi cittadini a costruire insediamenti permanenti, sia all’interno della zona contesa che all’interno del territorio thailandese non conteso, in violazione degli accordi.
  3. Scopo del filo spinato: l’installazione del filo spinato non ha lo scopo di demarcare il confine, ma di rafforzare la sicurezza delle truppe, in particolare contro le infiltrazioni e il posizionamento di mine antiuomo contro le forze thailandesi. Si tratta di una misura puramente difensiva per rafforzare le posizioni militari thailandesi.

L’esercito thailandese, a partire dal 2014, ha presentato continue proteste contro la Cambogia, sia a livello militare che diplomatico; tuttavia, la Cambogia non ha reagito né adottato misure correttive. Winthai ha sottolineato che la Thailandia ha costantemente perseguito misure pacifiche e ha inoltre affermato che la Cambogia sta deliberatamente utilizzando i civili come copertura per violare la sovranità thailandese ed evitare uno scontro militare diretto. Tali tattiche appaiono sistematiche, volte a provocare la Thailandia in azioni che potrebbero poi essere distorte per screditare il Paese a livello internazionale, con conseguenze sia diplomatiche che turistiche negative.

Il portavoce dell’esercito ha anche dichiarato che durante il periodo di tensione tra Thailandia e Cambogia, l’esercito reale thailandese ha assegnato a ciascuna unità sotto il suo comando il compito di operare secondo piani strategici e seguire procedure. Sono state designate aree di combattimento primarie, come l’area della 2a Armata, e aree di combattimento secondarie nell’area della 1a Armata e nel Comando di difesa del confine di Chanthaburi e Trat (CTBDC)[2].

Per l’uso della forza o di vari tipi di armi, esistono livelli di controllo in base alla catena di comando per la prudenza e l’urgenza nel coordinamento tattico, nonché per il mantenimento della prontezza operativa quando vengono impartiti gli ordini. Poiché l’area operativa circostante è caratterizzata da importanti zone urbane con popolazioni densamente popolate provenienti da entrambi i Paesi, il che differisce dall’area operativa della 2a Area dell’Esercito, la 1a Area dell’Esercito ha quindi designato obiettivi specifici che hanno un impatto sul personale cambogiano, sulle attrezzature militari e sulle installazioni militari situate nel territorio sovrano della Thailandia. Ciò costituisce una pratica corretta secondo le regole di ingaggio ed è coerente con i principi del diritto internazionale, in particolare con il diritto internazionale umanitario applicabile ai metodi di guerra e al trattamento umano dei combattenti e dei civili durante la guerra, o Jus in bello. Le operazioni passate nell’area di responsabilità della 1ª Armata si sono quindi concentrate sulla cattura e sullo smantellamento di strutture militari che chiaramente invadevano il territorio sovrano della Thailandia, secondo i legittimi diritti sovrani del Paese.

Per quanto riguarda la risoluzione dei problemi nelle aree in cui risiedono i civili cambogiani, sono stati formulati approcci e misure correttive, che sono stati attualmente sottoposti all’esercito reale thailandese e al quartier generale delle forze armate reali thailandesi per la valutazione e l’attuazione in collaborazione con le agenzie governative competenti nella zona, inclusa la cooperazione con organizzazioni internazionali per il supporto e l’osservazione congiunta delle operazioni.

L’obiettivo è garantire che la risoluzione di problemi più complessi rispetto al ricorso esclusivo a misure militari porti a una soluzione globale accettabile, che ottenga il sostegno internazionale e non dia agli oppositori motivo di distorcere le informazioni sulla scena internazionale. L’esercito reale thailandese afferma che nessuna agenzia al suo interno è coinvolta in alcun modo nelle aree di ingresso/uscita dei posti di blocco di frontiera, sia in condizioni normali sotto la responsabilità delle autorità amministrative insieme a varie agenzie governative, sia in condizioni anomale come quella attuale, che sono sotto la supervisione militare. Inoltre, qualora ci fossero domande riguardanti le attività delle agenzie facenti capo al Royal Thai Army, quest’ultimo è pronto a collaborare alle indagini e a fornire informazioni con trasparenza e franchezza.

