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Davide Rossi
July 21, 2025
© Photo: Public domain

Per la Cina è importante presentare la storia della propria guerra di liberazione

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Il vertice dei BRICS+ di luglio a Rio De Janeiro ha visto la presenza di Vladimir Putin a distanza e per quanto concerne la Cina Popolare quella del primo ministro Li Qiang. Inacio Lula da Silva ha accolto con soddisfazione le delegazioni degli altri quattro soci fondatori e delle nuove nazioni diventate membri effettivi: Arabia Saudita, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi, Iran e soprattutto Indonesia oggi fondamentale, essendo decisiva nello spazio economico e militare dell’Indo – Pacifico, essendo la prima nazione al mondo per numero di musulmani e soprattutto perché l’attuale presidente Prabowo Subianto è un convinto sostenitore del multipolarismo.

Vi è chi ritenga che, forse con ragione, l’assenza del presidente cinese sia dovuta al maleducato ed extraprotocollare attacco della consorte di Lula a Xi Jinping, Rosangela detta “Janja” da Silva ha preso infatti la parola senza autorizzazione durante la visita di stato a Pechino a metà maggio scorso, attaccando il TikTok brasiliano e attribuendone i difetti al governo cinese.

Sta di fatto che mentre Vladimir Putin nel suo video – intervento ha ribadito ai partecipanti come il sistema unipolare al servizio della globalizzazione liberista stia volgendo al termine, come l’epoca del dollaro stia facendo altrettanto, già soppiantato negli scambi commerciali tra i BRICS+ dalle valute nazionali, come la proposta multipolare raccolga crescente consenso in Africa, Asia e America Latina, affermandosi come un’alternativa credibile alle istituzioni occidentali economiche e politiche, Xi Jinpng ha visitato lo Shanxi, partendo dal Memoriale della Battaglia dei Cento Reggimenti, situato sul Monte Testa di Leone nella città di Yangquan, condotta dal 20 agosto al 5 dicembre 1940 sotto il comando del generale comunista Peng Dehuai, presso il quale ha affermato: “L’impresa storica della Campagna dei Cento Reggimenti ha pienamente dimostrato il ruolo del nostro Partito come spina dorsale della guerra di resistenza nazionale e l’enorme potere della guerra popolare guidata dal Partito. Dobbiamo raccontare bene la storia della Guerra di Resistenza e tramandarne il grande spirito di generazione in generazione”, lo stesso 8 luglio 2025 a Pechino, con uguale risonanza sulla stampa cinese, presso la Sala commemorativa della guerra di Resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese, è stata ufficialmente aperta al pubblico la mostra tematica “Per la Liberazione nazionale e la pace nel mondo – Una mostra commemorativa dell’80° anniversario della Vittoria nella guerra di Resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese e nella guerra antifascista mondiale”. È molto interessante che il tema della guerra antifascista mondiale sia ripreso con questo vigore, ribadito dalla presenza a Pechino il 3 settembre prossimo di Vladimir Putin per celebrare con XI Jinping la fine della Seconda Guerra Mondiale in Asia, dopo che il presidente cinese ha partecipato alle celebrazioni europee il 9 maggio scorso a Mosca. I due presidenti ribadiscono da tempo come in quella immane tragedia i sovietici con ventisette milioni di caduti e i cinesi con venti milioni di donne e uomini uccisi, in quei terribili anni che iniziano, se non nel 1931, almeno nel 1937, abbiano dato i due più rilevanti contributi per la libertà del mondo.

I temi dell’antifascismo e del multipolarismo, promossi con insistenza da Cina e Russia, si affiancano alle richieste di relazioni economiche internazionali giuste e de-dollarizzate, della riforma del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, come emerse anche dall’incontro in Brasile, il quale ha anche ribadito la necessità di respingere i dazi unilateralmente imposti da Washington e ha avanzato la richiesta di pace in tutti i contesti di guerra nel mondo, per l’Ucraina con le garanzie di denazificazione, esclusione di basi militari straniere e divieto d’adesione alla NATO, per la Palestina attraverso la creazione di uno stato pienamente sovrano dentro i confini del 1967 con Gerusalemme Est quale capitale.

