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June 30, 2025
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Dario RIVOLTA

L’Europa può vivere senza gli Stati Uniti?

Segue nostro Telegram.

Nella politica internazionale i rapporti amichevoli tra leader giocano sempre un qualche ruolo positivo ma, al momento del dunque, ciò che rimane è soltanto l’interesse del Paese che si rappresenta. Di là dalle dichiarazioni di prammatica, di là dai sentimenti espressi, siano essi sinceri o di pura cortesia o perfino bugiardi, di là dalle conferenze stampa congiunte o dagli editoriali di giornalisti compiacenti o nemici, tutte le potenze mondiali metteranno al primo posto i loro interessi e, se necessario, sacrificheranno gli interessi dei loro alleati. D’altra parte non molto tempo fa ci fu un cancelliere tedesco che disse: “I trattati sono solo dei pezzi di carta (chiffons de papier)”. Questa realtà non va mai dimenticata se si vogliono esprimere giudizi sugli avvenimenti mondiali e quando un politico deve prendere decisioni. Il comportamento di Trump verso gli altri leader mondiali non sfugge a questo schema: le sue azioni e ciò che fa rientrano in quello che lui crede essere l’interesse degli Stati Uniti e solo il loro. È quindi inutile criticarlo e sarebbe molto meglio prenderne atto e reagire usando le sue stesse armi. Inoltre non è affatto detto che riesca a ottenere i risultati cui aspira e anzi, potrebbe addirittura raggiungere il risultato opposto danneggiando irrimediabilmente il benessere dei suoi concittadini. Chi, purtroppo, ha già nuociuto agli interessi dei propri governati sono i capi di Stato europei che hanno deciso di assecondare le strategie statunitensi contro la Russia sacrificando i nostri stessi interessi per assecondare quelli americani, con la speranza che il servilismo politico potesse essere ripagato. Al contrario basterebbe conoscere un po’ di storia politica per vedere che, da sempre e in modo ancora più evidente dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la politica dei nostri alleati storici ha mirato ad impedire che potesse realizzarsi un vero riavvicinamento economico tra Mosca e l’Europa. Dal punto di vista di Washington tale intesa avrebbe consentito agli europei di avere un maggiore accesso alle materie prime russe, di approfittare di un grande mercato in via di sviluppo e di non sentire più l’esigenza della “protezione” americana contro quello che fu un sicuro nemico per tutta la guerra fredda. Inoltre i grandi gruppi finanziari ed economici d’oltreoceano puntavano ad impadronirsi delle ricchezze offerte dall’immenso territorio della Federazione Russa, magari approfittando di una eventuale disgregazione di quello Stato in tante piccole e politicamente insignificanti repubbliche. In altre parole, occorreva garantire la supremazia americana nel mondo e l’avvicinamento dell’Europa alla Russia rappresentava per gli USA il pericolo che si costituisse un nuovo potente concorrente politico ed economico sulla scena mondiale. Dopo la semi-anarchia politica dell’era Eltsin i vertici europei si dimostrarono incapaci di cogliere le grandi novità geopolitiche che si aprivano con l’ascesa alla presidenza di Putin (solo Berlusconi lo capì) e rimasero inconsapevoli vittime e complici di tre fattori che ci hanno portato alle circostanze odierne: l’eredità non ragionata di una alleanza un tempo utile ma ora sempre meno necessaria, il desiderio di vendetta di alcuni Paesi già nel Patto di Varsavia e le loro patologie storicamente comprensibili (vedi Polonia e Baltici), la onnipresente e pervasiva lobby politica e spionistica americana.

Il risultato ottenuto da questa politica è che oggi ci troviamo con un costo dell’energia quadruplicato, una crisi economica che avanza, soldi gettati nella voragine ucraina e la assurda prospettiva di doverci assorbire i costi enormi di un dopoguerra in quel Paese (magari addirittura assorbendolo nell’Unione), mentre i profitti saranno principalmente destinati proprio agli USA. Nonostante questo scenario, i soloni di Bruxelles e della NATO avrebbero deciso di dirottare i fondi necessari per affrontare la crisi economica e garantire lo stato sociale verso un enorme investimento a favore delle industrie belliche che, per ovvietà pratica (vedi compatibilità NATO), non potranno che principalmente essere americane.

Come tutto ciò non bastasse, con Trump Washington ha gettato la maschera e sta pensando di organizzare una nuova Yalta dove noi non saremo nemmeno invitati al tavolo. Al nostro posto si sederanno dapprima la Russia e poi, probabilmente, anche la Cina. In barba ai trattati alle consuetudini e alla globalizzazione voluta proprio dagli americani, Trump pretende anche che noi si continui a “servirli”, ma senza più nemmeno la contropartita di poter noi godere di qualche surplus commerciale.

