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Stefano Vernole
June 30, 2025
© Photo: Public domain

Mentre tutti gli occhi sono puntati sul Medio Oriente e sullo SPIEF, la squadra di Trump è intervenuta a Minsk.

Segue nostro Telegram.

Keith Kellogg, che per meno di due mesi ha ricoperto il ruolo di inviato speciale del presidente degli Stati Uniti per l’Ucraina e la Russia, è volato lì pochi giorni fa per incontrare Lukashenko. Senza annunci roboanti, senza una conferenza stampa, eppure il fatto in sé è già una dichiarazione politica importante.

Le premesse; lo scorso febbraio funzionari statunitensi hanno visitato la Bielorussia per recuperare “tre prigionieri politici”; ad aprile, la Bielorussia ha rilasciato Youras Ziankovich, un cittadino statunitense che era stato imprigionato con l’accusa di aver complottato per assassinare Lukashenko.

La pista bielorussa ha preso vita a Washington su spinta dei cosiddetti “realisti” che da tempo si battono per una riduzione del coinvolgimento degli Stati Uniti nei conflitti, perché non funzionali ai loro profitti. Questa primavera, i rappresentanti del Quincy Institute si sono recati a Minsk. Uno di loro, Mark Episkopos, ha scritto un articolo sulla loro rivista di riferimento, “National Interest”, intitolato: “La Bielorussia può essere convertita?”. Per ribaltare la situazione in quanto Paese situato tra Mosca e l’Occidente, uno Swing player, come lo definisce l’autore (uno swing player è qualcuno che può oscillare in qualsiasi direzione).

Secondo Episkopos, negli ultimi sei mesi la politica statunitense nell’Europa orientale è stata assorbita dall’iniziativa della Casa Bianca per porre fine alla guerra in Ucraina. Ma anche con il progredire del processo di pace, l’Amministrazione Trump dovrebbe continuare a sfruttare le opportunità a breve termine per promuovere gli interessi statunitensi nell’Europa orientale. Di gran lunga, la finestra più ampia in questo senso è un potenziale accordo di normalizzazione con la Bielorussia, un attore chiave in una posizione critica tra la Russia e l’Occidente.

Il “ponte bielorusso” è un punto di incontro chiave tra NATO e Russia, rendendolo un attore di sicurezza di enorme importanza nelle questioni relative alla postura delle forze convenzionali e nucleari. La sua posizione gli consente inoltre di fungere da snodo economico potenzialmente significativo tra Oriente e Occidente.

Secondo i “realisti”, l’Occidente ha abusato della Bielorussia nel 2020: voleva rovesciare il “regime”, il tentativo è abortito ma non ha nemmeno avviato un dialogo. Questo approccio punitivo non ha prodotto nessuno dei risultati sperati. Minsk si è protetta dal martellamento delle sanzioni euro-statunitensi approfondendo i suoi legami con la Russia e intrattenendo relazioni ad ampio raggio con una serie di altri attori non occidentali, in particolare la Cina. Anni di aggressiva sostituzione delle importazioni bielorusse, di programmi di mitigazione delle sanzioni e di tentativi di coltivare relazioni con partner commerciali del Sud globale hanno ulteriormente protetto la Bielorussia dalle pressioni occidentali.

Costruire un rapporto costruttivo con la Bielorussia, uno dei pochi attori regionali rimasti in bilico tra Russia e Occidente, genererebbe un’importante manna per la sicurezza e la stabilità nell’Europa orientale, in un momento in cui gli Stati Uniti stanno cercando di dare priorità alla propria presenza in altre parti del mondo, in particolare nell’Indo -Pacifico.

La posizione della Bielorussia la rende un potenziale terreno di scontro e di preparazione in un conflitto tra Russia e NATO. Promuovere le relazioni pacifiche di Minsk con i suoi vicini occidentali è un modo diretto per ridurre i rischi di future spirali di escalation tra Russia e NATO. Il rientro di aziende statunitensi ed europee nei mercati bielorussi, dove la Cina si è affermata con decisione, aiuterebbe il Paese a diversificare la propria economia in modi vantaggiosi sia per la Bielorussia che per l’Occidente. Allo stesso tempo, scrive l’autore, i bielorussi sono per lo più fedeli alla Russia, ma vogliono vivere come in Europa: andare da H&M, guidare una Tesla, lavorare in aziende IT, non da MTZ (1). È su questa richiesta, dice, che gli Stati Uniti possono costruire una nuova politica: meno bastoni, più carote per influenzare Minsk, accettando quella che il presidente Lukashenko ha definito la sua “politica estera multi-vettoriale”, che ha cercato di preservare la sovranità bielorussa manovrando tra Est e Ovest. Questo modello di arbitraggio geopolitico fornisce a Washington un modello già pronto per interagire con la Bielorussia a basso costo, con rischi minimi e con il potenziale di benefici immediati (2).

