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Lorenzo Maria Pacini
June 9, 2025
© Photo: Public domain

Gli Stati Uniti si preparano a scatenare una nuova guerra?

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Contro il Dragone Rosso

Dal punto di vista del report della DIA, la Cina mantiene saldi i suoi principali obiettivi strategici, tra cui affermarsi come potenza dominante nell’Asia orientale, sfidare il primato globale degli Stati Uniti, perseguire la riunificazione di Taiwan con la Cina continentale, rafforzare lo sviluppo e la resilienza della propria economia, e raggiungere l’autosufficienza tecnologica entro la metà del secolo. In tale contesto, Pechino continua a espandere le proprie capacità globali per contrastare Washington e i suoi alleati su molteplici fronti, includendo le sfere diplomatica, informativa, militare ed economica.

Il presidente Xi Jinping, riferisce il report, proseguirà nel guidare una mobilitazione dell’intero apparato statale per predisporre la Cina a una competizione di lungo termine con gli Stati Uniti e i loro alleati, in particolare nella regione dell’Indo-Pacifico, ma anche su scala globale. All’interno di questa strategia complessiva, sono previsti sforzi mirati volti a erodere il sostegno popolare e politico nei confronti delle alleanze militari statunitensi e dei partenariati di sicurezza.

Nel corso dell’anno in corso, Pechino osserverà con estrema attenzione le decisioni politiche provenienti da Washington, con ogni probabilità preparando contromisure dissuasive o ritorsive nei confronti di qualsiasi azione americana che venga percepita come un tentativo di ostacolare le priorità diplomatiche, economiche o di sicurezza della Cina. Le autorità cinesi cercheranno inoltre di sfruttare ogni occasione utile per seminare divisioni tra gli Stati Uniti e i loro partner o alleati internazionali.

Nelle aree adiacenti ai suoi confini, è altamente probabile che la Cina continuerà a esercitare campagne di pressione multidimensionale, specialmente contro Taiwan, le Filippine e altri Paesi che si oppongono alle sue rivendicazioni territoriali. In parallelo, Pechino cercherà di approfittare di narrazioni critiche nei confronti della capacità degli Stati Uniti di gestire crisi internazionali e conflitti, promuovendosi nel contempo come un attore più affidabile e responsabile sulla scena globale.

 

Il problema militare

La questione militare preoccupa forse tanto quanto quella economica, allorché la Cina si è sviluppata con una grande velocità ed ha stabilito silenziosamente un dominio effettivo in tutti i settori strategici e militari.

La Cina, di fatto, sta accelerando con decisione il processo di modernizzazione delle sue forze armate, ampliando le sue capacità operative in tutti i domini della guerra – terrestre, marittimo, aereo, cibernetico e spaziale – al fine di essere in grado, se necessario, di annettere Taiwan con l’uso della forza. Al contempo, sta rafforzando la sua capacità di proiettare potenza militare nel Pacifico occidentale e di ostacolare eventuali interventi o la presenza prolungata degli Stati Uniti nella regione indo-pacifica in caso di conflitto. I vertici politici e militari cinesi attribuiscono grande importanza al raggiungimento degli obiettivi di trasformazione militare fissati per il 2027 e il 2035. Tali obiettivi intendono armonizzare la modernizzazione dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) con gli altri ambiziosi programmi nazionali, tra cui la promozione di un nuovo modello di relazioni internazionali, una partecipazione più attiva alla governance globale, e l’integrazione definitiva di Taiwan nella madrepatria.

Nel corso dell’ultimo anno, l’esercito ha anche intensificato la pressione militare su Taiwan, specialmente dopo l’elezione di un nuovo presidente taiwanese. In aprile, sono state svolte esercitazioni militari su larga scala nelle acque e nello spazio aereo attorno all’isola, coinvolgendo anche un gruppo da battaglia con portaerei, come chiaro segnale intimidatorio, ove la serie di manovre denominate Joint Sword ha evidenziato un progressivo affinamento delle capacità cinesi di mettere in atto un blocco navale su Taiwan. La Marina cinese ha inoltre effettuato la sua prima esercitazione con due portaerei nel Mar Cinese Meridionale, dimostrando una notevole evoluzione nella proiezione della forza in tutta la regione.

Pechino ha anche annunciato una riorganizzazione strategica delle forze armate, con l’inquadramento diretto sotto la Commissione Militare Centrale – presieduta da Xi – di quattro forze chiave: quella aerospaziale, quella per le operazioni cibernetiche, il corpo di supporto informativo e la logistica congiunta. Siffatta ristrutturazione conferma la crescente enfasi che il comando cinese attribuisce alle capacità asimmetriche nello spazio, nel cyberspazio e nella guerra elettronica, viste come strumenti essenziali per paralizzare i sistemi informativi avversari in caso di conflitto.