Purtroppo, non sono più vivi i Talleyrand, i Metternich, i Bismarck. i De Gaulle, i Brandt e sembra che più nessuno a Bruxelles e nelle nostre capitali abbia la capacità e il coraggio di guardare di là del proprio naso e pensare in termini strategici. È ben chiaro a chi scrive che in politica (e soprattutto in politica internazionale) occorre evitare i colpi di testa e ogni mossa deve essere intrapresa con cautela (ma Trump non lo sa?) e che ogni possibile nuova strategia vada sondata e resa palese solo dopo averne accertata la fattibilità e le sue conseguenze. Tuttavia, poiché proprio gli americani vogliono scaricare sulle nostre spalle solo i costi e toglierci anche i profitti che incassavamo fino ad ora, sarebbe bene che chi di dovere cominci a pensare alle alternative praticabili guardando al medio e lungo termine.

Innanzitutto togliamoci dai piedi le stupide idiozie propagandistiche che i media e i nostri politici attuali continuano a ripeterci. Dapprima hanno cercato di spiegarci che con le sanzioni cominciate nel 2008, incrementate nel 2014, aumentate ancora nel 2022 e continuate ad estendersi fino ad oggi, la Russia sarebbe stata messa in ginocchio e ci avrebbe supplicato di perdonarla. Evidentemente si sono sbagliati, visto che l’economia russa non è mai stata buona e viva come oggi. In seguito ci hanno detto che aveva finito le armi ma, inspiegabilmente, missili e droni contro l’Ucraina non fanno che moltiplicarsi. Ora giornalisti servili e pseudo-analisti vogliono convincerci che a Mosca si preparino per invadere il resto d’Europa dopo aver sconfitta l’Ucraina. Chi lo sostiene non si rende nemmeno conto dell’assurdità di tali affermazioni oppure è in netta malafede. Tutti vediamo le difficoltà sul campo che i russi hanno incontrato dopo tre anni di guerra contro un Paese di 35 milioni di abitanti e con un PIL di 190 miliardi di dollari circa (2024). Ebbene, l’Unione Europea e la Gran Bretagna insieme vantano una popolazione di più di 500 milioni e un Pil di più di 24 trilioni di dollari (per inciso, i russi sono circa 130 milioni e il loro Pil è stimato attorno ai 2 trilioni di dollari), senza contare che è tuttora in vigore l’art. 5 dell’Accordo Transatlantico. Crediamo davvero che i russi siano dei pazzi irresponsabili? O non sono piuttosto dei bugiardi in malafede quelli che vogliono convincerci che esista per l’Europa un “pericolo russo”?

Detto ciò e affermando senza ombra di dubbio che tale “pericolo” sia solo pura propaganda per giustificare (nel migliore dei casi) l’aumento delle spese verso le industrie belliche, cominciamo a pensare davvero a quali siano i nostri veri interessi e partiamo dalla costatazione che la Russia non ha alcun motivo nel XXI secolo di considerarci rivali strategici.

Al contrario, sin che le è stato possibile, ha sempre cercato di avere rapporti ottimali con tutti noi. Il suo rivale strategico reale è quello che attualmente è il suo alleato indispensabile: la Cina. È con la Cina che ha da sempre una rivalità oggettiva nel centro-Asia, è con lei che ha da secoli problemi di confine, è con la cultura cinese che ha molti meno rapporti che con quella del resto d’Europa. Se dipendesse solo da Mosca, indipendentemente dalla propaganda di questo periodo di conflitto e da ciò che pochi sparuti intellettuali slavofili hanno scritto ogni tanto, i rapporti con le capitali europee sarebbero economici, culturali e anche politici. E lo stesso, reciprocamente, vale per noi: ci farebbe comodo una immensa riserva di materie prime a buon prezzo, un mercato che ha ampi margini di fronte a sé e necessita di capitali freschi e di know how. Inoltre sarebbe per noi un modo per tornare ad essere protagonisti su una dimensione mondiale, cosa che abbiamo perduto da tempo. E l’Ucraina? Se i nostri politici avessero avuto più sale in zucca e meno servilismo nel seguire interessi altrui e se gli oligarchi e i politici corrotti di quel Paese fossero stati un po’ meno delinquenziali un’Ucraina neutrale e indipendente avrebbe potuto prosperare proprio come ponte economico tra la Russia, cui era economicamente legata, e l’Europa.

