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Stefano Vernole
December 15, 2025
© Photo: Public domain

L’isteria militare in Europa sta prendendo piede, ma gli europei sono davvero pronti a scontrarsi con la Russia, che combatterà con tutte le sue forze?

Segue nostro Telegram.

La sensazione di tutti è che ci stiamo ormai avviando verso un momento decisivo per il futuro ordine mondiale.

Il probabile e forse inevitabile fallimento delle trattative di pace sull’Ucraina potrebbe far sprofondare il Pianeta in una crisi incontrollabile: l’ideologia ha ormai preso il sopravvento sulla realtà e ciò è quanto di più pericoloso possa avvenire durante un conflitto.

Nel giro di pochi giorni abbiamo assistito ad una serie di dichiarazioni infuocate che lasciano presagire come la strada del confronto militare diretto NATO-Russia sia ormai in discesa.

Il Ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha avvertito che bisogna prepararsi a combattere contro Mosca entro il 2029 ma che i tempi potrebbero anche accorciarsi.

Il Capo di Stato Maggiore francese Fabien Mandon ha sottolineato che il Paese deve essere pronto a perdere i propri figli in guerra.

L’Ammiraglio italiano Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare dell’Alleanza Atlantica, ha rilasciato un’intervista in cui afferma che la Nato sta valutando di essere “più aggressiva” nella risposta agli attacchi informatici, ai sabotaggi e alle violazioni dello spazio aereo della Russia (la cui responsabilità peraltro non è mai stata dimostrata) e che un “attacco preventivo” potrebbe essere considerato “un’azione difensiva”.

Il Premier inglese Keir Starmer, nel corso della recente riunione dei “volenterosi”, ha chiesto che a tutti i principali Paesi europei che sostengono l’Ucraina – Gran Bretagna in testa – venga consentito di inviare truppe in Ucraina in base a qualsiasi accordo di pace con la Russia. Il Primo Ministro britannico ha esortato gli altri leader mondiali a intensificare la pianificazione per unirsi allo spiegamento, che ha definito una parte essenziale delle garanzie di sicurezza per Kiev.

Il Wall Street Journal è venuto a conoscenza di un monumentale documento classificato di 1.200 pagine dove si descrive in dettaglio come fino a 800.000 soldati tedeschi, statunitensi e di altre forze NATO, sarebbero trasportati verso Est, lungo la linea del fronte ucraino. Descrive i porti, i fiumi, le ferrovie e le strade che andrebbero percorsi, e come i soldati sarebbero stati riforniti e protetti durante il tragitto.

Francia e Ucraina hanno recentemente firmato un accordo per la fornitura di nuovi armamenti ma da tempo Macron valuta l’invio di truppe di Parigi al fronte, specie nella zona di Odessa: “Soldati francesi, britannici e turchi saranno presenti quando verrà firmata la pace per condurre operazioni di addestramento e sicurezza”, ha specificato il Capo dell’Eliseo.

Il Ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, valuta una riforma della leva militare “per avere una forza immediatamente disponibile”: per fare cosa è abbastanza intuibile. Il Capo del Governo Giorgia Meloni promette un nuovo decreto entro la fine dell’anno per l’invio di altre armi italiane all’Ucraina.

Gli Stati Uniti fingono di essere un mediatore imparziale e di cercare “la pace in Ucraina” dopo essere stato il motore principale del conflitto per decenni, eppure ancora oggi le operazioni di intelligence ucraine sono dirette dalla CIA utilizzando tecnologia ISR e quella dei droni di comunicazione USA per colpire le esportazioni energetiche russe e paralizzare l’economia di Mosca. Washington obbliga gli europei a cessare le importazioni di gas naturale e petrolio dalla Russia per costringere il Cremlino ad un compromesso ritenuto inaccettabile dalle forze patriottiche del Paese, negando così la realtà sul campo, quello di un esercito russo che dopo aver liberato il territorio di Kursk prosegue imperterrito la sua marcia verso le regioni ucraine contese.

Naturalmente, la risposta del Cremlino è stata netta.

Non solo la Russia è già pronta a rispondere ad un’eventuale aggressione diretta della NATO ma in tal caso non si tratterà di un conflitto “chirurgico” come quello combattuto in Ucraina, bensì di una guerra risolutiva grazie alla superiorità di Mosca nel campo degli armamenti nucleari e dei missili balistici. Quella contro l’Europa non verrà considerata “una guerra civile” e la Russia si toglierà i guanti, al contrario di quanto successo finora in Ucraina.

