Trump e Musk hanno litigato? Possiamo tornare a parlare delle cose veramente importanti.
Infowarfare per principianti
Facciamo un test: siamo ad un matrimonio, nel bel mezzo dei festeggiamenti degli sposi, un momento di gioia in cui tutti gli invitati sono concentrati sulla coppia più importante del momento. A un certo punto, qualcuno comincia a litigare, una coppietta di fidanzatini, magari stimolati dall’alcol. Che fate? Vi concentrate sulla coppia degli sposi o su quella dei due fidanzatini invitati?
Più o meno è quello che sta succedendo adesso – di nuovo, in perfetto stile americano: Donald Trump ed Elon Musk si sono messi a litigare nel bel mezzo di un forte transito in senso multipolare in varie parti del mondo, nel mentre di una attenzione globale su Gaza e nel mentre di una fase decisiva per l’Operazione Militare Speciale in Ucraina. Il risultato? Tutti concentrati sui due fidanzatini che hanno bisticciato.
Ok, d’accordo. Può succedere a tutti. Ora però cerchiamo di capire cosa significa.
Non possiamo certo affermare con certezza che si tratti di qualcosa di finto e studiato a tavolino, e non è questa la sede per determinarlo. Quello che invece possiamo fare è evidenziare come questo evento di cronaca americana stia rimbalzando in una certa parte di mondo, ovvero l’Occidente, come se fosse il problema più importante di tutti. Ma non lo è. E non solo non lo è, ma anche l’ennesima trappola mediatica con cui l’infowarfare statunitense funziona.
Si tratta di un metodo collaudato e a quanto pare funzionante molto bene. Il problema, dal punto di vista americano, è che nel mondo si stava parlando di altro e troppo poco di USA; anzi, l’America stava facendo una brutta figura: è super cattiva perché mette i dazi come ripicca per quelli che la stanno abbandonando volgendosi a dei partner migliori mentre il dollaro sprofonda, è arrabbiata perché non riesce a togliere di mezzo Cina e Iran come vorrebbe, è furibonda perché nello Yemen qualche arabo col pugnale gli sta distruggendo le navi e bloccando i commerci, è adesso sotto accusa per gli attacchi in Russia da parte dei sistemi d’arma ucraini e, come se non bastasse, in Europa ancora non si è risolto niente. Insomma, l’America stava facendo brutta figura, e in televisione non si può fare brutta figura.
Serviva quindi un qualcosa di molto potente per riportare 1) l’attenzione centrata sugli USA e le sue vicende, 2) gestire il frame comunicativo in cui narrare le notizie globali, 3) distrarre dalle cose importanti così ce nessuno se ne accorga. Queste sono tattiche comunicative elementari.
Facciamo un altro test: proviamo a contare quanti secondi ci vogliono per disincantarsi da questa magia mediatica e tornare alla realtà.
Fuori dalla bolla occidentale, c’è un mondo intero. E in quel “resto” di mondo, in prima pagina non c’è finito Trump che litiga con Musk. È più chiaro così?
Sarà divertente capire se la lite tra il Presidente Trump e Elon Musk è vera o concordata per permettere a Musk di non subire danni alle sue aziende. Musk è abituato a decidere tutto lui mentre Trump non può farlo e deve cercare compromessi al Congresso, e Elon lo sa. Trump sa cosa significa perdere il supporto dal Congresso ed essere messi sotto impeachment, mentre Elon può licenziare chi lo contraddice. Elon ha ragione su molte cose, e probabilmente Trump lo sa e gli darebbe ragione se potesse, ma è obbligato a mediare con il Congresso.
I problemi vanno risolti
Ora possiamo anche dire che i problemi vanno effettivamente risolti. I problemi fra Trump e Musk non sono una novità e già ne abbiamo trattato in precedenza.
Elon Musk ha annunciato le sue dimissioni dalla guida del Dipartimento per l’Efficienza del Governo (DOGE), con un tweet dato mercoledì e successivamente confermato dalla Casa Bianca.
Musk ha ricoperto il ruolo di “special government employee”, una posizione prevista per un massimo di 130 giorni all’interno di un anno, secondo quanto stabilito dall’Ufficio per l’Etica Governativa. Il suo incarico è iniziato il 20 gennaio 2025, giorno dell’insediamento presidenziale. Durante il suo mandato, il suo super potente Dipartimento ha avviato una vasta revisione delle agenzie federali per individuare inefficienze, casi di corruzione e frodi.
Nonostante la natura temporanea del ruolo fosse chiara fin dall’inizio, frizioni con alcuni esponenti dell’amministrazione repubblicana e del movimento MAGA avrebbero accelerato la sua uscita. Tra i critici più accesi c’è Steve Bannon, che ha attaccato con durezza l’imprenditore, arrivando a definirlo un immigrato illegale che dovrebbe essere deportato. Proprio poco prima di rassegnare le dimissioni, Musk aveva espresso delusione per l’approvazione alla Camera del One Big Beautiful Bill Act, una legge che secondo lui rischia di aumentare il deficit, vanificando gli sforzi di contenimento della spesa portati avanti da DOGE. La norma, passata per un solo voto (215 a 214), prevede nuove detrazioni fiscali e misure come l’esenzione su mance, straordinari e contributi previdenziali. Anche il vice capo dello staff della Casa Bianca, Stephen Miller, si è trovato più volte in imbarazzo con Musk.