Anche le forze aeree e l’aviazione navale del PLA stanno evolvendo verso sistemi tecnologicamente più sofisticati e pronti a operazioni congiunte (si pensi al nuovo caccia di sesta generazione presentato pochi mesi fa, una vera e proprio inaspettata sorpresa per il mondo americano). Stessa cosa per l’arsenale missilistico, triplicato secondo il report DIA.

La Cina ha probabilmente superato la soglia delle 600 testate nucleari operative, e secondo le stime statunitensi si prevede che raggiungerà oltre 1.000 testate pronte all’uso entro il 2030. Una parte significativa di questo arsenale sarà mantenuta a livelli di prontezza più elevati, per garantire tempi di risposta più rapidi. Inoltre, Pechino continuerà a espandere la propria forza nucleare almeno fino al 2035, uno sviluppo in linea con l’obiettivo dell’Esercito di creare una forza nucleare più diversificata, che includa armamenti come missili a bassa potenza per attacchi di precisione, nonché missili balistici intercontinentali  dotati di testate con potenza multi-megatonica. L’intento è quello di ampliare le opzioni disponibili in caso di risposta nucleare.

La strategia nucleare cinese si fonda su un concetto di deterrenza per scoraggiare un attacco nucleare iniziale da parte del nemico, seguita da una possibile risposta (il cosiddetto “contrattacco”) contro le forze militari, la popolazione e le infrastrutture economiche dell’avversario qualora la deterrenza dovesse fallire. La modernizzazione in corso indica chiaramente che il Paese mira a dotarsi della capacità di infliggere danni molto più devastanti in caso di scambio nucleare.

 

La corsa allo spazio

Nel settore spaziale, la Cina sta investendo massicciamente per indebolire il vantaggio spaziale degli Stati Uniti, facendo leva sulla percepita dipendenza di Washington dai sistemi satellitari per scoraggiare o contrastare un intervento in un conflitto regionale. Gli investimenti puntano a rafforzare le proprie capacità nei settori del comando e controllo, comunicazioni, cyberspazio, intelligence, sorveglianza, ricognizione e puntamento. Pechino continuerà a mettere in orbita diversi tipi di satelliti che potenziano in modo significativo la sua capacità di raccolta d’informazioni, comunicazioni avanzate e posizionamento satellitare.

Attualmente, la Cina dispone di oltre 1.000 satelliti ufficialmente dichiarati, di cui circa 500 sono dedicati alla sorveglianza e ricognizione, classificandosi al secondo posto dopo gli Stati Uniti. Entro il 2030, aziende cinesi prevedono di lanciare migliaia di satelliti in mega-costellazioni, con l’obiettivo di competere con Starlink nel settore delle comunicazioni globali e dell’accesso a internet sicuro.

L’Esercito continua a investire per garantirsi la capacità di interferire, danneggiare o distruggere i sistemi spaziali avversari: possiede già missili anti-satellite operativi in grado di colpire obiettivi in orbita bassa terrestre, e probabilmente sta sviluppando armi capaci di colpire anche satelliti in orbita geostazionaria; sono inoltre stati messi in campo diversi sistemi di guerra elettronica, inclusi disturbatori mobili, con lo scopo di negare all’avversario l’uso delle comunicazioni satellitari e dei sistemi GPS durante un conflitto. Alcuni satelliti cinesi, come lo Shijian-21, sembrano essere progettati specificamente per disturbare o neutralizzare altri satelliti in orbita.

Taiwan, senza tregua

La Cina proseguirà la sua campagna di pressione diplomatica, informativa, militare ed economica su Taiwan per perseguire il suo obiettivo a lungo termine di unificazione con l’isola, scoraggiare qualsiasi tentativo di indipendenza da parte di Taiwan e mettere alla prova l’impegno degli Stati Uniti nella ingerenza su Taiwan.

Pechino dispone di diverse opzioni militari per esercitare coercizione su Taiwan, tra cui l’aumento della frequenza e della portata delle operazioni militari di presenza, blocchi aerei e navali, il sequestro delle piccole isole periferiche di Taiwan, attacchi combinati di artiglieria e, in ultima istanza, un’invasione anfibia su larga scala. Tuttavia, la Cina sembra disposta a rinviare un’azione militare diretta finché ritiene che l’unificazione possa essere negoziata nel tempo, i costi di una forzatura restino superiori ai benefici e le linee rosse dichiarate non vengano oltrepassate da Taiwan o dai suoi alleati.

