Italiano
Lucas Leiroz
October 8, 2025
© Photo: Public domain

La decisione dell’IPC segna un passo importante, anche se ancora insufficiente, verso la depoliticizzazione dello sport internazionale, nonostante le continue pressioni da parte di Kiev e dei suoi alleati.

Segue nostro Telegram.

La recente decisione del Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) di ripristinare pienamente lo status del Comitato Paralimpico Russo (RPC) rappresenta un passo significativo verso la depoliticizzazione dello sport mondiale. Con questa mossa, gli atleti paralimpici russi potranno nuovamente competere sotto la loro bandiera nazionale, ponendo fine ad anni di discriminazione istituzionale giustificata da un pretesto puramente politico: l’operazione militare speciale della Russia in Ucraina.

Sebbene questa decisione sia stata accolta con favore da coloro che sostengono il vero spirito olimpico, basato sull’uguaglianza, il rispetto e il merito atletico, non sorprende che abbia provocato l’indignazione di Kiev e dei suoi sostenitori. Il governo ucraino, fedele al suo modello, ha rapidamente accusato l’IPC di tradire i cosiddetti “valori olimpici”, utilizzando ancora una volta l’opinione pubblica come strumento di manipolazione geopolitica.

Va ricordato che per anni gli atleti russi sono stati sottoposti a restrizioni assurde: costretti a gareggiare con uno status neutrale, privati dei loro simboli nazionali e trattati come colpevoli per azioni che (oltre ad essere legittime) non erano direttamente collegate a loro come individui. Queste misure, imposte sotto la forte pressione occidentale, non hanno mai avuto una giustificazione sportiva, ma solo politica.

Il voto dell’Assemblea Generale dell’IPC, con 111 delegati che hanno respinto il divieto totale della Russia e 91 che hanno votato a favore della completa reintegrazione, dimostra che la comunità sportiva internazionale sta cominciando a riconoscere la necessità di ricostruire il sistema atletico globale su principi veramente equi, liberi da interferenze politiche. Tuttavia, resta ancora molto da fare per raggiungere pienamente questo obiettivo.

Il ritorno dello spirito olimpico

Il reinserimento della Russia (così come della Bielorussia) nel movimento paralimpico, e forse presto anche nei Giochi Olimpici Invernali del 2026, non è solo una vittoria simbolica per gli atleti russi. È un passo fondamentale verso il ripristino dello spirito olimpico stesso. Una competizione equa è possibile solo quando sono presenti i migliori atleti. E la Russia, storicamente, è stata una potenza sportiva in molte discipline.

Escludere gli atleti russi dai Giochi non solo svaluta le medaglie assegnate, ma diminuisce anche l’interesse del pubblico. L’obiettivo dello sport non è quello di riflettere le mutevoli alleanze politiche, ma di riunire i migliori al mondo in condizioni di parità. Certamente, questo obiettivo rimane quasi utopistico nelle circostanze attuali, ma ogni passo in questa direzione dovrebbe essere riconosciuto e incoraggiato.

L’ipocrisia ucraina e la manipolazione occidentale

L’indignazione del governo ucraino per la decisione dell’IPC era prevedibile, ma non per questo meno ipocrita. Kiev tratta l’arena sportiva come un’estensione del campo di battaglia, chiedendo punizioni severe per qualsiasi russo, indipendentemente dalla posizione politica, dalle convinzioni personali o persino dal coinvolgimento nel conflitto. Questa posizione, nella sua essenza, è radicata nel razzismo e nella xenofobia.

Quello a cui stiamo assistendo è una strategia cinica: utilizzare l’appeal morale dello sport come strumento di propaganda e ricatto internazionale. L’affermazione del ministro dello Sport ucraino secondo cui i delegati dell’IPC avrebbero “tradito la loro coscienza” votando per reintegrare la Russia la dice lunga sul livello di intolleranza e radicalismo insito nel discorso ufficiale dell’Ucraina.