In Brasile i partecipanti hanno chiesto informazioni a Li Qiang rispetto alla miniera di Bayan Obo nella Mongolia Interna, che, secondo le fonti governative cinesi dovrebbe fornire torio per molti anni, i titoli più avveniristici parlano addirittura di quantità sufficienti per fornire energia al paese per sessanta mila anni.

Li Qiang ha confermato che il torio, notoriamente leggermente radioattivo, può essere utilizzato per una nuova generazione di reattori nucleari che la Cina sta già progettando da tempo e che dovrebbero diventare operativi in breve tempo. Il primo ministro ha rassicurato emiratini e sauditi rispetto ai contratti decennali sottoscritti negli ultimi tempo per la fornitura, oltre che dall’Iran, anche dai loro pozzi di petrolio, ma ha anche sottolineato che i geologi cinesi stimano che il complesso minerario potrebbe contenere oltre un milione di tonnellate di torio, riducendo di molto sul lungo periodo la dipendenza dai combustibili fossili non solo della Repubblica Popolare di Cina, ma anche dei suoi alleati, a partire dai BRICS+. Scherzando ha anche sostenuto che pochi anni di scarti minerari di ferro, di un’altra miniera della Mongolia Interna, conterrebbero abbastanza torio per soddisfare il fabbisogno energetico degli Stati Uniti per un migliaio di anni. Quello che è certo, è che le attuali riserve di torio in Cina sono le più grandi del pianeta e quelle recentemente scoperte potrebbero garantire riserve ancor più notevoli.

Quello che la scienza a oggi conferma è che il torio appare come una soluzione promettente, in ragione del fatto che le sue riserve sono molto più abbondanti, anche nel resto della terra, dell’uranio utilizzato al momento nelle centrali nucleari in funzione e rispetto a questo produce scorie radioattive in dimensioni molto più contenute.

Li Qiang ha confermato che la Cina già dal 2023 ha iniziato a costruire una centrale nucleare che dovrà funzionare con il torio, la prima in assoluto a livello mondiale, contando di poter a breve dimostrare quanto questa strada risulti efficace e operativa, rivoluzionando il settore energetico non solo interno, ma globale, aumentando di molto, a detta dei cinesi, la sicurezza e l’efficienza.

L’opera risponde alle richieste del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cina di promuovere una crescita accelerata e coerente con le necessità nazionali, in un quadro di corretta protezione ecologica e di forte implementazione dello sviluppo economico di alta qualità, anche tecnologica e scientifica. D’altronde il presidente Xi Jinping insiste da tempo sul concetto di uno sviluppo coordinato con la sicurezza, la crescita economica e l’innovazione, sforzandosi di intraprendere nuove iniziative per promuovere la trasformazione dell’economia in coerenza con le nuove scoperte scientifiche e e le risorse disponibili offerte dal sottosuolo, scrivendo così un nuovo capitolo nella promozione della modernizzazione socialista.

L’impianto pilota da 2 megawatt in fase di termine della sua costruzione si trova nel deserto del Gobi nella provincia di Gansu, adiacente a quella della Mongolia Interna, il progetto è dall’Istituto di Fisica Applicata di Shanghai, in coordinamento con i migliori esperti dell’Accademia Cinese delle Scienze. L’impianto dovrebbe utilizzare l’isotopo naturale torio-232, un elemento debolmente radioattivo, tuttavia capace, se irradiato in un reattore, di assorbire neutroni per formare uranio-233, un materiale fissile che genera calore. I reattori nucleari al torio utilizzerebbero combustibili liquidi, probabilmente sali fusi, sia per il combustibile che per il sistema di refrigerazione.

Quello cinese sarebbe il primo reattore al torio compiutamente operativo al mondo, stante che gli statunitensi hanno effettuato esperimenti negli anni ‘50 e ‘90 del XX secolo, senza tuttavia dare seguito alle ricerche condotte.

L’Accademia Cinese delle Scienze teorizza altresì che una volta avviato e sistematizzato l’utilizzo se ne possa estendere l’operatività in tutte quelle circostanze, dalle navi a propulsione nucleare a molte altre situazioni, che oggi dipendono dall’uranio.

