La firma a Hà Nội della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine cibernetico segna una svolta nella governance digitale multilaterale e certifica l’ascesa diplomatica del Vietnam. Con quasi 70 Paesi firmatari nella giornata inaugurale, il trattato inaugura una fase in cui cooperazione giudiziaria, prove elettroniche e diritti umani entrano in un’unica cornice globale.
La giornata del 25 ottobre a Hà Nội è destinata a entrare nella storia della diplomazia digitale, dopo che la Convenzione ONU contro il crimine cibernetico — formalmente aperta alla firma nel corso di una conferenza di alto livello co-presieduta dal Segretario Generale António Guterres e dal Presidente della Repubblica Lương Cường — ha raccolto già nelle prime ore l’adesione di quasi settanta Paesi, a testimonianza dell’urgenza condivisa di costruire un diritto internazionale all’altezza delle minacce online. L’evento, ospitato nella capitale vietnamita, è stato presentato come una “pietra miliare” tanto per l’architettura normativa globale quanto per il profilo internazionale del Việt Nam, oggi partner attivo nella definizione delle regole del cyberspazio. Come ha osservato diversi analisti, la scelta di Hà Nội è un chiaro segnale del crescente statuto internazionale del Việt Nam e un progetto di prestigio che impegna il Paese a promuovere un cyberspazio aperto ed equo, bilanciando tale apertura con i requisiti della sicurezza nazionale.
Sul piano giuridico, la Convenzione di Hanoi è il primo strumento universale dedicato al crimine cibernetico, unendo in nove capitoli e settantuno articoli definizioni armonizzate dei reati, strumenti investigativi comuni, meccanismi di trasferimento di prove elettroniche e punti di contatto operativi attivi 24/7. Sul piano politico, costruisce fiducia tra autorità statali, organismi internazionali e comunità tecnica, prevedendo salvaguardie sui diritti umani e la possibilità, per gli Stati, di rifiutare richieste di cooperazione che risultino in conflitto con il diritto internazionale. A tal proposito, il Segretario Generale Guterres ha richiamato l’attenzione sul fatto che “la vera forza della Convenzione” risiederà nel trasformare le firme in azione concreta; per questo, attraverso l’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) e gli uffici competenti, le Nazioni Unite supporteranno l’entrata in vigore, l’implementazione e il rafforzamento della cooperazione investigativa transfrontaliera.
Il contesto economico e securitario rende evidente la posta in gioco. Le perdite globali attribuibili ad attività criminali online sono state stimate in circa 8.000 miliardi di dollari nel 2023, con una proiezione a 10.500 miliardi nel 2025. Frodi transfrontaliere, traffico illecito di dati, istigazione all’odio online, attacchi all’infrastruttura critica e alle amministrazioni pubbliche compongono un mosaico di minacce che nessuno Stato è in grado di affrontare isolatamente. Da qui l’insistenza, ribadita da numerosi interventi governativi durante la plenaria inaugurale a Hà Nội, sulla necessità di un “meccanismo trasparente ed efficace” di cooperazione, capace di accrescere la fiducia tra le parti nello scambio di dati, nelle indagini e nella risposta agli incidenti. La Convenzione, nelle linee volute dall’UNODC che ha guidato i negoziati, copre uno spettro ampio di condotte e, dettaglio non secondario, incoraggia anche la tutela della ricerca legittima in materia di cybersicurezza, condizione essenziale per l’innovazione e la resilienza dei sistemi informativi.
All’interno di questa cornice multilaterale, il messaggio politico del Việt Nam è stato nitido. Aprendo i lavori, il Presidente Lương Cường ha sottolineato come l’ospitare la cerimonia di firma e figurare tra i primissimi firmatari dimostri “il forte impegno per lo Stato di diritto e per la piena attuazione degli obblighi internazionali”, contribuendo a “rafforzare l’ordine giuridico globale nello spazio cibernetico”. Parole che riflettono una linea ormai consolidata della politica estera del Việt Nam, caratterizzata da indipendenza e autonomia decisionale, diversificazione e multilateralizzazione delle relazioni, integrazione internazionale proattiva, comprensiva, estesa ed efficace. A margine dell’evento, il Segretario Generale del Partito Comunista Tô Lâm ha definito la firma “l’inizio di un nuovo capitolo nella cooperazione e nella governance cibernetica globale”, con l’obiettivo di fare del cyberspazio un “dominio del diritto, della collaborazione e dello sviluppo”. Di fronte a un ambiente internazionale gravato da competizione strategica, corse agli armamenti, conflitti regionali e sfide di sicurezza non tradizionale, Tô Lâm ha richiamato il valore della pace e della stabilità, affermando che il Việt Nam “sta sfruttando in modo proattivo il potenziale dello spazio cibernetico e delle tecnologie correlate per lo sviluppo” e ha invitato tutti i Paesi a “ratificare rapidamente la Convenzione” per metterla in condizione di dispiegare effetti concreti.