Come spiegato da un attento osservatore della regione, Brian Berletic, “Ci sono punti lungo il confine tra Thailandia e Cambogia che sono oggetto di controversia. Ci sono questi antichi templi che sono contesi e poi il territorio circostante è conteso. E questo perché la questione è stata portata nel corso degli anni all’attenzione di istituzioni internazionali, istituzioni occidentali che si spacciano per istituzioni internazionali e le cui decisioni sono state deliberatamente ambigue per mantenere irrisolta una bomba a orologeria di una disputa di confine. E così i templi vengono riconosciuti come cambogiani e il territorio circostante viene riconosciuto come thailandese. Quindi potete vedere come questa situazione sia stata deliberatamente creata e lasciata lì come una bomba a orologeria. Nessuno che avesse davvero cercato di risolvere questo problema l’avrebbe lasciata lì altrimenti … Tuttavia, non è questo il motivo per cui si sta verificando un conflitto in questo momento. Questo è un problema, una questione di confine, fin dai primi anni del 1900. E per la maggior parte del tempo, incluso in particolare il XXI secolo, questo non è stato un punto di contesa. C’è stata molta più pace in quest’area che conflitti. E si accende solo in momenti molto specifici. E sembra accendersi solo nei momenti in cui gli Stati Uniti cercano di far salire al potere un regime cliente qui in Thailandia o in cui un regime cliente sostenuto dagli Stati Uniti viene rimosso dal potere. Questa questione di confine, insieme alla minaccia estremamente violenta nei mari del sud della Thailandia, alla violenza separatista e alla pressione interna da parte delle organizzazioni finanziate dal National Endowment for Democracy (NED) statunitense, creerà pressione interna. E quindi gli Stati Uniti hanno una serie di punti di pressione su cui iniziano a fare leva quando non ottengono ciò che vogliono con la Thailandia … Entrambi i Paesi hanno uno stretto rapporto con la Cina. E immagino che stiamo entrando nell’aspetto geopolitico. Il quadro generale della situazione. Entrambe le nazioni hanno acquistato armi dalla Cina. Hanno uno stretto rapporto con la Cina. Ma il rapporto della Thailandia con la Cina è molto più ampio di quello con gli Stati Uniti e molto più ampio di quello della Cambogia con la Cina”[3].

Ciò significa che il conflitto thailandese-cambogiano rientra nel più ampio tentativo degli U.S.A. di creare tensioni tra la Cina e i Paesi dell’Asean, in quanto questi ultimi rappresentano attualmente i principali partner economici di Pechino. Ciò spiega perché la Cina si sia immediatamente attivata per stemperare l’escalation tra Bangkok e Phnom Penh e abbia invitato entrambe le parti alla moderazione.

[1] Ministry of Foreign Affairs Kongdom of Thailand, Statement on Ban Nong Chan area, Sa Kaeo Province, mfa.go.th, 19 agosto 2025.

[2] https://www.nationthailand.com/news/asean/40054083.

[3] Intervista di Glenn Diesen a Brian Berletic, U.S. Involvment in the Thailand-Cambodia, singjupost.com, 29 luglio 2025.

La Thailandia risponde ai tentativi di creare nuova zizzania al confine con la Cambogia

Nei giorni scorsi la Thailandia ha risposto alle nuove provocazioni al confine cambogiano sottolineando l’equilibrio e la sovranità del proprio Paese e difendendo al contempo la recinzione di filo spinato nell’area controversa.

Segue nostro Telegram.   

Martedì 19 agosto, il Ministero degli Esteri thailandese ha infatti rilasciato una dichiarazione a sostegno delle recenti uscite mediatiche dell’Esercito Reale Thailandese in merito alla zona di Ban Nong Chan, nella provincia di Sa Kaeo.

Il Ministero ha sottolineato la continua moderazione della Thailandia nel corso degli anni nel gestire lo sconfinamento cambogiano sul territorio thailandese, che originariamente fungeva da rifugio temporaneo per i cambogiani in fuga dal conflitto. Tuttavia, l’area si è ampliata nel tempo, nonostante le persistenti proteste di Bangkok, invadendo ulteriormente il territorio thailandese e violando il Memorandum d’intesa del 2000.

