La Rivoluzione cubana è entrata nel suo 66° anno con tutte le conquiste costruite in questi lunghi anni e al contempo con le tante fragilità del tempo presente.
Quanto realizzato da fratelli Castro e dai loro compagni di lotta, con la piena emancipazione dell’isola caraibica dal pesante fardello della dittatura di Batista e il suo portato di neocolonialismo statunitense è stato straordinario. Cuba ha vinto già negli anni ‘60 la fame e l’analfabetismo, ha promosso la cultura, ha offerto medici e professori all’America Latina e all’Africa, dall’Angola all’Etiopia, stabilendo eccellenze e primati in campo sanitario ed educativo.
Ha dimostrato negli anni di essere più forte di qualsiasi embargo, di essere in grado di superare la fine della collaborazione con il campo sovietico, di svolgere nel solco del marxismo un ruolo centrale nella promozione di una solidarietà concreta e fattiva nell’isola e nel mondo.
Tutto questo resta indiscutibile e parte indelebile della sua storia, oggi tuttavia quello slancio, quelle vittorie sembrano molto difficili da confermare nel presente. L’economia cubana, certo per una serie di cause interne e internazionali, versa in condizioni difficili, lo sviluppo delle forze produttive stenta a decollare, la collaborazione con investitori stranieri, pur promossa da alcuni anni, non riesce a trasformarsi nel volano del rilancio economico della nazione, sebbene inizialmente avrebbe dovuto promuovere e sostenere i consumi interni e poi le esportazioni, scontrandosi tuttavia con il timore di investire nell’isola a causa da un lato del sistema burocratico interno, dall’altro dei violenti vincoli contro il commercio internazionale cubano imposto dall’embargo statunitense.
Lo zucchero da decenni non è più la prima voce dell’economia cubana, mentre l’estrazione e l’esportazione di zinco, nichel, la produzione ed esportazione di rum e sigari, sono diventate le voci principali, per altro dirette per un terzo verso la Cina Popolare.
La stampa cubana non nasconde nella fase attuale una pesante autocritica, parlando apertamente delle grandi difficoltà quotidiane per i cittadini anche nell’approvvigionamento alimentare primario, di ripetute irresponsabilità degli amministratori locali, di burocrazia galoppante, di economia nazionale debilitata, arrivando addirittura a segnalare come per molti cittadini la vita si stia trasformando in voragine esistenziale.
A fronte delle difficoltà che non sono occultate o dissimulate, vi è la volontà, ribadita dal segretario del Partito Comunista di Cuba e presidente della Repubblica Miguel Díaz-Canel e dal primo ministro Manuel Marrero Cruz, di concretizzare maggiormente quanto si intende realizzare, con un appello appunto a superare un’azione politica spesso declamatoria ma poco operativa, anche se l’insieme dei lavoratori non appare così determinato a tradurre in atto le richieste e purtroppo appare sempre più disilluso dall’attuale classe dirigente.
Pare si stia altresì prendendo atto di aver col tempo risposto una eccessiva fiducia nel sistema turistico, così come il rilancio dell’economia dovrebbe ridurre la dipendenza dai trasferimenti verso i parenti nell’isola dei cubani espatriati, è ripetuta inoltre l’incombenza di avviare un vasto piano che risolva l’inveterata vetustà infrastrutturale, non solo elettrica, ma anche viaria e abitativa.
Sempre la stampa cubana, dopo così serrate e non scontate critiche, sottolinea due aspetti positivi, da un lato la cooperazione con la Cina che si sta realizzando in diversi settori, a partire da quello infrastrutturale, con il recupero della rete elettrica, fortemente danneggiata per passate trascuratezze e l’impetuosità delle recenti calamità naturali, quindi la partecipazione a pieno titolo da quest’anno di Cuba ai BRICS, ovviamente aspettandosi maggiori investimenti e solidarietà da parte delle economie più forti di questo gruppo, a partire da quella sino – russe.
Di fronte a un constatato peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini, le generazioni più mature restano consapevoli delle tante conquiste a fatica costruite, quelle più giovani invece risentono maggiormente e vengono attratte da modelli esterni, latori di valori e mentalità estranee al socialismo.
Tutto questo genera giustamente preoccupazione tra i dirigenti del Partito Comunista Cubano e tra i tanti amici che la Rivoluzione cubana ha nel mondo.
L’ancoraggio solido all’esperienza marxista resta una fondamentale dimensione della cubanità, tuttavia dentro il Partito Comunista Cubano è opinione diffusa e riportata dalla stampa che debba essere declinata con più forza e più determinazione attraverso un cambio di rotta che inverta un declino economico e culturale per molti aspetti preoccupante.
È ragionevole pensare che le tante energie e forze positive interne al sistema cubano possano concorrere in un comune sforzo per produrre le necessarie trasformazioni atte a rilanciare l’isola e garantire il maggiore e certamente ambito e al momento lontano benessere dei suoi cittadini, che, vale la pena ripeterlo, è possibile solo dentro il ragionato e fattivo impegno di una solidarietà socialista e soprattutto di un considerevole salto di qualità delle forze produttive, non certo nel quadro di cambiamenti istituzionali o di regime che porterebbero al trionfo della più spietata ingiustizia sociale di matrice liberal – liberista.
Non è un mistero che dentro il corpo della società cubana si agitino anche spinte disgregative, volte a un cambio di regime, assecondando ad esempio una rivoluzione colorata eterodiretta, che trasformerebbe l’isola ripristinando un passato in cui la miseria e lo sfruttamento erano la regola, ristabilendo quella subalternità al potente vicino cui la Rivoluzione cubana aveva posto fine.
Rispondere alle necessità materiali e culturali del popolo cubano è la sola strada per una conferma e una rinnovata affermazione del potere popolare, ripristinando quello slancio necessario per guardare con maggiore serenità al futuro e permettere a Cuba di partecipare con il ruolo che le spetta alla costruzione di un nuovo ordine mondiale multipolare, capace di vincere definitivamente tanto l’anacronistico blocco economico imposto da Washington, quanto le sfide di una modernità che ha ancora molto bisogno di Cuba e dei suoi insegnamenti.