D’altronde, se è vero che è stato almeno inizialmente una figura centrale nell’entourage trumpiano, si è fatto notare per il suo stile schietto e provocatorio: alla Conservative Political Action Conference, lo scorso febbraio, ha portato sul palco una motosega rossa, definendola “lo strumento per abbattere la burocrazia”. Le sue iniziative drastiche – tra cui licenziamenti e critiche ad alti esponenti dell’esecutivo come Marco Rubio, Sean Duffy, Scott Bessent e Peter Navarro – hanno generato crescenti attriti. Alcuni funzionari che inizialmente ne avevano appoggiato l’approccio anticonformista, hanno poi preso le distanze dai suoi metodi.
Nelle ultime settimane, Musk aveva già ridotto il proprio impegno, dedicandosi a Doge solo “uno o due giorni alla settimana”. Aveva ironizzato sull’ufficio di Washington, dicendo che offre “una splendida vista su un condizionatore”. Secondo lui, DOGE ha già fatto risparmiare ai contribuenti americani oltre 160 miliardi di dollari in tre mesi e ha segnalato 57 possibili casi di frode elettorale al Dipartimento di Giustizia. Alla domanda su chi prenderà il suo posto, Musk aveva risposto enigmaticamente a inizio maggio: “Serve Buddha per il buddismo? DOGE è uno stile di vita”.
Poi però qualcosa è cambiato.
Nel giro di pochi giorni, o forse poche ore, e dopo la telefonata di Trump a Putin prima e Xi dopo, il “genio” americano dell’imprenditoria BigTech si è scontrato con la furia di Mr. President.
La debacle è stata affascinante: un botta e risposta sui social e nelle interviste. Sembrava una puntata de “Il Grande Fratello” o di un qualche altro programma televisivo comico.
Trump, postando su un’app che nessuno usa tranne lui, afferma che l’unico modo per salvare l’economia degli Stati Uniti è scaricare il tizio che lo ha aiutato a farsi eleggere. Ma il vero motivo dietro la rottura tra Trump e Musk è che Donald ha snobbato il ruolo di creatore di contenuti di alto livello su X di Musk, ritirandosi invece nella sua camera dell’eco TruthSocial.
Nel frattempo, le azioni di Space X di Musk sono dimezzate. Musk ha risposto con un tweet in cui ha ripubblicato un post riguardante un video di Trump che festeggia nel 1992 con Jeffrey Epstein. Un forte assist ai Dem che ora cominciano ad interessarsi dei fil Epstein, con la sola scusa di danneggiare il presidente in carica. Dal canto suo, Trump ha minacciato la dimissione dei finanziamenti governativi per la ricerca spaziale a Musk, il quale ha affermato che comincerà a smantellare il progetto Dragon in corso.
Quello che sicuramente è falso è che Trump sia coinvolto nel caso Epstein come ha lasciato credere Musk. Se Trump fosse stato coinvolto, Obama, Biden e Hillary lo avrebbero già distrutto senza essere costretti a costruire il falso RussiaGate contro di lui. Se Trump fosse coinvolto con Epstein non avrebbe ordinato di pubblicare il Dossier Epstein. Sicuramente da qualche parte ci sarà il nome di Trump, perché Epstein era un miliardario frequentato da tutti, anche da Trump, ma senza coinvolgimento nei sui reati sessuali. Trump gestiva i più importanti concorsi di bellezza e non aveva certo bisogno di Epstein per frequentare delle belle ragazze. Come ha detto Musk: “Trump ha solo 3 anni davanti, mentre io ho ancora 40 anni davanti”, quindi faranno pace per eleggere Vance Presidente nel 2028.
In più fa gioco a Trump poter dire, “io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno, neanche da Musk”. Entrambi trarranno dei vantaggi da questa “lite”. Elon Musk consoliderà le sue aziende e Trump la sua leadership. Trump ha sempre perdonato gli amici e perdonerà Elon.
La “rottura” con la Presidenza USA lascia le mani libere a Elon Musk per staccare Starlink all’Ucraina, che probabilmente è proprio quello che vuole anche Trump per spingere Zelensky agli accordi di pace, ma non lo può ammettere pubblicamente. Vedremo come finirà.
Il DOGE, in ogni caso, era giunto al suo termine di mandato. Una carta giocata al momento giusto, che è risultata determinante per l’elettorato americano.
Ora, se il litigio sia reale e se veramente questo storia d’amore finirà qui, è ancora presto per dirlo. Ne abbiamo parlato, ora il mondo americano è soddisfatto.
Quanto ancora andrà avanti questa situazione non lo sappiamo, ma di sicuro ora sappiamo che agli americani serviva un diversivo per potersi riappropriare di un pezzetto di narrativa globale. No, non siamo interessati a come l’America sprofonderà sotto il peso della propria arrogaza. È una questione di karma: per lungo periodo hanno voluto imporre un dominio iniquo sul mondo, ora ne pagano le conseguenze.
Trump e Musk hanno litigato, quindi? Possiamo tornare a parlare delle cose davvero importanti.