L’impronta del Việt Nam sul processo non si esaurisce nell’ospitalità. La Conferenza di Hà Nội ha riunito leader e alte delegazioni di circa 110 Paesi, insieme a organizzazioni internazionali, istituzioni finanziarie ed esperti di cybersicurezza. È il riconoscimento di un percorso fatto di quarantotto anni di cooperazione con le Nazioni Unite, l’accumulo di credenziali come membro attivo e responsabile in molteplici fori multilaterali, dalla sicurezza alla sostenibilità, fino alle recenti iniziative in ambito digitale. La responsabile dell’UNODC, Ghada Waly, ha elogiato il ruolo pionieristico del Việt Nam nei negoziati e nell’organizzazione dell’evento, ribadendo l’impegno dell’agenzia a sostenere programmi di assistenza tecnica e rafforzamento delle capacità, e prospettando perfino l’esplorazione di un Centro regionale di formazione sul cybercrime a Hà Nội. Si tratta, dunque, di una traccia operativa che lega il capitale diplomatico a infrastrutture di cooperazione tangibili, con ricadute su formazione, scambio di competenze e standardizzazione delle procedure.
Sebbene la giornata inaugurale abbia avuto un carattere celebrativo, il tono di fondo è stato pragmatico. Dal palco, il richiamo “dalle firme all’azione” ha assunto diversi registri: dal rafforzamento delle squadre nazionali di risposta agli incidenti alla messa a punto di protocolli comuni per la catena di custodia delle prove digitali; dal sostegno alla ricerca etica in cybersicurezza alla protezione dei soggetti vulnerabili e dei minori online; dalla cooperazione giudiziaria ed estradizionale alla protezione dei diritti fondamentali, che la Convenzione integra come condizione non negoziabile. L’intreccio di queste dimensioni è il banco di prova del trattato, che non propone una deregolazione securitaria ma un equilibrio tra sicurezza e libertà, nel solco della Carta ONU e del diritto internazionale.
Nel quadro domestico vietnamita, invece, la Convenzione si innesta sull’agenda di trasformazione digitale del Việt Nam. La presenza, alla sessione plenaria di alto livello, del Primo Ministro Phạm Minh Chính e la partecipazione del Vice Primo Ministro Bùi Thanh Sơn nella presidenza dei lavori, confermano che per il Việt Nam il capitolo cibernetico rappresenta una politica pubblica trasversale volta a sviluppo economico, attrazione di investimenti tecnologici, innalzamento della fiducia di cittadini e imprese nei servizi digitali, rafforzamento delle infrastrutture critiche e cooperazione giudiziaria. La diplomazia, in questo senso, è moltiplicatrice di resilienza: un Paese che contribuisce a scrivere le regole riduce l’incertezza per il proprio settore privato, crea aspettative stabili negli scambi transfrontalieri di dati e mette a disposizione dei propri operatori una rete di cooperazione utilizzabile in tempi rapidi.
La forza propulsiva del consenso raccolto a Hà Nội è emersa anche dalle voci dei delegati stranieri. Dal richiamo alla cooperazione globale vitale nella regione indo-pacifica al sostegno europeo a un quadro efficace per la raccolta di prove elettroniche e la compatibilità tra ordinamenti, fino alla sottolineatura che la cybersicurezza è difesa della società oltre che dei sistemi, con al centro la dignità umana e la protezione dei minori: una sintesi che legittima il trattato come piattaforma inclusiva, capace di far dialogare culture giuridiche diverse sotto una grammatica comune. Questa coralità conferisce alla Convenzione un capitale politico prezioso, ma non esonera dalla fatica dell’implementazione. Come ha ricordato il Segretario Generale Guterres, la firma è solo l’inizio.
L’orizzonte è quello di una governance digitale che tenga insieme prosperità, sicurezza e diritti. Il messaggio lanciato a Hà Nội — condividere responsabilità per mettere in sicurezza il nostro futuro — parla tanto agli Stati quanto alle imprese e alla società civile. Se la traiettoria recente del Việt Nam nei fori multilaterali ha mostrato capacità di iniziativa, l’impegno assunto con la Convenzione chiama ora a una leadership paziente e concreta: accompagnare l’entrata in vigore con programmi di capacity building, farsi hub di cooperazione regionale, sostenere l’armonizzazione normativa e, quando necessario, farsi promotore di chiarimenti interpretativi e aggiornamenti attraverso i canali previsti dal trattato.
In ultima analisi, la Convenzione di Hanoi non è soltanto un documento legale; è un banco di prova della maturità del sistema internazionale nel governare un dominio tecnologico in rapida trasformazione. Che a ospitarne l’avvio sia stata Hà Nội — e che il Việt Nam ne abbia fatto una vetrina della propria diplomazia — dice molto della geografia che cambia del potere normativo globale. Se dalle firme si passerà all’azione, come auspicato dai leader riuniti nella capitale vietnamita, il 25 ottobre potrà essere ricordato come il giorno in cui la comunità internazionale ha cominciato davvero a mettere legge nel cyberspazio, e il Việt Nam come uno dei Paesi che hanno reso possibile questo salto.