Se l’aggressività europea sia solo un bluff per convincere i Paesi europei ad uscire dalla recessione economica abbracciando la politica di riarmo della NATO voluta dagli Stati Uniti (che piazzeranno nella U.E. tutte le loro armi in eccesso), è presto per dirlo.

Tuttavia, bisogna rilevare come il rischio “incidente” o la “false flag” siano sempre dietro l’angolo.

La classe dirigente atlantista non può d’altronde ammettere la sconfitta subita sul campo di battaglia ucraino, in quanto ha giocato tutte le sue carte e la sua credibilità sulla “vittoria di Kiev”; Trump sta approfittando della situazione di caos per sostituire alcuni leader europei con politici più idonei al proprio obiettivo strategico: tenere impegnata la Russia sul Vecchio Continente grazie ai vassalli di Bruxelles e contemporaneamente rivolgere il potenziale militare statunitense contro la Cina.

Eppure una soluzione di compromesso potrebbe essere trovata anche solo riconoscendo quanto è avvenuto in passato.

Le aggressioni NATO e angloamericane alla ex Jugoslavia e all’Iraq si sono concluse con una Risoluzione delle Nazioni Unite che ha giustificato solo ex post il conflitto. Paesi come la Turchia (a Cipro) e Israele (in Palestina, in Libano e in Siria) continuano ad occupare porzioni di territorio senza alcun riconoscimento internazionale. Diversi Paesi della NATO hanno avallato il referendum illegittimo per la secessione del Kosovo dalla Serbia, in contraddizione con quanto previsto dalla Risoluzione ONU 1244.

Al contrario, la questione tra Russia e Ucraina continua ad essere considerata “sacra” e nessuna concessione territoriale può essere fatta da Kiev. Dimenticando che anche secondo il diritto internazionale “Il diritto del popolo di usare la forza, al pari dell’interdizione per lo Stato di reprimere con le armi le legittime aspirazioni di un popolo all’autodeterminazione, trova invece il suo fondamento nel quadro dello stesso principio dell’autodeterminazione, in quanto ne costituisce uno dei corollari. Tale prerogativa del popolo, l’uso della forza, è altresì uno strumento fornito dal diritto internazionale generale, di cui lo stesso principio di autodeterminazione è parte integrante, per garantire al popolo l’effettivo esercizio del suo diritto all’autodeterminazione.” (Alberta Fabbricotti, “Legittima difesa e autodeterminazione dei popoli”, Treccani, 2012).

Perché questo principio è stato riconosciuto agli albanesi del Kosmet e non alle popolazioni russofone del Donbass e delle altre regioni ucraine in cui vivono?

Il doppio standard geopolitico adottato dagli U.S.A. e dalla U.E. poteva forse sopravvivere quando il mondo era unipolare: adesso, tale contraddizione non è più sostenibile.

“U.E.-Russia-U.S.A.-NATO: momenti decisivi”

L’isteria militare in Europa sta prendendo piede, ma gli europei sono davvero pronti a scontrarsi con la Russia, che combatterà con tutte le sue forze?

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La sensazione di tutti è che ci stiamo ormai avviando verso un momento decisivo per il futuro ordine mondiale.

Il probabile e forse inevitabile fallimento delle trattative di pace sull’Ucraina potrebbe far sprofondare il Pianeta in una crisi incontrollabile: l’ideologia ha ormai preso il sopravvento sulla realtà e ciò è quanto di più pericoloso possa avvenire durante un conflitto.

Nel giro di pochi giorni abbiamo assistito ad una serie di dichiarazioni infuocate che lasciano presagire come la strada del confronto militare diretto NATO-Russia sia ormai in discesa.

Il Ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha avvertito che bisogna prepararsi a combattere contro Mosca entro il 2029 ma che i tempi potrebbero anche accorciarsi.

Il Capo di Stato Maggiore francese Fabien Mandon ha sottolineato che il Paese deve essere pronto a perdere i propri figli in guerra.

L’Ammiraglio italiano Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare dell’Alleanza Atlantica, ha rilasciato un’intervista in cui afferma che la Nato sta valutando di essere “più aggressiva” nella risposta agli attacchi informatici, ai sabotaggi e alle violazioni dello spazio aereo della Russia (la cui responsabilità peraltro non è mai stata dimostrata) e che un “attacco preventivo” potrebbe essere considerato “un’azione difensiva”.