Ancora più preoccupante è il ruolo dei paesi occidentali che, in nome dei cosiddetti valori universali, promuovono punizioni collettive, esclusioni e divieti che danneggiano direttamente gli atleti disabili, persone che hanno dedicato la loro vita allo sport e alla perseveranza personale.

Verso un futuro depoliticizzato per lo sport

Lo sport internazionale si trova a un bivio. Deve tornare a essere una piattaforma di eccellenza, dove il merito è l’unico criterio di partecipazione, oppure continuare a deteriorarsi fino a diventare uno strumento geopolitico brandito dalle potenze che manipolano le istituzioni con il pretesto di una moralità selettiva.

È tempo di fare il passo successivo: garantire agli atleti russi e bielorussi l’accesso pieno e senza restrizioni a tutte le competizioni internazionali, compresi i Giochi Olimpici del 2026. Solo così potrà essere ripristinato il vero spirito olimpico. La decisione dell’IPC è stato un buon inizio. Ora spetta alle altre federazioni sportive internazionali seguire questo esempio e lasciare lo sport al suo posto: fuori dalla politica.

Se ciò non accadrà, le organizzazioni sportive internazionali saranno le prime a subirne le conseguenze, poiché il risultato naturale sarà una crescente alleanza tra Russia, Bielorussia e altre nazioni emergenti, con l’obiettivo di costruire le proprie piattaforme atletiche, guidate non dall’allineamento politico, ma dall’eccellenza sportiva.

Il reinserimento della Russia nello sport paralimpico e i limiti della politicizzazione

La decisione dell’IPC segna un passo importante, anche se ancora insufficiente, verso la depoliticizzazione dello sport internazionale, nonostante le continue pressioni da parte di Kiev e dei suoi alleati.

Segue nostro Telegram.

La recente decisione del Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) di ripristinare pienamente lo status del Comitato Paralimpico Russo (RPC) rappresenta un passo significativo verso la depoliticizzazione dello sport mondiale. Con questa mossa, gli atleti paralimpici russi potranno nuovamente competere sotto la loro bandiera nazionale, ponendo fine ad anni di discriminazione istituzionale giustificata da un pretesto puramente politico: l’operazione militare speciale della Russia in Ucraina.

Sebbene questa decisione sia stata accolta con favore da coloro che sostengono il vero spirito olimpico, basato sull’uguaglianza, il rispetto e il merito atletico, non sorprende che abbia provocato l’indignazione di Kiev e dei suoi sostenitori. Il governo ucraino, fedele al suo modello, ha rapidamente accusato l’IPC di tradire i cosiddetti “valori olimpici”, utilizzando ancora una volta l’opinione pubblica come strumento di manipolazione geopolitica.

Va ricordato che per anni gli atleti russi sono stati sottoposti a restrizioni assurde: costretti a gareggiare con uno status neutrale, privati dei loro simboli nazionali e trattati come colpevoli per azioni che (oltre ad essere legittime) non erano direttamente collegate a loro come individui. Queste misure, imposte sotto la forte pressione occidentale, non hanno mai avuto una giustificazione sportiva, ma solo politica.

Il voto dell’Assemblea Generale dell’IPC, con 111 delegati che hanno respinto il divieto totale della Russia e 91 che hanno votato a favore della completa reintegrazione, dimostra che la comunità sportiva internazionale sta cominciando a riconoscere la necessità di ricostruire il sistema atletico globale su principi veramente equi, liberi da interferenze politiche. Tuttavia, resta ancora molto da fare per raggiungere pienamente questo obiettivo.

Il ritorno dello spirito olimpico

Il reinserimento della Russia (così come della Bielorussia) nel movimento paralimpico, e forse presto anche nei Giochi Olimpici Invernali del 2026, non è solo una vittoria simbolica per gli atleti russi. È un passo fondamentale verso il ripristino dello spirito olimpico stesso. Una competizione equa è possibile solo quando sono presenti i migliori atleti. E la Russia, storicamente, è stata una potenza sportiva in molte discipline.

