Sport e politica, America e Coppa del Mondo di calcio 2026
“1976 U.S.A. Bicentennial Soccer Cup Tournament”, in italiano il Torneo di Calcio del Bicentenario, nel manifesto ufficiale fatto dalla federazione statunitense è scritto “American Revolution Bicentennial”, ovvero Bicentenario della Rivoluzione Americana, 4 luglio 1776, anniversario dell’Indipendenza a stelle e strisce con tanto di firma di George Washington.
Nel manifesto di quella competizione davanti alla bandiera statunitense vi è il centravanti Beppe Savoldi, un omaggio al calcio italiano prima ancora che al calciatore, il quale poveretto però avrebbe passato qui giorni dal 23 al 31 maggio in panchina e non sarebbe mai più sceso in campo con la nazionale, ultima presenza in azzurro, la quarta, 3 a 2 con anche una sua rete – la sola di tutta la sua carriera nella massima rappresentativa – ai greci il 30 dicembre 1975, eppure proprio Savoldi con ventuno reti, quattordici in campionato e sei in coppa Italia, più una a metà settembre nello stadio moscovita dedicato a Vladimir Lenin contro la Torpedo, impianto che lo ha visto debuttare in azzurro contro i sovietici l’8 giugno di quello stesso 1975, tre mesi prima, ha trascinato i partenopei al quinto posto, certo tra qualche delusione, essendo il Napoli arrivato secondo il campionato precedente con al centro dell’attacco il vecchio brasiliano Sergio “Gringo” Clerici, scambiato con il Bologna proprio per Savoldi, poi passato nel 1977 – 78 alla Lazio, chiudendo diciotto lunghi anni nel calcio italiano, iniziati nel 1960 con sette campionati al Lecco allora in serie A.
Dal 1990 gli Stati Uniti sono sempre stati presenti ai mondiali, ospitando anche quelli del 1994, ad esclusione dell’edizione russa del 2018 e nelle ultime tre occasioni a cui hanno partecipato son arrivati agli ottavi, l’interesse per il calcio dopo la fiammata del 1976, ha un nuovo sussulto nel 1984 con le Olimpiadi di Los Angeles in cui la nazionale a stelle e strisce, vittoriosa a Palo Alto coi costaricensi e poi ingabbiata nello stesso stadio in un ruvido pareggio con gli egiziani, cede solo davanti all’Italia per 1 a 0, rete di Pierino Fanna, la portentosa ala scaligera che avrebbe contribuito nel campionato 1984 – 85, iniziato una manciata di giorni dopo quella partita a Pasadena, all’unico e per tanti aspetti incredibile scudetto del Verona “operaio”, guidato in panchina da Osvaldo Bagnoli.
Mezzo secolo dopo il Torneo di Calcio del Bicentenario, il quarto di millennio dell’impero statunitense verrà celebrato con ancora più pedatoria enfasi, infatti il 19 luglio 2026 si giocherà a East Rutherford in New Jersey presso il MetLife Stadium la finale dei mondiali di calcio quasi esclusivamente a stelle e strisce, una coppa del mondo ufficialmente tripartita nell’organizzazione con canadesi e messicani, in realtà la maggioranza degli incontri si disputeranno per la gioia sempre un po’ megalomane di Donald Trump in terra statunitense e soprattutto tutti i quarti, le semifinali e le finali.
Nel 1976 il “soccer” statunitense è ai suoi albori, stretto tra altre preferenze del pubblico: pallacanestro, football americano e baseball, non molto cambiate negli anni seguenti, ma in questi cinquant’anni ha acquisito spettatori e rispetto, soprattutto grazie alle donne, quadricampionesse del mondo e sei volte medaglia d’oro olimpica, ma anche alla nazionale maschile, fattasi negli anni più competitiva e oggi capitanata dal milanista Christian Pulisic.
Per provare a far decollare il gioco del pallone alla metà degli anni ‘70 il New York Cosmos ingaggia Pelé e Chinaglia, la stessa nazionale per il Torneo di Calcio del Bicentenario aggiunge un rinforzo per la difesa: l’inglese Bobby Moore come libero, tuttavia servirà a poco, i padroni di casa rimedieranno tre sconfitte, così come i brasiliani tre vittorie, mettendo in campo Leão tra i pali, Falcão a centrocampo, Zico, Roberto Dinamite e Rivelino in attacco.
Prima di partire per le Americhe, nello stesso mese di maggio, i granata vincono un portentoso scudetto, il primo e al momento l’ultimo dopo gli anni del grande Torino di Valentino Mazzola. Allenati da Gigi Radice, i ragazzi di quella straordinaria stagione sono Luciano Castellini in porta, Nello Santin e Roberto Salvadori terzini, mediano Patrizio Sala, stopper Roberto Mozzini, libero Vittorio Caporale, il centrocampo e l’attacco da favola: Claudio Sala, Eraldo Pecci, Francesco Graziani, Renato Zaccarelli, Paolino Pulici. Solo i due terzini e il libero non son convocati per il torneo transoceanico, tuttavia i magri risultati, tre reti prese dagli inglesi e quattro dai carioca, convinceranno Enzo Bearzot, pur tanto legato alla maglia granata che ha indossato per un decennio, a costruire in seguito un blocco con i giocatori juventini, convocando sempre meno i torinisti e schierandoli in campo ancor meno.