Cosa offrono gli USA:

— Revoca delle sanzioni, investimenti: energia, industria automobilistica.

— Promessa che un cambio di potere non è fine a sé stesso (la parola chiave è “promessa”).

— Aiuto a costruire ponti con Varsavia e Vilnius.

— Nessun coinvolgimento europeo. Meno condizioni, meno pressioni. Semplice e yankee: “Fanculo l’UE”, molto trumpiano.

Contro-aspettative:

— La Bielorussia si impegna a non partecipare né a sostenere la Russia in Ucraina, né direttamente né in forma ibrida.

— Fermare il movimento migratorio contro Lituania e Polonia.

— Non rompere con la Russia, non scegliere tra civiltà, solo modificare il proprio comportamento.

L’obiettivo non è convincere Lukashenko, né distruggere l’alleanza tra Mosca e Minsk. L’idea dei “realisti” statunitensi è di lanciare un nuovo formato diplomatico-geopolitico, vedere se è possibile negoziare pragmaticamente, per soldi e interessi. Se la Bielorussia reagisce positivamente, diventerà una questione che riguarda l’intera periferia post-sovietica.

Dopo l’incontro di Kellog con Lukashenko, le autorità bielorusse hanno rilasciato dal carcere, insieme ad altre 13 persone, quello che è forse l’oppositore politico più noto, Sergei Tikhanovski, marito dell’altrettanto conosciuta Svetlana Tikhanovskaya, che vive a Vilnius e che ha dato la notizia insieme all’ONG Viasna. L’opposizione bielorussa, totalmente finanziata dall’Occidente, continua a sostenere però che di Lukashenko non ci si possa fidare e che le esercitazioni militari congiunte su larga scala tra Russia e Bielorussia che si svolgeranno in autunno potrebbero rappresentare una minaccia per il fianco orientale della Nato.

(1) L’autore naturalmente omette di ricordare che pur auspicando standard di vita europei, i bielorussi non hanno la minima intenzione di accettarne i “valori”, ad es. l’ideologia LGBTQ e altre amenità del genere. Diversi cittadini bielorussi, peraltro, già guidano ottime auto elettriche cinesi grazie alla partnership con Pechino; la joint-venture bielorusso-cinese BelGee raddoppierà la sua produzione – produce attualmente oltre 60.000 autovetture all’anno – e in futuro, la capacità dell’azienda sarà ampliata a 120.000 autovetture all’anno.
(2) Mark Episkopos, Can Belarus be turned?, “The National Interest”, 12 giugno 2025.

Gli Stati Uniti aprono alla Bielorussia. Accettazione del multipolarismo o nuova trappola?

Mentre tutti gli occhi sono puntati sul Medio Oriente e sullo SPIEF, la squadra di Trump è intervenuta a Minsk.

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Keith Kellogg, che per meno di due mesi ha ricoperto il ruolo di inviato speciale del presidente degli Stati Uniti per l’Ucraina e la Russia, è volato lì pochi giorni fa per incontrare Lukashenko. Senza annunci roboanti, senza una conferenza stampa, eppure il fatto in sé è già una dichiarazione politica importante.

Le premesse; lo scorso febbraio funzionari statunitensi hanno visitato la Bielorussia per recuperare “tre prigionieri politici”; ad aprile, la Bielorussia ha rilasciato Youras Ziankovich, un cittadino statunitense che era stato imprigionato con l’accusa di aver complottato per assassinare Lukashenko.

La pista bielorussa ha preso vita a Washington su spinta dei cosiddetti “realisti” che da tempo si battono per una riduzione del coinvolgimento degli Stati Uniti nei conflitti, perché non funzionali ai loro profitti. Questa primavera, i rappresentanti del Quincy Institute si sono recati a Minsk. Uno di loro, Mark Episkopos, ha scritto un articolo sulla loro rivista di riferimento, “National Interest”, intitolato: “La Bielorussia può essere convertita?”. Per ribaltare la situazione in quanto Paese situato tra Mosca e l’Occidente, uno Swing player, come lo definisce l’autore (uno swing player è qualcuno che può oscillare in qualsiasi direzione).