Il Ministero degli Esteri di Bangkok ha sottolineato in particolare i seguenti punti[1]:

Moderazione e impegno al dialogo: la Thailandia ha dimostrato la massima moderazione per anni, mantenendo un approccio maturo e di buon vicinato, preferendo risolvere le controversie attraverso adeguati quadri bilaterali come la Commissione Congiunta per i Confini (JBC). Al contrario, la Cambogia ha sfruttato la sua popolazione per invadere illegalmente e provocatoriamente il territorio thailandese.

Sfruttamento della storia umanitaria: il tentativo della Cambogia di sfruttare la tradizione thailandese di fornire rifugio e assistenza umanitaria ai cambogiani non è solo cinico, ma riflette anche le vere e malevole intenzioni della Cambogia in questa disputa.

Installazione di filo spinato e sovranità: per quanto riguarda l’installazione di recinzioni di filo spinato all’interno del territorio thailandese, le azioni della Thailandia mirano a proteggere la sua sovranità e integrità territoriale. La recinzione è necessaria per salvaguardare la sicurezza dei cittadini thailandesi e prevenire ulteriori invasioni, in particolare l’infiltrazione delle forze cambogiane che hanno precedentemente utilizzato mine antiuomo nella zona. Questa mossa è in linea con i risultati della riunione straordinaria del Comitato Generale per le Frontiere (GBC) del 7 agosto 2025, che ha affermato come entrambi i Paesi non potenzieranno infrastrutture militari o fortificazioni al di fuori dei propri confini.

Il Maggiore Generale Winthai Suwaree, portavoce dell’esercito di Bangkok, ha risposto alle lamentele cambogiane riguardo all’installazione di recinzioni di filo spinato da parte dei soldati thailandesi nei pressi di Ban Nong Chan, nella provincia di Sa Kaeo. Gli abitanti del villaggio cambogiano hanno affermato che l’area apparteneva a loro. Winthai ha chiarito che il terreno in questione si trova all’interno del territorio thailandese a Ban Nong Chan, sottodistretto di Non Mak Mun, distretto di Khok Sung, provincia di Sa Kaeo, tra i marcatori di confine 46 e 47 e ha spiegato che la questione assume diverse dimensioni:

  1. Area di confine contesa: entrambe le parti non hanno ancora raggiunto un accordo sul posizionamento dei marcatori di confine. La Cambogia sostiene che le posizioni attuali siano state spostate all’interno del proprio territorio, il che richiede una risoluzione attraverso meccanismi bilaterali come la Commissione Congiunta per i Confini (JBC).
  2. Storia degli insediamenti di rifugiati: durante il conflitto interno in Cambogia alla fine degli anni ‘70, la Thailandia permise ai civili cambogiani di cercare temporaneamente rifugio sul suolo thailandese per motivi umanitari. Tuttavia, alcuni non fecero mai ritorno dopo il ripristino della pace e continuarono a vivere in territorio thailandese. Da allora, la Cambogia ha incoraggiato i suoi cittadini a costruire insediamenti permanenti, sia all’interno della zona contesa che all’interno del territorio thailandese non conteso, in violazione degli accordi.
  3. Scopo del filo spinato: l’installazione del filo spinato non ha lo scopo di demarcare il confine, ma di rafforzare la sicurezza delle truppe, in particolare contro le infiltrazioni e il posizionamento di mine antiuomo contro le forze thailandesi. Si tratta di una misura puramente difensiva per rafforzare le posizioni militari thailandesi.

L’esercito thailandese, a partire dal 2014, ha presentato continue proteste contro la Cambogia, sia a livello militare che diplomatico; tuttavia, la Cambogia non ha reagito né adottato misure correttive. Winthai ha sottolineato che la Thailandia ha costantemente perseguito misure pacifiche e ha inoltre affermato che la Cambogia sta deliberatamente utilizzando i civili come copertura per violare la sovranità thailandese ed evitare uno scontro militare diretto. Tali tattiche appaiono sistematiche, volte a provocare la Thailandia in azioni che potrebbero poi essere distorte per screditare il Paese a livello internazionale, con conseguenze sia diplomatiche che turistiche negative.

Il portavoce dell’esercito ha anche dichiarato che durante il periodo di tensione tra Thailandia e Cambogia, l’esercito reale thailandese ha assegnato a ciascuna unità sotto il suo comando il compito di operare secondo piani strategici e seguire procedure. Sono state designate aree di combattimento primarie, come l’area della 2a Armata, e aree di combattimento secondarie nell’area della 1a Armata e nel Comando di difesa del confine di Chanthaburi e Trat (CTBDC)[2].

