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Stefano Vernole
March 15, 2025
© Photo: Public domain

Dopo aver minimizzato le capacità militari di Mosca per quasi tre anni, ora da Bruxelles e da alcune cancellerie europee si levano grida di allarme sulla minaccia incombente delle forze russe e sulla necessità di rispondere con sforzi straordinari.

Segue nostro Telegram.

Una delle premesse del piano di riarmo annunciato in pompa magna dalla Sig.ra Von Der Leyen – 800 miliardi di euro in 5 anni – consiste nella denuncia di una possibile invasione russa dell’Europa nei prossimi 5 anni. Dopo aver minimizzato le capacità militari di Mosca per quasi 3 anni, oggi da Bruxelles e da alcune cancellerie europee si leva un grido di allarme sulla minaccia incombente delle truppe russe e sulla necessità di farvi fronte con uno sforzo finanziario straordinario da parte dei vari Stati membri della UE.

Una voce autorevole controcorrente e naturalmente passata sotto silenzio nei giorni scorsi, è quella dell’attuale Ministro della Difesa di Parigi, Sebastien Lecornu, che ha evidentemente inteso stemperare le roboanti dichiarazioni di un Emmanuel Macron sempre più in crisi di legittimità.

Pur prendendo nota che dal 2007 ad oggi, l’atteggiamento del Cremlino nei confronti dell’allargamento della NATO ad Est è progressivamente e concretamente cambiato, Lecornu prende le distanze  non solo dall’aggressività del capo dell’Eliseo ma anche dalle affermazioni del boss del servizio segreto estero (BND), Bruno Kahl, secondo il quale “in termini umani e materiali, le forze armate russe saranno probabilmente in grado di portare a termine un attacco contro la NATO entro la fine di questo decennio”. Ciò avverrà tra cinque anni. E non è l’unico a fare questa valutazione. “La Russia probabilmente anticiperà un conflitto con la NATO entro il prossimo decennio”, avevano stimato i servizi segreti estoni nel febbraio 2024. La stessa osservazione è stata fatta in Danimarca, dove il FE (Forsvarets Efterretningstjeneste, intelligence militare) ha avvertito il mese scorso di una possibile “guerra su larga scala” in Europa entro cinque anni.

Nel suo discorso al popolo francese dello scorso 5 marzo, il presidente Macron sembra aver condiviso questa opinione: “Entro il 2030 la Russia prevede di aumentare ulteriormente il suo esercito, per avere 300.000 soldati in più, 3.000 carri armati in più e 300 aerei da combattimento in più. Chi può credere, in questo contesto, che la Russia di oggi si fermerà all’Ucraina? La Russia è diventata, nel momento stesso in cui vi parlo e negli anni a venire, una minaccia per la Francia e per l’Europa”.

Il Ministro della Difesa, Sébastien Lecornu, sulle pagine di La Tribune Dimanche del 9 marzo 2025, si è invece dimostrato più ragionevole: “Minimizzare la minaccia russa è assurdo, così come è altrettanto assurdo mostrare una forma di febbrilità a questo proposito. I russi stanno reinventando la guerra, questa è la loro grande forza. Stanno prendendo di mira la nostra democrazia e la nostra economia. La prossima campagna presidenziale potrebbe quindi essere oggetto di massicce manipolazioni (dimenticando che i leader del Rassemblement National, Le Pen e Bardella si sono schierati con Kiev, per cui non si capisce bene su quali cavalli potrebbe puntare Mosca per condizionare le elezioni francesi, n.d.r.) … Per quanto riguarda la nostra economia, la situazione è ancora più preoccupante. Ci sono, ad esempio, le destabilizzazioni dei flussi marittimi, dal Mar Rosso alle numerose navi della flotta fantasma civile russa che attaccano i cavi sottomarini o le infrastrutture energetiche (questa accusa è stata però smentita dagli stessi ispettori della NATO n.d.r.). Anche gli attacchi informatici stanno diventando più sofisticati. […] Può anche andare oltre: operazioni di sabotaggio, pianificazione di omicidi mirati contro personaggi chiave del mondo economico, interazioni aggressive con le nostre Forze armate, ecc.”, ha spiegato il signor Lecornu.

