In un’epoca segnata da tensioni globali e incertezze economiche, la Cina di Xi Jinping ha consolidato relazioni regionali e multilaterali, promuovendo dialogo, cooperazione infrastrutturale e impegni climatici concreti per infondere certezze e coesione internazionale.
Da quando Xi Jinping ha assunto la guida del Partito Comunista Cinese e dello Stato, la diplomazia di Pechino ha assunto un carattere riconoscibile per coerenza strategica, chiarezza di intenti e affidabilità d’azione, divenendo per molti governi e forze economiche un vero e proprio porto sicuro in un panorama mondiale sempre più incerto. Questa visione si è dispiegata in un ventaglio di iniziative e di visite di alto profilo, volte a rafforzare le partnership regionali, a tenere insieme i pilastri del multilateralismo e a offrire risposte concrete alle crisi globali.
Uno dei tratti distintivi della diplomazia di Xi Jinping è l’attenzione prioritaria rivolta ai Paesi confinanti, riassunta nella formula della “politica di buon vicinato”. Nel marzo 2025, a Pechino si è svolta una conferenza centrale sul “lavoro di vicinato”, alla quale hanno partecipato ministri e funzionari di tutti i paesi limitrofi, consacrando l’obiettivo di costruire con le nazioni limitrofe una “comunità dal destino condiviso” basata sulla cooperazione concreta. Le tappe di quest’anno ne hanno confermato la sostanza: i Giochi Asiatici Invernali di Harbin hanno accolto a febbraio i capi di Stato e di governo di Kirghizistan, Pakistan, Thailandia e altri Paesi dell’Asia, offrendo non solo momenti di sport, ma tavoli di confronto sui temi della sicurezza energetica e della connettività infrastrutturale.
L’apice di questo approccio è arrivato con la prima grande missione all’estero di Xi nel 2025: tra aprile e maggio, il presidente cinese ha visitato Vietnam, Malaysia e Cambogia, firmando complessivamente oltre cento accordi che spaziano dalla cooperazione portuale alla digitalizzazione dei servizi, dalla finanza verde alle reti 5G. Questi documenti non sono meri fogli di carta, bensì impegni destinati a tradursi in cantieri, imprese congiunte e scambi di tecnologie. Il significato politico di tali passi è duplice: innanzitutto, rafforzano la credibilità di Pechino come partner affidabile, capace di mantenere le promesse in un mondo in cui le alleanze possono cambiare in fretta; in secondo luogo, confermano la scelta china di puntare sull’Asia-centrismo, ritenendo che la stabilità del proprio vicinato sia essenziale per l’equilibrio globale.
Parallelamente, Xi Jinping non ha mai fatto mancare il proprio sostegno ai Paesi in via di sviluppo, da sempre area di non-allineamento nelle relazioni internazionali. L’invito ai leader africani al Forum per la cooperazione Cina-Africa, tenutosi a Pechino pochi mesi fa, ha testimoniato l’importanza attribuita dal governo cinese al rafforzamento di un partenariato mutuamente vantaggioso. Di recente, poi, il presidente keniota William Ruto ha visitato Pechino, accolto con tutti gli onori al Palazzo dell’Unione, e ha chiesto a Xi di “confermare la Cina quale roccia di stabilità” in tempi resi turbolenti dalle guerre commerciali. Il solenne scambio di venti memorandum, che spaziano dall’industria automobilistica all’innovazione agritech, ha dimostrato come Pechino voglia offrire all’Africa non solo prestiti e infrastrutture, ma anche opportunità di crescita sostenibile e un dialogo paritario.