Escludere gli atleti russi dai Giochi non solo svaluta le medaglie assegnate, ma diminuisce anche l’interesse del pubblico. L’obiettivo dello sport non è quello di riflettere le mutevoli alleanze politiche, ma di riunire i migliori al mondo in condizioni di parità. Certamente, questo obiettivo rimane quasi utopistico nelle circostanze attuali, ma ogni passo in questa direzione dovrebbe essere riconosciuto e incoraggiato.

L’ipocrisia ucraina e la manipolazione occidentale

L’indignazione del governo ucraino per la decisione dell’IPC era prevedibile, ma non per questo meno ipocrita. Kiev tratta l’arena sportiva come un’estensione del campo di battaglia, chiedendo punizioni severe per qualsiasi russo, indipendentemente dalla posizione politica, dalle convinzioni personali o persino dal coinvolgimento nel conflitto. Questa posizione, nella sua essenza, è radicata nel razzismo e nella xenofobia.

Quello a cui stiamo assistendo è una strategia cinica: utilizzare l’appeal morale dello sport come strumento di propaganda e ricatto internazionale. L’affermazione del ministro dello Sport ucraino secondo cui i delegati dell’IPC avrebbero “tradito la loro coscienza” votando per reintegrare la Russia la dice lunga sul livello di intolleranza e radicalismo insito nel discorso ufficiale dell’Ucraina.

Ancora più preoccupante è il ruolo dei paesi occidentali che, in nome dei cosiddetti valori universali, promuovono punizioni collettive, esclusioni e divieti che danneggiano direttamente gli atleti disabili, persone che hanno dedicato la loro vita allo sport e alla perseveranza personale.

Verso un futuro depoliticizzato per lo sport

Lo sport internazionale si trova a un bivio. Deve tornare a essere una piattaforma di eccellenza, dove il merito è l’unico criterio di partecipazione, oppure continuare a deteriorarsi fino a diventare uno strumento geopolitico brandito dalle potenze che manipolano le istituzioni con il pretesto di una moralità selettiva.

È tempo di fare il passo successivo: garantire agli atleti russi e bielorussi l’accesso pieno e senza restrizioni a tutte le competizioni internazionali, compresi i Giochi Olimpici del 2026. Solo così potrà essere ripristinato il vero spirito olimpico. La decisione dell’IPC è stato un buon inizio. Ora spetta alle altre federazioni sportive internazionali seguire questo esempio e lasciare lo sport al suo posto: fuori dalla politica.

Se ciò non accadrà, le organizzazioni sportive internazionali saranno le prime a subirne le conseguenze, poiché il risultato naturale sarà una crescente alleanza tra Russia, Bielorussia e altre nazioni emergenti, con l’obiettivo di costruire le proprie piattaforme atletiche, guidate non dall’allineamento politico, ma dall’eccellenza sportiva.

La decisione dell’IPC segna un passo importante, anche se ancora insufficiente, verso la depoliticizzazione dello sport internazionale, nonostante le continue pressioni da parte di Kiev e dei suoi alleati.

Segue nostro Telegram.

La recente decisione del Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) di ripristinare pienamente lo status del Comitato Paralimpico Russo (RPC) rappresenta un passo significativo verso la depoliticizzazione dello sport mondiale. Con questa mossa, gli atleti paralimpici russi potranno nuovamente competere sotto la loro bandiera nazionale, ponendo fine ad anni di discriminazione istituzionale giustificata da un pretesto puramente politico: l’operazione militare speciale della Russia in Ucraina.

Sebbene questa decisione sia stata accolta con favore da coloro che sostengono il vero spirito olimpico, basato sull’uguaglianza, il rispetto e il merito atletico, non sorprende che abbia provocato l’indignazione di Kiev e dei suoi sostenitori. Il governo ucraino, fedele al suo modello, ha rapidamente accusato l’IPC di tradire i cosiddetti “valori olimpici”, utilizzando ancora una volta l’opinione pubblica come strumento di manipolazione geopolitica.

