Italiano
Lorenzo Maria Pacini
February 23, 2025
© Photo: Public domain

Il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha paragonato la Russia di Putin al Terzo Reich. A rispondere per le tristi parole del Presidente ci ha pensato una bella fetta del popolo italiano, che ha preso ufficialmente le distanze ed espresso sostegno alla Federazione Russa.

Segue nostro Telegram.

Non ci resta che piangere

Ci mancava solo questa: il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha paragonato la Russia di Putin al Terzo Reich.

Potrebbe sembrare un brutto scherzo, e invece è tutto vero. La Russia che ha aiutato l’Europa ad essere liberata dal nazismo, a costo della vita di molti uomini, viene brutalmente offesa dal Capo dello Stato. Una frase che manifesta non una mediocre ignoranza storico-politica, perché Mattarella sa bene come sono andato le cose, bensì una precisa volontà di ingannare capziosamente i cittadini.

Quale utilità vi è nell’associare la Russia di oggi con il nazismo? È pura propaganda, e persino di bassa lega.

Quella Russia che lotta contro l’Ucraina neonazista a cui l’Italia offre sostegno politico e militare, con un accordo di 10 anni siglato dal Primo Ministro Meloni a Kiev con Zelensky, suggellando l’alleanza con un governo illegittimo e golpista che fa della rievocazione del nazismo uno dei suoi cavalli di battaglia (letteralmente).

Il cortocircuito intellettuale della classe politica italiana è oltremodo ridicolo e inaccettabile sotto ogni profilo delle relazioni internazionali. La reazione provenuta dal Ministero degli Affari Esteri russo è stata legittima e fin troppo misurata.

Maria Zakharova, a tal proposito, ha espresso una posizione fortemente critica nei confronti delle aziende dell’Europa occidentale che hanno lasciato la Russia, sostenendo che non sia stata una scelta dettata da ragioni economiche, ma un’imposizione dei governi e della burocrazia dell’Unione Europea. Di conseguenza, queste aziende non dovrebbero più essere considerate meri operatori economici, ma strumenti di regimi ostili impegnati in una “guerra ibrida” contro la Russia. Alcune di esse vengono accusate di finanziare, da tre anni, azioni ostili che avrebbero causato la morte di cittadini russi.

La diplomatica ha anche sottolineato che qualsiasi tentativo, da parte di funzionari europei, di mettere in discussione il ruolo dell’Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale e la memoria dei soldati russi, dovrà comportare conseguenze economiche per le loro aziende. Ecco la stoccata all’Italia. Dritta al punto, come sempre.

Ha infatti richiamato l’attenzione su marchi di moda occidentali, accusandoli di legami con il nazismo o con regimi autoritari del passato (ad esempio, Hugo Boss per le uniformi naziste, Coco Chanel per presunti rapporti con i nazisti a Parigi, Balenciaga per il sostegno a Franco, e Dior per aver vestito le mogli di generali nazisti). Fatti storici di cui non si tiene gran conto. La  Russi, d’altronde, può vivere senza questi brand, ma non senza la propria memoria storica e un’economia indipendente. Perché sì, esistono ancora Paesi che non si sono venduti fino al ridicolo ai padroni di oltre oceano.

Una piccola ma coincisa lezione di postura politica, elementare ed elegante. Un quid che in Italia non sappiamo più dove stia di casa.

Una carica che tradisce se stessa

L’articolo 87, primo comma, della Costituzione attuale conferisce al Presidente della Repubblica il ruolo di garante dell’unità nazionale. Ma Mattarella quale unità ha rappresentato con le sue parole?