Quanto al rischio di un attacco russo a un Paese della NATO entro due o cinque anni, il Ministro della Difesa di Parigi lo ha respinto: “I nostri servizi [di intelligence] non dicono questo”, ha affermato. Tuttavia, ha aggiunto, è vero che Mosca “è tentata di destabilizzare la Moldavia attraverso la Transnistria” (eludendo il fatto che in Pridnestrovie nel 2006 si è tenuto referendum popolare per chiedere l’annessione della regione alla Federazione Russa, n.d.r.). “Anche i Paesi con minoranze russofone possono essere soggetti alla destabilizzazione russa”, ha poi affermato.

Ricordiamo che nel 2022 l’intelligence francese, in particolare la Direzione dei servizi militari [DRM] e la Direzione generale della sicurezza esterna [DGSE], è stata criticata per non aver previsto l’invasione dell’Ucraina e che Macron ne aveva approfittato per sostituire il capo della DRM, Eric Vidaud, in carica da soli 7 mesi. Fatto che Bernard Émié, allora direttore della DGSE, aveva vigorosamente contestato: “Abbiamo rilevato gli stessi movimenti di truppe russe dei nostri alleati. Anche se le nostre analisi potevano essere diverse, avevamo lo stesso livello di informazioni. L’unica differenza è il modo in cui queste informazioni sono state elaborate. Eravamo ancora in una fase di negoziazione e dialogo [con la Russia, ndr]. La CIA ha scelto di divulgare le sue informazioni di intelligence al grande pubblico. nella speranza di dissuadere Mosca dall’intervenire. Abbiamo tenuto segreti questi elementi perché non volevamo rivelare i nostri metodi di raccolta. Questo silenzio da parte nostra ha portato diversi organi di informazione a pensare che non lo sapessimo. Il che è falso”, ha spiegato il signor Émié in un’intervista a Le Point.

Ma le contraddizioni interne non riguardano solo le intenzioni della Russia, bensì un dossier altamente “scottante” come quello nucleare.

In Francia, assistiamo al ritorno di proposte per mettere la Force de frappe nazionale al servizio della difesa dell’Europa su un ampio spettro che va da una dichiarazione più assertiva sulla dimensione europea degli “interessi vitali” ad una deterrenza condivisa, se non addirittura a una forma di condivisione nucleare sotto una doppia chiave, secondo il modello di quanto praticato dalla NATO con diversi Paesi dell’Alleanza. Alcuni suggeriscono addirittura di potenziare l’arsenale dal punto di vista qualitativo e quantitativo per poter contrastare qualsiasi tipo di attacco. Pertanto, adattare apertamente la deterrenza all’Europa significherebbe non limitarsi agli attuali vettori aerei e sottomarini, ma dotarsi nuovamente di armi tattiche o addirittura potenziare le armi convenzionali.

Si tratterebbe di una stortura inedita e letale dello storico pensiero strategico francese sulla deterrenza nucleare; ogni riflessione e ogni correzione della posizione nazionale è stata, all’epoca della Guerra fredda, condannata come una deviazione pericolosa che comportava il rischio di una guerra e persino come un tradimento dell’eredità gollista che aveva dotato la Francia della bomba atomica proprio per non dipendere militarmente da Washington e poter dialogare francamente con Mosca.

E che contradirebbe anche l’audizione presso la Commissione della difesa nazionale e delle Forze Armate dell’Assemblea nazionale francese sul tema della dissuasione nucleare e le modifiche dei trattati in corso – tenutasi il 20 marzo 2019 – di Nicholas Roche, direttore degli affari strategici di sicurezza e del disarmo al Ministero dell’Europa e degli Affari esteri. Questa fu anche l’occasione per invitare i maggiori esperti militari dell’esercito francese a rendere conto dello stato di avanzamento della Force de frappe di Parigi nei diversi domini e a chiarire quali obiettivi strategici si volevano raggiungere grazie al possesso dell’arma nucleare. “E’ da ricordare in tutte le sedi diplomatiche e politiche internazionali che, se le armi nucleari devono rimanere, possono solo essere un deterrente, con la prospettiva dell’attuazione dell’articolo VI del TNP”, chiarì allora Roche, manifestando inoltre lo scetticismo di Parigi verso un’integrazione della Force de frappe con le forze nucleari di Londra.