Secondo Episkopos, negli ultimi sei mesi la politica statunitense nell’Europa orientale è stata assorbita dall’iniziativa della Casa Bianca per porre fine alla guerra in Ucraina. Ma anche con il progredire del processo di pace, l’Amministrazione Trump dovrebbe continuare a sfruttare le opportunità a breve termine per promuovere gli interessi statunitensi nell’Europa orientale. Di gran lunga, la finestra più ampia in questo senso è un potenziale accordo di normalizzazione con la Bielorussia, un attore chiave in una posizione critica tra la Russia e l’Occidente.

Il “ponte bielorusso” è un punto di incontro chiave tra NATO e Russia, rendendolo un attore di sicurezza di enorme importanza nelle questioni relative alla postura delle forze convenzionali e nucleari. La sua posizione gli consente inoltre di fungere da snodo economico potenzialmente significativo tra Oriente e Occidente.

Secondo i “realisti”, l’Occidente ha abusato della Bielorussia nel 2020: voleva rovesciare il “regime”, il tentativo è abortito ma non ha nemmeno avviato un dialogo. Questo approccio punitivo non ha prodotto nessuno dei risultati sperati. Minsk si è protetta dal martellamento delle sanzioni euro-statunitensi approfondendo i suoi legami con la Russia e intrattenendo relazioni ad ampio raggio con una serie di altri attori non occidentali, in particolare la Cina. Anni di aggressiva sostituzione delle importazioni bielorusse, di programmi di mitigazione delle sanzioni e di tentativi di coltivare relazioni con partner commerciali del Sud globale hanno ulteriormente protetto la Bielorussia dalle pressioni occidentali.

Costruire un rapporto costruttivo con la Bielorussia, uno dei pochi attori regionali rimasti in bilico tra Russia e Occidente, genererebbe un’importante manna per la sicurezza e la stabilità nell’Europa orientale, in un momento in cui gli Stati Uniti stanno cercando di dare priorità alla propria presenza in altre parti del mondo, in particolare nell’Indo -Pacifico.

La posizione della Bielorussia la rende un potenziale terreno di scontro e di preparazione in un conflitto tra Russia e NATO. Promuovere le relazioni pacifiche di Minsk con i suoi vicini occidentali è un modo diretto per ridurre i rischi di future spirali di escalation tra Russia e NATO. Il rientro di aziende statunitensi ed europee nei mercati bielorussi, dove la Cina si è affermata con decisione, aiuterebbe il Paese a diversificare la propria economia in modi vantaggiosi sia per la Bielorussia che per l’Occidente. Allo stesso tempo, scrive l’autore, i bielorussi sono per lo più fedeli alla Russia, ma vogliono vivere come in Europa: andare da H&M, guidare una Tesla, lavorare in aziende IT, non da MTZ (1). È su questa richiesta, dice, che gli Stati Uniti possono costruire una nuova politica: meno bastoni, più carote per influenzare Minsk, accettando quella che il presidente Lukashenko ha definito la sua “politica estera multi-vettoriale”, che ha cercato di preservare la sovranità bielorussa manovrando tra Est e Ovest. Questo modello di arbitraggio geopolitico fornisce a Washington un modello già pronto per interagire con la Bielorussia a basso costo, con rischi minimi e con il potenziale di benefici immediati (2).

Cosa offrono gli USA:

— Revoca delle sanzioni, investimenti: energia, industria automobilistica.

— Promessa che un cambio di potere non è fine a sé stesso (la parola chiave è “promessa”).

— Aiuto a costruire ponti con Varsavia e Vilnius.

— Nessun coinvolgimento europeo. Meno condizioni, meno pressioni. Semplice e yankee: “Fanculo l’UE”, molto trumpiano.

Contro-aspettative:

— La Bielorussia si impegna a non partecipare né a sostenere la Russia in Ucraina, né direttamente né in forma ibrida.

— Fermare il movimento migratorio contro Lituania e Polonia.

— Non rompere con la Russia, non scegliere tra civiltà, solo modificare il proprio comportamento.

L’obiettivo non è convincere Lukashenko, né distruggere l’alleanza tra Mosca e Minsk. L’idea dei “realisti” statunitensi è di lanciare un nuovo formato diplomatico-geopolitico, vedere se è possibile negoziare pragmaticamente, per soldi e interessi. Se la Bielorussia reagisce positivamente, diventerà una questione che riguarda l’intera periferia post-sovietica.