Forse è fin troppo tardi ma, se l’Europa oggi aprisse a oneste, e necessariamente riservate, negoziazioni dirette con Mosca nuovi scenari si potrebbero aprire e, se la strada si rivelasse percorribile, in tanti avremmo da guadagnarci. Purtroppo con l’Europa che ci troviamo e gli pseudo-leader oggi disponibili a Bruxelles è praticamente impossibile immaginare che le cose cambino da come si sono messe. È solo partendo con iniziative individuali da parte di qualche governo nazionale che si dovrebbero esplorare le nuove strade. D’altra parte se Trump lo sta facendo, perché noi non dovremmo sentirci autorizzati a farlo? Non si creda che chi scrive stia peccando di ingenuità: nessuno si nasconde che quando si gioca su più tavoli e si hanno più interlocutori contemporaneamente chiunque potrebbe fare il doppio gioco e usare gli uni contro gli altri per il proprio beneficio. Non è ciò che si fa negli affari ed esattamente quello che sta facendo Trump? Occorre, comunque, essere lungimiranti e realisti e considerare tutte le convenienze, anche a costo di pensare l’impensabile: a Mosca conviene di più avere rapporti ottimali con Pechino o con l’Europa? Per noi è davvero assurdo immaginare di avere qualche autonomia o dobbiamo sempre servire interessi americani? E anche volendo salvaguardare il nostro rapporto con gli USA, è un bene nemmeno fingere di metterlo in discussione e accettare solo ordini da oltreoceano oppure alzare la cresta potrebbe farci rispettare un poco di più? Come reagirebbe Washington se noi unilateralmente annunciassimo di voler disdire il nostro rapporto con la NATO e aprissimo a Mosca? Se temesse che noi si faccia sul serio, continuerebbe a minacciarci con la stessa supponenza? E già che ci siamo, invece di leccargli gli stivali (o peggio ancora, come Trump disse che avremmo fatto) e visto che la Cina affaccia sul Pacifico e non sul Mediterraneo perché non fargli sapere che noi vorremmo cominciare a negoziare con Pechino e senza pre-condizioni?

Si badi bene: non si possono negligere i grandi interessi economici e finanziari che ci legano agli Stati Uniti né il fatto che l’Europa attuale è un ridicolo coacervo politico senza volontà. Tuttavia, poiché il mondo non è più quello né della guerra fredda né quello unipolare del dopo URSS, politici intelligenti dovrebbero cominciare a vagliare tutte le alternative nell’interesse dei nostri paesi. Di sicuro non, come fanno Macron, Starmer e la Germania di Merz, che minacciano di continuare da soli la guerra con l’Ucraina al solo scopo di poter avere uno sgabellino al possibile tavolo delle trattative di pace.

Utopie? Fantasie irrealizzabili? Forse. Ma se da noi ci fossero stati diplomatici e politici con una visione strategica non ci avrebbero trascinati verso una situazione come quella odierna che potrebbe diventare molto pericolosa per la pace mondiale e non soltanto per il nostro benessere economico.

Articolo originale Notizie Geopolitiche

Il vizio europeo del servilismo a scapito dei propri interessi

Dario RIVOLTA

L’Europa può vivere senza gli Stati Uniti?