Postura che difficilmente Macron riuscirà ora a cambiare.

La Francia alle prese con le proprie contraddizioni geopolitiche

Dopo aver minimizzato le capacità militari di Mosca per quasi tre anni, ora da Bruxelles e da alcune cancellerie europee si levano grida di allarme sulla minaccia incombente delle forze russe e sulla necessità di rispondere con sforzi straordinari.

Segue nostro Telegram.

Una delle premesse del piano di riarmo annunciato in pompa magna dalla Sig.ra Von Der Leyen – 800 miliardi di euro in 5 anni – consiste nella denuncia di una possibile invasione russa dell’Europa nei prossimi 5 anni. Dopo aver minimizzato le capacità militari di Mosca per quasi 3 anni, oggi da Bruxelles e da alcune cancellerie europee si leva un grido di allarme sulla minaccia incombente delle truppe russe e sulla necessità di farvi fronte con uno sforzo finanziario straordinario da parte dei vari Stati membri della UE.

Una voce autorevole controcorrente e naturalmente passata sotto silenzio nei giorni scorsi, è quella dell’attuale Ministro della Difesa di Parigi, Sebastien Lecornu, che ha evidentemente inteso stemperare le roboanti dichiarazioni di un Emmanuel Macron sempre più in crisi di legittimità.

Pur prendendo nota che dal 2007 ad oggi, l’atteggiamento del Cremlino nei confronti dell’allargamento della NATO ad Est è progressivamente e concretamente cambiato, Lecornu prende le distanze  non solo dall’aggressività del capo dell’Eliseo ma anche dalle affermazioni del boss del servizio segreto estero (BND), Bruno Kahl, secondo il quale “in termini umani e materiali, le forze armate russe saranno probabilmente in grado di portare a termine un attacco contro la NATO entro la fine di questo decennio”. Ciò avverrà tra cinque anni. E non è l’unico a fare questa valutazione. “La Russia probabilmente anticiperà un conflitto con la NATO entro il prossimo decennio”, avevano stimato i servizi segreti estoni nel febbraio 2024. La stessa osservazione è stata fatta in Danimarca, dove il FE (Forsvarets Efterretningstjeneste, intelligence militare) ha avvertito il mese scorso di una possibile “guerra su larga scala” in Europa entro cinque anni.

Nel suo discorso al popolo francese dello scorso 5 marzo, il presidente Macron sembra aver condiviso questa opinione: “Entro il 2030 la Russia prevede di aumentare ulteriormente il suo esercito, per avere 300.000 soldati in più, 3.000 carri armati in più e 300 aerei da combattimento in più. Chi può credere, in questo contesto, che la Russia di oggi si fermerà all’Ucraina? La Russia è diventata, nel momento stesso in cui vi parlo e negli anni a venire, una minaccia per la Francia e per l’Europa”.

Il Ministro della Difesa, Sébastien Lecornu, sulle pagine di La Tribune Dimanche del 9 marzo 2025, si è invece dimostrato più ragionevole: “Minimizzare la minaccia russa è assurdo, così come è altrettanto assurdo mostrare una forma di febbrilità a questo proposito. I russi stanno reinventando la guerra, questa è la loro grande forza. Stanno prendendo di mira la nostra democrazia e la nostra economia. La prossima campagna presidenziale potrebbe quindi essere oggetto di massicce manipolazioni (dimenticando che i leader del Rassemblement National, Le Pen e Bardella si sono schierati con Kiev, per cui non si capisce bene su quali cavalli potrebbe puntare Mosca per condizionare le elezioni francesi, n.d.r.) … Per quanto riguarda la nostra economia, la situazione è ancora più preoccupante. Ci sono, ad esempio, le destabilizzazioni dei flussi marittimi, dal Mar Rosso alle numerose navi della flotta fantasma civile russa che attaccano i cavi sottomarini o le infrastrutture energetiche (questa accusa è stata però smentita dagli stessi ispettori della NATO n.d.r.). Anche gli attacchi informatici stanno diventando più sofisticati. […] Può anche andare oltre: operazioni di sabotaggio, pianificazione di omicidi mirati contro personaggi chiave del mondo economico, interazioni aggressive con le nostre Forze armate, ecc.”, ha spiegato il signor Lecornu.

