Vi ricordate il Donald Trump nel suo primo mandato presidenziale, che non aveva iniziato nuove guerre? Tranquilli, è solo un brutto ricordo. L’America del 2025 torna alla conquista.
Un brutto vizio che non passa mai
Per qualche giorno (davvero per pochi giorni) il mondo intero aveva davvero creduto che Donald Trump, vincendo le elezioni, avrebbe portato il mondo ad un’era di pace e prosperità, entrando in relazione, e non in competizione, con gli altri Paesi dell’emergente mondo multipolare; c’è chi addirittura aveva creduto che il Governo americano sarebbe tornato ad occuparsi dei problemi degli americani, che non sono affatto pochi e che chiedono soluzioni con una certa urgenza, se vogliono evitare il collasso strutturale interno; c’è anche chi aveva teorizzato una sorta di “liberazione” dal globalismo e i suoi scarti, riportando la vera politica al centro e garantendo una rinascita della geopolitica americana e delle relazioni internazionali.
Ci spiace deludere tutti i benpensanti: Trump è un presidente degli Stati Uniti d’America e, come tale, pare che voglia fare quello che tutti i presidenti americani hanno fatto fino ad oggi, cioè la guerra di conquista globale.
Trump non si è ancora insediato alla Casa Bianca ed ha già minacciato di distruggere l’Iran, conquistare il Canada, espropriare la Groenlandia e sfruttare le terre del circolo polare artico, prendere Taiwan alla Cina, annettere Panama e cambiare il nome del Golfo del Messico in Golfo d’America, il tutto intimando all’Europa di alzare la spesa militare e imponendo sanzioni verso Est.
Nel frattempo, il suo più fidato collaboratore (o suo padrone) Elon Musk sta programmando non soltanto la transizione verso il transumanesimo di massa, ma anche la sostituzione di chiunque si opponga all’egemonia governativa statunitense, sia in patria che all’estero. Il tutto addolcito da concessioni sulla libertà di stampa ed espressione sui suoi social personali, facendo credere alla gente che si tratti di vera libertà, quando in realtà è una gabbia colorata interattiva.
Non c’è che dire, un vero capolavoro.
Make America Mexico Again
È una questione di punti di vista.
Gli americani, quelli veri, non sono gli americani che sono venuti dal Vecchio Continente, che erano un accumulo di reietti criminali mandati via dalle carceri stracolme. Il continente non si chiamava nemmeno “America”, ma la cancel culture è un qualcosa di iniziato molto prima dell’avvento del globalismo odierno e agli inglesi, ops, americani, piace molto. Gli americani veri sono stati sterminati o decimati e rinchiusi in riserve, come bestie in via d’estinzione. A loro nessuno ha chiesto cosa ne pensano di “fare di nuovo grande l’America”. Chissà come mai…
Stessa cosa vale per il Golfo del Messico, che Trump vorrebbe che diventasse il Golfo d’America. Geograficamente, sta forse proponendo la scomparsa o annessione del Messico? Non ce lo ha ancora fatto sapere tramite la sua sala stampa personale Truth, ma non abbiamo dubbi che presto il dubbio ci verrà tolto.
A tale proposito è stata brillante la risposta del Presidente messicano, Claudia Sheinbaum, che in una conferenza stampa dello scorso mercoledì ha risposto a Trump: «Ovviamente, il Golfo del Messico è riconosciuto dalle Nazioni Unite, ma perché non la chiamiamo America Messicana? Dal 1607 la costituzione di Apatzingán era quella dell’America messicana. Chiamiamola dunque America Messicana. E il Golfo del Messico, beh, dal 1607, è anche riconosciuto a livello internazionale» ed ha aggiunto «Penso che ieri il presidente Trump sia stato male informato, con tutto il rispetto, perché credo che gli abbiano detto che in Messico governavano ancora Felipe Calderón e García Luna, ma no, in Messico comanda il popolo».
Sarebbe interessante se i messicani avanzassero le – legittime – pretese di riavere i propri territori “americani”, visto che erano lì da molto prima dei coloni britannici. Un motto pertinente potrebbe essere Make America Mexico Again, come ha osservato l’amico giornalista Pepe Escobar.
Stuzzicare il Dragone Rosso
La Cina e gli Stati Uniti potrebbero dover affrontare una crisi su vasta scala nelle relazioni bilaterali e la minaccia di un conflitto militare , afferma un rapporto dell’Istituto per l’economia mondiale e le relazioni internazionali dell’Accademia russa delle scienze (disponibile presso RIA Novosti).
Gli autori del rapporto sottolineano che se entro la fine dell’anno Trump si convincerà che la pressione economica sulla Cina è inutile, potrebbe tentare di alzare la posta in gioco utilizzando la questione di Taiwan.
Pochi giorni fa, Trump non ha nominato il neocon Elbridge Colby, guerriero della Cina, sottosegretario alla Difesa sotto il neocon Pete Hegseth, guerriero dell’Iran.
Colby è uno dei più squilibrati neocon a favore della guerra, spesso scambiato per anti-interventista per essersi opposto alle guerre con la Russia e l’Iran, ma solo perché ritiene che tutti gli sforzi e le risorse dovrebbero essere spesi per la guerra con la Cina.