A rigor di norma giuridica, qualsiasi attacco irrispettoso nei suoi confronti rappresenta, come ha sottolineato anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, un’offesa all’intera Nazione. Tuttavia, lungi dall’essere una ripetizione superflua, questa espressione svolge una funzione essenziale di sintesi, attraverso la quale il Capo dello Stato tutela i principi di continuità, coesione e integrità costituzionale. Tra questi emergono in particolare il carattere democratico, la natura pluralistica e l’unitarietà dell’ordinamento giuridico nel suo complesso. Affinché l’unità nazionale sia costantemente preservata come un “plebiscito permanente” nel corso della sua evoluzione storica, è indispensabile che questa funzione rappresentativa sia esercitata con continuità per tutta la durata del mandato presidenziale, senza cedimenti, e garantendo un attento equilibrio tra i diversi interessi costituzionali coinvolti.

Diversamente, si rischierebbe una rappresentanza dell’unità nazionale “a intermittenza”, adattabile alle circostanze e ai momenti. Ma tale rappresentanza è stata davvero garantita durante la pandemia, quando chi sollevava dubbi giuridici, scientifici ed etici veniva regolarmente denigrato da parte dei media e di una certa opinione pubblica? Questo avveniva nonostante una normativa che non assicurava in alcun modo la tutela minima di quei diritti costituzionali sacrificati in favore della salute pubblica. E non basta richiamare le sentenze della Corte Costituzionale del 2023, che non hanno “salvato” l’obbligo vaccinale, ma si sono limitate a dichiarare non fondate (e in alcuni casi inammissibili) le questioni di legittimità sollevate incidentalmente. È importante ricordare che una sentenza di rigetto, nell’ordinamento italiano di giustizia costituzionale, non equivale a una dichiarazione di conformità alla Costituzione.

L’essere umano, con la sua dignità, dichiarata centrale nella struttura costituzionale in virtù del principio personalistico sancito dall’articolo 2 della Carta del 1948, è ancora considerato un fine in sé stesso dopo le pronunce del 2023? Oppure è diventato un mero strumento subordinato alla tutela della salute collettiva, i cui mezzi di protezione si sono poi rivelati inefficaci nel garantire un ambiente privo di contagio?

E dove si trovava la rappresentanza – intesa anche come tutela – dell’unità nazionale dopo l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht nel 1993? Questo trattato ha progressivamente modificato, senza revisioni costituzionali ex articolo 138, la natura dello Stato sociale di diritto, trasformandolo in un attore globalizzato pienamente integrato nei mercati finanziari, con profonde conseguenze sulla tenuta del principio di eguaglianza sostanziale sancito dal secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione italiana.

A rispondere per le tristi parole del Presidente ci ha pensato una bella fetta del popolo italiano, che ha preso ufficialmente le distanze ed espresso sostegno alla Federazione Russa. Perché la storia, ci piaccia o no, non si può cambiare, e nemmeno l’amicizia degli italiani per la Russia.

Mattarella, la Russia e quello squallido teatrino politico

Il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha paragonato la Russia di Putin al Terzo Reich. A rispondere per le tristi parole del Presidente ci ha pensato una bella fetta del popolo italiano, che ha preso ufficialmente le distanze ed espresso sostegno alla Federazione Russa.

Segue nostro Telegram.

Non ci resta che piangere

Ci mancava solo questa: il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha paragonato la Russia di Putin al Terzo Reich.

Potrebbe sembrare un brutto scherzo, e invece è tutto vero. La Russia che ha aiutato l’Europa ad essere liberata dal nazismo, a costo della vita di molti uomini, viene brutalmente offesa dal Capo dello Stato. Una frase che manifesta non una mediocre ignoranza storico-politica, perché Mattarella sa bene come sono andato le cose, bensì una precisa volontà di ingannare capziosamente i cittadini.

Quale utilità vi è nell’associare la Russia di oggi con il nazismo? È pura propaganda, e persino di bassa lega.

Quella Russia che lotta contro l’Ucraina neonazista a cui l’Italia offre sostegno politico e militare, con un accordo di 10 anni siglato dal Primo Ministro Meloni a Kiev con Zelensky, suggellando l’alleanza con un governo illegittimo e golpista che fa della rievocazione del nazismo uno dei suoi cavalli di battaglia (letteralmente).