Xi Jinping visita lo Shanxi e lancia le celebrazioni per l’80° anniversario della Vittoria antifascista nella Seconda Guerra Mondiale in Asia

Per la Cina è importante presentare la storia della propria guerra di liberazione

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Il vertice dei BRICS+ di luglio a Rio De Janeiro ha visto la presenza di Vladimir Putin a distanza e per quanto concerne la Cina Popolare quella del primo ministro Li Qiang. Inacio Lula da Silva ha accolto con soddisfazione le delegazioni degli altri quattro soci fondatori e delle nuove nazioni diventate membri effettivi: Arabia Saudita, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi, Iran e soprattutto Indonesia oggi fondamentale, essendo decisiva nello spazio economico e militare dell’Indo – Pacifico, essendo la prima nazione al mondo per numero di musulmani e soprattutto perché l’attuale presidente Prabowo Subianto è un convinto sostenitore del multipolarismo.

Vi è chi ritenga che, forse con ragione, l’assenza del presidente cinese sia dovuta al maleducato ed extraprotocollare attacco della consorte di Lula a Xi Jinping, Rosangela detta “Janja” da Silva ha preso infatti la parola senza autorizzazione durante la visita di stato a Pechino a metà maggio scorso, attaccando il TikTok brasiliano e attribuendone i difetti al governo cinese.

Sta di fatto che mentre Vladimir Putin nel suo video – intervento ha ribadito ai partecipanti come il sistema unipolare al servizio della globalizzazione liberista stia volgendo al termine, come l’epoca del dollaro stia facendo altrettanto, già soppiantato negli scambi commerciali tra i BRICS+ dalle valute nazionali, come la proposta multipolare raccolga crescente consenso in Africa, Asia e America Latina, affermandosi come un’alternativa credibile alle istituzioni occidentali economiche e politiche, Xi Jinpng ha visitato lo Shanxi, partendo dal Memoriale della Battaglia dei Cento Reggimenti, situato sul Monte Testa di Leone nella città di Yangquan, condotta dal 20 agosto al 5 dicembre 1940 sotto il comando del generale comunista Peng Dehuai, presso il quale ha affermato: “L’impresa storica della Campagna dei Cento Reggimenti ha pienamente dimostrato il ruolo del nostro Partito come spina dorsale della guerra di resistenza nazionale e l’enorme potere della guerra popolare guidata dal Partito. Dobbiamo raccontare bene la storia della Guerra di Resistenza e tramandarne il grande spirito di generazione in generazione”, lo stesso 8 luglio 2025 a Pechino, con uguale risonanza sulla stampa cinese, presso la Sala commemorativa della guerra di Resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese, è stata ufficialmente aperta al pubblico la mostra tematica “Per la Liberazione nazionale e la pace nel mondo – Una mostra commemorativa dell’80° anniversario della Vittoria nella guerra di Resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese e nella guerra antifascista mondiale”. È molto interessante che il tema della guerra antifascista mondiale sia ripreso con questo vigore, ribadito dalla presenza a Pechino il 3 settembre prossimo di Vladimir Putin per celebrare con XI Jinping la fine della Seconda Guerra Mondiale in Asia, dopo che il presidente cinese ha partecipato alle celebrazioni europee il 9 maggio scorso a Mosca. I due presidenti ribadiscono da tempo come in quella immane tragedia i sovietici con ventisette milioni di caduti e i cinesi con venti milioni di donne e uomini uccisi, in quei terribili anni che iniziano, se non nel 1931, almeno nel 1937, abbiano dato i due più rilevanti contributi per la libertà del mondo.

I temi dell’antifascismo e del multipolarismo, promossi con insistenza da Cina e Russia, si affiancano alle richieste di relazioni economiche internazionali giuste e de-dollarizzate, della riforma del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, come emerse anche dall’incontro in Brasile, il quale ha anche ribadito la necessità di respingere i dazi unilateralmente imposti da Washington e ha avanzato la richiesta di pace in tutti i contesti di guerra nel mondo, per l’Ucraina con le garanzie di denazificazione, esclusione di basi militari straniere e divieto d’adesione alla NATO, per la Palestina attraverso la creazione di uno stato pienamente sovrano dentro i confini del 1967 con Gerusalemme Est quale capitale.

