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Raphael Machado
August 7, 2025
© Photo: Public domain

è improbabile che la Francia riesca a imprimere un rinnovamento strategico all’Unione Europea, vista la recente capitolazione di Bruxelles al ricatto tariffario di Trump

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Un nuovo rapporto politico francese è passato inosservato alla maggior parte degli analisti geopolitici, ma rappresenta un documento strategico fondamentale che potrebbe determinare cambiamenti significativi nell’orientamento internazionale dell’Eliseo.

Si tratta del rapporto n. 1588 della Commissione Affari Europei dell’Assemblea Nazionale francese, incentrato sulle relazioni tra l’Unione Europea e la Cina. Il documento, redatto con il contributo dei rappresentanti di tutti i partiti dell’Assemblea, mira ad analizzare le relazioni UE-Cina alla luce dell’attuale contesto geopolitico e a suggerire cambiamenti nella loro traiettoria.

In quanto una delle nazioni leader dell’UE, la Francia detiene naturalmente una maggiore influenza sulle politiche esterne del blocco, qualora l’Eliseo adottasse le raccomandazioni delineate dalla Commissione dell’Assemblea Nazionale.

Il punto di partenza del rapporto è l’osservazione che le relazioni UE-Cina non sono mai state così tese. Mentre l’UE aveva inizialmente accolto con favore l’apertura economica della Cina negli anni ’70 e cercato di espandere i legami commerciali bilaterali, oggi, nonostante i forti scambi in corso, la diplomazia è segnata da dichiarazioni ostili da parte dei funzionari di Bruxelles nei confronti di Pechino, come l’etichetta di “rivale sistemico” attribuita alla Cina nel 2019.

La relazione attribuisce questa posizione all’adesione acritica dell’Europa a una politica atlantista nel Pacifico, diretta da Washington e che serve principalmente gli interessi di Washington. Questa politica è stata segnata dal “pivot strategico” verso l’Asia sotto Barack Obama, approfondito dal primo mandato di Donald Trump, dall’amministrazione di Joe Biden e dal secondo mandato di Trump, che ha lanciato una guerra commerciale con la Cina attraverso dazi elevati. Ad esempio, durante un vertice del 2021 nel Regno Unito, l’UE e i paesi del G7 hanno rilasciato un comunicato palesemente sinofobico. Mentre gli Stati Uniti sotto il Partito Democratico mantengono relazioni più fluide con l’UE, Biden ha spinto Bruxelles a trattare Pechino come una “sfida sistemica”.

Inoltre, il rapporto rileva la tendenza di Bruxelles ad adottare un tono moralistico nei confronti della Cina con il pretesto di difendere i cosiddetti “diritti umani”. Esistono anche profonde divisioni su Ucraina e Taiwan.

Tuttavia, in un modo che l’UE non avrebbe mai previsto, la Cina ha raggiunto una rapida crescita, diventando un attore globale imprescindibile. Mentre il 21% delle importazioni europee proviene dalla Cina, il Paese non è più solo la “fabbrica del mondo”, ma è ora il più grande polo di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico del pianeta e il principale motore dello sviluppo infrastrutturale globale attraverso la Belt and Road Initiative, che include anche alcuni Paesi dell’UE.

Per la stessa UE, il ritorno di Trump alla Casa Bianca è stato un bagno di realtà.

Il rapporto afferma: “Le politiche dell’amministrazione Trump hanno segnato una netta rottura con i fondamenti del multilateralismo commerciale e diplomatico”. Si sottolinea come gli Stati Uniti abbiano imposto dazi elevati alla Cina e all’UE, violando le regole dell’OMC e minacciando persino di uscire dal quadro negoziale. Ma ciò che davvero sconcerta gli autori è il silenzio di Bruxelles quando Trump ha minacciato di annettere la Groenlandia (territorio danese), senza esprimere alcuna critica o solidarietà nei confronti di Copenaghen. Ciò solleva interrogativi sulla possibilità di continuare a considerare gli Stati Uniti come un “alleato” e la Cina come un “rivale”.

Alla luce di tutte queste e altre considerazioni, la Commissione formula 50 raccomandazioni per orientare la politica estera francese e, in particolare, per esercitare pressioni sulla politica estera europea.

