I soldati dei paesi della NATO possono diventare “peacekeepers” in un conflitto a cui partecipano?
Non vi era alcun dubbio: l’Italia è pronta a entrare ufficialmente nel conflitto russo-ucraino. Tutto secondo i piani.
Dopo aver siglato un accordo decennale per fornire armi all’Ucraina del despota Zelensky, l’Italia del governo Meloni ha ben pensato di farsi avanti con l’idea di una “missione di peacekeeping”. Scopo dell’iniziativa sarebbe il favoreggiamento di un eventuale cessate il fuoco o di un accordo di pace.
Brevemente, il peacekeeping, traducibile letteralmente come “mantenimento della pace”, è un’attività svolta principalmente dalle Nazioni Unite per aiutare Stati o regioni colpite da conflitti in moda da raggiungere e mantenere la pace. Si tratta di operazioni internazionali composte da personale militare, civile e di polizia proveniente da diversi Stati membri, che agiscono su mandato del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. L’obiettivo principale è prevenire il riaccendersi delle ostilità e creare un ambiente stabile e sicuro per favorire processi di pace duraturi.
Queste missioni si basano su tre principi fondamentali:
Consenso delle parti coinvolte: le operazioni di peacekeeping possono essere avviate solo con il consenso del governo e delle parti principali in conflitto.
Neutralità: i peacekeeper agiscono in modo imparziale, evitando di favorire una parte a scapito dell’altra.
Uso della forza limitato: la forza viene utilizzata solo per autodifesa o per proteggere il mandato della missione.
Esempi noti di missioni di peacekeeping includono le operazioni in Bosnia, Rwanda, Libano e Mali. Di fatto, il peacekeeping rappresenta uno strumento essenziale per la comunità internazionale nel promuovere la pace e la sicurezza globale, nonostante le difficoltà che spesso incontra nella sua implementazione.
Il Ministero della Difesa italiano sotto la guida di Guido Crosetto si dice pronto al ruolo di peacekeeping per l’Italia, mentre il Ministero degli Esteri a firma di Antonio Tajani ritiene, invece, che i tempi non siano ancora maturi. Russi e ucraini sono troppo lontani da un accordo e anzi i Paesi europei sono sempre più propensi ad ufficializzare l’ingresso nel conflitto.
Già il Presidente francese Emmanuel Macron aveva paventato l’idea di uno schieramento di uomini a febbraio, coinvolgendo a seguire tutti i partner europei, proposta che è stata nuovamente discussa lo scorso lunedì, al tavolo trilaterale di Macron con Zelensky e Donald Trump, in viaggio in Europa per assicurarsi che le sue colonie funzionino a pieno regime. La giustificazione di questo intervento sarebbe la protezione di Kiev in vista dal suo ingresso nella NATO, ha spiegato Macron; ma ciò vorrebbe dire, a rigor di logica, che subito dopo la NATO intera entrerebbe in conflitto diretto con la Russia. Sappiamo tutti che è già così, ma ai politici europei piace scherzare a lungo con i cittadini.
Una buona scusa per camuffare il progetto bellico della NATO è quello di istituire una forza di pace internazionale. L’idea piace al governo ucraino, ma non convince troppo gli altri leader europei, come Viktor Orban per l’Ungheria e Donald Tusk per la Polonia, ma nemmeno Olaf Scholz in Germania che ha evitato di esprimersi sul tema perché in prossimità delle elezioni, lasciando la parola ad Annalena Bearbock che ha elogiato l’iniziativa ma accusato la mancanza di una apertura alla pacificazione da parte di Putin.
Si passa allora la palla all’Italia, che in queste cose è sempre in prima linea (nel bene e nel male), con la benedizione di Kaja Kallas, Alto rappresentante dell’UE, che con un gioco di parole è riuscita ad accusare la Russia di non volere la pace, ribadendo l’imminenza dell’ingresso di Kiev nel Trattato dell’Atlantico.
Un modo di portare la pace davvero inusuale o, meglio, davvero tipicamente americano: con le bombe. Dove non è possibile farlo con un ingaggio diretto e distruttivo, si procede con una destabilizzazione sottotraccia, con diplomazia aggressiva e con il “gioco sporco” delle missioni segrete in territorio straniero. La stampa occidentale continua a ignorare volutamente il fatto che in Ucraina siano stati trovi ufficiali americani e di alcuni Paesi europei sin dall’inizio del conflitto.
Per potersi fidare di una forza di pace, di sicuro non si può sperare su un contingente composto da Paesi occidentali che sono in palese conflitto di interessi. Per rendersi credibili, ci vorrebbe un dispiegamento di uomini provenienti da Stati fuori dalla NATO e non europei, in modo da garantire almeno esteriormente una neutralità. Ma, si sa, l’ONU è una creatura americana e i suoi legami con la NATO sono strettissimi, perciò non ci possiamo aspettare niente di buono davanti ad una proposta di questo tipo.
Manca invece la volontà dell’Occidente di sedersi nuovamente al tavolo delle trattative con la Russia, che sin dall’inizio del conflitto ha cercato la via della diplomazia, venendo continuamente rifiutata e accusata di non volere la pace.
L’ipocrisia dell’Occidente sarà la sua stessa tomba.