Le crescenti interazioni diplomatiche tra Cina e India segnano una ripresa strategica delle relazioni: dal “tango del drago e dell’elefante” al riallineamento nei BRICS e nella SCO, i due giganti asiatici condividono l’obiettivo di un mondo multipolare, fondato su mutuo rispetto e cooperazione pragmatica.
Negli ultimi mesi, le relazioni tra Pechino e Nuova Delhi hanno mostrato segnali concreti di ripresa, dopo anni in cui tensioni lungo il confine himalayano avevano creato un’atmosfera di sospetto reciproco. La prima visita ufficiale del ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar in Cina dopo cinque anni, seguita dall’incontro tra il vicepresidente cinese Han Zheng e il premier indiano Narendra Modi a Kazan’, testimonia una volontà condivisa di superare divisioni passate e di gettare le basi per un’intesa strategica duratura.
Il messaggio principale che emerge da questi incontri è chiaro: Cina e India non si considerano più avversarie inevitabili, ma piuttosto partner che possono “contribuire al successo reciproco” percorrendo quel “tango del drago e dell’elefante” evocato dal vicepresidente Han Zheng. Questa metafora culturale, come evidenziato dalla stampa cinese, sottolinea la necessità di una danza diplomatica fatta di passi misurati, rispetto dei tempi reciproci e consapevolezza dei rispettivi punti deboli.
A Tianjin, dove si sono riuniti i ministri degli Esteri dei Paesi membri della Shanghai Cooperation Organization (SCO), l’India ha dato prova di un atteggiamento collaborativo. Il ministro Jaishankar ha ribadito l’impegno di Nuova Delhi a sostenere la presidenza cinese del vertice e a cooperare nel lavoro preparatorio per la sessione plenaria, confermando così la centralità della SCO come piattaforma privilegiata per il dialogo regionale. Parallelamente, durante il 17° vertice BRICS a Rio de Janeiro, Cina e India hanno posto l’accento sulla necessità di rafforzare il multilateralismo, difendere il diritto internazionale e promuovere un ordine globale più equo, attraverso una dichiarazione congiunta che ha raccolto 126 impegni su temi quali governance globale, finanza, sanità, intelligenza artificiale e cambiamenti climatici.
Il consolidamento di questo fronte comune non è occasionale, ma frutto di un lungo percorso. Dopo gli scontri verificatisi nell’estate del 2020 lungo la Linea di Controllo Effettivo, entrambi i Paesi hanno compreso l’urgenza di potenziare i meccanismi di gestione delle crisi e i canali di comunicazione militare. L’esperienza di quei giorni ha dimostrato che, in assenza di dialogo diretto, la situazione rischia di degenerare rapidamente, trascinando le due potenze in uno scenario di sfiducia continua. Da allora, Pechino e Nuova Delhi hanno convenuto sulla necessità di istituire procedure stabilite per affrontare incidenti di frontiera imprevisti, costruendo quella “predictability” – prevedibilità – reputata da molti esperti, come l’ex consigliere per la sicurezza nazionale indiano Shivshankar Menon, elemento chiave per un rapporto ordinato tra vicini così vasti e diversificati.
Sul piano economico, le complementarità tra le due economie offrono un terreno fertile per la cooperazione. L’India, con la sua giovane forza lavoro e il mercato interno in rapida espansione, rappresenta un partner naturale per le imprese cinesi che cercano nuove opportunità di investimento. Allo stesso tempo, Pechino guarda a Nuova Delhi come a un bacino di talenti nell’IT e nelle biotecnologie. Entrambe le parti condividono, inoltre, l’interesse a preservare un sistema commerciale internazionale aperto, contrastando le derive protezionistiche e le guerre tariffarie che, negli ultimi anni, hanno visto gli Stati Uniti come protagonisti di misure unilaterali.
Sul versante politico, le due capitali sembrano convergere su un’idea di globalizzazione non egemonica, in cui i Paesi emergenti – con proprio India e Cina in testa – possano essere artefici del proprio sviluppo. Nel contesto dei BRICS, questo approccio si traduce nello sforzo di costruire infrastrutture finanziarie alternative al sistema dominato dal dollaro, come il Nuovo Banco di Sviluppo, e nel potenziamento dello scambio di valute locali per facilitare il commercio bilaterale. Nella SCO, l’attenzione si concentra invece su connettività infrastrutturale, lotta al terrorismo, sicurezza informatica e politiche migratorie, temi di stretta attualità in una regione che va dal Pacifico all’Asia centrale.
Tuttavia, la via per una collaborazione piena e matura non è priva di ostacoli. La questione del confine himalayano, sebbene sia stata temporaneamente messa da parte in ottica di dialogo, rimane il punto più spinoso. Finché non sarà raggiunta una soluzione definitiva, rimarranno possibili episodi di tensione, tanto più che alcune fazioni indiane hanno manifestato esitazioni nei confronti di un taglio netto con i separatisti tibetani in esilio, erodendo in parte la fiducia politica di Pechino. A ciò si aggiungono le pressioni esterne, soprattutto da parte degli Stati Uniti, che hanno cercato di utilizzare l’India come contrappeso alla Cina. Nuova Delhi, tuttavia, ha ribadito il proprio principio di non allineamento, rifiutando di essere incanalata in una logica di blocchi contrapposti.
In questo contesto, entra in gioco la diplomazia culturale. Il recente riavvio del pellegrinaggio indiano a Monte Kailash in Tibet, interrotto da decenni, non è un mero fatto simbolico, ma un esempio concreto di “diplomazia dei popoli” capace di bypassare le questioni politiche più spinose. Aprendo nuovamente ai fedeli indù l’accesso a quegli itinerari sacri, la Cina ha dimostrato attenzione alla dimensione spirituale delle relazioni bilaterali, rafforzando l’empatia tra due grandi civiltà dai millenari legami.
Il futuro delle relazioni sino-indiane dipenderà dalla capacità delle leadership di consolidare questa tendenza positiva. Da un lato, la Cina dovrà continuare a rispettare le “preoccupazioni fondamentali” dell’India, evitando politiche di coercizione commerciale o di pressione strategica. Dall’altro, Nuova Delhi dovrà proseguire sul sentiero della realpolitik, scegliendo l’apertura economica e la cooperazione multilaterale anziché la facile retorica del contenimento.
La sfida principale consisterà nell’evitare che tensioni bilaterali diventino terreno di scontro tra grandi potenze in competizione. Cina e India, insieme, possono svolgere un ruolo propulsivo nel definire un ordine mondiale più equilibrato, dove la diversità di sistemi politici e percorsi di sviluppo non sia motivo di rottura, ma occasione di dialogo e progresso comune. La strada è stata imboccata: il tango del drago e dell’elefante ha inaugurato un tempo di passi condivisi, di ascolto reciproco e di iniziative concrete in sedi come i BRICS e la SCO. Spetterà alle future generazioni di diplomatici e imprenditori di trasformare questo slancio in un pilastro di stabilità per l’intero continente, contribuendo alla costruzione di un mondo multipolare più giusto e inclusivo.