Agli USA non va a genio il fatto che la Cina prosegua nella dottrina dell’unificazione, perché senza Taiwan gli USA perderebbero il più importante e strategico appoggio contro la Cina continentale.

L’Esercito cinese si sta preparando ad operare a distanze più grandi e per periodi più lunghi, costruendo una più solida infrastruttura logistica e basi all’estero per sostenere dispiegamenti su scala globale, con sforzi che potrebbero rappresentare una minaccia alle operazioni globali degli Stati Uniti o al commercio internazionale in caso di conflitto. Pechino sta adottando un modello misto di logistica militare, che include basi con forze di guarnigione permanenti, strutture condivise con paesi ospitanti, installazioni logistiche esclusive collocate vicino a infrastrutture commerciali o accessi temporanei a infrastrutture commerciali straniere, per supportare le proprie necessità logistiche all’estero. Il 25 aprile di quest’anno, il Primo Ministro cambogiano e una delegazione PLA hanno inaugurato il Centro Congiunto di Logistica e Addestramento presso la base navale di Ream in Cambogia. Il Ministero della Difesa cinese sostiene che questo centro servirà a supportare operazioni congiunte in settori quali il contrasto al terrorismo, la prevenzione dei disastri, l’assistenza umanitaria e l’addestramento. Prima dell’apertura ufficiale a Ream, l’Esercito ha mantenuto costantemente due unità navali da combattimento, ruotate tre volte, presso il molo della struttura. Inoltre, la Cina starebbe valutando la creazione di strutture militari PLA anche in altri paesi quali Birmania, Thailandia, Indonesia, Pakistan, Sri Lanka, Emirati Arabi Uniti, Cuba, Kenya, Guinea Equatoriale, Seychelles, Tanzania, Angola, Nigeria, Namibia, Mozambico, Gabon, Bangladesh, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e Tagikistan.

Per quanto riguarda il dominio digitale, il Dragone Rosso sta conducendo operazioni informatiche mirate, attraverso il PLA Cyberspace Force e il Ministero della Sicurezza dello Stato, contro reti informatiche globali, inclusi sistemi del governo statunitense, con l’obiettivo principale è ottenere accesso a reti strategiche. L’esfiltrazione di dati sensibili da infrastrutture di difesa e istituti di ricerca, infatti, serve a ottenere un vantaggio competitivo, sia in ambito economico che militare.

A partire dall’inizio del 2024, il governo degli Stati Uniti ha reso noto che attori cinesi stanno cercando di posizionarsi all’interno delle infrastrutture critiche statunitensi, in vista di eventuali attacchi informatici. È verosimile che, in caso di imminente conflitto con gli Stati Uniti, la Cina sia pronta a sfruttare questi accessi per colpire reti fondamentali per la sicurezza nazionale americana.

Quel che emerge dal citato report DIA è che la Cina è arrivata ad un punto di non ritorno nel confronto con gli Stati Uniti d’America: adesso agiscono da pari, non più da Paese in via di sviluppo. E questo gli USA non possono permetterselo, quindi stanno cercando di attaccare in ogni modo possibile. Anche se il mondo è cambiato e oggi la Cina è un Dragone che vola nei cieli, mentre l’America è un coyote in un arido deserto che aspetta qualche goccia di pioggia per sopravvivere.

Cina, il nemico numero 1 secondo l’intelligence americana

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Dal punto di vista del report della DIA, la Cina mantiene saldi i suoi principali obiettivi strategici, tra cui affermarsi come potenza dominante nell’Asia orientale, sfidare il primato globale degli Stati Uniti, perseguire la riunificazione di Taiwan con la Cina continentale, rafforzare lo sviluppo e la resilienza della propria economia, e raggiungere l’autosufficienza tecnologica entro la metà del secolo. In tale contesto, Pechino continua a espandere le proprie capacità globali per contrastare Washington e i suoi alleati su molteplici fronti, includendo le sfere diplomatica, informativa, militare ed economica.

Il presidente Xi Jinping, riferisce il report, proseguirà nel guidare una mobilitazione dell’intero apparato statale per predisporre la Cina a una competizione di lungo termine con gli Stati Uniti e i loro alleati, in particolare nella regione dell’Indo-Pacifico, ma anche su scala globale. All’interno di questa strategia complessiva, sono previsti sforzi mirati volti a erodere il sostegno popolare e politico nei confronti delle alleanze militari statunitensi e dei partenariati di sicurezza.

Nel corso dell’anno in corso, Pechino osserverà con estrema attenzione le decisioni politiche provenienti da Washington, con ogni probabilità preparando contromisure dissuasive o ritorsive nei confronti di qualsiasi azione americana che venga percepita come un tentativo di ostacolare le priorità diplomatiche, economiche o di sicurezza della Cina. Le autorità cinesi cercheranno inoltre di sfruttare ogni occasione utile per seminare divisioni tra gli Stati Uniti e i loro partner o alleati internazionali.

