Migliaia di giovani africani, così come della diaspora europea, nord – americana, latino – americana e delle comunità presenti in Asia, hanno partecipato alla conferenza svoltasi in Ghana per rivendicare dall’Occidente Collettivo le riparazioni per il colonialismo, il neocolonialismo e per la tratta degli schiavi
Migliaia di giovani africani, così come della diaspora europea, nord – americana, latino – americana e delle comunità presenti in Asia, hanno partecipato alla conferenza svoltasi in Ghana per rivendicare dall’Occidente Collettivo le riparazioni per il colonialismo, il neocolonialismo e per la tratta degli schiavi, tanto che hanno elaborato una “Dichiarazione di Accra sulla Giustizia Riparativa”, scritta dai delegati del Fronte Progressista Panafricano riunitosi il 18 e 19 novembre 2025 nella capitale ghanese, insieme ai tanti invitati convenuti: politici, studiosi, attivisti, autorità tradizionali e organizzazioni della società civile, tutti uniti dal comune intento di pretendere le riparazioni per il secolare sfruttamento fatto di schiavismo, colonialismo, neo – colonialismo, apartheid.
La dichiarazione riconosce come imperativi morali, legali ed economici le riparazioni e chiede negoziati strutturati con le ex potenze coloniali per giungere alla loro elargizione, tale risarcimento deve prevedere la riabilitazione delle vittime, la condanna storica dei colpevoli, oltreché stabilire garanzie di non ripetizione.
La volontà dei delegati è stata quella di immaginare un’azione globale coordinata che possa promuovere un nuovo ordine internazionale e sostenere lo sviluppo del multipolarismo, con la volontà di ritrovarsi nel 2026 e verificare i passi in avanti realizzati.
La giustizia riparativa vuole essere considerata essenziale per il panafricanismo del XXI secolo al pari dell’autodeterminazione economica e della giustizia sociale, tutti temi che i convenuti intendono porre con forza nell’agenda dell’Unione Africana. Una petizione è stata trasmessa al Parlamento Europeo, chiedendo l’applicazione dei risarcimenti, anche se vi è da dubitare che gli eurocrati siano veramente disponibili a discuterne.
Alla chiusura della conferenza, svoltasi presso l’Università del Ghana, i partecipanti, tra cui folte delegazioni da Cuba e delle nazioni dell’Alleanza degli Stati del Sahel, si è molto sottolineato l’importanza di far conoscere alle nuove generazione africane il pensiero panafricano a partire dall’elaborazione teorica e politica di Kwame Nkrumah.
Il panafricanismo ha infatti con Kwame Nkrumah il suo primo e probabilmente massimo teorico. Questo pensiero politico non si fonda sul semplice e approssimativo incontro tra cristianesimo, marxismo e teoria della negritudine, come per lungo tempo i compiaciuti denigratori di questo pensiero politico hanno provato a propagandare, tentando di minimizzarne il valore culturale, al pari dell’impatto sociale, politico e storico, quanto piuttosto lo sviluppo di una ideologia propria dei popoli africani dentro un cammino di emancipazione, indipendenza e ricerca di una sovranità autenticamente esercitata.
Kwame Nkrumah aveva compreso perfettamente il tragico rischio del neocolonialismo, ovvero di un’indipendenza elargita benevolmente dai colonialisti, un dono fatto di inno e di bandiera, per perpetuare, neppure troppo occultamente, il continuo, feroce, violento furto di tutte le ricchezze nazionali, energetiche, minerarie e alimentari. Di più, Kwame Nkrumah è sempre stato pienamente consapevole di quanto un’autentica emancipazione sociale, politica, economica, culturale e artistica fosse possibile solo dentro la lotta antimperialista nella costruzione della vittoria contro il neocolonialismo. Al proposito Kwame Nkrumah ha con perfetta lucidità esplicitato come il famelico desiderio di ricchezza e di potere delle micro – borghesie locali post – coloniali, le melliflue commissioni occidentali di partenariato, aiuto e assistenza tecnica, un vago e diffuso neo – tribalismo spacciato come dimensione identitaria, fossero tutti potenti e perversi strumenti di potere del neocolonialismo, dal quale solo oggi, a oltre mezzo secolo da quelle prime e per molti aspetti effimere indipendenze, le nazioni dell’Africa paiono capaci finalmente di liberarsi. In Burkina Faso il Memoriale e mausoleo di Ouagadougou aperto recentemente e dedicato a Thomas Sankara vuole infatti essere, oltre a un luogo di memoria e di omaggio alle salme del capitano e dei suoi compagni, un centro di studi dedicati alla lotta contro il neo – colonialismo, segnalando proprio nel pensiero panafricanista di Kwame Nkrumah una delle grande elaborazioni teoriche africane da studiare e approfondire.