In Brasile i partecipanti hanno chiesto informazioni a Li Qiang rispetto alla miniera di Bayan Obo nella Mongolia Interna, che, secondo le fonti governative cinesi dovrebbe fornire torio per molti anni, i titoli più avveniristici parlano addirittura di quantità sufficienti per fornire energia al paese per sessanta mila anni.

Li Qiang ha confermato che il torio, notoriamente leggermente radioattivo, può essere utilizzato per una nuova generazione di reattori nucleari che la Cina sta già progettando da tempo e che dovrebbero diventare operativi in breve tempo. Il primo ministro ha rassicurato emiratini e sauditi rispetto ai contratti decennali sottoscritti negli ultimi tempo per la fornitura, oltre che dall’Iran, anche dai loro pozzi di petrolio, ma ha anche sottolineato che i geologi cinesi stimano che il complesso minerario potrebbe contenere oltre un milione di tonnellate di torio, riducendo di molto sul lungo periodo la dipendenza dai combustibili fossili non solo della Repubblica Popolare di Cina, ma anche dei suoi alleati, a partire dai BRICS+. Scherzando ha anche sostenuto che pochi anni di scarti minerari di ferro, di un’altra miniera della Mongolia Interna, conterrebbero abbastanza torio per soddisfare il fabbisogno energetico degli Stati Uniti per un migliaio di anni. Quello che è certo, è che le attuali riserve di torio in Cina sono le più grandi del pianeta e quelle recentemente scoperte potrebbero garantire riserve ancor più notevoli.

Quello che la scienza a oggi conferma è che il torio appare come una soluzione promettente, in ragione del fatto che le sue riserve sono molto più abbondanti, anche nel resto della terra, dell’uranio utilizzato al momento nelle centrali nucleari in funzione e rispetto a questo produce scorie radioattive in dimensioni molto più contenute.

Li Qiang ha confermato che la Cina già dal 2023 ha iniziato a costruire una centrale nucleare che dovrà funzionare con il torio, la prima in assoluto a livello mondiale, contando di poter a breve dimostrare quanto questa strada risulti efficace e operativa, rivoluzionando il settore energetico non solo interno, ma globale, aumentando di molto, a detta dei cinesi, la sicurezza e l’efficienza.

L’opera risponde alle richieste del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cina di promuovere una crescita accelerata e coerente con le necessità nazionali, in un quadro di corretta protezione ecologica e di forte implementazione dello sviluppo economico di alta qualità, anche tecnologica e scientifica. D’altronde il presidente Xi Jinping insiste da tempo sul concetto di uno sviluppo coordinato con la sicurezza, la crescita economica e l’innovazione, sforzandosi di intraprendere nuove iniziative per promuovere la trasformazione dell’economia in coerenza con le nuove scoperte scientifiche e e le risorse disponibili offerte dal sottosuolo, scrivendo così un nuovo capitolo nella promozione della modernizzazione socialista.

L’impianto pilota da 2 megawatt in fase di termine della sua costruzione si trova nel deserto del Gobi nella provincia di Gansu, adiacente a quella della Mongolia Interna, il progetto è dall’Istituto di Fisica Applicata di Shanghai, in coordinamento con i migliori esperti dell’Accademia Cinese delle Scienze. L’impianto dovrebbe utilizzare l’isotopo naturale torio-232, un elemento debolmente radioattivo, tuttavia capace, se irradiato in un reattore, di assorbire neutroni per formare uranio-233, un materiale fissile che genera calore. I reattori nucleari al torio utilizzerebbero combustibili liquidi, probabilmente sali fusi, sia per il combustibile che per il sistema di refrigerazione.

Quello cinese sarebbe il primo reattore al torio compiutamente operativo al mondo, stante che gli statunitensi hanno effettuato esperimenti negli anni ‘50 e ‘90 del XX secolo, senza tuttavia dare seguito alle ricerche condotte.