Quanto al rischio di un attacco russo a un Paese della NATO entro due o cinque anni, il Ministro della Difesa di Parigi lo ha respinto: “I nostri servizi [di intelligence] non dicono questo”, ha affermato. Tuttavia, ha aggiunto, è vero che Mosca “è tentata di destabilizzare la Moldavia attraverso la Transnistria” (eludendo il fatto che in Pridnestrovie nel 2006 si è tenuto referendum popolare per chiedere l’annessione della regione alla Federazione Russa, n.d.r.). “Anche i Paesi con minoranze russofone possono essere soggetti alla destabilizzazione russa”, ha poi affermato.

Ricordiamo che nel 2022 l’intelligence francese, in particolare la Direzione dei servizi militari [DRM] e la Direzione generale della sicurezza esterna [DGSE], è stata criticata per non aver previsto l’invasione dell’Ucraina e che Macron ne aveva approfittato per sostituire il capo della DRM, Eric Vidaud, in carica da soli 7 mesi. Fatto che Bernard Émié, allora direttore della DGSE, aveva vigorosamente contestato: “Abbiamo rilevato gli stessi movimenti di truppe russe dei nostri alleati. Anche se le nostre analisi potevano essere diverse, avevamo lo stesso livello di informazioni. L’unica differenza è il modo in cui queste informazioni sono state elaborate. Eravamo ancora in una fase di negoziazione e dialogo [con la Russia, ndr]. La CIA ha scelto di divulgare le sue informazioni di intelligence al grande pubblico. nella speranza di dissuadere Mosca dall’intervenire. Abbiamo tenuto segreti questi elementi perché non volevamo rivelare i nostri metodi di raccolta. Questo silenzio da parte nostra ha portato diversi organi di informazione a pensare che non lo sapessimo. Il che è falso”, ha spiegato il signor Émié in un’intervista a Le Point.

Ma le contraddizioni interne non riguardano solo le intenzioni della Russia, bensì un dossier altamente “scottante” come quello nucleare.

In Francia, assistiamo al ritorno di proposte per mettere la Force de frappe nazionale al servizio della difesa dell’Europa su un ampio spettro che va da una dichiarazione più assertiva sulla dimensione europea degli “interessi vitali” ad una deterrenza condivisa, se non addirittura a una forma di condivisione nucleare sotto una doppia chiave, secondo il modello di quanto praticato dalla NATO con diversi Paesi dell’Alleanza. Alcuni suggeriscono addirittura di potenziare l’arsenale dal punto di vista qualitativo e quantitativo per poter contrastare qualsiasi tipo di attacco. Pertanto, adattare apertamente la deterrenza all’Europa significherebbe non limitarsi agli attuali vettori aerei e sottomarini, ma dotarsi nuovamente di armi tattiche o addirittura potenziare le armi convenzionali.

Si tratterebbe di una stortura inedita e letale dello storico pensiero strategico francese sulla deterrenza nucleare; ogni riflessione e ogni correzione della posizione nazionale è stata, all’epoca della Guerra fredda, condannata come una deviazione pericolosa che comportava il rischio di una guerra e persino come un tradimento dell’eredità gollista che aveva dotato la Francia della bomba atomica proprio per non dipendere militarmente da Washington e poter dialogare francamente con Mosca.

E che contradirebbe anche l’audizione presso la Commissione della difesa nazionale e delle Forze Armate dell’Assemblea nazionale francese sul tema della dissuasione nucleare e le modifiche dei trattati in corso – tenutasi il 20 marzo 2019 – di Nicholas Roche, direttore degli affari strategici di sicurezza e del disarmo al Ministero dell’Europa e degli Affari esteri. Questa fu anche l’occasione per invitare i maggiori esperti militari dell’esercito francese a rendere conto dello stato di avanzamento della Force de frappe di Parigi nei diversi domini e a chiarire quali obiettivi strategici si volevano raggiungere grazie al possesso dell’arma nucleare. “E’ da ricordare in tutte le sedi diplomatiche e politiche internazionali che, se le armi nucleari devono rimanere, possono solo essere un deterrente, con la prospettiva dell’attuazione dell’articolo VI del TNP”, chiarì allora Roche, manifestando inoltre lo scetticismo di Parigi verso un’integrazione della Force de frappe con le forze nucleari di Londra.