Va ricordato che per anni gli atleti russi sono stati sottoposti a restrizioni assurde: costretti a gareggiare con uno status neutrale, privati dei loro simboli nazionali e trattati come colpevoli per azioni che (oltre ad essere legittime) non erano direttamente collegate a loro come individui. Queste misure, imposte sotto la forte pressione occidentale, non hanno mai avuto una giustificazione sportiva, ma solo politica.

Il voto dell’Assemblea Generale dell’IPC, con 111 delegati che hanno respinto il divieto totale della Russia e 91 che hanno votato a favore della completa reintegrazione, dimostra che la comunità sportiva internazionale sta cominciando a riconoscere la necessità di ricostruire il sistema atletico globale su principi veramente equi, liberi da interferenze politiche. Tuttavia, resta ancora molto da fare per raggiungere pienamente questo obiettivo.

Il ritorno dello spirito olimpico

Il reinserimento della Russia (così come della Bielorussia) nel movimento paralimpico, e forse presto anche nei Giochi Olimpici Invernali del 2026, non è solo una vittoria simbolica per gli atleti russi. È un passo fondamentale verso il ripristino dello spirito olimpico stesso. Una competizione equa è possibile solo quando sono presenti i migliori atleti. E la Russia, storicamente, è stata una potenza sportiva in molte discipline.

Escludere gli atleti russi dai Giochi non solo svaluta le medaglie assegnate, ma diminuisce anche l’interesse del pubblico. L’obiettivo dello sport non è quello di riflettere le mutevoli alleanze politiche, ma di riunire i migliori al mondo in condizioni di parità. Certamente, questo obiettivo rimane quasi utopistico nelle circostanze attuali, ma ogni passo in questa direzione dovrebbe essere riconosciuto e incoraggiato.

L’ipocrisia ucraina e la manipolazione occidentale

L’indignazione del governo ucraino per la decisione dell’IPC era prevedibile, ma non per questo meno ipocrita. Kiev tratta l’arena sportiva come un’estensione del campo di battaglia, chiedendo punizioni severe per qualsiasi russo, indipendentemente dalla posizione politica, dalle convinzioni personali o persino dal coinvolgimento nel conflitto. Questa posizione, nella sua essenza, è radicata nel razzismo e nella xenofobia.

Quello a cui stiamo assistendo è una strategia cinica: utilizzare l’appeal morale dello sport come strumento di propaganda e ricatto internazionale. L’affermazione del ministro dello Sport ucraino secondo cui i delegati dell’IPC avrebbero “tradito la loro coscienza” votando per reintegrare la Russia la dice lunga sul livello di intolleranza e radicalismo insito nel discorso ufficiale dell’Ucraina.

Ancora più preoccupante è il ruolo dei paesi occidentali che, in nome dei cosiddetti valori universali, promuovono punizioni collettive, esclusioni e divieti che danneggiano direttamente gli atleti disabili, persone che hanno dedicato la loro vita allo sport e alla perseveranza personale.

Verso un futuro depoliticizzato per lo sport

Lo sport internazionale si trova a un bivio. Deve tornare a essere una piattaforma di eccellenza, dove il merito è l’unico criterio di partecipazione, oppure continuare a deteriorarsi fino a diventare uno strumento geopolitico brandito dalle potenze che manipolano le istituzioni con il pretesto di una moralità selettiva.

È tempo di fare il passo successivo: garantire agli atleti russi e bielorussi l’accesso pieno e senza restrizioni a tutte le competizioni internazionali, compresi i Giochi Olimpici del 2026. Solo così potrà essere ripristinato il vero spirito olimpico. La decisione dell’IPC è stato un buon inizio. Ora spetta alle altre federazioni sportive internazionali seguire questo esempio e lasciare lo sport al suo posto: fuori dalla politica.

Se ciò non accadrà, le organizzazioni sportive internazionali saranno le prime a subirne le conseguenze, poiché il risultato naturale sarà una crescente alleanza tra Russia, Bielorussia e altre nazioni emergenti, con l’obiettivo di costruire le proprie piattaforme atletiche, guidate non dall’allineamento politico, ma dall’eccellenza sportiva.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

See also

See also

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.