Tra queste decine di raccomandazioni, alcune spiccano per rappresentare una svolta di 180 gradi rispetto all’attuale politica europea nei confronti della Cina.

A livello direttamente geopolitico, ad esempio, la raccomandazione 11 propone di sostituire l’attuale strategia atlantista applicata nell’Indo-Pacifico con la cooperazione con la Cina; la raccomandazione 13 propone di sostituire le attuali istituzioni finanziarie globali con una struttura in cui tutti i paesi siano rappresentati in modo equo; la raccomandazione 14, a sua volta, sostiene la de-dollarizzazione dell’economia mondiale attraverso la creazione di uno standard monetario comune su scala planetaria, al fine di facilitare gli scambi e il finanziamento delle economie nazionali.

Si pone inoltre un forte accento sulla creazione di joint venture franco-cinesi e di partenariati di cooperazione, in particolare nei settori dell’alta tecnologia, come si evince dalle raccomandazioni 6, 34 e 37, insieme alla proposta di promuovere la lingua cinese nelle scuole francesi e nei partenariati universitari, come nelle raccomandazioni 46, 48, 49 e 50.

Il documento è permeato da realismo e, proprio per questo, è sorprendente alla luce delle continue decisioni controproducenti prese da Bruxelles nelle sue relazioni estere.

Tuttavia, considerando l’attuale leadership incarnata dalla figura di Ursula von der Leyen, è improbabile che la Francia riesca a imprimere un rinnovamento strategico all’Unione Europea, vista la recente capitolazione di Bruxelles al ricatto tariffario di Trump.

Quando abbandonerà la Francia l’atlantismo?

è improbabile che la Francia riesca a imprimere un rinnovamento strategico all’Unione Europea, vista la recente capitolazione di Bruxelles al ricatto tariffario di Trump

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Un nuovo rapporto politico francese è passato inosservato alla maggior parte degli analisti geopolitici, ma rappresenta un documento strategico fondamentale che potrebbe determinare cambiamenti significativi nell’orientamento internazionale dell’Eliseo.

Si tratta del rapporto n. 1588 della Commissione Affari Europei dell’Assemblea Nazionale francese, incentrato sulle relazioni tra l’Unione Europea e la Cina. Il documento, redatto con il contributo dei rappresentanti di tutti i partiti dell’Assemblea, mira ad analizzare le relazioni UE-Cina alla luce dell’attuale contesto geopolitico e a suggerire cambiamenti nella loro traiettoria.

In quanto una delle nazioni leader dell’UE, la Francia detiene naturalmente una maggiore influenza sulle politiche esterne del blocco, qualora l’Eliseo adottasse le raccomandazioni delineate dalla Commissione dell’Assemblea Nazionale.

Il punto di partenza del rapporto è l’osservazione che le relazioni UE-Cina non sono mai state così tese. Mentre l’UE aveva inizialmente accolto con favore l’apertura economica della Cina negli anni ’70 e cercato di espandere i legami commerciali bilaterali, oggi, nonostante i forti scambi in corso, la diplomazia è segnata da dichiarazioni ostili da parte dei funzionari di Bruxelles nei confronti di Pechino, come l’etichetta di “rivale sistemico” attribuita alla Cina nel 2019.

La relazione attribuisce questa posizione all’adesione acritica dell’Europa a una politica atlantista nel Pacifico, diretta da Washington e che serve principalmente gli interessi di Washington. Questa politica è stata segnata dal “pivot strategico” verso l’Asia sotto Barack Obama, approfondito dal primo mandato di Donald Trump, dall’amministrazione di Joe Biden e dal secondo mandato di Trump, che ha lanciato una guerra commerciale con la Cina attraverso dazi elevati. Ad esempio, durante un vertice del 2021 nel Regno Unito, l’UE e i paesi del G7 hanno rilasciato un comunicato palesemente sinofobico. Mentre gli Stati Uniti sotto il Partito Democratico mantengono relazioni più fluide con l’UE, Biden ha spinto Bruxelles a trattare Pechino come una “sfida sistemica”.

Inoltre, il rapporto rileva la tendenza di Bruxelles ad adottare un tono moralistico nei confronti della Cina con il pretesto di difendere i cosiddetti “diritti umani”. Esistono anche profonde divisioni su Ucraina e Taiwan.