Postura che difficilmente Macron riuscirà ora a cambiare.

Dopo aver minimizzato le capacità militari di Mosca per quasi tre anni, ora da Bruxelles e da alcune cancellerie europee si levano grida di allarme sulla minaccia incombente delle forze russe e sulla necessità di rispondere con sforzi straordinari.

Segue nostro Telegram.

Una delle premesse del piano di riarmo annunciato in pompa magna dalla Sig.ra Von Der Leyen – 800 miliardi di euro in 5 anni – consiste nella denuncia di una possibile invasione russa dell’Europa nei prossimi 5 anni. Dopo aver minimizzato le capacità militari di Mosca per quasi 3 anni, oggi da Bruxelles e da alcune cancellerie europee si leva un grido di allarme sulla minaccia incombente delle truppe russe e sulla necessità di farvi fronte con uno sforzo finanziario straordinario da parte dei vari Stati membri della UE.

Una voce autorevole controcorrente e naturalmente passata sotto silenzio nei giorni scorsi, è quella dell’attuale Ministro della Difesa di Parigi, Sebastien Lecornu, che ha evidentemente inteso stemperare le roboanti dichiarazioni di un Emmanuel Macron sempre più in crisi di legittimità.

Pur prendendo nota che dal 2007 ad oggi, l’atteggiamento del Cremlino nei confronti dell’allargamento della NATO ad Est è progressivamente e concretamente cambiato, Lecornu prende le distanze  non solo dall’aggressività del capo dell’Eliseo ma anche dalle affermazioni del boss del servizio segreto estero (BND), Bruno Kahl, secondo il quale “in termini umani e materiali, le forze armate russe saranno probabilmente in grado di portare a termine un attacco contro la NATO entro la fine di questo decennio”. Ciò avverrà tra cinque anni. E non è l’unico a fare questa valutazione. “La Russia probabilmente anticiperà un conflitto con la NATO entro il prossimo decennio”, avevano stimato i servizi segreti estoni nel febbraio 2024. La stessa osservazione è stata fatta in Danimarca, dove il FE (Forsvarets Efterretningstjeneste, intelligence militare) ha avvertito il mese scorso di una possibile “guerra su larga scala” in Europa entro cinque anni.

Nel suo discorso al popolo francese dello scorso 5 marzo, il presidente Macron sembra aver condiviso questa opinione: “Entro il 2030 la Russia prevede di aumentare ulteriormente il suo esercito, per avere 300.000 soldati in più, 3.000 carri armati in più e 300 aerei da combattimento in più. Chi può credere, in questo contesto, che la Russia di oggi si fermerà all’Ucraina? La Russia è diventata, nel momento stesso in cui vi parlo e negli anni a venire, una minaccia per la Francia e per l’Europa”.

Il Ministro della Difesa, Sébastien Lecornu, sulle pagine di La Tribune Dimanche del 9 marzo 2025, si è invece dimostrato più ragionevole: “Minimizzare la minaccia russa è assurdo, così come è altrettanto assurdo mostrare una forma di febbrilità a questo proposito. I russi stanno reinventando la guerra, questa è la loro grande forza. Stanno prendendo di mira la nostra democrazia e la nostra economia. La prossima campagna presidenziale potrebbe quindi essere oggetto di massicce manipolazioni (dimenticando che i leader del Rassemblement National, Le Pen e Bardella si sono schierati con Kiev, per cui non si capisce bene su quali cavalli potrebbe puntare Mosca per condizionare le elezioni francesi, n.d.r.) … Per quanto riguarda la nostra economia, la situazione è ancora più preoccupante. Ci sono, ad esempio, le destabilizzazioni dei flussi marittimi, dal Mar Rosso alle numerose navi della flotta fantasma civile russa che attaccano i cavi sottomarini o le infrastrutture energetiche (questa accusa è stata però smentita dagli stessi ispettori della NATO n.d.r.). Anche gli attacchi informatici stanno diventando più sofisticati. […] Può anche andare oltre: operazioni di sabotaggio, pianificazione di omicidi mirati contro personaggi chiave del mondo economico, interazioni aggressive con le nostre Forze armate, ecc.”, ha spiegato il signor Lecornu.

