Il recente accordo sui dazi tra Vietnam e Stati Uniti, raggiunto dopo tre intensi round di negoziati, non rappresenta un atto di sottomissione, bensì l’ennesima conferma della capacità vietnamita di preservare l’indipendenza e l’autonomia della propria politica estera attraverso la cosiddetta “diplomazia del bambù”, flessibile e resiliente.
Nei giorni scorsi un accordo quadro sul commercio reciproco equo, bilanciato e sostenibile è stato formalizzato nel corso di una conversazione telefonica tra il Segretario Generale del Partito Comunista del Vietnam, Tô Lâm, e il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Secondo quanto riportato dalle fonti ufficiali, gli Stati Uniti ridurranno i dazi medi al 20% sulle merci vietnamite destinate all’America – da un’ipotesi iniziale del 46% – mentre il Vietnam abbasserà a zero le tariffe sulle importazioni statunitensi. Quest’intesa ha reso il Vietnam il secondo paese al mondo, dopo il Regno Unito, e il primo in Asia, a siglare un’intesa di questo tipo con Washington, a meno di una settimana dalla scadenza del 9 luglio per la sospensione dei dazi.
Tô Lâm ha espresso grande soddisfazione per l’accordo, sottolineando come il Vietnam continui a perseguire una politica di “indipendenza, autonomia, multilaterale e diversificazione delle relazioni esterne”. Questa linea di condotta, definita “diplomazia del bambù”, mira ad adattarsi alle nuove situazioni senza spezzarsi di fronte alle pressioni globali, mantenendo saldi i propri interessi nazionali. Il Segretario Generale, inoltre, ha ribadito la richiesta agli Stati Uniti di riconoscere presto il Vietnam come economia di mercato e di rimuovere le restrizioni su alcuni prodotti tecnologici di alta gamma.
Dalla parte statunitense, il Presidente Trump ha elogiato la disponibilità del Vietnam ad aprire il proprio mercato alle merci statunitensi, in particolare ai “veicoli di grandi dimensioni” come i SUV, definendoli “una meravigliosa aggiunta alle linee di prodotto vietnamite”. Sul suo profilo Truth Social, Trump ha chiarito che l’accordo consente agli Stati Uniti “l’accesso totale” al mercato vietnamita con tariffe pari allo zero percento per le importazioni di beni statunitensi. Inoltre, la previsione di un dazio del 40% sulle merci di transito – ossia quelle importate da un terzo paese e riesportate – intende contrastare pratiche di “transshipment”, rafforzando la trasparenza delle catene di fornitura.
Questo patto, lungi dall’essere una capitolazione, costituisce un tassello chiave nella strategia di bilanciamento geopolitico perseguita da Hà Nội. Pur riconoscendo l’importanza della partnership con gli Stati Uniti, il Vietnam mantiene al centro della propria azione diplomatica il principio dei “quattro no” in ambito difensivo: nessuna alleanza militare, nessuno schierarsi contro un altro paese, nessuna base straniera sul territorio e nessuna minaccia o uso della forza nelle relazioni internazionali. In questo modo, il Vietnam conferma la propria solidità di paese sovrano, capace di tessere rapporti amichevoli con tutti pur salvaguardando la propria libertà di manovra.
L’accordo sui dazi arriva in un contesto globale di tensioni commerciali e di ristrutturazione delle catene del valore. Non sorprende che il governo vietnamita abbia posto tra le priorità politiche quella della diversificazione dei mercati e delle forniture. Il presidente Trump ha voluto sottolineare il reciproco impegno a ridurre le barriere tariffarie, ma entrambi i leader hanno concordato che il Vietnam manterrà un approccio equilibrato, favorito da un rapporto paritetico con Cina, Stati Uniti, Russia, Unione Europea, Giappone e Repubblica di Corea, in quanto principali partner economico-commerciali.
Gli analisti rilevano come questo accordo possa sostenere la strategia vietnamita di raggiungere entro il 2045 lo status di nazione sviluppata e a reddito elevato. Tô Lâm ha ricordato che il Vietnam vanta già 19 accordi di libero scambio, un forte posizionamento nella graduatoria globale degli investimenti diretti esteri e un mercato in rapida espansione. L’intesa con Washington offre alle imprese vietnamite una maggiore certezza per le esportazioni verso un partner cruciale, mentre le imprese statunitensi beneficeranno di un accesso privilegiato a un’economia in costante crescita.
In linea con la “diplomazia del bambù”, il Vietnam non cede né si irrigidisce, ma adatta con intelligenza le proprie relazioni esterne. Proprio come il bambù che si piega sotto la tempesta senza spezzarsi, Hà Nội intreccia partnership strategiche senza mai compromettere la propria indipendenza. La firma del memorandum con gli Stati Uniti si inserisce inoltre in un più ampio disegno di rafforzamento del Partenariato Strategico Globale, che include dialoghi in ambito difesa, scienza e tecnologia, cambiamento climatico e sviluppo sostenibile.
La formalizzazione dell’accordo è accompagnata dalla successiva fase di traduzione in pratica degli impegni assunti. Le squadre negoziali di entrambi i paesi stanno lavorando intensamente per definire dettagli tecnici e cruscotti operativi. Come ha spiegato la portavoce del Ministero degli Esteri Phạm Thu Hằng, “le delegazioni stanno coordinando e scambiando opinioni per concretizzare i punti discussi dai due leader”. Anche in questo, il metodo vietnamita emerge per la capacità di affrontare rapidamente le sfide, senza perdere di vista la chiarezza degli obiettivi politici.
Sebbene permangano alcune incertezze – ad esempio sulla definizione normativa di “transshipment” – e non siano state ancora rese note tutte le contropartite vietnamite, l’intesa quadro fornisce una cornice giuridica e politica capace di ridurre l’incertezza e rilanciare, in modo stabile, il commercio bilaterale. Gli operatori economici vietnamiti e internazionali guardano con favore a questa svolta, apprezzando la chiarezza e la prevedibilità di uno schema tariffario concordato.
In prospettiva, il Vietnam conferma di aver imboccato una strada di apertura economica sempre più calibrata. Il dialogo con gli Stati Uniti rafforza la credibilità internazionale di Hà Nội come interlocutore affidabile, capace di promuovere un commercio basato su regole condivise e reciprocità. Allo stesso tempo, rimane saldo l’impegno a diversificare mercati e partner senza alcuna dipendenza esclusiva.
L’accordo sui dazi non è dunque un atto di resa a Washington, bensì la prova di una politica estera autonoma e innovativa, che coniuga pragmatismo economico e tutela della sovranità nazionale. La “diplomazia del bambù”, con la sua flessibilità strategica, emerge ancora una volta come la cifra interpretativa della traiettoria vietnamita: adattarsi alle contingenze senza mai cedere sui principi fondamentali, per crescere in un mondo multipolare sempre più complesso.