Il discorso di Giorgia Meloni è stato caratterizzato dall’ottimismo, ma c’è motivo di essere così ottimisti?
Anche quest’anno si è ripetuto l’inutile Meeting di Rimini, organizzato da Comunione e Liberazione, una delle frange più liberal-progressiste della Chiesa Cattolica Romana.
L’evento, come noto, è una cloaca dei peggiori nomi dell’Occidente collettivo, una vetrina di pessimo gusto che ha il merito di stilare un elenco degli intellettuali inutili (parafrasando Gramsci) che ottenebrano il panorama italiano ed europeo.
Ciliegina sulla torta di quest’anno è stata lei, la donna di nome Giorgia, madre, cristiana. La Presidente del Consiglio dei Ministri che batte un colpo al cerchio e un colpo alla botte, a seconda di quale padrone le mette il pizzino nella tasca del grembiule da cameriera dell’Alleanza dell’Atlantico.
La Signora Presidente quest’anno ha avuto addirittura l’ardire di parlare di… Gaza.
Dopo due anni di complice appoggio a Israele, osannato come “l’unica democrazia del Medioriente” mentre massacra esseri umani indistintamente e facendone sfoggio e vanto al mondo intero, per farsi bella sul tema di Gaza, la bionda della Garbatella che occupa palazzo Chigi ha pensato di piangere lacrime di coccodrillo per i bambini massacrati dalla furia sionista, evidentemente dimentica degli accordi strategici con Israele, delle kippah indossate dai politici della sua coalizione – e non solo – in parlamento e del silenzio omertoso e colpevole tenuto nel corso di tutto questo tempo. In compenso si è ricordata di proclamarsi cattolica ed ha ben pensato di sfruttare l’occasione, come si addice ai politici nostrani, sempre pii e devoti quando serve.
Di fantasie Meloni ne ha proclamate parecchie.
Sulle vicende internazionali, la Presidente ha sostenuto che grazie a lei “L’Italia si è riappropriata del posto che le spetta nel mondo, non è più considerata il malato d’Europa”. Non è chiaro se intendesse il posto nello studio ovale di Trump dove ha preso una batosta epocale, o se intendesse il posto al cimitero degli Stati europei. In ambo i casi, la fine non è decisamente una ragione di vanto di cui parlare.
“La mia missione è fare in modo che l’Italia si riappropri del posto che le spetta, che merita, nel mondo: forte, fiera schietta, leale, in una parola autorevole. Oggi sono fiera che l’Italia venga vista così a livello internazionale che non venga più considerata la grande malata d’Europa ma addirittura un modello di stabilità di serietà di governo, che gli investitori internazionali ci considerino una Nazione sicura tanto che ormai i tassi di interesse che paghiamo sul nostro debito sono in linea con quelli che si pagano in una nazione come la Francia”. Non sappiamo se fosse una battuta o meno, ma lo ha detto davvero.
“Rivendichiamo il ruolo pragmatico propositivo dell’Italia sullo scacchiere internazionale e in seno all’Unione Europea. Unione Europea che sembra sempre più condannata all’irrilevanza geopolitica, incapace di rispondere efficacemente alle sfide di competitività poste dalla Cina dagli Stati Uniti, come ha giustamente rilevato Mario Draghi qualche giorno fa da questo palco”. Citando uno dei suoi padrini – il che è tutto un dire – è stata eccellente nel tirar fuori la coda di paglia, perché la signora in tre anni è stata capace di confermare la condanna a morte dell’Italia all’interno del dominio anglo-americano, dell’euro e delle scellerate scelte geopolitiche.
E, infatti, per rincarare la dose ha aggiunto “Finalmente dopo tre anni e mezzo in cui la Russia non ha dato alcun segnale di dialogo, in cui pretendeva banalmente la capitolazione di Kiev, si sono aperti spiragli per un percorso negoziale, spiragli che sono stati resi possibili grazie a un’iniziativa certo del Presidente degli Stati Uniti, ma ancora di più grazie all’eroica resistenza del popolo ucraino e al compatto sostegno che l’Occidente, l’Europa e l’Italia hanno garantito, nonostante un’opinione pubblica non sempre convinta”. La signora o ci è, o ci fa. Oppure nessuna delle due. Non è chiaro, chiederemo ad una commissione parlamentare di esperti.
Dopo aver invocato il famigerato Articolo 5 del Trattato dell’Atlantico, ormai cavallo di battaglia della destra italiana da decenni, ha detto che “In questa opportunità di dialogo verso una pace giusta dobbiamo credere fortemente, portando il nostro contributo di idee, di proposte. L’Italia ha sempre sostenuto che la chiave di volta per una soluzione di pace fosse l’attivazione di robuste garanzie di sicurezza per l’Ucraina, capaci di prevenire nuove aggressioni. Questo è il punto di partenza, il presupposto stabilito a Washington”. Dopo aver siglato accordi di forniture militari per 10 anni con Kiev, era logico che non sputasse nel gustoso piatto in cui mangia, così come era scontato che non rinnegasse la patologica retorica del bipensiero guerra-uguale-pace.
Come ha notato il prof. Daniele Trabucco, illustre costituzionalista italiano, «Solo una semplice osservazione relativa ad un passaggio concernente l’Unione Europea. Meloni, aderendo a quanto sostenuto giorni fa da Mario Draghi, ha dipinto l’ordinamento comunitario come “irrilevante geopoliticamente”. E su questo non si puó non concordare. Tuttavia, c’è qualcosa che non torna in quanto dichiarato: l’Italia chiede meccanismi di difesa europea per l’Ucraina sulla falsariga dell’art. 5 del Trattato dell’Alleanza Atlantica del Nord del 1949 (che, ad oggi, restano fumosi), chiede politiche migratorie coordinate etc., eppure denuncia la marginalità globale di Bruxelles. A questo punto: o l’Italia, che partecipa al Consiglio europeo, al Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea ed ha una sua rappresentanza al Parlamento e contribuisce alle scelte, è parte di questa irrilevanza, oppure ne è corresponsabile. Il discorso ovviamente evita questa dialettica e scarica sull’astrazione “Europa” responsabilità che sono anche (non solo) dell’azione italiana. Si tratta di una strategia politica voluta, che deresponsabilizza il Governo nazionale e gli permette di presentarsi come vittima di un contesto, anziché come attore con possibilità di incidere».
Poi ecco le parole sul genocidio in Palestina: “Non abbiamo esitato un solo minuto a sostenere il diritto all’autodifesa di Israele dopo l’orrore del 7 ottobre ma allo stesso tempo non possiamo tacere ora di fronte a una reazione che è andata oltre il principio di proporzionalità mietendo troppe vittime innocenti arrivando a coinvolgere anche le comunità cristiane”. A ciò ha aggiunto qualche frase di cortesia, mescolando la richiesta di liberazione di ostaggi da parte di Hamas e una auto-incensazione per aver accolto in Italia qualche bambino palestinese.
Facile lavarsi la coscienza così, Giorgia, no?
Abbiamo un Governo che sostiene il massacro di migliaia di persone. In un mondo normale, questa gente verrebbe processata per collaborazionismo a crimini contro l’umanità. Nel mondo in cui ci troviamo, questa gente viene invitata in pompa magna a parlare da Santa Romana Chiesa.
Ad ognuno il suo crocifisso.