Il Premier inglese Keir Starmer, nel corso della recente riunione dei “volenterosi”, ha chiesto che a tutti i principali Paesi europei che sostengono l’Ucraina – Gran Bretagna in testa – venga consentito di inviare truppe in Ucraina in base a qualsiasi accordo di pace con la Russia. Il Primo Ministro britannico ha esortato gli altri leader mondiali a intensificare la pianificazione per unirsi allo spiegamento, che ha definito una parte essenziale delle garanzie di sicurezza per Kiev.

Il Wall Street Journal è venuto a conoscenza di un monumentale documento classificato di 1.200 pagine dove si descrive in dettaglio come fino a 800.000 soldati tedeschi, statunitensi e di altre forze NATO, sarebbero trasportati verso Est, lungo la linea del fronte ucraino. Descrive i porti, i fiumi, le ferrovie e le strade che andrebbero percorsi, e come i soldati sarebbero stati riforniti e protetti durante il tragitto.

Francia e Ucraina hanno recentemente firmato un accordo per la fornitura di nuovi armamenti ma da tempo Macron valuta l’invio di truppe di Parigi al fronte, specie nella zona di Odessa: “Soldati francesi, britannici e turchi saranno presenti quando verrà firmata la pace per condurre operazioni di addestramento e sicurezza”, ha specificato il Capo dell’Eliseo.

Il Ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, valuta una riforma della leva militare “per avere una forza immediatamente disponibile”: per fare cosa è abbastanza intuibile. Il Capo del Governo Giorgia Meloni promette un nuovo decreto entro la fine dell’anno per l’invio di altre armi italiane all’Ucraina.

Gli Stati Uniti fingono di essere un mediatore imparziale e di cercare “la pace in Ucraina” dopo essere stato il motore principale del conflitto per decenni, eppure ancora oggi le operazioni di intelligence ucraine sono dirette dalla CIA utilizzando tecnologia ISR e quella dei droni di comunicazione USA per colpire le esportazioni energetiche russe e paralizzare l’economia di Mosca. Washington obbliga gli europei a cessare le importazioni di gas naturale e petrolio dalla Russia per costringere il Cremlino ad un compromesso ritenuto inaccettabile dalle forze patriottiche del Paese, negando così la realtà sul campo, quello di un esercito russo che dopo aver liberato il territorio di Kursk prosegue imperterrito la sua marcia verso le regioni ucraine contese.

Naturalmente, la risposta del Cremlino è stata netta.

Non solo la Russia è già pronta a rispondere ad un’eventuale aggressione diretta della NATO ma in tal caso non si tratterà di un conflitto “chirurgico” come quello combattuto in Ucraina, bensì di una guerra risolutiva grazie alla superiorità di Mosca nel campo degli armamenti nucleari e dei missili balistici. Quella contro l’Europa non verrà considerata “una guerra civile” e la Russia si toglierà i guanti, al contrario di quanto successo finora in Ucraina.

Se l’aggressività europea sia solo un bluff per convincere i Paesi europei ad uscire dalla recessione economica abbracciando la politica di riarmo della NATO voluta dagli Stati Uniti (che piazzeranno nella U.E. tutte le loro armi in eccesso), è presto per dirlo.

Tuttavia, bisogna rilevare come il rischio “incidente” o la “false flag” siano sempre dietro l’angolo.

La classe dirigente atlantista non può d’altronde ammettere la sconfitta subita sul campo di battaglia ucraino, in quanto ha giocato tutte le sue carte e la sua credibilità sulla “vittoria di Kiev”; Trump sta approfittando della situazione di caos per sostituire alcuni leader europei con politici più idonei al proprio obiettivo strategico: tenere impegnata la Russia sul Vecchio Continente grazie ai vassalli di Bruxelles e contemporaneamente rivolgere il potenziale militare statunitense contro la Cina.

Eppure una soluzione di compromesso potrebbe essere trovata anche solo riconoscendo quanto è avvenuto in passato.

Le aggressioni NATO e angloamericane alla ex Jugoslavia e all’Iraq si sono concluse con una Risoluzione delle Nazioni Unite che ha giustificato solo ex post il conflitto. Paesi come la Turchia (a Cipro) e Israele (in Palestina, in Libano e in Siria) continuano ad occupare porzioni di territorio senza alcun riconoscimento internazionale. Diversi Paesi della NATO hanno avallato il referendum illegittimo per la secessione del Kosovo dalla Serbia, in contraddizione con quanto previsto dalla Risoluzione ONU 1244.