Il cortocircuito intellettuale della classe politica italiana è oltremodo ridicolo e inaccettabile sotto ogni profilo delle relazioni internazionali. La reazione provenuta dal Ministero degli Affari Esteri russo è stata legittima e fin troppo misurata.

Maria Zakharova, a tal proposito, ha espresso una posizione fortemente critica nei confronti delle aziende dell’Europa occidentale che hanno lasciato la Russia, sostenendo che non sia stata una scelta dettata da ragioni economiche, ma un’imposizione dei governi e della burocrazia dell’Unione Europea. Di conseguenza, queste aziende non dovrebbero più essere considerate meri operatori economici, ma strumenti di regimi ostili impegnati in una “guerra ibrida” contro la Russia. Alcune di esse vengono accusate di finanziare, da tre anni, azioni ostili che avrebbero causato la morte di cittadini russi.

La diplomatica ha anche sottolineato che qualsiasi tentativo, da parte di funzionari europei, di mettere in discussione il ruolo dell’Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale e la memoria dei soldati russi, dovrà comportare conseguenze economiche per le loro aziende. Ecco la stoccata all’Italia. Dritta al punto, come sempre.

Ha infatti richiamato l’attenzione su marchi di moda occidentali, accusandoli di legami con il nazismo o con regimi autoritari del passato (ad esempio, Hugo Boss per le uniformi naziste, Coco Chanel per presunti rapporti con i nazisti a Parigi, Balenciaga per il sostegno a Franco, e Dior per aver vestito le mogli di generali nazisti). Fatti storici di cui non si tiene gran conto. La  Russi, d’altronde, può vivere senza questi brand, ma non senza la propria memoria storica e un’economia indipendente. Perché sì, esistono ancora Paesi che non si sono venduti fino al ridicolo ai padroni di oltre oceano.

Una piccola ma coincisa lezione di postura politica, elementare ed elegante. Un quid che in Italia non sappiamo più dove stia di casa.

Una carica che tradisce se stessa

L’articolo 87, primo comma, della Costituzione attuale conferisce al Presidente della Repubblica il ruolo di garante dell’unità nazionale. Ma Mattarella quale unità ha rappresentato con le sue parole?

A rigor di norma giuridica, qualsiasi attacco irrispettoso nei suoi confronti rappresenta, come ha sottolineato anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, un’offesa all’intera Nazione. Tuttavia, lungi dall’essere una ripetizione superflua, questa espressione svolge una funzione essenziale di sintesi, attraverso la quale il Capo dello Stato tutela i principi di continuità, coesione e integrità costituzionale. Tra questi emergono in particolare il carattere democratico, la natura pluralistica e l’unitarietà dell’ordinamento giuridico nel suo complesso. Affinché l’unità nazionale sia costantemente preservata come un “plebiscito permanente” nel corso della sua evoluzione storica, è indispensabile che questa funzione rappresentativa sia esercitata con continuità per tutta la durata del mandato presidenziale, senza cedimenti, e garantendo un attento equilibrio tra i diversi interessi costituzionali coinvolti.

Diversamente, si rischierebbe una rappresentanza dell’unità nazionale “a intermittenza”, adattabile alle circostanze e ai momenti. Ma tale rappresentanza è stata davvero garantita durante la pandemia, quando chi sollevava dubbi giuridici, scientifici ed etici veniva regolarmente denigrato da parte dei media e di una certa opinione pubblica? Questo avveniva nonostante una normativa che non assicurava in alcun modo la tutela minima di quei diritti costituzionali sacrificati in favore della salute pubblica. E non basta richiamare le sentenze della Corte Costituzionale del 2023, che non hanno “salvato” l’obbligo vaccinale, ma si sono limitate a dichiarare non fondate (e in alcuni casi inammissibili) le questioni di legittimità sollevate incidentalmente. È importante ricordare che una sentenza di rigetto, nell’ordinamento italiano di giustizia costituzionale, non equivale a una dichiarazione di conformità alla Costituzione.