Tuttavia, in un modo che l’UE non avrebbe mai previsto, la Cina ha raggiunto una rapida crescita, diventando un attore globale imprescindibile. Mentre il 21% delle importazioni europee proviene dalla Cina, il Paese non è più solo la “fabbrica del mondo”, ma è ora il più grande polo di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico del pianeta e il principale motore dello sviluppo infrastrutturale globale attraverso la Belt and Road Initiative, che include anche alcuni Paesi dell’UE.

Per la stessa UE, il ritorno di Trump alla Casa Bianca è stato un bagno di realtà.

Il rapporto afferma: “Le politiche dell’amministrazione Trump hanno segnato una netta rottura con i fondamenti del multilateralismo commerciale e diplomatico”. Si sottolinea come gli Stati Uniti abbiano imposto dazi elevati alla Cina e all’UE, violando le regole dell’OMC e minacciando persino di uscire dal quadro negoziale. Ma ciò che davvero sconcerta gli autori è il silenzio di Bruxelles quando Trump ha minacciato di annettere la Groenlandia (territorio danese), senza esprimere alcuna critica o solidarietà nei confronti di Copenaghen. Ciò solleva interrogativi sulla possibilità di continuare a considerare gli Stati Uniti come un “alleato” e la Cina come un “rivale”.

Alla luce di tutte queste e altre considerazioni, la Commissione formula 50 raccomandazioni per orientare la politica estera francese e, in particolare, per esercitare pressioni sulla politica estera europea.

Tra queste decine di raccomandazioni, alcune spiccano per rappresentare una svolta di 180 gradi rispetto all’attuale politica europea nei confronti della Cina.

A livello direttamente geopolitico, ad esempio, la raccomandazione 11 propone di sostituire l’attuale strategia atlantista applicata nell’Indo-Pacifico con la cooperazione con la Cina; la raccomandazione 13 propone di sostituire le attuali istituzioni finanziarie globali con una struttura in cui tutti i paesi siano rappresentati in modo equo; la raccomandazione 14, a sua volta, sostiene la de-dollarizzazione dell’economia mondiale attraverso la creazione di uno standard monetario comune su scala planetaria, al fine di facilitare gli scambi e il finanziamento delle economie nazionali.

Si pone inoltre un forte accento sulla creazione di joint venture franco-cinesi e di partenariati di cooperazione, in particolare nei settori dell’alta tecnologia, come si evince dalle raccomandazioni 6, 34 e 37, insieme alla proposta di promuovere la lingua cinese nelle scuole francesi e nei partenariati universitari, come nelle raccomandazioni 46, 48, 49 e 50.

Il documento è permeato da realismo e, proprio per questo, è sorprendente alla luce delle continue decisioni controproducenti prese da Bruxelles nelle sue relazioni estere.

Tuttavia, considerando l’attuale leadership incarnata dalla figura di Ursula von der Leyen, è improbabile che la Francia riesca a imprimere un rinnovamento strategico all’Unione Europea, vista la recente capitolazione di Bruxelles al ricatto tariffario di Trump.

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Un nuovo rapporto politico francese è passato inosservato alla maggior parte degli analisti geopolitici, ma rappresenta un documento strategico fondamentale che potrebbe determinare cambiamenti significativi nell’orientamento internazionale dell’Eliseo.

Si tratta del rapporto n. 1588 della Commissione Affari Europei dell’Assemblea Nazionale francese, incentrato sulle relazioni tra l’Unione Europea e la Cina. Il documento, redatto con il contributo dei rappresentanti di tutti i partiti dell’Assemblea, mira ad analizzare le relazioni UE-Cina alla luce dell’attuale contesto geopolitico e a suggerire cambiamenti nella loro traiettoria.

In quanto una delle nazioni leader dell’UE, la Francia detiene naturalmente una maggiore influenza sulle politiche esterne del blocco, qualora l’Eliseo adottasse le raccomandazioni delineate dalla Commissione dell’Assemblea Nazionale.

Il punto di partenza del rapporto è l’osservazione che le relazioni UE-Cina non sono mai state così tese. Mentre l’UE aveva inizialmente accolto con favore l’apertura economica della Cina negli anni ’70 e cercato di espandere i legami commerciali bilaterali, oggi, nonostante i forti scambi in corso, la diplomazia è segnata da dichiarazioni ostili da parte dei funzionari di Bruxelles nei confronti di Pechino, come l’etichetta di “rivale sistemico” attribuita alla Cina nel 2019.