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Nella politica internazionale i rapporti amichevoli tra leader giocano sempre un qualche ruolo positivo ma, al momento del dunque, ciò che rimane è soltanto l’interesse del Paese che si rappresenta. Di là dalle dichiarazioni di prammatica, di là dai sentimenti espressi, siano essi sinceri o di pura cortesia o perfino bugiardi, di là dalle conferenze stampa congiunte o dagli editoriali di giornalisti compiacenti o nemici, tutte le potenze mondiali metteranno al primo posto i loro interessi e, se necessario, sacrificheranno gli interessi dei loro alleati. D’altra parte non molto tempo fa ci fu un cancelliere tedesco che disse: “I trattati sono solo dei pezzi di carta (chiffons de papier)”. Questa realtà non va mai dimenticata se si vogliono esprimere giudizi sugli avvenimenti mondiali e quando un politico deve prendere decisioni. Il comportamento di Trump verso gli altri leader mondiali non sfugge a questo schema: le sue azioni e ciò che fa rientrano in quello che lui crede essere l’interesse degli Stati Uniti e solo il loro. È quindi inutile criticarlo e sarebbe molto meglio prenderne atto e reagire usando le sue stesse armi. Inoltre non è affatto detto che riesca a ottenere i risultati cui aspira e anzi, potrebbe addirittura raggiungere il risultato opposto danneggiando irrimediabilmente il benessere dei suoi concittadini. Chi, purtroppo, ha già nuociuto agli interessi dei propri governati sono i capi di Stato europei che hanno deciso di assecondare le strategie statunitensi contro la Russia sacrificando i nostri stessi interessi per assecondare quelli americani, con la speranza che il servilismo politico potesse essere ripagato. Al contrario basterebbe conoscere un po’ di storia politica per vedere che, da sempre e in modo ancora più evidente dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la politica dei nostri alleati storici ha mirato ad impedire che potesse realizzarsi un vero riavvicinamento economico tra Mosca e l’Europa. Dal punto di vista di Washington tale intesa avrebbe consentito agli europei di avere un maggiore accesso alle materie prime russe, di approfittare di un grande mercato in via di sviluppo e di non sentire più l’esigenza della “protezione” americana contro quello che fu un sicuro nemico per tutta la guerra fredda. Inoltre i grandi gruppi finanziari ed economici d’oltreoceano puntavano ad impadronirsi delle ricchezze offerte dall’immenso territorio della Federazione Russa, magari approfittando di una eventuale disgregazione di quello Stato in tante piccole e politicamente insignificanti repubbliche. In altre parole, occorreva garantire la supremazia americana nel mondo e l’avvicinamento dell’Europa alla Russia rappresentava per gli USA il pericolo che si costituisse un nuovo potente concorrente politico ed economico sulla scena mondiale. Dopo la semi-anarchia politica dell’era Eltsin i vertici europei si dimostrarono incapaci di cogliere le grandi novità geopolitiche che si aprivano con l’ascesa alla presidenza di Putin (solo Berlusconi lo capì) e rimasero inconsapevoli vittime e complici di tre fattori che ci hanno portato alle circostanze odierne: l’eredità non ragionata di una alleanza un tempo utile ma ora sempre meno necessaria, il desiderio di vendetta di alcuni Paesi già nel Patto di Varsavia e le loro patologie storicamente comprensibili (vedi Polonia e Baltici), la onnipresente e pervasiva lobby politica e spionistica americana.

Il risultato ottenuto da questa politica è che oggi ci troviamo con un costo dell’energia quadruplicato, una crisi economica che avanza, soldi gettati nella voragine ucraina e la assurda prospettiva di doverci assorbire i costi enormi di un dopoguerra in quel Paese (magari addirittura assorbendolo nell’Unione), mentre i profitti saranno principalmente destinati proprio agli USA. Nonostante questo scenario, i soloni di Bruxelles e della NATO avrebbero deciso di dirottare i fondi necessari per affrontare la crisi economica e garantire lo stato sociale verso un enorme investimento a favore delle industrie belliche che, per ovvietà pratica (vedi compatibilità NATO), non potranno che principalmente essere americane.

Come tutto ciò non bastasse, con Trump Washington ha gettato la maschera e sta pensando di organizzare una nuova Yalta dove noi non saremo nemmeno invitati al tavolo. Al nostro posto si sederanno dapprima la Russia e poi, probabilmente, anche la Cina. In barba ai trattati alle consuetudini e alla globalizzazione voluta proprio dagli americani, Trump pretende anche che noi si continui a “servirli”, ma senza più nemmeno la contropartita di poter noi godere di qualche surplus commerciale.

Purtroppo, non sono più vivi i Talleyrand, i Metternich, i Bismarck. i De Gaulle, i Brandt e sembra che più nessuno a Bruxelles e nelle nostre capitali abbia la capacità e il coraggio di guardare di là del proprio naso e pensare in termini strategici. È ben chiaro a chi scrive che in politica (e soprattutto in politica internazionale) occorre evitare i colpi di testa e ogni mossa deve essere intrapresa con cautela (ma Trump non lo sa?) e che ogni possibile nuova strategia vada sondata e resa palese solo dopo averne accertata la fattibilità e le sue conseguenze. Tuttavia, poiché proprio gli americani vogliono scaricare sulle nostre spalle solo i costi e toglierci anche i profitti che incassavamo fino ad ora, sarebbe bene che chi di dovere cominci a pensare alle alternative praticabili guardando al medio e lungo termine.