Dopo l’incontro di Kellog con Lukashenko, le autorità bielorusse hanno rilasciato dal carcere, insieme ad altre 13 persone, quello che è forse l’oppositore politico più noto, Sergei Tikhanovski, marito dell’altrettanto conosciuta Svetlana Tikhanovskaya, che vive a Vilnius e che ha dato la notizia insieme all’ONG Viasna. L’opposizione bielorussa, totalmente finanziata dall’Occidente, continua a sostenere però che di Lukashenko non ci si possa fidare e che le esercitazioni militari congiunte su larga scala tra Russia e Bielorussia che si svolgeranno in autunno potrebbero rappresentare una minaccia per il fianco orientale della Nato.

(1) L’autore naturalmente omette di ricordare che pur auspicando standard di vita europei, i bielorussi non hanno la minima intenzione di accettarne i “valori”, ad es. l’ideologia LGBTQ e altre amenità del genere. Diversi cittadini bielorussi, peraltro, già guidano ottime auto elettriche cinesi grazie alla partnership con Pechino; la joint-venture bielorusso-cinese BelGee raddoppierà la sua produzione – produce attualmente oltre 60.000 autovetture all’anno – e in futuro, la capacità dell’azienda sarà ampliata a 120.000 autovetture all’anno.
(2) Mark Episkopos, Can Belarus be turned?, “The National Interest”, 12 giugno 2025.

Mentre tutti gli occhi sono puntati sul Medio Oriente e sullo SPIEF, la squadra di Trump è intervenuta a Minsk.

Segue nostro Telegram.

Keith Kellogg, che per meno di due mesi ha ricoperto il ruolo di inviato speciale del presidente degli Stati Uniti per l’Ucraina e la Russia, è volato lì pochi giorni fa per incontrare Lukashenko. Senza annunci roboanti, senza una conferenza stampa, eppure il fatto in sé è già una dichiarazione politica importante.

Le premesse; lo scorso febbraio funzionari statunitensi hanno visitato la Bielorussia per recuperare “tre prigionieri politici”; ad aprile, la Bielorussia ha rilasciato Youras Ziankovich, un cittadino statunitense che era stato imprigionato con l’accusa di aver complottato per assassinare Lukashenko.

La pista bielorussa ha preso vita a Washington su spinta dei cosiddetti “realisti” che da tempo si battono per una riduzione del coinvolgimento degli Stati Uniti nei conflitti, perché non funzionali ai loro profitti. Questa primavera, i rappresentanti del Quincy Institute si sono recati a Minsk. Uno di loro, Mark Episkopos, ha scritto un articolo sulla loro rivista di riferimento, “National Interest”, intitolato: “La Bielorussia può essere convertita?”. Per ribaltare la situazione in quanto Paese situato tra Mosca e l’Occidente, uno Swing player, come lo definisce l’autore (uno swing player è qualcuno che può oscillare in qualsiasi direzione).

Secondo Episkopos, negli ultimi sei mesi la politica statunitense nell’Europa orientale è stata assorbita dall’iniziativa della Casa Bianca per porre fine alla guerra in Ucraina. Ma anche con il progredire del processo di pace, l’Amministrazione Trump dovrebbe continuare a sfruttare le opportunità a breve termine per promuovere gli interessi statunitensi nell’Europa orientale. Di gran lunga, la finestra più ampia in questo senso è un potenziale accordo di normalizzazione con la Bielorussia, un attore chiave in una posizione critica tra la Russia e l’Occidente.

Il “ponte bielorusso” è un punto di incontro chiave tra NATO e Russia, rendendolo un attore di sicurezza di enorme importanza nelle questioni relative alla postura delle forze convenzionali e nucleari. La sua posizione gli consente inoltre di fungere da snodo economico potenzialmente significativo tra Oriente e Occidente.

Secondo i “realisti”, l’Occidente ha abusato della Bielorussia nel 2020: voleva rovesciare il “regime”, il tentativo è abortito ma non ha nemmeno avviato un dialogo. Questo approccio punitivo non ha prodotto nessuno dei risultati sperati. Minsk si è protetta dal martellamento delle sanzioni euro-statunitensi approfondendo i suoi legami con la Russia e intrattenendo relazioni ad ampio raggio con una serie di altri attori non occidentali, in particolare la Cina. Anni di aggressiva sostituzione delle importazioni bielorusse, di programmi di mitigazione delle sanzioni e di tentativi di coltivare relazioni con partner commerciali del Sud globale hanno ulteriormente protetto la Bielorussia dalle pressioni occidentali.

