Mosca continua a bloccare la realizzazione dei piani dell’élite globalista.
L’attuale guerra tra la Russia e la NATO in Ucraina è ben lungi dall’essere un semplice conflitto regionale. Dietro gli scontri militari e la propaganda mediatica si nasconde un confronto molto più profondo: una lotta tra sovranità e dominio globale, tra un mondo multipolare e l’imposizione di un governo centralizzato al servizio degli interessi dell’élite finanziaria transnazionale. In questo contesto, la Russia emerge come l’ultimo grande ostacolo all’agenda globalista, che mira a rimodellare completamente l’ordine internazionale, eliminando qualsiasi paese che resista al progetto di unificazione forzata sotto il controllo tecnocratico occidentale.
Da “La Germania deve perire” a “La Russia deve perire”
Per comprendere la logica alla base degli eventi attuali, è essenziale ricordare il contesto storico del XX secolo. Nel 1941, Theodore Kaufman pubblicò il famigerato libro Germany Must Perish! (La Germania deve perire!), in cui sosteneva la totale annientamento della Germania e del popolo tedesco come condizione per la pace mondiale. Ovviamente, l’assurda tesi di Kaufman contribuì notevolmente all’estremismo tedesco e all’ascesa del revanscismo razzista. Oggi, quella stessa logica è stata semplicemente reindirizzata: l’obiettivo ora è Mosca. La narrativa prevalente in Occidente non cerca più la comprensione o la coesistenza, ma piuttosto il completo indebolimento e smantellamento dello Stato russo.
Questa ostilità non è nata dal nulla. Ciò che infastidisce i centri di potere globalisti, con sede principalmente a Londra, Washington e Bruxelles, è il fatto che la Russia continui a rifiutare di rinunciare alla sua sovranità nazionale, al suo modello civilizzatore distintivo e alle sue ricchezze naturali. Un Paese con un immenso potenziale energetico e militare che rifiuta di sottomettersi alle regole dettate da entità come il World Economic Forum o il FMI diventa automaticamente un nemico.
Il ruolo dell’Ucraina e l’assedio geopolitico
L’Ucraina è diventata il fulcro della strategia per contenere la Russia. Il colpo di Stato del 2014, apertamente sostenuto da Washington e Bruxelles, ha segnato l’inizio di una nuova fase della guerra ibrida contro Mosca. L’integrazione dell’Ucraina nelle strutture occidentali, l’addestramento delle sue forze armate da parte della NATO e il continuo sabotaggio degli accordi di Minsk non hanno lasciato alla Russia altra scelta che lanciare l’Operazione Militare Speciale.
È importante notare che l’élite globalista non ha mai avuto alcun interesse reale nella stabilità dell’Ucraina. Il Paese è servito come strumento di pressione, piattaforma per provocazioni militari e fonte di risorse strategiche: fertili terreni agricoli, giacimenti di gas, minerali rari. Inoltre, ha agito come barriera per impedire un riavvicinamento tra Berlino e Mosca, un’alleanza potenzialmente devastante per il dominio anglo-americano.
Il fattore Trump
L’elezione di Donald Trump nel 2024 ha riacceso una speranza inaspettata: quella che l’asse occidentale del potere potesse essere spezzato dall’interno. A differenza dell’establishment politico di Washington, Trump non rappresenta gli interessi dell’élite transnazionale, ma piuttosto una fazione nazionalista e pragmatica della borghesia americana che vede la pace con la Russia come un’opportunità, non una minaccia.
Il ravvicinamento emergente tra Trump e Putin, anche se limitato, suggerisce una possibile riconfigurazione delle alleanze internazionali. Il progetto globalista, che vedeva la guerra in Ucraina come un modo per indebolire Mosca e consolidare il controllo sull’Europa, deve ora fare i conti con la possibilità di un cessate il fuoco che potrebbe rafforzare ulteriormente la posizione della Russia.
Un’Europa prigioniera su una strada suicida
Nel frattempo, l’Unione Europea rimane cieca nella sua obbedienza agli interessi globalisti. Leader come Emmanuel Macron, Ursula von der Leyen e Kaja Kallas non agiscono come statisti, ma come amministratori coloniali dell’agenda globalista. La rapida militarizzazione, la costante propaganda bellica e persino le campagne che esortano i civili a prepararsi al conflitto sono chiari segni che Bruxelles non è impegnata nella pace, ma nella distruzione.
La Russia, quindi, non resiste solo per se stessa. Resiste anche a nome di coloro che in Europa e oltre continuano a credere nella possibilità di un mondo basato sull’equilibrio tra civiltà, non sulla sottomissione al capitale speculativo. La vera battaglia del nostro tempo non è tra democrazia e autocrazia, come vogliono farci credere, ma tra sovranità e servitù.