Innanzitutto togliamoci dai piedi le stupide idiozie propagandistiche che i media e i nostri politici attuali continuano a ripeterci. Dapprima hanno cercato di spiegarci che con le sanzioni cominciate nel 2008, incrementate nel 2014, aumentate ancora nel 2022 e continuate ad estendersi fino ad oggi, la Russia sarebbe stata messa in ginocchio e ci avrebbe supplicato di perdonarla. Evidentemente si sono sbagliati, visto che l’economia russa non è mai stata buona e viva come oggi. In seguito ci hanno detto che aveva finito le armi ma, inspiegabilmente, missili e droni contro l’Ucraina non fanno che moltiplicarsi. Ora giornalisti servili e pseudo-analisti vogliono convincerci che a Mosca si preparino per invadere il resto d’Europa dopo aver sconfitta l’Ucraina. Chi lo sostiene non si rende nemmeno conto dell’assurdità di tali affermazioni oppure è in netta malafede. Tutti vediamo le difficoltà sul campo che i russi hanno incontrato dopo tre anni di guerra contro un Paese di 35 milioni di abitanti e con un PIL di 190 miliardi di dollari circa (2024). Ebbene, l’Unione Europea e la Gran Bretagna insieme vantano una popolazione di più di 500 milioni e un Pil di più di 24 trilioni di dollari (per inciso, i russi sono circa 130 milioni e il loro Pil è stimato attorno ai 2 trilioni di dollari), senza contare che è tuttora in vigore l’art. 5 dell’Accordo Transatlantico. Crediamo davvero che i russi siano dei pazzi irresponsabili? O non sono piuttosto dei bugiardi in malafede quelli che vogliono convincerci che esista per l’Europa un “pericolo russo”?

Detto ciò e affermando senza ombra di dubbio che tale “pericolo” sia solo pura propaganda per giustificare (nel migliore dei casi) l’aumento delle spese verso le industrie belliche, cominciamo a pensare davvero a quali siano i nostri veri interessi e partiamo dalla costatazione che la Russia non ha alcun motivo nel XXI secolo di considerarci rivali strategici.

Al contrario, sin che le è stato possibile, ha sempre cercato di avere rapporti ottimali con tutti noi. Il suo rivale strategico reale è quello che attualmente è il suo alleato indispensabile: la Cina. È con la Cina che ha da sempre una rivalità oggettiva nel centro-Asia, è con lei che ha da secoli problemi di confine, è con la cultura cinese che ha molti meno rapporti che con quella del resto d’Europa. Se dipendesse solo da Mosca, indipendentemente dalla propaganda di questo periodo di conflitto e da ciò che pochi sparuti intellettuali slavofili hanno scritto ogni tanto, i rapporti con le capitali europee sarebbero economici, culturali e anche politici. E lo stesso, reciprocamente, vale per noi: ci farebbe comodo una immensa riserva di materie prime a buon prezzo, un mercato che ha ampi margini di fronte a sé e necessita di capitali freschi e di know how. Inoltre sarebbe per noi un modo per tornare ad essere protagonisti su una dimensione mondiale, cosa che abbiamo perduto da tempo. E l’Ucraina? Se i nostri politici avessero avuto più sale in zucca e meno servilismo nel seguire interessi altrui e se gli oligarchi e i politici corrotti di quel Paese fossero stati un po’ meno delinquenziali un’Ucraina neutrale e indipendente avrebbe potuto prosperare proprio come ponte economico tra la Russia, cui era economicamente legata, e l’Europa.

Forse è fin troppo tardi ma, se l’Europa oggi aprisse a oneste, e necessariamente riservate, negoziazioni dirette con Mosca nuovi scenari si potrebbero aprire e, se la strada si rivelasse percorribile, in tanti avremmo da guadagnarci. Purtroppo con l’Europa che ci troviamo e gli pseudo-leader oggi disponibili a Bruxelles è praticamente impossibile immaginare che le cose cambino da come si sono messe. È solo partendo con iniziative individuali da parte di qualche governo nazionale che si dovrebbero esplorare le nuove strade. D’altra parte se Trump lo sta facendo, perché noi non dovremmo sentirci autorizzati a farlo? Non si creda che chi scrive stia peccando di ingenuità: nessuno si nasconde che quando si gioca su più tavoli e si hanno più interlocutori contemporaneamente chiunque potrebbe fare il doppio gioco e usare gli uni contro gli altri per il proprio beneficio. Non è ciò che si fa negli affari ed esattamente quello che sta facendo Trump? Occorre, comunque, essere lungimiranti e realisti e considerare tutte le convenienze, anche a costo di pensare l’impensabile: a Mosca conviene di più avere rapporti ottimali con Pechino o con l’Europa? Per noi è davvero assurdo immaginare di avere qualche autonomia o dobbiamo sempre servire interessi americani? E anche volendo salvaguardare il nostro rapporto con gli USA, è un bene nemmeno fingere di metterlo in discussione e accettare solo ordini da oltreoceano oppure alzare la cresta potrebbe farci rispettare un poco di più? Come reagirebbe Washington se noi unilateralmente annunciassimo di voler disdire il nostro rapporto con la NATO e aprissimo a Mosca? Se temesse che noi si faccia sul serio, continuerebbe a minacciarci con la stessa supponenza? E già che ci siamo, invece di leccargli gli stivali (o peggio ancora, come Trump disse che avremmo fatto) e visto che la Cina affaccia sul Pacifico e non sul Mediterraneo perché non fargli sapere che noi vorremmo cominciare a negoziare con Pechino e senza pre-condizioni?