Costruire un rapporto costruttivo con la Bielorussia, uno dei pochi attori regionali rimasti in bilico tra Russia e Occidente, genererebbe un’importante manna per la sicurezza e la stabilità nell’Europa orientale, in un momento in cui gli Stati Uniti stanno cercando di dare priorità alla propria presenza in altre parti del mondo, in particolare nell’Indo -Pacifico.

La posizione della Bielorussia la rende un potenziale terreno di scontro e di preparazione in un conflitto tra Russia e NATO. Promuovere le relazioni pacifiche di Minsk con i suoi vicini occidentali è un modo diretto per ridurre i rischi di future spirali di escalation tra Russia e NATO. Il rientro di aziende statunitensi ed europee nei mercati bielorussi, dove la Cina si è affermata con decisione, aiuterebbe il Paese a diversificare la propria economia in modi vantaggiosi sia per la Bielorussia che per l’Occidente. Allo stesso tempo, scrive l’autore, i bielorussi sono per lo più fedeli alla Russia, ma vogliono vivere come in Europa: andare da H&M, guidare una Tesla, lavorare in aziende IT, non da MTZ (1). È su questa richiesta, dice, che gli Stati Uniti possono costruire una nuova politica: meno bastoni, più carote per influenzare Minsk, accettando quella che il presidente Lukashenko ha definito la sua “politica estera multi-vettoriale”, che ha cercato di preservare la sovranità bielorussa manovrando tra Est e Ovest. Questo modello di arbitraggio geopolitico fornisce a Washington un modello già pronto per interagire con la Bielorussia a basso costo, con rischi minimi e con il potenziale di benefici immediati (2).

Cosa offrono gli USA:

— Revoca delle sanzioni, investimenti: energia, industria automobilistica.

— Promessa che un cambio di potere non è fine a sé stesso (la parola chiave è “promessa”).

— Aiuto a costruire ponti con Varsavia e Vilnius.

— Nessun coinvolgimento europeo. Meno condizioni, meno pressioni. Semplice e yankee: “Fanculo l’UE”, molto trumpiano.

Contro-aspettative:

— La Bielorussia si impegna a non partecipare né a sostenere la Russia in Ucraina, né direttamente né in forma ibrida.

— Fermare il movimento migratorio contro Lituania e Polonia.

— Non rompere con la Russia, non scegliere tra civiltà, solo modificare il proprio comportamento.

L’obiettivo non è convincere Lukashenko, né distruggere l’alleanza tra Mosca e Minsk. L’idea dei “realisti” statunitensi è di lanciare un nuovo formato diplomatico-geopolitico, vedere se è possibile negoziare pragmaticamente, per soldi e interessi. Se la Bielorussia reagisce positivamente, diventerà una questione che riguarda l’intera periferia post-sovietica.

Dopo l’incontro di Kellog con Lukashenko, le autorità bielorusse hanno rilasciato dal carcere, insieme ad altre 13 persone, quello che è forse l’oppositore politico più noto, Sergei Tikhanovski, marito dell’altrettanto conosciuta Svetlana Tikhanovskaya, che vive a Vilnius e che ha dato la notizia insieme all’ONG Viasna. L’opposizione bielorussa, totalmente finanziata dall’Occidente, continua a sostenere però che di Lukashenko non ci si possa fidare e che le esercitazioni militari congiunte su larga scala tra Russia e Bielorussia che si svolgeranno in autunno potrebbero rappresentare una minaccia per il fianco orientale della Nato.

(1) L’autore naturalmente omette di ricordare che pur auspicando standard di vita europei, i bielorussi non hanno la minima intenzione di accettarne i “valori”, ad es. l’ideologia LGBTQ e altre amenità del genere. Diversi cittadini bielorussi, peraltro, già guidano ottime auto elettriche cinesi grazie alla partnership con Pechino; la joint-venture bielorusso-cinese BelGee raddoppierà la sua produzione – produce attualmente oltre 60.000 autovetture all’anno – e in futuro, la capacità dell’azienda sarà ampliata a 120.000 autovetture all’anno.
(2) Mark Episkopos, Can Belarus be turned?, “The National Interest”, 12 giugno 2025.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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