In quella metà degli anni ‘60 il presidente del Ghana, scrivendo per il quotidiano che ha accompagnato la sua rivoluzione indipendentista coronata nel 1957, “The Spark”, ovvero “La Scintilla”, dai chiari riferimenti alla leniniana pubblicazione d’inizio Novecento, coglie nella frattura sino – sovietica un elemento critico non solo per il movimento comunista mondiale, ma anche e soprattutto per i paesi del Sud del mondo, quello che oggi chiamiamo Sud Globale. Interessante come all’interno del Movimento dei Non Allineati Kwame Nkrumah non facesse mistero negli incontri con lo jugoslavo Josif Broz Tito, l’egiziano Gamal Abd el Nasser, il cubano Fidel Castro, di voler orientare quella organizzazione verso una stretta alleanza con gli altri attori dello scenario planetario antimperialista. Certo, Kwame Nkrumah condivideva la scelta del non allineamento di porre il tema del Sud Globale, le sue ragioni, le sue necessità, la sua voce, come fondamentale per i destini della terra, ben più della contrapposizione tra il campo sovietico e quello occidentale dettati dalla Guerra Fredda, ma allo stesso tempo, conformemente a una analisi scevra da pregiudizi e fondamentalmente radicata nella concretezza della realtà del suo tempo, ha visto con tutta evidenza chiaramente la necessità della costruzione di un fronte più ampio, necessario per sconfiggere il nemico principale, ovvero l’imperialismo atlantico, capace da Washington di orientare, dirigere e coordinare tutta l’attività di spoliazione neo-coloniale condotta a danno di Africa, Asia e America Latina.
L’intuizione di Kwame Nkrumah è capace di travalicare la contingenza del suo tempo, infatti il grande teorico e statista vede nell’alleanza russo – cinese il fondamento della vittoria globale contro l’imperialismo di matrice statunitense, ovvero preconizza, per molti aspetti, l’avvento di quel multipolarismo indirizzato da Mosca e da Pechino che si è dispiegato con tutta evidenza solo con il XXI secolo.
Il panafricanismo dunque non solo come semplice ideologia volta al conseguimento dell’unità africana, alla valorizzazione delle sue culture, alla vittoria di una sostanziale ed esaustiva autonomia economica e politica, ma anche e soprattutto come bastione e baluardo di una più vasto cammino emancipativo dell’umanità verso traguardi di maggiore giustizia sociale, cooperazione, interscambio solidale e dunque di maggiore uguaglianza tra i popoli e le nazioni.
Solo ascrivendo il panafricanismo dentro la sua cornice di più ampia e più considerevole portata si potranno cogliere tutti gli elementi di cui è latore, senza dimenticare il particolare contributo di Kwame Nkrumah a sostegno dell’Africa australe in quegli anni ‘60 angariata dalla brutale violenza dell’apartheid in Sudafrica e Namibia, così come dalla persistenza del colonialismo portoghese in Angola e Mozambico e di quello britannico nella Rhodesia che sarebbe diventata libera solo nel 1980 come Zimbabwe.
Kwame Nkrumah ha relazioni dirette tanto con i comunisti sudafricani e i ragazzi dell’African National Congress di Nelson Mandela, così come Sam Nujoma, combattente per la libertà della Namibia e guida dello SWAPO, l’Organizzazione Popolare dell’Africa del Sud-Ovest che per un trentennio condurrà il lungo cammino verso l’indipendenza e la libertà della sua terra conseguita nel 1990. In egual modo Kwame Nkrumah ha una solida amicizia con António Agostinho Neto, futuro primo presidente dell’Angola dal 1975 al 1979 e dagli anni ‘60 massimo esponente del Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola – MPLA, così come con Samora Machel comandante rivoluzionario, militare e politico marxista del FRELIMO, il Fronte di Liberazione del Mozambico, anch’egli nel 1975 primo presidente della sua terra finalmente libera.
Kwame Nkrumah ha sempre considerato, ben lontano da vaghe e approssimative generalizzazioni, l’Africa come spazio unitario, non meramente geografico, ma politico, certamente senza sottovalutare la molteplicità etnico – culturale del continente, in “Verso la libertà dal colonialismo”, tra i suoi scritti più significativi, elaborato nello scorcio conclusivo della Seconda Guerra Mondiale, ma editato soltanto nei primi anni ‘60, scrive: “l‘Africa è una perché tutta, egualmente e interamente, è stata sottoposta allo sfruttamento imperialistico e alla depauperizzazione delle sue risorse culturali e umane: con la tratta degli schiavi, con la rapina delle sue ricchezze minerarie, con l’impiego sfruttatore in loco e nelle metropoli dei colonizzatori della sua forza – lavoro. Dobbiamo operare per fare incamminare l’Africa verso la liberazione economica, ma anche e soprattutto per gestire noi stessi africani l’indipendenza che vogliamo e dobbiamo conseguire.”