Si badi bene: non si possono negligere i grandi interessi economici e finanziari che ci legano agli Stati Uniti né il fatto che l’Europa attuale è un ridicolo coacervo politico senza volontà. Tuttavia, poiché il mondo non è più quello né della guerra fredda né quello unipolare del dopo URSS, politici intelligenti dovrebbero cominciare a vagliare tutte le alternative nell’interesse dei nostri paesi. Di sicuro non, come fanno Macron, Starmer e la Germania di Merz, che minacciano di continuare da soli la guerra con l’Ucraina al solo scopo di poter avere uno sgabellino al possibile tavolo delle trattative di pace.

Utopie? Fantasie irrealizzabili? Forse. Ma se da noi ci fossero stati diplomatici e politici con una visione strategica non ci avrebbero trascinati verso una situazione come quella odierna che potrebbe diventare molto pericolosa per la pace mondiale e non soltanto per il nostro benessere economico.

Articolo originale Notizie Geopolitiche

Dario RIVOLTA

L’Europa può vivere senza gli Stati Uniti?

Segue nostro Telegram.

Nella politica internazionale i rapporti amichevoli tra leader giocano sempre un qualche ruolo positivo ma, al momento del dunque, ciò che rimane è soltanto l’interesse del Paese che si rappresenta. Di là dalle dichiarazioni di prammatica, di là dai sentimenti espressi, siano essi sinceri o di pura cortesia o perfino bugiardi, di là dalle conferenze stampa congiunte o dagli editoriali di giornalisti compiacenti o nemici, tutte le potenze mondiali metteranno al primo posto i loro interessi e, se necessario, sacrificheranno gli interessi dei loro alleati. D’altra parte non molto tempo fa ci fu un cancelliere tedesco che disse: “I trattati sono solo dei pezzi di carta (chiffons de papier)”. Questa realtà non va mai dimenticata se si vogliono esprimere giudizi sugli avvenimenti mondiali e quando un politico deve prendere decisioni. Il comportamento di Trump verso gli altri leader mondiali non sfugge a questo schema: le sue azioni e ciò che fa rientrano in quello che lui crede essere l’interesse degli Stati Uniti e solo il loro. È quindi inutile criticarlo e sarebbe molto meglio prenderne atto e reagire usando le sue stesse armi. Inoltre non è affatto detto che riesca a ottenere i risultati cui aspira e anzi, potrebbe addirittura raggiungere il risultato opposto danneggiando irrimediabilmente il benessere dei suoi concittadini. Chi, purtroppo, ha già nuociuto agli interessi dei propri governati sono i capi di Stato europei che hanno deciso di assecondare le strategie statunitensi contro la Russia sacrificando i nostri stessi interessi per assecondare quelli americani, con la speranza che il servilismo politico potesse essere ripagato. Al contrario basterebbe conoscere un po’ di storia politica per vedere che, da sempre e in modo ancora più evidente dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la politica dei nostri alleati storici ha mirato ad impedire che potesse realizzarsi un vero riavvicinamento economico tra Mosca e l’Europa. Dal punto di vista di Washington tale intesa avrebbe consentito agli europei di avere un maggiore accesso alle materie prime russe, di approfittare di un grande mercato in via di sviluppo e di non sentire più l’esigenza della “protezione” americana contro quello che fu un sicuro nemico per tutta la guerra fredda. Inoltre i grandi gruppi finanziari ed economici d’oltreoceano puntavano ad impadronirsi delle ricchezze offerte dall’immenso territorio della Federazione Russa, magari approfittando di una eventuale disgregazione di quello Stato in tante piccole e politicamente insignificanti repubbliche. In altre parole, occorreva garantire la supremazia americana nel mondo e l’avvicinamento dell’Europa alla Russia rappresentava per gli USA il pericolo che si costituisse un nuovo potente concorrente politico ed economico sulla scena mondiale. Dopo la semi-anarchia politica dell’era Eltsin i vertici europei si dimostrarono incapaci di cogliere le grandi novità geopolitiche che si aprivano con l’ascesa alla presidenza di Putin (solo Berlusconi lo capì) e rimasero inconsapevoli vittime e complici di tre fattori che ci hanno portato alle circostanze odierne: l’eredità non ragionata di una alleanza un tempo utile ma ora sempre meno necessaria, il desiderio di vendetta di alcuni Paesi già nel Patto di Varsavia e le loro patologie storicamente comprensibili (vedi Polonia e Baltici), la onnipresente e pervasiva lobby politica e spionistica americana.