Nelle aree adiacenti ai suoi confini, è altamente probabile che la Cina continuerà a esercitare campagne di pressione multidimensionale, specialmente contro Taiwan, le Filippine e altri Paesi che si oppongono alle sue rivendicazioni territoriali. In parallelo, Pechino cercherà di approfittare di narrazioni critiche nei confronti della capacità degli Stati Uniti di gestire crisi internazionali e conflitti, promuovendosi nel contempo come un attore più affidabile e responsabile sulla scena globale.

 

Il problema militare

La questione militare preoccupa forse tanto quanto quella economica, allorché la Cina si è sviluppata con una grande velocità ed ha stabilito silenziosamente un dominio effettivo in tutti i settori strategici e militari.

La Cina, di fatto, sta accelerando con decisione il processo di modernizzazione delle sue forze armate, ampliando le sue capacità operative in tutti i domini della guerra – terrestre, marittimo, aereo, cibernetico e spaziale – al fine di essere in grado, se necessario, di annettere Taiwan con l’uso della forza. Al contempo, sta rafforzando la sua capacità di proiettare potenza militare nel Pacifico occidentale e di ostacolare eventuali interventi o la presenza prolungata degli Stati Uniti nella regione indo-pacifica in caso di conflitto. I vertici politici e militari cinesi attribuiscono grande importanza al raggiungimento degli obiettivi di trasformazione militare fissati per il 2027 e il 2035. Tali obiettivi intendono armonizzare la modernizzazione dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) con gli altri ambiziosi programmi nazionali, tra cui la promozione di un nuovo modello di relazioni internazionali, una partecipazione più attiva alla governance globale, e l’integrazione definitiva di Taiwan nella madrepatria.

Nel corso dell’ultimo anno, l’esercito ha anche intensificato la pressione militare su Taiwan, specialmente dopo l’elezione di un nuovo presidente taiwanese. In aprile, sono state svolte esercitazioni militari su larga scala nelle acque e nello spazio aereo attorno all’isola, coinvolgendo anche un gruppo da battaglia con portaerei, come chiaro segnale intimidatorio, ove la serie di manovre denominate Joint Sword ha evidenziato un progressivo affinamento delle capacità cinesi di mettere in atto un blocco navale su Taiwan. La Marina cinese ha inoltre effettuato la sua prima esercitazione con due portaerei nel Mar Cinese Meridionale, dimostrando una notevole evoluzione nella proiezione della forza in tutta la regione.

Pechino ha anche annunciato una riorganizzazione strategica delle forze armate, con l’inquadramento diretto sotto la Commissione Militare Centrale – presieduta da Xi – di quattro forze chiave: quella aerospaziale, quella per le operazioni cibernetiche, il corpo di supporto informativo e la logistica congiunta. Siffatta ristrutturazione conferma la crescente enfasi che il comando cinese attribuisce alle capacità asimmetriche nello spazio, nel cyberspazio e nella guerra elettronica, viste come strumenti essenziali per paralizzare i sistemi informativi avversari in caso di conflitto.

Anche le forze aeree e l’aviazione navale del PLA stanno evolvendo verso sistemi tecnologicamente più sofisticati e pronti a operazioni congiunte (si pensi al nuovo caccia di sesta generazione presentato pochi mesi fa, una vera e proprio inaspettata sorpresa per il mondo americano). Stessa cosa per l’arsenale missilistico, triplicato secondo il report DIA.

La Cina ha probabilmente superato la soglia delle 600 testate nucleari operative, e secondo le stime statunitensi si prevede che raggiungerà oltre 1.000 testate pronte all’uso entro il 2030. Una parte significativa di questo arsenale sarà mantenuta a livelli di prontezza più elevati, per garantire tempi di risposta più rapidi. Inoltre, Pechino continuerà a espandere la propria forza nucleare almeno fino al 2035, uno sviluppo in linea con l’obiettivo dell’Esercito di creare una forza nucleare più diversificata, che includa armamenti come missili a bassa potenza per attacchi di precisione, nonché missili balistici intercontinentali  dotati di testate con potenza multi-megatonica. L’intento è quello di ampliare le opzioni disponibili in caso di risposta nucleare.

La strategia nucleare cinese si fonda su un concetto di deterrenza per scoraggiare un attacco nucleare iniziale da parte del nemico, seguita da una possibile risposta (il cosiddetto “contrattacco”) contro le forze militari, la popolazione e le infrastrutture economiche dell’avversario qualora la deterrenza dovesse fallire. La modernizzazione in corso indica chiaramente che il Paese mira a dotarsi della capacità di infliggere danni molto più devastanti in caso di scambio nucleare.