L’Accademia Cinese delle Scienze teorizza altresì che una volta avviato e sistematizzato l’utilizzo se ne possa estendere l’operatività in tutte quelle circostanze, dalle navi a propulsione nucleare a molte altre situazioni, che oggi dipendono dall’uranio.

Per la Cina è importante presentare la storia della propria guerra di liberazione

Segue nostro Telegram.

Il vertice dei BRICS+ di luglio a Rio De Janeiro ha visto la presenza di Vladimir Putin a distanza e per quanto concerne la Cina Popolare quella del primo ministro Li Qiang. Inacio Lula da Silva ha accolto con soddisfazione le delegazioni degli altri quattro soci fondatori e delle nuove nazioni diventate membri effettivi: Arabia Saudita, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi, Iran e soprattutto Indonesia oggi fondamentale, essendo decisiva nello spazio economico e militare dell’Indo – Pacifico, essendo la prima nazione al mondo per numero di musulmani e soprattutto perché l’attuale presidente Prabowo Subianto è un convinto sostenitore del multipolarismo.

Vi è chi ritenga che, forse con ragione, l’assenza del presidente cinese sia dovuta al maleducato ed extraprotocollare attacco della consorte di Lula a Xi Jinping, Rosangela detta “Janja” da Silva ha preso infatti la parola senza autorizzazione durante la visita di stato a Pechino a metà maggio scorso, attaccando il TikTok brasiliano e attribuendone i difetti al governo cinese.

Sta di fatto che mentre Vladimir Putin nel suo video – intervento ha ribadito ai partecipanti come il sistema unipolare al servizio della globalizzazione liberista stia volgendo al termine, come l’epoca del dollaro stia facendo altrettanto, già soppiantato negli scambi commerciali tra i BRICS+ dalle valute nazionali, come la proposta multipolare raccolga crescente consenso in Africa, Asia e America Latina, affermandosi come un’alternativa credibile alle istituzioni occidentali economiche e politiche, Xi Jinpng ha visitato lo Shanxi, partendo dal Memoriale della Battaglia dei Cento Reggimenti, situato sul Monte Testa di Leone nella città di Yangquan, condotta dal 20 agosto al 5 dicembre 1940 sotto il comando del generale comunista Peng Dehuai, presso il quale ha affermato: “L’impresa storica della Campagna dei Cento Reggimenti ha pienamente dimostrato il ruolo del nostro Partito come spina dorsale della guerra di resistenza nazionale e l’enorme potere della guerra popolare guidata dal Partito. Dobbiamo raccontare bene la storia della Guerra di Resistenza e tramandarne il grande spirito di generazione in generazione”, lo stesso 8 luglio 2025 a Pechino, con uguale risonanza sulla stampa cinese, presso la Sala commemorativa della guerra di Resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese, è stata ufficialmente aperta al pubblico la mostra tematica “Per la Liberazione nazionale e la pace nel mondo – Una mostra commemorativa dell’80° anniversario della Vittoria nella guerra di Resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese e nella guerra antifascista mondiale”. È molto interessante che il tema della guerra antifascista mondiale sia ripreso con questo vigore, ribadito dalla presenza a Pechino il 3 settembre prossimo di Vladimir Putin per celebrare con XI Jinping la fine della Seconda Guerra Mondiale in Asia, dopo che il presidente cinese ha partecipato alle celebrazioni europee il 9 maggio scorso a Mosca. I due presidenti ribadiscono da tempo come in quella immane tragedia i sovietici con ventisette milioni di caduti e i cinesi con venti milioni di donne e uomini uccisi, in quei terribili anni che iniziano, se non nel 1931, almeno nel 1937, abbiano dato i due più rilevanti contributi per la libertà del mondo.

I temi dell’antifascismo e del multipolarismo, promossi con insistenza da Cina e Russia, si affiancano alle richieste di relazioni economiche internazionali giuste e de-dollarizzate, della riforma del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, come emerse anche dall’incontro in Brasile, il quale ha anche ribadito la necessità di respingere i dazi unilateralmente imposti da Washington e ha avanzato la richiesta di pace in tutti i contesti di guerra nel mondo, per l’Ucraina con le garanzie di denazificazione, esclusione di basi militari straniere e divieto d’adesione alla NATO, per la Palestina attraverso la creazione di uno stato pienamente sovrano dentro i confini del 1967 con Gerusalemme Est quale capitale.