Il risultato ottenuto da questa politica è che oggi ci troviamo con un costo dell’energia quadruplicato, una crisi economica che avanza, soldi gettati nella voragine ucraina e la assurda prospettiva di doverci assorbire i costi enormi di un dopoguerra in quel Paese (magari addirittura assorbendolo nell’Unione), mentre i profitti saranno principalmente destinati proprio agli USA. Nonostante questo scenario, i soloni di Bruxelles e della NATO avrebbero deciso di dirottare i fondi necessari per affrontare la crisi economica e garantire lo stato sociale verso un enorme investimento a favore delle industrie belliche che, per ovvietà pratica (vedi compatibilità NATO), non potranno che principalmente essere americane.

Come tutto ciò non bastasse, con Trump Washington ha gettato la maschera e sta pensando di organizzare una nuova Yalta dove noi non saremo nemmeno invitati al tavolo. Al nostro posto si sederanno dapprima la Russia e poi, probabilmente, anche la Cina. In barba ai trattati alle consuetudini e alla globalizzazione voluta proprio dagli americani, Trump pretende anche che noi si continui a “servirli”, ma senza più nemmeno la contropartita di poter noi godere di qualche surplus commerciale.

Purtroppo, non sono più vivi i Talleyrand, i Metternich, i Bismarck. i De Gaulle, i Brandt e sembra che più nessuno a Bruxelles e nelle nostre capitali abbia la capacità e il coraggio di guardare di là del proprio naso e pensare in termini strategici. È ben chiaro a chi scrive che in politica (e soprattutto in politica internazionale) occorre evitare i colpi di testa e ogni mossa deve essere intrapresa con cautela (ma Trump non lo sa?) e che ogni possibile nuova strategia vada sondata e resa palese solo dopo averne accertata la fattibilità e le sue conseguenze. Tuttavia, poiché proprio gli americani vogliono scaricare sulle nostre spalle solo i costi e toglierci anche i profitti che incassavamo fino ad ora, sarebbe bene che chi di dovere cominci a pensare alle alternative praticabili guardando al medio e lungo termine.

Innanzitutto togliamoci dai piedi le stupide idiozie propagandistiche che i media e i nostri politici attuali continuano a ripeterci. Dapprima hanno cercato di spiegarci che con le sanzioni cominciate nel 2008, incrementate nel 2014, aumentate ancora nel 2022 e continuate ad estendersi fino ad oggi, la Russia sarebbe stata messa in ginocchio e ci avrebbe supplicato di perdonarla. Evidentemente si sono sbagliati, visto che l’economia russa non è mai stata buona e viva come oggi. In seguito ci hanno detto che aveva finito le armi ma, inspiegabilmente, missili e droni contro l’Ucraina non fanno che moltiplicarsi. Ora giornalisti servili e pseudo-analisti vogliono convincerci che a Mosca si preparino per invadere il resto d’Europa dopo aver sconfitta l’Ucraina. Chi lo sostiene non si rende nemmeno conto dell’assurdità di tali affermazioni oppure è in netta malafede. Tutti vediamo le difficoltà sul campo che i russi hanno incontrato dopo tre anni di guerra contro un Paese di 35 milioni di abitanti e con un PIL di 190 miliardi di dollari circa (2024). Ebbene, l’Unione Europea e la Gran Bretagna insieme vantano una popolazione di più di 500 milioni e un Pil di più di 24 trilioni di dollari (per inciso, i russi sono circa 130 milioni e il loro Pil è stimato attorno ai 2 trilioni di dollari), senza contare che è tuttora in vigore l’art. 5 dell’Accordo Transatlantico. Crediamo davvero che i russi siano dei pazzi irresponsabili? O non sono piuttosto dei bugiardi in malafede quelli che vogliono convincerci che esista per l’Europa un “pericolo russo”?

Detto ciò e affermando senza ombra di dubbio che tale “pericolo” sia solo pura propaganda per giustificare (nel migliore dei casi) l’aumento delle spese verso le industrie belliche, cominciamo a pensare davvero a quali siano i nostri veri interessi e partiamo dalla costatazione che la Russia non ha alcun motivo nel XXI secolo di considerarci rivali strategici.

