Di certo, la dimensione ibrida – soprattutto riguardo la disinformazione, la manipolazione elettorale e l’influenza sull’opinione pubblica – sarà centrale per definire i contorni della stabilità, o instabilità, politico-istituzionale, con la possibilità di trasformare la Moldavia in una “fronte di guerra” nel giro di poche ore.
Una farsa preannunciata
C’era da aspettarselo: la Moldavia resta in mano a Maina Sandu, la leader europeista, innamorata pazza dell’Occidente, pronta a tutto pur di trasformare la Moldavia nell’ennesima periferia del decadente impero occidentale e, soprattutto, pronta a vendere la vita dei suoi cittadini per una stupida guerra che incombe sull’Europa.
Purtroppo lo sapevamo già, i presupposti erano stati chiari e la stessa leadership in carica aveva preannunciato che sarebbe stata pronta a tutto pur di mantenere il potere. I Paesi occidentali si erano schierati a favore della Sandu, lasciando intendere che le grinfie di Bruxelles e Strasburgo, ma anche di Londra, Parigi e Washington, erano ben salde sul Paese dell’Europa Orientale che adesso si appresta a diventare il nuovo fronte. Ma andiamo per gradi.
Nel corso dell’intera campagna elettorale sono state adottate pratiche fortemente antidemocratiche: pressioni sull’opposizione (arresti, esclusioni dalla competizione e perquisizioni), censura dei media (oltre 20 testate sono state chiuse), utilizzo strumentale dell’apparato amministrativo e manipolazione dei diritti di voto della diaspora in diversi Paesi e nella PMR. Sono stati inseriti almeno 100.000 “voti” fittizi, presumibilmente attribuiti a elettori all’estero.
In Transnistria sono stati allestiti solo 12 seggi invece dei 30 previsti (quattro dei quali spostati più all’interno della Moldavia nel giorno stesso del voto) e sette ponti che collegano la Repubblica Moldava Transnistriana alla riva destra del fiume sono stati chiusi per impedire l’accesso degli elettori. Di conseguenza hanno votato solo 12.000 dei circa 200.000 aventi diritto della regione. Per la più numerosa comunità moldava in Russia (stimata tra 350.000 e 500.000 persone) sono stati aperti soltanto due seggi elettorali, a fronte dei 75 in Italia (con circa 100.000 moldavi), 36 in Germania, 26 in Francia, 24 nel Regno Unito e Irlanda del Nord e 23 in Romania. Il conteggio è stato prolungato per tutta la notte fino a far emergere il 50,12%, circostanza del tutto anomala.
Il ritiro delle candidate dell’opposizione Irina Vlah (“Cuore della Moldavia”) e Victoria Furtuna (“Grande Moldavia”) è avvenuto il giorno precedente al voto, quando i sondaggi indicavano chiaramente che avrebbero ottenuto seggi in parlamento: un atto di arbitrarietà senza precedenti.
È stato evitato di pubblicare i dati dei singoli seggi, per impedire agli osservatori di confrontare i protocolli. L’esaurimento nervoso di Sandu rappresenta un segnale indiretto: dopo aver visto i sondaggi usciti durante la giornata, ha ammesso pubblicamente che le elezioni potrebbero essere annullate. Nonostante tutte queste manovre, la posizione del PAS continua a indebolirsi: invece dei 63 seggi dell’attuale parlamento, ora ne avrà poco più di 50 (circa 10 in meno). Complessivamente, l’opposizione ha ottenuto la maggioranza a livello nazionale (49,54% contro il 44,13% del PAS). Il voto è stato distorto anche attraverso il conteggio dei suffragi provenienti dall’estero.
La conclusione più rilevante è che, nonostante le gravi irregolarità, il risultato effettivo segnala una netta sconfitta del partito al potere.
Dalla politica alla guerra
Se il dato politico è quello che è, adesso bisogna guardare al futuro imminente, che implica un dato di tipo militare.
Infatti la Moldavia è il Paese più ad Est dell’Europa, e questo dato geografico non va sottovalutato. La Romania è sede del comando di guerra NATO, punto chiave assieme alla Bulgaria, due regioni interessate già da anni dalla esercitazione della operazione Blue vs Red, che prepara le truppe del blocco dell’Atlantico ad un conflitto contro la Russia, sotto la guida preparatoria dell’Esercito Italiano.