 

La corsa allo spazio

Nel settore spaziale, la Cina sta investendo massicciamente per indebolire il vantaggio spaziale degli Stati Uniti, facendo leva sulla percepita dipendenza di Washington dai sistemi satellitari per scoraggiare o contrastare un intervento in un conflitto regionale. Gli investimenti puntano a rafforzare le proprie capacità nei settori del comando e controllo, comunicazioni, cyberspazio, intelligence, sorveglianza, ricognizione e puntamento. Pechino continuerà a mettere in orbita diversi tipi di satelliti che potenziano in modo significativo la sua capacità di raccolta d’informazioni, comunicazioni avanzate e posizionamento satellitare.

Attualmente, la Cina dispone di oltre 1.000 satelliti ufficialmente dichiarati, di cui circa 500 sono dedicati alla sorveglianza e ricognizione, classificandosi al secondo posto dopo gli Stati Uniti. Entro il 2030, aziende cinesi prevedono di lanciare migliaia di satelliti in mega-costellazioni, con l’obiettivo di competere con Starlink nel settore delle comunicazioni globali e dell’accesso a internet sicuro.

L’Esercito continua a investire per garantirsi la capacità di interferire, danneggiare o distruggere i sistemi spaziali avversari: possiede già missili anti-satellite operativi in grado di colpire obiettivi in orbita bassa terrestre, e probabilmente sta sviluppando armi capaci di colpire anche satelliti in orbita geostazionaria; sono inoltre stati messi in campo diversi sistemi di guerra elettronica, inclusi disturbatori mobili, con lo scopo di negare all’avversario l’uso delle comunicazioni satellitari e dei sistemi GPS durante un conflitto. Alcuni satelliti cinesi, come lo Shijian-21, sembrano essere progettati specificamente per disturbare o neutralizzare altri satelliti in orbita.

Taiwan, senza tregua

La Cina proseguirà la sua campagna di pressione diplomatica, informativa, militare ed economica su Taiwan per perseguire il suo obiettivo a lungo termine di unificazione con l’isola, scoraggiare qualsiasi tentativo di indipendenza da parte di Taiwan e mettere alla prova l’impegno degli Stati Uniti nella ingerenza su Taiwan.

Pechino dispone di diverse opzioni militari per esercitare coercizione su Taiwan, tra cui l’aumento della frequenza e della portata delle operazioni militari di presenza, blocchi aerei e navali, il sequestro delle piccole isole periferiche di Taiwan, attacchi combinati di artiglieria e, in ultima istanza, un’invasione anfibia su larga scala. Tuttavia, la Cina sembra disposta a rinviare un’azione militare diretta finché ritiene che l’unificazione possa essere negoziata nel tempo, i costi di una forzatura restino superiori ai benefici e le linee rosse dichiarate non vengano oltrepassate da Taiwan o dai suoi alleati.

Agli USA non va a genio il fatto che la Cina prosegua nella dottrina dell’unificazione, perché senza Taiwan gli USA perderebbero il più importante e strategico appoggio contro la Cina continentale.

L’Esercito cinese si sta preparando ad operare a distanze più grandi e per periodi più lunghi, costruendo una più solida infrastruttura logistica e basi all’estero per sostenere dispiegamenti su scala globale, con sforzi che potrebbero rappresentare una minaccia alle operazioni globali degli Stati Uniti o al commercio internazionale in caso di conflitto. Pechino sta adottando un modello misto di logistica militare, che include basi con forze di guarnigione permanenti, strutture condivise con paesi ospitanti, installazioni logistiche esclusive collocate vicino a infrastrutture commerciali o accessi temporanei a infrastrutture commerciali straniere, per supportare le proprie necessità logistiche all’estero. Il 25 aprile di quest’anno, il Primo Ministro cambogiano e una delegazione PLA hanno inaugurato il Centro Congiunto di Logistica e Addestramento presso la base navale di Ream in Cambogia. Il Ministero della Difesa cinese sostiene che questo centro servirà a supportare operazioni congiunte in settori quali il contrasto al terrorismo, la prevenzione dei disastri, l’assistenza umanitaria e l’addestramento. Prima dell’apertura ufficiale a Ream, l’Esercito ha mantenuto costantemente due unità navali da combattimento, ruotate tre volte, presso il molo della struttura. Inoltre, la Cina starebbe valutando la creazione di strutture militari PLA anche in altri paesi quali Birmania, Thailandia, Indonesia, Pakistan, Sri Lanka, Emirati Arabi Uniti, Cuba, Kenya, Guinea Equatoriale, Seychelles, Tanzania, Angola, Nigeria, Namibia, Mozambico, Gabon, Bangladesh, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e Tagikistan.