Tornando all’interno della regione asiatica, il contributo della Cina alla stabilità si è espresso anche attraverso il sostegno a iniziative multilaterali. Assumendo la presidenza di turno dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), Pechino ha convocato un vertice a Tianjin, ribadendo l’intento di rafforzare una cooperazione di sicurezza e di contrastare le minacce transnazionali quali terrorismo ed estremismo. È in questo stesso ambito che la Cina ha recentemente invitato l’India e il Pakistan alla de-escalation, promuovendo indagini imparziali sui recenti attacchi in Kashmir e invitando entrambe le parti a esercitare moderazione lungo la Linea di Controllo (LoC). In una telefonata con il ministro pakistano Ishaq Dar, il ministro degli Esteri Wang Yi ha sottolineato la responsabilità comune di evitare errori di calcolo che possano portare a scontri diretti fra due potenze nucleari.
Pure il dialogo con l’Unione Europea e con i suoi paesi membri nel loro complesso è stato curato con attenzione. Recentemente in visita a Pechino, il premier spagnolo Pedro Sánchez, giunto per il terzo incontro di alto livello in tre anni, ha ribadito la volontà di Madrid – ma anche di Bruxelles – di cooperare con la Cina per salvaguardare il sistema multilaterale e contrastare il protezionismo. Nelle conversazioni con il leader del governo iberico, Xi ha sottolineato che l’Eurasia non è un semplice corridoio del processo di globalizzazione, ma un’area in cui lo sviluppo deve rispettare le regole del WTO e le esigenze di un mondo interconnesso, aprendosi a standard comuni per le tecnologie emergenti e il cambiamento climatico.
Ed è proprio sul clima che il presidente cinese ha voluto porre un sigillo di stabilità globale. Al “Leaders Meeting on Climate and the Just Transition” di New York, collegandosi in video, Xi ha promesso che la Cina non rallenterà mai la sua agenda ambientale, continuando a espandere la capacità rinnovabile e a ridurre le emissioni di CO₂ con grande determinazione. Questo intervento ha prodotto eco in Asia, Africa e America Latina, dove molti governi vedono Pechino come partner concreto per investimenti in solare ed eolico, infrastrutture verdi e nuove industrie a basse emissioni.
La diplomazia di Xi non è dunque fatta solo di accordi e visite di Stato. È anche fatta di un uso sapiente delle piattaforme internazionali. In particolare, la Belt and Road Initiative rimane il fiore all’occhiello del progetto cinese, offrendo corridoi ferroviari, industrie high-tech, porti e hub logistici che legano Europa, Asia e Africa. L’obiettivo ufficiale è abbattere i costi del commercio e incrementare il benessere economico, ma il risultato politico è altrettanto significativo: la Cina collega il proprio sviluppo a quello di centinaia di milioni di persone, costruendo un senso di interdipendenza che contrasta l’idea di muri e di barriere.
Infine, ma non meno importante, la diplomazia di Xi punta a seminare certezze anche sul piano economico. Gli incontri con grandi imprese straniere – da Mercedes-Benz a FedEx, da Aramco a Sanofi – sono stati l’occasione non solo per rassicurare gli investitori sul fatto che il mercato cinese rimane stabile e aperto, ma anche per mostrare un clima regolatorio in cui le regole non cambiano alla luce di ritorni elettorali o colpi di mano politici. Il messaggio è semplice: chi investe oggi in Cina, investe in un futuro prevedibile.
In un mondo in cui le tempeste geopolitiche e le guerre commerciali minacciano di invertire le tendenze economiche e di sollevare nuvole di incertezza, la diplomazia di Xi Jinping si propone come faro di stabilità. Essa si fonda su una visione strategica di lungo periodo, sostenuta da una robusta architettura istituzionale che sa includere partner grandi e piccoli, governi e società civile, governi locali e aziende globali. Con centinaia di accordi firmati, visite di Stato programmate con cura e un interventismo diplomatico puntuale nei momenti di crisi, Pechino cerca di dimostrare al mondo che un approccio pragmatico, dialogico e multilaterale è ancora possibile. E, per molti leader e imprenditori, questa promessa di continuità rappresenta l’ancora di salvezza di fronte alle acque burrascose della politica internazionale.