Al contrario, sin che le è stato possibile, ha sempre cercato di avere rapporti ottimali con tutti noi. Il suo rivale strategico reale è quello che attualmente è il suo alleato indispensabile: la Cina. È con la Cina che ha da sempre una rivalità oggettiva nel centro-Asia, è con lei che ha da secoli problemi di confine, è con la cultura cinese che ha molti meno rapporti che con quella del resto d’Europa. Se dipendesse solo da Mosca, indipendentemente dalla propaganda di questo periodo di conflitto e da ciò che pochi sparuti intellettuali slavofili hanno scritto ogni tanto, i rapporti con le capitali europee sarebbero economici, culturali e anche politici. E lo stesso, reciprocamente, vale per noi: ci farebbe comodo una immensa riserva di materie prime a buon prezzo, un mercato che ha ampi margini di fronte a sé e necessita di capitali freschi e di know how. Inoltre sarebbe per noi un modo per tornare ad essere protagonisti su una dimensione mondiale, cosa che abbiamo perduto da tempo. E l’Ucraina? Se i nostri politici avessero avuto più sale in zucca e meno servilismo nel seguire interessi altrui e se gli oligarchi e i politici corrotti di quel Paese fossero stati un po’ meno delinquenziali un’Ucraina neutrale e indipendente avrebbe potuto prosperare proprio come ponte economico tra la Russia, cui era economicamente legata, e l’Europa.

Forse è fin troppo tardi ma, se l’Europa oggi aprisse a oneste, e necessariamente riservate, negoziazioni dirette con Mosca nuovi scenari si potrebbero aprire e, se la strada si rivelasse percorribile, in tanti avremmo da guadagnarci. Purtroppo con l’Europa che ci troviamo e gli pseudo-leader oggi disponibili a Bruxelles è praticamente impossibile immaginare che le cose cambino da come si sono messe. È solo partendo con iniziative individuali da parte di qualche governo nazionale che si dovrebbero esplorare le nuove strade. D’altra parte se Trump lo sta facendo, perché noi non dovremmo sentirci autorizzati a farlo? Non si creda che chi scrive stia peccando di ingenuità: nessuno si nasconde che quando si gioca su più tavoli e si hanno più interlocutori contemporaneamente chiunque potrebbe fare il doppio gioco e usare gli uni contro gli altri per il proprio beneficio. Non è ciò che si fa negli affari ed esattamente quello che sta facendo Trump? Occorre, comunque, essere lungimiranti e realisti e considerare tutte le convenienze, anche a costo di pensare l’impensabile: a Mosca conviene di più avere rapporti ottimali con Pechino o con l’Europa? Per noi è davvero assurdo immaginare di avere qualche autonomia o dobbiamo sempre servire interessi americani? E anche volendo salvaguardare il nostro rapporto con gli USA, è un bene nemmeno fingere di metterlo in discussione e accettare solo ordini da oltreoceano oppure alzare la cresta potrebbe farci rispettare un poco di più? Come reagirebbe Washington se noi unilateralmente annunciassimo di voler disdire il nostro rapporto con la NATO e aprissimo a Mosca? Se temesse che noi si faccia sul serio, continuerebbe a minacciarci con la stessa supponenza? E già che ci siamo, invece di leccargli gli stivali (o peggio ancora, come Trump disse che avremmo fatto) e visto che la Cina affaccia sul Pacifico e non sul Mediterraneo perché non fargli sapere che noi vorremmo cominciare a negoziare con Pechino e senza pre-condizioni?

Si badi bene: non si possono negligere i grandi interessi economici e finanziari che ci legano agli Stati Uniti né il fatto che l’Europa attuale è un ridicolo coacervo politico senza volontà. Tuttavia, poiché il mondo non è più quello né della guerra fredda né quello unipolare del dopo URSS, politici intelligenti dovrebbero cominciare a vagliare tutte le alternative nell’interesse dei nostri paesi. Di sicuro non, come fanno Macron, Starmer e la Germania di Merz, che minacciano di continuare da soli la guerra con l’Ucraina al solo scopo di poter avere uno sgabellino al possibile tavolo delle trattative di pace.

Utopie? Fantasie irrealizzabili? Forse. Ma se da noi ci fossero stati diplomatici e politici con una visione strategica non ci avrebbero trascinati verso una situazione come quella odierna che potrebbe diventare molto pericolosa per la pace mondiale e non soltanto per il nostro benessere economico.

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The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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