Al contrario, la questione tra Russia e Ucraina continua ad essere considerata “sacra” e nessuna concessione territoriale può essere fatta da Kiev. Dimenticando che anche secondo il diritto internazionale “Il diritto del popolo di usare la forza, al pari dell’interdizione per lo Stato di reprimere con le armi le legittime aspirazioni di un popolo all’autodeterminazione, trova invece il suo fondamento nel quadro dello stesso principio dell’autodeterminazione, in quanto ne costituisce uno dei corollari. Tale prerogativa del popolo, l’uso della forza, è altresì uno strumento fornito dal diritto internazionale generale, di cui lo stesso principio di autodeterminazione è parte integrante, per garantire al popolo l’effettivo esercizio del suo diritto all’autodeterminazione.” (Alberta Fabbricotti, “Legittima difesa e autodeterminazione dei popoli”, Treccani, 2012).

Perché questo principio è stato riconosciuto agli albanesi del Kosmet e non alle popolazioni russofone del Donbass e delle altre regioni ucraine in cui vivono?

Il doppio standard geopolitico adottato dagli U.S.A. e dalla U.E. poteva forse sopravvivere quando il mondo era unipolare: adesso, tale contraddizione non è più sostenibile.

L’isteria militare in Europa sta prendendo piede, ma gli europei sono davvero pronti a scontrarsi con la Russia, che combatterà con tutte le sue forze?

Segue nostro Telegram.

La sensazione di tutti è che ci stiamo ormai avviando verso un momento decisivo per il futuro ordine mondiale.

Il probabile e forse inevitabile fallimento delle trattative di pace sull’Ucraina potrebbe far sprofondare il Pianeta in una crisi incontrollabile: l’ideologia ha ormai preso il sopravvento sulla realtà e ciò è quanto di più pericoloso possa avvenire durante un conflitto.

Nel giro di pochi giorni abbiamo assistito ad una serie di dichiarazioni infuocate che lasciano presagire come la strada del confronto militare diretto NATO-Russia sia ormai in discesa.

Il Ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha avvertito che bisogna prepararsi a combattere contro Mosca entro il 2029 ma che i tempi potrebbero anche accorciarsi.

Il Capo di Stato Maggiore francese Fabien Mandon ha sottolineato che il Paese deve essere pronto a perdere i propri figli in guerra.

L’Ammiraglio italiano Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare dell’Alleanza Atlantica, ha rilasciato un’intervista in cui afferma che la Nato sta valutando di essere “più aggressiva” nella risposta agli attacchi informatici, ai sabotaggi e alle violazioni dello spazio aereo della Russia (la cui responsabilità peraltro non è mai stata dimostrata) e che un “attacco preventivo” potrebbe essere considerato “un’azione difensiva”.

Il Premier inglese Keir Starmer, nel corso della recente riunione dei “volenterosi”, ha chiesto che a tutti i principali Paesi europei che sostengono l’Ucraina – Gran Bretagna in testa – venga consentito di inviare truppe in Ucraina in base a qualsiasi accordo di pace con la Russia. Il Primo Ministro britannico ha esortato gli altri leader mondiali a intensificare la pianificazione per unirsi allo spiegamento, che ha definito una parte essenziale delle garanzie di sicurezza per Kiev.

Il Wall Street Journal è venuto a conoscenza di un monumentale documento classificato di 1.200 pagine dove si descrive in dettaglio come fino a 800.000 soldati tedeschi, statunitensi e di altre forze NATO, sarebbero trasportati verso Est, lungo la linea del fronte ucraino. Descrive i porti, i fiumi, le ferrovie e le strade che andrebbero percorsi, e come i soldati sarebbero stati riforniti e protetti durante il tragitto.

Francia e Ucraina hanno recentemente firmato un accordo per la fornitura di nuovi armamenti ma da tempo Macron valuta l’invio di truppe di Parigi al fronte, specie nella zona di Odessa: “Soldati francesi, britannici e turchi saranno presenti quando verrà firmata la pace per condurre operazioni di addestramento e sicurezza”, ha specificato il Capo dell’Eliseo.