Per l’uso della forza o di vari tipi di armi, esistono livelli di controllo in base alla catena di comando per la prudenza e l’urgenza nel coordinamento tattico, nonché per il mantenimento della prontezza operativa quando vengono impartiti gli ordini. Poiché l’area operativa circostante è caratterizzata da importanti zone urbane con popolazioni densamente popolate provenienti da entrambi i Paesi, il che differisce dall’area operativa della 2a Area dell’Esercito, la 1a Area dell’Esercito ha quindi designato obiettivi specifici che hanno un impatto sul personale cambogiano, sulle attrezzature militari e sulle installazioni militari situate nel territorio sovrano della Thailandia. Ciò costituisce una pratica corretta secondo le regole di ingaggio ed è coerente con i principi del diritto internazionale, in particolare con il diritto internazionale umanitario applicabile ai metodi di guerra e al trattamento umano dei combattenti e dei civili durante la guerra, o Jus in bello. Le operazioni passate nell’area di responsabilità della 1ª Armata si sono quindi concentrate sulla cattura e sullo smantellamento di strutture militari che chiaramente invadevano il territorio sovrano della Thailandia, secondo i legittimi diritti sovrani del Paese.

Per quanto riguarda la risoluzione dei problemi nelle aree in cui risiedono i civili cambogiani, sono stati formulati approcci e misure correttive, che sono stati attualmente sottoposti all’esercito reale thailandese e al quartier generale delle forze armate reali thailandesi per la valutazione e l’attuazione in collaborazione con le agenzie governative competenti nella zona, inclusa la cooperazione con organizzazioni internazionali per il supporto e l’osservazione congiunta delle operazioni.

L’obiettivo è garantire che la risoluzione di problemi più complessi rispetto al ricorso esclusivo a misure militari porti a una soluzione globale accettabile, che ottenga il sostegno internazionale e non dia agli oppositori motivo di distorcere le informazioni sulla scena internazionale. L’esercito reale thailandese afferma che nessuna agenzia al suo interno è coinvolta in alcun modo nelle aree di ingresso/uscita dei posti di blocco di frontiera, sia in condizioni normali sotto la responsabilità delle autorità amministrative insieme a varie agenzie governative, sia in condizioni anomale come quella attuale, che sono sotto la supervisione militare. Inoltre, qualora ci fossero domande riguardanti le attività delle agenzie facenti capo al Royal Thai Army, quest’ultimo è pronto a collaborare alle indagini e a fornire informazioni con trasparenza e franchezza.

Come spiegato da un attento osservatore della regione, Brian Berletic, “Ci sono punti lungo il confine tra Thailandia e Cambogia che sono oggetto di controversia. Ci sono questi antichi templi che sono contesi e poi il territorio circostante è conteso. E questo perché la questione è stata portata nel corso degli anni all’attenzione di istituzioni internazionali, istituzioni occidentali che si spacciano per istituzioni internazionali e le cui decisioni sono state deliberatamente ambigue per mantenere irrisolta una bomba a orologeria di una disputa di confine. E così i templi vengono riconosciuti come cambogiani e il territorio circostante viene riconosciuto come thailandese. Quindi potete vedere come questa situazione sia stata deliberatamente creata e lasciata lì come una bomba a orologeria. Nessuno che avesse davvero cercato di risolvere questo problema l’avrebbe lasciata lì altrimenti … Tuttavia, non è questo il motivo per cui si sta verificando un conflitto in questo momento. Questo è un problema, una questione di confine, fin dai primi anni del 1900. E per la maggior parte del tempo, incluso in particolare il XXI secolo, questo non è stato un punto di contesa. C’è stata molta più pace in quest’area che conflitti. E si accende solo in momenti molto specifici. E sembra accendersi solo nei momenti in cui gli Stati Uniti cercano di far salire al potere un regime cliente qui in Thailandia o in cui un regime cliente sostenuto dagli Stati Uniti viene rimosso dal potere. Questa questione di confine, insieme alla minaccia estremamente violenta nei mari del sud della Thailandia, alla violenza separatista e alla pressione interna da parte delle organizzazioni finanziate dal National Endowment for Democracy (NED) statunitense, creerà pressione interna. E quindi gli Stati Uniti hanno una serie di punti di pressione su cui iniziano a fare leva quando non ottengono ciò che vogliono con la Thailandia … Entrambi i Paesi hanno uno stretto rapporto con la Cina. E immagino che stiamo entrando nell’aspetto geopolitico. Il quadro generale della situazione. Entrambe le nazioni hanno acquistato armi dalla Cina. Hanno uno stretto rapporto con la Cina. Ma il rapporto della Thailandia con la Cina è molto più ampio di quello con gli Stati Uniti e molto più ampio di quello della Cambogia con la Cina”[3].