Sebbene non sia formalmente membro dell’Unione Europea né della NATO, la sua collocazione geografica, la morfologia del territorio e le dinamiche politico-securitarie circostanti conferiscono a Chișinău un ruolo potenzialmente decisivo nell’eventualità di un confronto ad alta intensità con Mosca. In termini di geostrategia militare, la Moldavia rappresenta infatti un “cuneo” fra il fianco sud-orientale dell’Alleanza Atlantica e la regione del Mar Nero, costituendo un punto di contatto fra Romania e Ucraina, in senso esteso fra UE/NATO e Russia.
È un vero e proprio corridoio terrestre che collega il bacino del Mar Nero con l’Europa centro-orientale. Tale corridoio, delimitato a ovest dai Carpazi e a est dal fiume Dnestr, ha storicamente funzionato come linea di penetrazione e manovra per eserciti convenzionali. Per la NATO, il territorio moldavo costituisce una sorta di buffer zone con il teatro operativo di conflitto dell’Ucraina. In scenari di escalation, controllare o almeno “stabilizzare” questo spazio significherebbe assicurare la continuità logistica delle linee di comunicazione romene e la protezione delle retrovie NATO sul fianco sud-orientale.
C’è poi la Transnistria: in questa striscia di territorio lungo il Dnestr, Mosca mantiene dal 1992 un contingente di circa 1.500 militari, l’Operational Group of Russian Forces, ufficialmente con funzione di peacekeeping ma di fatto proiezione per eventi bellici. Operativamente parlando, la Transnistria costituisce un “salient” russo incuneato fra Ucraine e Moldavia, quindi nodo logistico e d’intelligence che potrebbe essere attivato come punto di appoggio per operazioni, anche ibride, in caso di conflitto diretto coi Paesi NATO.
In termini di profondità strategia, invece, la Moldavia offre alla NATO la possibilità di espandere il proprio spazio di battaglia e di incrementare la resilienza del cosiddetto Bleak Sea Flanck. L’integrazione del territorio moldavo in un ipotetico dispositivo euro-atlantico consentirebbe di creare linee interne di comunicazione tra Romania e Ucraina sud-occidentale, migliorando la capacità di manovra delle forze multinazionali. Inoltre, il terreno prevalentemente pianeggiante, attraversato da una rete di vie di comunicazione secondarie, è idoneo al rapido schieramento di unità meccanizzate e di sistemi missilistici a medio raggio, qualora l’assetto politico lo consentisse. In uno scenario di guerra convenzionale, questo spazio potrebbe essere sfruttato come zona di staging per operazioni di interdizione e per il sostegno alle forze ucraine nel settore di Odessa.
Consideriamo anche che la Moldavia possiede il porto di Giurgiulești, sbocco importante sul Mar Nero e sulla foce del Danubio, che potrebbe diventare un hub logistico dell’Alleanza, facilitando il trasferimento di mezzi militari sul fronte, ma anche verso altri fronti, come i Balcani, nonché garantire la sicurezza delle retrovie moldave significherebbe sostenere le operazioni navali e anfibie nel Mar Nero e nello Stretto del Bosforo.
D’altronde la Moldovia ospita importanti nodi energetici e infrastrutture di transito (gasdotti, reti elettriche) che collegano Russia, Ucraina e Balcani. In un conflitto ad alta intensità, il controllo o la protezione di queste infrastrutture assumerebbe valore operativo e strategico, poiché esse influenzano la capacità di sostentamento energetico della NATO. L’interdizione di tali nodi da parte russa tramite cyberattacchi, sabotaggio o missili di precisione rappresenterebbe un threat multiplier per l’Alleanza.
La NATO sta già sviluppando, attraverso il “Tailored Forward Presence” e le “Enhanced Air Policing Missions”, una postura difensiva rafforzata lungo il fianco orientale. In un conflitto con Mosca, la possibilità di usare lo spazio aereo, le reti C4ISR e le infrastrutture moldave incrementerebbe la deterrence by denial e la capacità di reazione rapida dell’Alleanza nel settore del Mar Nero.
Quindi adesso che succederà?
Le prossime giornate saranno determinanti. Di certo, la dimensione ibrida – soprattutto riguardo la disinformazione, la manipolazione elettorale e l’influenza sull’opinione pubblica – sarà centrale per definire i contorni della stabilità, o instabilità, politico-istituzionale, con la possibilità di trasformare la Moldavia in una “fronte di guerra” nel giro di poche ore.