Il Ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, valuta una riforma della leva militare “per avere una forza immediatamente disponibile”: per fare cosa è abbastanza intuibile. Il Capo del Governo Giorgia Meloni promette un nuovo decreto entro la fine dell’anno per l’invio di altre armi italiane all’Ucraina.

Gli Stati Uniti fingono di essere un mediatore imparziale e di cercare “la pace in Ucraina” dopo essere stato il motore principale del conflitto per decenni, eppure ancora oggi le operazioni di intelligence ucraine sono dirette dalla CIA utilizzando tecnologia ISR e quella dei droni di comunicazione USA per colpire le esportazioni energetiche russe e paralizzare l’economia di Mosca. Washington obbliga gli europei a cessare le importazioni di gas naturale e petrolio dalla Russia per costringere il Cremlino ad un compromesso ritenuto inaccettabile dalle forze patriottiche del Paese, negando così la realtà sul campo, quello di un esercito russo che dopo aver liberato il territorio di Kursk prosegue imperterrito la sua marcia verso le regioni ucraine contese.

Naturalmente, la risposta del Cremlino è stata netta.

Non solo la Russia è già pronta a rispondere ad un’eventuale aggressione diretta della NATO ma in tal caso non si tratterà di un conflitto “chirurgico” come quello combattuto in Ucraina, bensì di una guerra risolutiva grazie alla superiorità di Mosca nel campo degli armamenti nucleari e dei missili balistici. Quella contro l’Europa non verrà considerata “una guerra civile” e la Russia si toglierà i guanti, al contrario di quanto successo finora in Ucraina.

Se l’aggressività europea sia solo un bluff per convincere i Paesi europei ad uscire dalla recessione economica abbracciando la politica di riarmo della NATO voluta dagli Stati Uniti (che piazzeranno nella U.E. tutte le loro armi in eccesso), è presto per dirlo.

Tuttavia, bisogna rilevare come il rischio “incidente” o la “false flag” siano sempre dietro l’angolo.

La classe dirigente atlantista non può d’altronde ammettere la sconfitta subita sul campo di battaglia ucraino, in quanto ha giocato tutte le sue carte e la sua credibilità sulla “vittoria di Kiev”; Trump sta approfittando della situazione di caos per sostituire alcuni leader europei con politici più idonei al proprio obiettivo strategico: tenere impegnata la Russia sul Vecchio Continente grazie ai vassalli di Bruxelles e contemporaneamente rivolgere il potenziale militare statunitense contro la Cina.

Eppure una soluzione di compromesso potrebbe essere trovata anche solo riconoscendo quanto è avvenuto in passato.

Le aggressioni NATO e angloamericane alla ex Jugoslavia e all’Iraq si sono concluse con una Risoluzione delle Nazioni Unite che ha giustificato solo ex post il conflitto. Paesi come la Turchia (a Cipro) e Israele (in Palestina, in Libano e in Siria) continuano ad occupare porzioni di territorio senza alcun riconoscimento internazionale. Diversi Paesi della NATO hanno avallato il referendum illegittimo per la secessione del Kosovo dalla Serbia, in contraddizione con quanto previsto dalla Risoluzione ONU 1244.

Al contrario, la questione tra Russia e Ucraina continua ad essere considerata “sacra” e nessuna concessione territoriale può essere fatta da Kiev. Dimenticando che anche secondo il diritto internazionale “Il diritto del popolo di usare la forza, al pari dell’interdizione per lo Stato di reprimere con le armi le legittime aspirazioni di un popolo all’autodeterminazione, trova invece il suo fondamento nel quadro dello stesso principio dell’autodeterminazione, in quanto ne costituisce uno dei corollari. Tale prerogativa del popolo, l’uso della forza, è altresì uno strumento fornito dal diritto internazionale generale, di cui lo stesso principio di autodeterminazione è parte integrante, per garantire al popolo l’effettivo esercizio del suo diritto all’autodeterminazione.” (Alberta Fabbricotti, “Legittima difesa e autodeterminazione dei popoli”, Treccani, 2012).

Perché questo principio è stato riconosciuto agli albanesi del Kosmet e non alle popolazioni russofone del Donbass e delle altre regioni ucraine in cui vivono?

Il doppio standard geopolitico adottato dagli U.S.A. e dalla U.E. poteva forse sopravvivere quando il mondo era unipolare: adesso, tale contraddizione non è più sostenibile.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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