Ciò significa che il conflitto thailandese-cambogiano rientra nel più ampio tentativo degli U.S.A. di creare tensioni tra la Cina e i Paesi dell’Asean, in quanto questi ultimi rappresentano attualmente i principali partner economici di Pechino. Ciò spiega perché la Cina si sia immediatamente attivata per stemperare l’escalation tra Bangkok e Phnom Penh e abbia invitato entrambe le parti alla moderazione.

[1] Ministry of Foreign Affairs Kongdom of Thailand, Statement on Ban Nong Chan area, Sa Kaeo Province, mfa.go.th, 19 agosto 2025.

[2] https://www.nationthailand.com/news/asean/40054083.

[3] Intervista di Glenn Diesen a Brian Berletic, U.S. Involvment in the Thailand-Cambodia, singjupost.com, 29 luglio 2025.

Nei giorni scorsi la Thailandia ha risposto alle nuove provocazioni al confine cambogiano sottolineando l’equilibrio e la sovranità del proprio Paese e difendendo al contempo la recinzione di filo spinato nell’area controversa.

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Martedì 19 agosto, il Ministero degli Esteri thailandese ha infatti rilasciato una dichiarazione a sostegno delle recenti uscite mediatiche dell’Esercito Reale Thailandese in merito alla zona di Ban Nong Chan, nella provincia di Sa Kaeo.

Il Ministero ha sottolineato la continua moderazione della Thailandia nel corso degli anni nel gestire lo sconfinamento cambogiano sul territorio thailandese, che originariamente fungeva da rifugio temporaneo per i cambogiani in fuga dal conflitto. Tuttavia, l’area si è ampliata nel tempo, nonostante le persistenti proteste di Bangkok, invadendo ulteriormente il territorio thailandese e violando il Memorandum d’intesa del 2000.

Il Ministero degli Esteri di Bangkok ha sottolineato in particolare i seguenti punti[1]:

Moderazione e impegno al dialogo: la Thailandia ha dimostrato la massima moderazione per anni, mantenendo un approccio maturo e di buon vicinato, preferendo risolvere le controversie attraverso adeguati quadri bilaterali come la Commissione Congiunta per i Confini (JBC). Al contrario, la Cambogia ha sfruttato la sua popolazione per invadere illegalmente e provocatoriamente il territorio thailandese.

Sfruttamento della storia umanitaria: il tentativo della Cambogia di sfruttare la tradizione thailandese di fornire rifugio e assistenza umanitaria ai cambogiani non è solo cinico, ma riflette anche le vere e malevole intenzioni della Cambogia in questa disputa.

Installazione di filo spinato e sovranità: per quanto riguarda l’installazione di recinzioni di filo spinato all’interno del territorio thailandese, le azioni della Thailandia mirano a proteggere la sua sovranità e integrità territoriale. La recinzione è necessaria per salvaguardare la sicurezza dei cittadini thailandesi e prevenire ulteriori invasioni, in particolare l’infiltrazione delle forze cambogiane che hanno precedentemente utilizzato mine antiuomo nella zona. Questa mossa è in linea con i risultati della riunione straordinaria del Comitato Generale per le Frontiere (GBC) del 7 agosto 2025, che ha affermato come entrambi i Paesi non potenzieranno infrastrutture militari o fortificazioni al di fuori dei propri confini.