L’essere umano, con la sua dignità, dichiarata centrale nella struttura costituzionale in virtù del principio personalistico sancito dall’articolo 2 della Carta del 1948, è ancora considerato un fine in sé stesso dopo le pronunce del 2023? Oppure è diventato un mero strumento subordinato alla tutela della salute collettiva, i cui mezzi di protezione si sono poi rivelati inefficaci nel garantire un ambiente privo di contagio?

E dove si trovava la rappresentanza – intesa anche come tutela – dell’unità nazionale dopo l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht nel 1993? Questo trattato ha progressivamente modificato, senza revisioni costituzionali ex articolo 138, la natura dello Stato sociale di diritto, trasformandolo in un attore globalizzato pienamente integrato nei mercati finanziari, con profonde conseguenze sulla tenuta del principio di eguaglianza sostanziale sancito dal secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione italiana.

A rispondere per le tristi parole del Presidente ci ha pensato una bella fetta del popolo italiano, che ha preso ufficialmente le distanze ed espresso sostegno alla Federazione Russa. Perché la storia, ci piaccia o no, non si può cambiare, e nemmeno l’amicizia degli italiani per la Russia.

Il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha paragonato la Russia di Putin al Terzo Reich. A rispondere per le tristi parole del Presidente ci ha pensato una bella fetta del popolo italiano, che ha preso ufficialmente le distanze ed espresso sostegno alla Federazione Russa.

Segue nostro Telegram.

Non ci resta che piangere

Ci mancava solo questa: il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha paragonato la Russia di Putin al Terzo Reich.

Potrebbe sembrare un brutto scherzo, e invece è tutto vero. La Russia che ha aiutato l’Europa ad essere liberata dal nazismo, a costo della vita di molti uomini, viene brutalmente offesa dal Capo dello Stato. Una frase che manifesta non una mediocre ignoranza storico-politica, perché Mattarella sa bene come sono andato le cose, bensì una precisa volontà di ingannare capziosamente i cittadini.

Quale utilità vi è nell’associare la Russia di oggi con il nazismo? È pura propaganda, e persino di bassa lega.

Quella Russia che lotta contro l’Ucraina neonazista a cui l’Italia offre sostegno politico e militare, con un accordo di 10 anni siglato dal Primo Ministro Meloni a Kiev con Zelensky, suggellando l’alleanza con un governo illegittimo e golpista che fa della rievocazione del nazismo uno dei suoi cavalli di battaglia (letteralmente).

Il cortocircuito intellettuale della classe politica italiana è oltremodo ridicolo e inaccettabile sotto ogni profilo delle relazioni internazionali. La reazione provenuta dal Ministero degli Affari Esteri russo è stata legittima e fin troppo misurata.

Maria Zakharova, a tal proposito, ha espresso una posizione fortemente critica nei confronti delle aziende dell’Europa occidentale che hanno lasciato la Russia, sostenendo che non sia stata una scelta dettata da ragioni economiche, ma un’imposizione dei governi e della burocrazia dell’Unione Europea. Di conseguenza, queste aziende non dovrebbero più essere considerate meri operatori economici, ma strumenti di regimi ostili impegnati in una “guerra ibrida” contro la Russia. Alcune di esse vengono accusate di finanziare, da tre anni, azioni ostili che avrebbero causato la morte di cittadini russi.

La diplomatica ha anche sottolineato che qualsiasi tentativo, da parte di funzionari europei, di mettere in discussione il ruolo dell’Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale e la memoria dei soldati russi, dovrà comportare conseguenze economiche per le loro aziende. Ecco la stoccata all’Italia. Dritta al punto, come sempre.