Sostiene il separatismo nella provincia insulare cinese di Taiwan, chiedendo all’amministrazione del Paese di spendere di più per le armi statunitensi e insiste sul fatto che il produttore di chip TSMC dovrebbe essere distrutto piuttosto che cadere nelle mani della “Cina” (Taiwan è riconosciuta anche dagli Stati Uniti come Cina).
Trump si è candidato su una piattaforma di drastico cambiamento, ma ha costruito un’amministrazione impegnata nella continuità ferrea del programma di espansionismo imperialista a stelle e strisce.
Stuzzicare la Cina continua ad essere uno dei passatempi più appassionanti per il biondo presidente, che già nel 2016, sotto la sua prima presidenza, aveva stretto non poco sulla questione cinese.
A tale riguardo, il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov nell’intervista di fine anno alla TASS ha dichiarato: «Non facciamo ipotesi sui piani della futura amministrazione statunitense; questo è il lavoro degli scienziati politici. Se valutiamo la situazione complessiva della regione, essa continua a deteriorarsi. Gli Stati Uniti e i loro satelliti dichiarano il loro impegno per il principio di “una sola Cina”, ma insistono nel mantenere lo status quo, che implica il mantenimento della situazione attuale a tempo indeterminato». Ed ha aggiunto «Nel frattempo, gli americani intraprendono azioni provocatorie nello Stretto di Taiwan, forniscono armi a Taipei e sviluppano un dialogo quasi politico con le autorità del Paese. Tutto questo insieme contribuisce senza dubbio alla crescita dei sentimenti separatisti. Questi metodi sono molto simili a quelli usati in passato dagli americani per stabilire un punto d’appoggio anti-russo in Ucraina».
Se gli USA saranno davvero in grado di sostenere un conflitto convenzionale con la Cina, questo non lo sappiamo con esattezza, ma quello che è certo è che la Cina non ha intenzione di cedere per nessun motivo alla dottrina dell’unità cinese e non indietreggerà davanti all’arroganza statunitense.
L’Iran che non dà pace
Similmente avviene per l’Iran, una vera e propria spina nel fianco per l’amministrazione di Washington.
È l’unica regione del Medio Oriente ad essere rimasta fuori dal controllo americano. Non ci sono banche targate USA, non ci sono basi militari americane e non vi è la tutela dell’interesse politico americano. In poche parole, il “regno del male”. Se vi aggiungiamo che sono pure anti-sionisti, ecco che si manifesta il diavolo in persona.
Trump non può permettersi di interrompere lo sviluppo del progetto del Grande Israele e la ricostruzione del Terzio Tempio, per il quale ha promosso a lungo gli Accordi di Abramo.
Parlando con Mark Levin di Fox News, Mike Waltz, il prossimo consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha affermato che “i terroristi” si sono “infiltrati nei nostri confini” e ha dichiarato che «[ISIS, Al-Qaeda, Hamas] non hanno ricevuto il memo che l’amministrazione Biden ha deciso che la guerra al terrorismo era finita». Waltz ha sottolineato che l’amministrazione Trump intende «assicurare la giusta postura all’estero dal punto di vista della sicurezza nazionale».
Come parte di uno “sforzo più ampio e a medio termine”, ha discusso i piani per un’iniziativa intergovernativa per contrastare la “radicalizzazione” monitorando “moschee, individui, università, professori – e chi più ne ha più ne metta – che rappresentano una minaccia per gli Stati Uniti e stanno radicalizzando individui per danneggiare gli Stati Uniti”. In particolare, ha messo in guardia contro gli individui con un visto da studente che si impegnano in proteste o radicalizzano altre persone, sottolineando che saranno rapidamente espulsi.
Ha quindi aggiunto che l’amministrazione Trump ha in programma di attuare un completo cambiamento filosofico e di sicurezza nazionale per quanto riguarda la politica del Medio Oriente, sostenendo che «i problemi in Medio Oriente provengono in larga misura da Teheran, non da Tel Aviv». Inutile dire che ha ribadito l’impegno dell’amministrazione a sostenere Israele. Le priorità dell’amministrazione includono l’allineamento di Israele con gli Stati arabi del Golfo per contrastare l’Iran, il ripristino della massima pressione economica sull’Iran e l’interruzione della vendita di petrolio iraniano.
Secondo le parole di Waltz, l’entusiasmo di Trump nel compiere “passi avanti storici” nella riduzione dei conflitti di lunga data in Medio Oriente, descrivendoli come “sempre più piccoli” grazie alla diplomazia strategica, passa attraverso un instancabile attacco agli Houthi, la cui decimazione è parte dell’agenda americana.
Toccatemi tutto, ma non la mia egemonia
Perché, in fin dei conti, il punto è sempre il solito: l’ordine basato sulle regole non può essere messo in discussione. Chi lo fa, prima o dopo deve essere neutralizzato.
È così che Trump è pronto a scatenare la guerra globale per poi addossare la colpa ad una lunga serie di capri espiatori già individuati nel bestiario politico internazionale. Ovviamente, laddove è possibile, verranno promosse solo proxy wars, perché il lavoro sporco è sempre meglio farlo fare a qualcun altro.
Fatti alla mano, pensare a Trump come ad un salvatore è fuorviante: vuole salvare i suoi interessi e quelli dell’America imperialista, non certo la pace multipolare ed un nuovo ordine mondiale.