Il Maggiore Generale Winthai Suwaree, portavoce dell’esercito di Bangkok, ha risposto alle lamentele cambogiane riguardo all’installazione di recinzioni di filo spinato da parte dei soldati thailandesi nei pressi di Ban Nong Chan, nella provincia di Sa Kaeo. Gli abitanti del villaggio cambogiano hanno affermato che l’area apparteneva a loro. Winthai ha chiarito che il terreno in questione si trova all’interno del territorio thailandese a Ban Nong Chan, sottodistretto di Non Mak Mun, distretto di Khok Sung, provincia di Sa Kaeo, tra i marcatori di confine 46 e 47 e ha spiegato che la questione assume diverse dimensioni:

  1. Area di confine contesa: entrambe le parti non hanno ancora raggiunto un accordo sul posizionamento dei marcatori di confine. La Cambogia sostiene che le posizioni attuali siano state spostate all’interno del proprio territorio, il che richiede una risoluzione attraverso meccanismi bilaterali come la Commissione Congiunta per i Confini (JBC).
  2. Storia degli insediamenti di rifugiati: durante il conflitto interno in Cambogia alla fine degli anni ‘70, la Thailandia permise ai civili cambogiani di cercare temporaneamente rifugio sul suolo thailandese per motivi umanitari. Tuttavia, alcuni non fecero mai ritorno dopo il ripristino della pace e continuarono a vivere in territorio thailandese. Da allora, la Cambogia ha incoraggiato i suoi cittadini a costruire insediamenti permanenti, sia all’interno della zona contesa che all’interno del territorio thailandese non conteso, in violazione degli accordi.
  3. Scopo del filo spinato: l’installazione del filo spinato non ha lo scopo di demarcare il confine, ma di rafforzare la sicurezza delle truppe, in particolare contro le infiltrazioni e il posizionamento di mine antiuomo contro le forze thailandesi. Si tratta di una misura puramente difensiva per rafforzare le posizioni militari thailandesi.

L’esercito thailandese, a partire dal 2014, ha presentato continue proteste contro la Cambogia, sia a livello militare che diplomatico; tuttavia, la Cambogia non ha reagito né adottato misure correttive. Winthai ha sottolineato che la Thailandia ha costantemente perseguito misure pacifiche e ha inoltre affermato che la Cambogia sta deliberatamente utilizzando i civili come copertura per violare la sovranità thailandese ed evitare uno scontro militare diretto. Tali tattiche appaiono sistematiche, volte a provocare la Thailandia in azioni che potrebbero poi essere distorte per screditare il Paese a livello internazionale, con conseguenze sia diplomatiche che turistiche negative.

Il portavoce dell’esercito ha anche dichiarato che durante il periodo di tensione tra Thailandia e Cambogia, l’esercito reale thailandese ha assegnato a ciascuna unità sotto il suo comando il compito di operare secondo piani strategici e seguire procedure. Sono state designate aree di combattimento primarie, come l’area della 2a Armata, e aree di combattimento secondarie nell’area della 1a Armata e nel Comando di difesa del confine di Chanthaburi e Trat (CTBDC)[2].

Per l’uso della forza o di vari tipi di armi, esistono livelli di controllo in base alla catena di comando per la prudenza e l’urgenza nel coordinamento tattico, nonché per il mantenimento della prontezza operativa quando vengono impartiti gli ordini. Poiché l’area operativa circostante è caratterizzata da importanti zone urbane con popolazioni densamente popolate provenienti da entrambi i Paesi, il che differisce dall’area operativa della 2a Area dell’Esercito, la 1a Area dell’Esercito ha quindi designato obiettivi specifici che hanno un impatto sul personale cambogiano, sulle attrezzature militari e sulle installazioni militari situate nel territorio sovrano della Thailandia. Ciò costituisce una pratica corretta secondo le regole di ingaggio ed è coerente con i principi del diritto internazionale, in particolare con il diritto internazionale umanitario applicabile ai metodi di guerra e al trattamento umano dei combattenti e dei civili durante la guerra, o Jus in bello. Le operazioni passate nell’area di responsabilità della 1ª Armata si sono quindi concentrate sulla cattura e sullo smantellamento di strutture militari che chiaramente invadevano il territorio sovrano della Thailandia, secondo i legittimi diritti sovrani del Paese.