In Brasile i partecipanti hanno chiesto informazioni a Li Qiang rispetto alla miniera di Bayan Obo nella Mongolia Interna, che, secondo le fonti governative cinesi dovrebbe fornire torio per molti anni, i titoli più avveniristici parlano addirittura di quantità sufficienti per fornire energia al paese per sessanta mila anni.

Li Qiang ha confermato che il torio, notoriamente leggermente radioattivo, può essere utilizzato per una nuova generazione di reattori nucleari che la Cina sta già progettando da tempo e che dovrebbero diventare operativi in breve tempo. Il primo ministro ha rassicurato emiratini e sauditi rispetto ai contratti decennali sottoscritti negli ultimi tempo per la fornitura, oltre che dall’Iran, anche dai loro pozzi di petrolio, ma ha anche sottolineato che i geologi cinesi stimano che il complesso minerario potrebbe contenere oltre un milione di tonnellate di torio, riducendo di molto sul lungo periodo la dipendenza dai combustibili fossili non solo della Repubblica Popolare di Cina, ma anche dei suoi alleati, a partire dai BRICS+. Scherzando ha anche sostenuto che pochi anni di scarti minerari di ferro, di un’altra miniera della Mongolia Interna, conterrebbero abbastanza torio per soddisfare il fabbisogno energetico degli Stati Uniti per un migliaio di anni. Quello che è certo, è che le attuali riserve di torio in Cina sono le più grandi del pianeta e quelle recentemente scoperte potrebbero garantire riserve ancor più notevoli.

Quello che la scienza a oggi conferma è che il torio appare come una soluzione promettente, in ragione del fatto che le sue riserve sono molto più abbondanti, anche nel resto della terra, dell’uranio utilizzato al momento nelle centrali nucleari in funzione e rispetto a questo produce scorie radioattive in dimensioni molto più contenute.

Li Qiang ha confermato che la Cina già dal 2023 ha iniziato a costruire una centrale nucleare che dovrà funzionare con il torio, la prima in assoluto a livello mondiale, contando di poter a breve dimostrare quanto questa strada risulti efficace e operativa, rivoluzionando il settore energetico non solo interno, ma globale, aumentando di molto, a detta dei cinesi, la sicurezza e l’efficienza.

L’opera risponde alle richieste del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cina di promuovere una crescita accelerata e coerente con le necessità nazionali, in un quadro di corretta protezione ecologica e di forte implementazione dello sviluppo economico di alta qualità, anche tecnologica e scientifica. D’altronde il presidente Xi Jinping insiste da tempo sul concetto di uno sviluppo coordinato con la sicurezza, la crescita economica e l’innovazione, sforzandosi di intraprendere nuove iniziative per promuovere la trasformazione dell’economia in coerenza con le nuove scoperte scientifiche e e le risorse disponibili offerte dal sottosuolo, scrivendo così un nuovo capitolo nella promozione della modernizzazione socialista.

L’impianto pilota da 2 megawatt in fase di termine della sua costruzione si trova nel deserto del Gobi nella provincia di Gansu, adiacente a quella della Mongolia Interna, il progetto è dall’Istituto di Fisica Applicata di Shanghai, in coordinamento con i migliori esperti dell’Accademia Cinese delle Scienze. L’impianto dovrebbe utilizzare l’isotopo naturale torio-232, un elemento debolmente radioattivo, tuttavia capace, se irradiato in un reattore, di assorbire neutroni per formare uranio-233, un materiale fissile che genera calore. I reattori nucleari al torio utilizzerebbero combustibili liquidi, probabilmente sali fusi, sia per il combustibile che per il sistema di refrigerazione.

Quello cinese sarebbe il primo reattore al torio compiutamente operativo al mondo, stante che gli statunitensi hanno effettuato esperimenti negli anni ‘50 e ‘90 del XX secolo, senza tuttavia dare seguito alle ricerche condotte.

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The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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