Per quanto riguarda il dominio digitale, il Dragone Rosso sta conducendo operazioni informatiche mirate, attraverso il PLA Cyberspace Force e il Ministero della Sicurezza dello Stato, contro reti informatiche globali, inclusi sistemi del governo statunitense, con l’obiettivo principale è ottenere accesso a reti strategiche. L’esfiltrazione di dati sensibili da infrastrutture di difesa e istituti di ricerca, infatti, serve a ottenere un vantaggio competitivo, sia in ambito economico che militare.

A partire dall’inizio del 2024, il governo degli Stati Uniti ha reso noto che attori cinesi stanno cercando di posizionarsi all’interno delle infrastrutture critiche statunitensi, in vista di eventuali attacchi informatici. È verosimile che, in caso di imminente conflitto con gli Stati Uniti, la Cina sia pronta a sfruttare questi accessi per colpire reti fondamentali per la sicurezza nazionale americana.

Quel che emerge dal citato report DIA è che la Cina è arrivata ad un punto di non ritorno nel confronto con gli Stati Uniti d’America: adesso agiscono da pari, non più da Paese in via di sviluppo. E questo gli USA non possono permetterselo, quindi stanno cercando di attaccare in ogni modo possibile. Anche se il mondo è cambiato e oggi la Cina è un Dragone che vola nei cieli, mentre l’America è un coyote in un arido deserto che aspetta qualche goccia di pioggia per sopravvivere.

Gli Stati Uniti si preparano a scatenare una nuova guerra?

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Contro il Dragone Rosso

Dal punto di vista del report della DIA, la Cina mantiene saldi i suoi principali obiettivi strategici, tra cui affermarsi come potenza dominante nell’Asia orientale, sfidare il primato globale degli Stati Uniti, perseguire la riunificazione di Taiwan con la Cina continentale, rafforzare lo sviluppo e la resilienza della propria economia, e raggiungere l’autosufficienza tecnologica entro la metà del secolo. In tale contesto, Pechino continua a espandere le proprie capacità globali per contrastare Washington e i suoi alleati su molteplici fronti, includendo le sfere diplomatica, informativa, militare ed economica.

Il presidente Xi Jinping, riferisce il report, proseguirà nel guidare una mobilitazione dell’intero apparato statale per predisporre la Cina a una competizione di lungo termine con gli Stati Uniti e i loro alleati, in particolare nella regione dell’Indo-Pacifico, ma anche su scala globale. All’interno di questa strategia complessiva, sono previsti sforzi mirati volti a erodere il sostegno popolare e politico nei confronti delle alleanze militari statunitensi e dei partenariati di sicurezza.

Nel corso dell’anno in corso, Pechino osserverà con estrema attenzione le decisioni politiche provenienti da Washington, con ogni probabilità preparando contromisure dissuasive o ritorsive nei confronti di qualsiasi azione americana che venga percepita come un tentativo di ostacolare le priorità diplomatiche, economiche o di sicurezza della Cina. Le autorità cinesi cercheranno inoltre di sfruttare ogni occasione utile per seminare divisioni tra gli Stati Uniti e i loro partner o alleati internazionali.

Nelle aree adiacenti ai suoi confini, è altamente probabile che la Cina continuerà a esercitare campagne di pressione multidimensionale, specialmente contro Taiwan, le Filippine e altri Paesi che si oppongono alle sue rivendicazioni territoriali. In parallelo, Pechino cercherà di approfittare di narrazioni critiche nei confronti della capacità degli Stati Uniti di gestire crisi internazionali e conflitti, promuovendosi nel contempo come un attore più affidabile e responsabile sulla scena globale.

 

Il problema militare

La questione militare preoccupa forse tanto quanto quella economica, allorché la Cina si è sviluppata con una grande velocità ed ha stabilito silenziosamente un dominio effettivo in tutti i settori strategici e militari.

La Cina, di fatto, sta accelerando con decisione il processo di modernizzazione delle sue forze armate, ampliando le sue capacità operative in tutti i domini della guerra – terrestre, marittimo, aereo, cibernetico e spaziale – al fine di essere in grado, se necessario, di annettere Taiwan con l’uso della forza. Al contempo, sta rafforzando la sua capacità di proiettare potenza militare nel Pacifico occidentale e di ostacolare eventuali interventi o la presenza prolungata degli Stati Uniti nella regione indo-pacifica in caso di conflitto. I vertici politici e militari cinesi attribuiscono grande importanza al raggiungimento degli obiettivi di trasformazione militare fissati per il 2027 e il 2035. Tali obiettivi intendono armonizzare la modernizzazione dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) con gli altri ambiziosi programmi nazionali, tra cui la promozione di un nuovo modello di relazioni internazionali, una partecipazione più attiva alla governance globale, e l’integrazione definitiva di Taiwan nella madrepatria.