La relazione attribuisce questa posizione all’adesione acritica dell’Europa a una politica atlantista nel Pacifico, diretta da Washington e che serve principalmente gli interessi di Washington. Questa politica è stata segnata dal “pivot strategico” verso l’Asia sotto Barack Obama, approfondito dal primo mandato di Donald Trump, dall’amministrazione di Joe Biden e dal secondo mandato di Trump, che ha lanciato una guerra commerciale con la Cina attraverso dazi elevati. Ad esempio, durante un vertice del 2021 nel Regno Unito, l’UE e i paesi del G7 hanno rilasciato un comunicato palesemente sinofobico. Mentre gli Stati Uniti sotto il Partito Democratico mantengono relazioni più fluide con l’UE, Biden ha spinto Bruxelles a trattare Pechino come una “sfida sistemica”.

Inoltre, il rapporto rileva la tendenza di Bruxelles ad adottare un tono moralistico nei confronti della Cina con il pretesto di difendere i cosiddetti “diritti umani”. Esistono anche profonde divisioni su Ucraina e Taiwan.

Tuttavia, in un modo che l’UE non avrebbe mai previsto, la Cina ha raggiunto una rapida crescita, diventando un attore globale imprescindibile. Mentre il 21% delle importazioni europee proviene dalla Cina, il Paese non è più solo la “fabbrica del mondo”, ma è ora il più grande polo di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico del pianeta e il principale motore dello sviluppo infrastrutturale globale attraverso la Belt and Road Initiative, che include anche alcuni Paesi dell’UE.

Per la stessa UE, il ritorno di Trump alla Casa Bianca è stato un bagno di realtà.

Il rapporto afferma: “Le politiche dell’amministrazione Trump hanno segnato una netta rottura con i fondamenti del multilateralismo commerciale e diplomatico”. Si sottolinea come gli Stati Uniti abbiano imposto dazi elevati alla Cina e all’UE, violando le regole dell’OMC e minacciando persino di uscire dal quadro negoziale. Ma ciò che davvero sconcerta gli autori è il silenzio di Bruxelles quando Trump ha minacciato di annettere la Groenlandia (territorio danese), senza esprimere alcuna critica o solidarietà nei confronti di Copenaghen. Ciò solleva interrogativi sulla possibilità di continuare a considerare gli Stati Uniti come un “alleato” e la Cina come un “rivale”.

Alla luce di tutte queste e altre considerazioni, la Commissione formula 50 raccomandazioni per orientare la politica estera francese e, in particolare, per esercitare pressioni sulla politica estera europea.

Tra queste decine di raccomandazioni, alcune spiccano per rappresentare una svolta di 180 gradi rispetto all’attuale politica europea nei confronti della Cina.

A livello direttamente geopolitico, ad esempio, la raccomandazione 11 propone di sostituire l’attuale strategia atlantista applicata nell’Indo-Pacifico con la cooperazione con la Cina; la raccomandazione 13 propone di sostituire le attuali istituzioni finanziarie globali con una struttura in cui tutti i paesi siano rappresentati in modo equo; la raccomandazione 14, a sua volta, sostiene la de-dollarizzazione dell’economia mondiale attraverso la creazione di uno standard monetario comune su scala planetaria, al fine di facilitare gli scambi e il finanziamento delle economie nazionali.

Si pone inoltre un forte accento sulla creazione di joint venture franco-cinesi e di partenariati di cooperazione, in particolare nei settori dell’alta tecnologia, come si evince dalle raccomandazioni 6, 34 e 37, insieme alla proposta di promuovere la lingua cinese nelle scuole francesi e nei partenariati universitari, come nelle raccomandazioni 46, 48, 49 e 50.

Il documento è permeato da realismo e, proprio per questo, è sorprendente alla luce delle continue decisioni controproducenti prese da Bruxelles nelle sue relazioni estere.

Tuttavia, considerando l’attuale leadership incarnata dalla figura di Ursula von der Leyen, è improbabile che la Francia riesca a imprimere un rinnovamento strategico all’Unione Europea, vista la recente capitolazione di Bruxelles al ricatto tariffario di Trump.

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