Ha infatti richiamato l’attenzione su marchi di moda occidentali, accusandoli di legami con il nazismo o con regimi autoritari del passato (ad esempio, Hugo Boss per le uniformi naziste, Coco Chanel per presunti rapporti con i nazisti a Parigi, Balenciaga per il sostegno a Franco, e Dior per aver vestito le mogli di generali nazisti). Fatti storici di cui non si tiene gran conto. La  Russi, d’altronde, può vivere senza questi brand, ma non senza la propria memoria storica e un’economia indipendente. Perché sì, esistono ancora Paesi che non si sono venduti fino al ridicolo ai padroni di oltre oceano.

Una piccola ma coincisa lezione di postura politica, elementare ed elegante. Un quid che in Italia non sappiamo più dove stia di casa.

Una carica che tradisce se stessa

L’articolo 87, primo comma, della Costituzione attuale conferisce al Presidente della Repubblica il ruolo di garante dell’unità nazionale. Ma Mattarella quale unità ha rappresentato con le sue parole?

A rigor di norma giuridica, qualsiasi attacco irrispettoso nei suoi confronti rappresenta, come ha sottolineato anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, un’offesa all’intera Nazione. Tuttavia, lungi dall’essere una ripetizione superflua, questa espressione svolge una funzione essenziale di sintesi, attraverso la quale il Capo dello Stato tutela i principi di continuità, coesione e integrità costituzionale. Tra questi emergono in particolare il carattere democratico, la natura pluralistica e l’unitarietà dell’ordinamento giuridico nel suo complesso. Affinché l’unità nazionale sia costantemente preservata come un “plebiscito permanente” nel corso della sua evoluzione storica, è indispensabile che questa funzione rappresentativa sia esercitata con continuità per tutta la durata del mandato presidenziale, senza cedimenti, e garantendo un attento equilibrio tra i diversi interessi costituzionali coinvolti.

Diversamente, si rischierebbe una rappresentanza dell’unità nazionale “a intermittenza”, adattabile alle circostanze e ai momenti. Ma tale rappresentanza è stata davvero garantita durante la pandemia, quando chi sollevava dubbi giuridici, scientifici ed etici veniva regolarmente denigrato da parte dei media e di una certa opinione pubblica? Questo avveniva nonostante una normativa che non assicurava in alcun modo la tutela minima di quei diritti costituzionali sacrificati in favore della salute pubblica. E non basta richiamare le sentenze della Corte Costituzionale del 2023, che non hanno “salvato” l’obbligo vaccinale, ma si sono limitate a dichiarare non fondate (e in alcuni casi inammissibili) le questioni di legittimità sollevate incidentalmente. È importante ricordare che una sentenza di rigetto, nell’ordinamento italiano di giustizia costituzionale, non equivale a una dichiarazione di conformità alla Costituzione.

L’essere umano, con la sua dignità, dichiarata centrale nella struttura costituzionale in virtù del principio personalistico sancito dall’articolo 2 della Carta del 1948, è ancora considerato un fine in sé stesso dopo le pronunce del 2023? Oppure è diventato un mero strumento subordinato alla tutela della salute collettiva, i cui mezzi di protezione si sono poi rivelati inefficaci nel garantire un ambiente privo di contagio?

E dove si trovava la rappresentanza – intesa anche come tutela – dell’unità nazionale dopo l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht nel 1993? Questo trattato ha progressivamente modificato, senza revisioni costituzionali ex articolo 138, la natura dello Stato sociale di diritto, trasformandolo in un attore globalizzato pienamente integrato nei mercati finanziari, con profonde conseguenze sulla tenuta del principio di eguaglianza sostanziale sancito dal secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione italiana.

A rispondere per le tristi parole del Presidente ci ha pensato una bella fetta del popolo italiano, che ha preso ufficialmente le distanze ed espresso sostegno alla Federazione Russa. Perché la storia, ci piaccia o no, non si può cambiare, e nemmeno l’amicizia degli italiani per la Russia.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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