Quanto al rischio di un attacco russo a un Paese della NATO entro due o cinque anni, il Ministro della Difesa di Parigi lo ha respinto: “I nostri servizi [di intelligence] non dicono questo”, ha affermato. Tuttavia, ha aggiunto, è vero che Mosca “è tentata di destabilizzare la Moldavia attraverso la Transnistria” (eludendo il fatto che in Pridnestrovie nel 2006 si è tenuto referendum popolare per chiedere l’annessione della regione alla Federazione Russa, n.d.r.). “Anche i Paesi con minoranze russofone possono essere soggetti alla destabilizzazione russa”, ha poi affermato.

Ricordiamo che nel 2022 l’intelligence francese, in particolare la Direzione dei servizi militari [DRM] e la Direzione generale della sicurezza esterna [DGSE], è stata criticata per non aver previsto l’invasione dell’Ucraina e che Macron ne aveva approfittato per sostituire il capo della DRM, Eric Vidaud, in carica da soli 7 mesi. Fatto che Bernard Émié, allora direttore della DGSE, aveva vigorosamente contestato: “Abbiamo rilevato gli stessi movimenti di truppe russe dei nostri alleati. Anche se le nostre analisi potevano essere diverse, avevamo lo stesso livello di informazioni. L’unica differenza è il modo in cui queste informazioni sono state elaborate. Eravamo ancora in una fase di negoziazione e dialogo [con la Russia, ndr]. La CIA ha scelto di divulgare le sue informazioni di intelligence al grande pubblico. nella speranza di dissuadere Mosca dall’intervenire. Abbiamo tenuto segreti questi elementi perché non volevamo rivelare i nostri metodi di raccolta. Questo silenzio da parte nostra ha portato diversi organi di informazione a pensare che non lo sapessimo. Il che è falso”, ha spiegato il signor Émié in un’intervista a Le Point.

Ma le contraddizioni interne non riguardano solo le intenzioni della Russia, bensì un dossier altamente “scottante” come quello nucleare.

In Francia, assistiamo al ritorno di proposte per mettere la Force de frappe nazionale al servizio della difesa dell’Europa su un ampio spettro che va da una dichiarazione più assertiva sulla dimensione europea degli “interessi vitali” ad una deterrenza condivisa, se non addirittura a una forma di condivisione nucleare sotto una doppia chiave, secondo il modello di quanto praticato dalla NATO con diversi Paesi dell’Alleanza. Alcuni suggeriscono addirittura di potenziare l’arsenale dal punto di vista qualitativo e quantitativo per poter contrastare qualsiasi tipo di attacco. Pertanto, adattare apertamente la deterrenza all’Europa significherebbe non limitarsi agli attuali vettori aerei e sottomarini, ma dotarsi nuovamente di armi tattiche o addirittura potenziare le armi convenzionali.

Si tratterebbe di una stortura inedita e letale dello storico pensiero strategico francese sulla deterrenza nucleare; ogni riflessione e ogni correzione della posizione nazionale è stata, all’epoca della Guerra fredda, condannata come una deviazione pericolosa che comportava il rischio di una guerra e persino come un tradimento dell’eredità gollista che aveva dotato la Francia della bomba atomica proprio per non dipendere militarmente da Washington e poter dialogare francamente con Mosca.

E che contradirebbe anche l’audizione presso la Commissione della difesa nazionale e delle Forze Armate dell’Assemblea nazionale francese sul tema della dissuasione nucleare e le modifiche dei trattati in corso – tenutasi il 20 marzo 2019 – di Nicholas Roche, direttore degli affari strategici di sicurezza e del disarmo al Ministero dell’Europa e degli Affari esteri. Questa fu anche l’occasione per invitare i maggiori esperti militari dell’esercito francese a rendere conto dello stato di avanzamento della Force de frappe di Parigi nei diversi domini e a chiarire quali obiettivi strategici si volevano raggiungere grazie al possesso dell’arma nucleare. “E’ da ricordare in tutte le sedi diplomatiche e politiche internazionali che, se le armi nucleari devono rimanere, possono solo essere un deterrente, con la prospettiva dell’attuazione dell’articolo VI del TNP”, chiarì allora Roche, manifestando inoltre lo scetticismo di Parigi verso un’integrazione della Force de frappe con le forze nucleari di Londra.

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