Nel corso dell’ultimo anno, l’esercito ha anche intensificato la pressione militare su Taiwan, specialmente dopo l’elezione di un nuovo presidente taiwanese. In aprile, sono state svolte esercitazioni militari su larga scala nelle acque e nello spazio aereo attorno all’isola, coinvolgendo anche un gruppo da battaglia con portaerei, come chiaro segnale intimidatorio, ove la serie di manovre denominate Joint Sword ha evidenziato un progressivo affinamento delle capacità cinesi di mettere in atto un blocco navale su Taiwan. La Marina cinese ha inoltre effettuato la sua prima esercitazione con due portaerei nel Mar Cinese Meridionale, dimostrando una notevole evoluzione nella proiezione della forza in tutta la regione.

Pechino ha anche annunciato una riorganizzazione strategica delle forze armate, con l’inquadramento diretto sotto la Commissione Militare Centrale – presieduta da Xi – di quattro forze chiave: quella aerospaziale, quella per le operazioni cibernetiche, il corpo di supporto informativo e la logistica congiunta. Siffatta ristrutturazione conferma la crescente enfasi che il comando cinese attribuisce alle capacità asimmetriche nello spazio, nel cyberspazio e nella guerra elettronica, viste come strumenti essenziali per paralizzare i sistemi informativi avversari in caso di conflitto.

Anche le forze aeree e l’aviazione navale del PLA stanno evolvendo verso sistemi tecnologicamente più sofisticati e pronti a operazioni congiunte (si pensi al nuovo caccia di sesta generazione presentato pochi mesi fa, una vera e proprio inaspettata sorpresa per il mondo americano). Stessa cosa per l’arsenale missilistico, triplicato secondo il report DIA.

La Cina ha probabilmente superato la soglia delle 600 testate nucleari operative, e secondo le stime statunitensi si prevede che raggiungerà oltre 1.000 testate pronte all’uso entro il 2030. Una parte significativa di questo arsenale sarà mantenuta a livelli di prontezza più elevati, per garantire tempi di risposta più rapidi. Inoltre, Pechino continuerà a espandere la propria forza nucleare almeno fino al 2035, uno sviluppo in linea con l’obiettivo dell’Esercito di creare una forza nucleare più diversificata, che includa armamenti come missili a bassa potenza per attacchi di precisione, nonché missili balistici intercontinentali  dotati di testate con potenza multi-megatonica. L’intento è quello di ampliare le opzioni disponibili in caso di risposta nucleare.

La strategia nucleare cinese si fonda su un concetto di deterrenza per scoraggiare un attacco nucleare iniziale da parte del nemico, seguita da una possibile risposta (il cosiddetto “contrattacco”) contro le forze militari, la popolazione e le infrastrutture economiche dell’avversario qualora la deterrenza dovesse fallire. La modernizzazione in corso indica chiaramente che il Paese mira a dotarsi della capacità di infliggere danni molto più devastanti in caso di scambio nucleare.

 

La corsa allo spazio

Nel settore spaziale, la Cina sta investendo massicciamente per indebolire il vantaggio spaziale degli Stati Uniti, facendo leva sulla percepita dipendenza di Washington dai sistemi satellitari per scoraggiare o contrastare un intervento in un conflitto regionale. Gli investimenti puntano a rafforzare le proprie capacità nei settori del comando e controllo, comunicazioni, cyberspazio, intelligence, sorveglianza, ricognizione e puntamento. Pechino continuerà a mettere in orbita diversi tipi di satelliti che potenziano in modo significativo la sua capacità di raccolta d’informazioni, comunicazioni avanzate e posizionamento satellitare.

Attualmente, la Cina dispone di oltre 1.000 satelliti ufficialmente dichiarati, di cui circa 500 sono dedicati alla sorveglianza e ricognizione, classificandosi al secondo posto dopo gli Stati Uniti. Entro il 2030, aziende cinesi prevedono di lanciare migliaia di satelliti in mega-costellazioni, con l’obiettivo di competere con Starlink nel settore delle comunicazioni globali e dell’accesso a internet sicuro.