Per altro il torneo statunitense ha anche evidenziato la distanza tra i due allenatori della nazionale azzurra, Fulvio Bernardini è ancora ufficialmente il Commissario Tecnico, coadiuvato da Bearzot, ma i due non vanno d’accordo e la convivenza continuerà, piena di litigi e di incomprensioni, ancora solo per un anno, poi dall’estate del 1977 Bearzot farà da solo.
La sconfitta con gli albionici allo Yankee Stadium di New York preoccupa assai tifosi e giornalisti, perché mercoledì 17 novembre 1976 allo stadio Olimpico di Roma l’Italia si gioca proprio con loro la qualificazione ai mondiali del 1978.
Davanti a ben centomila spettatori, di cui trentamila non paganti – altri tempi! – per un incasso allora comunque stratosferico di duecentocinquanta milioni di lire a vantaggio della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Enzo Bearzot si impone su Fulvio Bernardini e inizia a dispiegare le sue scelte, appoggiandosi a quegli juventini che poi porterà nei due mondiali successivi, Argentina 1978 e Spagna 1982, rispetto all’incontro con gli inglesi di maggio in terra statunitense restano fuori il terzino Roggi per motivi tecnici, Rocca per un infortunio che ne pregiudicherà definitivamente la carriera sportiva, viene quindi preferito il granitico Claudio Gentile a Mauro Bellugi come marcatore centrale e Roberto Bettega all’ala sinistra al posto di Paolino Pulici, ecco che l’Italia scende in campo con Zoff, Cuccureddu, Tardelli, Benetti, Gentile, Facchetti, Causio, Capello, Graziani, Antognoni e Bettega, questi ultimi due, con una rete per tempo regolano i bianchi d’oltre Manica e di fatto ipotecano la qualificazione ai mondiali, che ancora una volta gli inglesi, come già nel 1974, vedranno dal televisore, nonostante le ben sei Coppe Campioni consecutive vinte con il Liverpool nel ‘76 – ‘77 e ‘77 – ‘78, ovvero le due edizioni che precedono il mondiale, poi con il Nottingham Forest nei due anni successivi, quindi ancora con il Liverpool nel 1981 e con l’Aston Villa nel 1982. quella sera Bearzot festeggia con i reduci della vittoria di Wembley del 14 novembre 1973: Zoff, Benetti, Facchetti, Causio e Capello, realizzatore di quello storico 1 a 0 che ha visto trionfare gli azzurri per la prima volta in terra britannica in una fredda e piovosa notte, solo tre anni sono passati, ma tutti ricordano Bearzot ripreso abbracciato e felice a fine partita insieme ai panchinari Castellini, Boninsegna e Re Cecconi, quando ancora era vice – commissario di Ferruccio Valcareggi.
L’incontro del novembre 1976 si gioca alle 14.30 e ha la sola diretta radiofonica di Enrico Ameri, la Democrazia Cristiana del Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, che ha vinto a giugno di misura le elezioni davanti ai comunisti, accetta le imposizioni, oggi inimmaginabili, della Confindustria che non vuole assenteismo sui posti di lavoro e rimanda la trasmissione in differita alle 18.30 sul primo canale RAI, per la prima volta a colori per i pochi che si possono permettere l’acquisto di nuovo apparecchio televisivo, dopo aver chiesto anche al governo svizzero di non trasmetterla, essendo la televisione rossocrociata visibile in larga parte del nord d’Italia. Paolo Villaggio nella seconda pellicola della saga fantozziana rende omaggio alla sfida calcistica italo – inglese, capace di attraversare il decennio degli anni ‘70 trascendendo di molto la semplice gara agonistica e colorandosi delle tinte intense di un’epica epopea.
Il mondiale 2026 si prepara ad essere condizionato invece da mille contingenze poco sportive, figlie del tempo presente. A Washington sperano che la squadra iraniana – già qualificatasi – finisca col giocare le prime partire in Canada o in Messico, per non avere problemi politici e di sicurezza, tutte le cancellerie dell’America Latina hanno già protestato con la Casa Bianca perché ai tifosi sudamericani vengono posti mille vincoli, come già per il mondiale per club dell’estate 2025, per l’accesso agli Stati Uniti, considerandoli l’attuale amministrazione tutti dei potenziali immigrati clandestini da respingere anche quando hanno al collo la sciarpa della loro squadra e un biglietto aereo di andata e ritorno.
A tutto questo si aggiungono le nazioni sanzionate ed escluse, come Russia e Bielorussia, e le tensioni internazionali che certamente non mancheranno di far sentire da ora al fischio d’apertura di metà giugno 2026 il loro peso, così come accadrà tra un partita e l’altra e tra la miriade di sponsor che ruotano attorno a un evento di sempre più globale e mediatica portata, con anche la necessità di dribblare l’esibizionismo del presidente Trump, il quale certamente non mancherà di diffondere sue immagini travestito questa volta non da papa, ma da capitano della squadra statunitense.