Per quanto riguarda la risoluzione dei problemi nelle aree in cui risiedono i civili cambogiani, sono stati formulati approcci e misure correttive, che sono stati attualmente sottoposti all’esercito reale thailandese e al quartier generale delle forze armate reali thailandesi per la valutazione e l’attuazione in collaborazione con le agenzie governative competenti nella zona, inclusa la cooperazione con organizzazioni internazionali per il supporto e l’osservazione congiunta delle operazioni.

L’obiettivo è garantire che la risoluzione di problemi più complessi rispetto al ricorso esclusivo a misure militari porti a una soluzione globale accettabile, che ottenga il sostegno internazionale e non dia agli oppositori motivo di distorcere le informazioni sulla scena internazionale. L’esercito reale thailandese afferma che nessuna agenzia al suo interno è coinvolta in alcun modo nelle aree di ingresso/uscita dei posti di blocco di frontiera, sia in condizioni normali sotto la responsabilità delle autorità amministrative insieme a varie agenzie governative, sia in condizioni anomale come quella attuale, che sono sotto la supervisione militare. Inoltre, qualora ci fossero domande riguardanti le attività delle agenzie facenti capo al Royal Thai Army, quest’ultimo è pronto a collaborare alle indagini e a fornire informazioni con trasparenza e franchezza.

Come spiegato da un attento osservatore della regione, Brian Berletic, “Ci sono punti lungo il confine tra Thailandia e Cambogia che sono oggetto di controversia. Ci sono questi antichi templi che sono contesi e poi il territorio circostante è conteso. E questo perché la questione è stata portata nel corso degli anni all’attenzione di istituzioni internazionali, istituzioni occidentali che si spacciano per istituzioni internazionali e le cui decisioni sono state deliberatamente ambigue per mantenere irrisolta una bomba a orologeria di una disputa di confine. E così i templi vengono riconosciuti come cambogiani e il territorio circostante viene riconosciuto come thailandese. Quindi potete vedere come questa situazione sia stata deliberatamente creata e lasciata lì come una bomba a orologeria. Nessuno che avesse davvero cercato di risolvere questo problema l’avrebbe lasciata lì altrimenti … Tuttavia, non è questo il motivo per cui si sta verificando un conflitto in questo momento. Questo è un problema, una questione di confine, fin dai primi anni del 1900. E per la maggior parte del tempo, incluso in particolare il XXI secolo, questo non è stato un punto di contesa. C’è stata molta più pace in quest’area che conflitti. E si accende solo in momenti molto specifici. E sembra accendersi solo nei momenti in cui gli Stati Uniti cercano di far salire al potere un regime cliente qui in Thailandia o in cui un regime cliente sostenuto dagli Stati Uniti viene rimosso dal potere. Questa questione di confine, insieme alla minaccia estremamente violenta nei mari del sud della Thailandia, alla violenza separatista e alla pressione interna da parte delle organizzazioni finanziate dal National Endowment for Democracy (NED) statunitense, creerà pressione interna. E quindi gli Stati Uniti hanno una serie di punti di pressione su cui iniziano a fare leva quando non ottengono ciò che vogliono con la Thailandia … Entrambi i Paesi hanno uno stretto rapporto con la Cina. E immagino che stiamo entrando nell’aspetto geopolitico. Il quadro generale della situazione. Entrambe le nazioni hanno acquistato armi dalla Cina. Hanno uno stretto rapporto con la Cina. Ma il rapporto della Thailandia con la Cina è molto più ampio di quello con gli Stati Uniti e molto più ampio di quello della Cambogia con la Cina”[3].

Ciò significa che il conflitto thailandese-cambogiano rientra nel più ampio tentativo degli U.S.A. di creare tensioni tra la Cina e i Paesi dell’Asean, in quanto questi ultimi rappresentano attualmente i principali partner economici di Pechino. Ciò spiega perché la Cina si sia immediatamente attivata per stemperare l’escalation tra Bangkok e Phnom Penh e abbia invitato entrambe le parti alla moderazione.

[1] Ministry of Foreign Affairs Kongdom of Thailand, Statement on Ban Nong Chan area, Sa Kaeo Province, mfa.go.th, 19 agosto 2025.

[2] https://www.nationthailand.com/news/asean/40054083.

[3] Intervista di Glenn Diesen a Brian Berletic, U.S. Involvment in the Thailand-Cambodia, singjupost.com, 29 luglio 2025.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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