L’Esercito continua a investire per garantirsi la capacità di interferire, danneggiare o distruggere i sistemi spaziali avversari: possiede già missili anti-satellite operativi in grado di colpire obiettivi in orbita bassa terrestre, e probabilmente sta sviluppando armi capaci di colpire anche satelliti in orbita geostazionaria; sono inoltre stati messi in campo diversi sistemi di guerra elettronica, inclusi disturbatori mobili, con lo scopo di negare all’avversario l’uso delle comunicazioni satellitari e dei sistemi GPS durante un conflitto. Alcuni satelliti cinesi, come lo Shijian-21, sembrano essere progettati specificamente per disturbare o neutralizzare altri satelliti in orbita.

Taiwan, senza tregua

La Cina proseguirà la sua campagna di pressione diplomatica, informativa, militare ed economica su Taiwan per perseguire il suo obiettivo a lungo termine di unificazione con l’isola, scoraggiare qualsiasi tentativo di indipendenza da parte di Taiwan e mettere alla prova l’impegno degli Stati Uniti nella ingerenza su Taiwan.

Pechino dispone di diverse opzioni militari per esercitare coercizione su Taiwan, tra cui l’aumento della frequenza e della portata delle operazioni militari di presenza, blocchi aerei e navali, il sequestro delle piccole isole periferiche di Taiwan, attacchi combinati di artiglieria e, in ultima istanza, un’invasione anfibia su larga scala. Tuttavia, la Cina sembra disposta a rinviare un’azione militare diretta finché ritiene che l’unificazione possa essere negoziata nel tempo, i costi di una forzatura restino superiori ai benefici e le linee rosse dichiarate non vengano oltrepassate da Taiwan o dai suoi alleati.

Agli USA non va a genio il fatto che la Cina prosegua nella dottrina dell’unificazione, perché senza Taiwan gli USA perderebbero il più importante e strategico appoggio contro la Cina continentale.

L’Esercito cinese si sta preparando ad operare a distanze più grandi e per periodi più lunghi, costruendo una più solida infrastruttura logistica e basi all’estero per sostenere dispiegamenti su scala globale, con sforzi che potrebbero rappresentare una minaccia alle operazioni globali degli Stati Uniti o al commercio internazionale in caso di conflitto. Pechino sta adottando un modello misto di logistica militare, che include basi con forze di guarnigione permanenti, strutture condivise con paesi ospitanti, installazioni logistiche esclusive collocate vicino a infrastrutture commerciali o accessi temporanei a infrastrutture commerciali straniere, per supportare le proprie necessità logistiche all’estero. Il 25 aprile di quest’anno, il Primo Ministro cambogiano e una delegazione PLA hanno inaugurato il Centro Congiunto di Logistica e Addestramento presso la base navale di Ream in Cambogia. Il Ministero della Difesa cinese sostiene che questo centro servirà a supportare operazioni congiunte in settori quali il contrasto al terrorismo, la prevenzione dei disastri, l’assistenza umanitaria e l’addestramento. Prima dell’apertura ufficiale a Ream, l’Esercito ha mantenuto costantemente due unità navali da combattimento, ruotate tre volte, presso il molo della struttura. Inoltre, la Cina starebbe valutando la creazione di strutture militari PLA anche in altri paesi quali Birmania, Thailandia, Indonesia, Pakistan, Sri Lanka, Emirati Arabi Uniti, Cuba, Kenya, Guinea Equatoriale, Seychelles, Tanzania, Angola, Nigeria, Namibia, Mozambico, Gabon, Bangladesh, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e Tagikistan.

Per quanto riguarda il dominio digitale, il Dragone Rosso sta conducendo operazioni informatiche mirate, attraverso il PLA Cyberspace Force e il Ministero della Sicurezza dello Stato, contro reti informatiche globali, inclusi sistemi del governo statunitense, con l’obiettivo principale è ottenere accesso a reti strategiche. L’esfiltrazione di dati sensibili da infrastrutture di difesa e istituti di ricerca, infatti, serve a ottenere un vantaggio competitivo, sia in ambito economico che militare.

A partire dall’inizio del 2024, il governo degli Stati Uniti ha reso noto che attori cinesi stanno cercando di posizionarsi all’interno delle infrastrutture critiche statunitensi, in vista di eventuali attacchi informatici. È verosimile che, in caso di imminente conflitto con gli Stati Uniti, la Cina sia pronta a sfruttare questi accessi per colpire reti fondamentali per la sicurezza nazionale americana.

Quel che emerge dal citato report DIA è che la Cina è arrivata ad un punto di non ritorno nel confronto con gli Stati Uniti d’America: adesso agiscono da pari, non più da Paese in via di sviluppo. E questo gli USA non possono permetterselo, quindi stanno cercando di attaccare in ogni modo possibile. Anche se il mondo è cambiato e oggi la Cina è un Dragone che vola nei cieli, mentre l’America è un coyote in un arido deserto che aspetta qualche goccia di pioggia per sopravvivere.

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